Testamento di Lenin: differenze tra le versioni

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Nel 2003 uno studioso russo, il docente dell'Università Statale di Mosca V.A. Saharov pubblicò il libro "Il testamento politico di Lenin. Verità storiche e miti della politica"<ref>V.A. Saharov, "Политическое завещание" В.И. Ленина. Реальность истории и мифы политики, Edizioni dell'Università di Mosca 2003.</ref> in cui viene messa in dubbio la paternità leniniana di numerosi passaggi del documento. L'autore parte dal fatto che trattandosi di un testo dattiloscritto, non autografo e non firmato da Lenin non c'è alcun motivo di attribuirlo al primo leader sovietico senza un rigoroso esame scientifico, tanto più che il testo in questione apparve in un periodo di aspre lotte politiche per il potere all'interno del partito bolscevico. Nel corso della sua ricerca Saharov giunge a conclusioni diverse da quelle comunemente riconosciute dalla storiografia tradizionale. Egli trova difficilmente spiegabili le affermazioni presenti nel "Testamento" secondo le quali Stalin, eletto Segretario Generale, avrebbe concentrato nelle proprie mani "un immenso potere" mentre Trotsky sarebbe da considerare "il più dotato tra i membri del CC" per cui sarebbe stato opportuno dimenticare le sue precedenti posizioni antibolsceviche. Nel "Testamento" si rintracciano poi numerose idee identiche a quelle formulate un anno prima da Trotsky e che erano state respinte o criticate allora dallo stesso Lenin (soprattutto per quanto riguarda le modalità della soluzione della cosiddetta "questione nazionale"). In base a un'attenta analisi del documento nonché degli avvenimenti politici dell'epoca Saharov avanza la tesi sulla doppia struttura del "Testamento". Esso infatti consisterebbe in una parte propriamente leniniana e nell'altra la cui paternità è da considerarsi dubbia. Allo stesso tempo si nota come nella prima prevale un atteggiamento anti-trotskista e nella seconda - quello anti-stalinista (sicché l'intero testo risulta contraddittorio). Detto ciò, secondo Saharov, i veri autori di quest'ultima andrebbero cercati tra i sostenitori di Trotsky, quelli della cerchia dei collaboratori di Lenin che gli stavano accanto durante il suo soggiorno a Gorky.
Nel 2003 uno studioso russo, il docente dell'Università Statale di Mosca V.A. Saharov pubblicò il libro "Il testamento politico di Lenin. Verità storiche e miti della politica"<ref>V.A. Saharov, "Политическое завещание" В.И. Ленина. Реальность истории и мифы политики, Edizioni dell'Università di Mosca 2003.</ref> in cui viene messa in dubbio la paternità leniniana di numerosi passaggi del documento. L'autore parte dal fatto che trattandosi di un testo dattiloscritto, non autografo e non firmato da Lenin non c'è alcun motivo di attribuirlo al primo leader sovietico senza un rigoroso esame scientifico, tanto più che il testo in questione apparve in un periodo di aspre lotte politiche per il potere all'interno del partito bolscevico. Nel corso della sua ricerca Saharov giunge a conclusioni diverse da quelle comunemente riconosciute dalla storiografia tradizionale. Egli trova difficilmente spiegabili le affermazioni presenti nel "Testamento" secondo le quali Stalin, eletto Segretario Generale, avrebbe concentrato nelle proprie mani "un immenso potere" mentre Trotsky sarebbe da considerare "il più dotato tra i membri del CC" per cui sarebbe stato opportuno dimenticare le sue precedenti posizioni antibolsceviche. Nel "Testamento" si rintracciano poi numerose idee identiche a quelle formulate un anno prima da Trotsky e che erano state respinte o criticate allora dallo stesso Lenin (soprattutto per quanto riguarda le modalità della soluzione della cosiddetta "questione nazionale"). In base a un'attenta analisi del documento nonché degli avvenimenti politici dell'epoca Saharov avanza la tesi sulla doppia struttura del "Testamento". Esso infatti consisterebbe in una parte propriamente leniniana e nell'altra la cui paternità è da considerarsi dubbia. Allo stesso tempo si nota come nella prima prevale un atteggiamento anti-trotskista e nella seconda - quello anti-stalinista (sicché l'intero testo risulta contraddittorio). Detto ciò, secondo Saharov, i veri autori di quest'ultima andrebbero cercati tra i sostenitori di Trotsky, quelli della cerchia dei collaboratori di Lenin che gli stavano accanto durante il suo soggiorno a Gorky.


Tuttavia ci sono dei passaggi che non militano certo a favore dell’imparzialità dello storico. Per esempio, scrive il professore: “Ma vogliamo riflettere su chi erano gli autori del "Testamento"? Chi poteva trarre profitto da esso? Gli autori di questa leggenda del "Testamento di Lenin" sono Trotsky, Fotieva, Zinoviev, Bukharin". Le persone nominate erano i più stretti collaboratori di Lenin, e tutti loro, eccetto la Fotieva, sono stati fatti condannare a morte in base ad accuse false e calunniose. Ancora: ”All'interno di questa gruppo è stata combinata una lotta contro Stalin che fu consolidata e promossa da Zinoviev, che era anti-leninista”. Zinoviev non è mai stato anti-leninista, anzi era il più stretto e intimo collaboratore di Lenin, e considerava, sbagliando, Trotzky, non certo Stalin, il suo unico rivale nella successione a Lenin.<ref>Edward H. Carr.La morte di Lenin.Einaudi.1965</ref> Infatti, insieme a Kamenev e Stalin partecipò, contro Trotsky al cosiddetto triunvirato che governò la Russia fino al 1925.<ref>L'Urss di Lenin e Stalin. Storia dell'Unione Sovieticca 1914-1945. Andrea Graziosi.</ref> L’immagine di uno Zinoviev anti-leninista è stata costruita in seguito dagli stalinisti, per dare peso ideologico alle false accuse che portarono il rivoluzionario a morire nei sotterranei della Lubianka per mano del boia della GPU.<ref>Giuseppe Averardi, ''I grandi processi di Mosca'', Rusconi.</ref>
Tuttavia ci sono dei passaggi che non militano certo a favore dell’imparzialità dello storico. Per esempio, scrive il professore: “Ma vogliamo riflettere su chi erano gli autori del "Testamento"? Chi poteva trarre profitto da esso? Gli autori di questa leggenda del "Testamento di Lenin" sono Trotsky, Fotieva, Zinoviev, Bukharin". Le persone nominate erano i più stretti collaboratori di Lenin, e tutti loro, eccetto la Fotieva, sono stati fatti condannare a morte in base ad accuse false e calunniose. Ancora: ”All'interno di questa gruppo è stata combinata una lotta contro Stalin che fu consolidata e promossa da Zinoviev, che era anti-leninista”. Zinoviev non è mai stato anti-leninista, anzi era il più stretto e intimo collaboratore di Lenin, e considerava, sbagliando, Trotzky, non certo Stalin, il suo unico rivale nella successione a Lenin.<ref>Edward H. Carr.La morte di Lenin.Einaudi.1965</ref> Infatti, insieme a Kamenev e Stalin partecipò, contro Trotsky al cosiddetto triunvirato che governò la Russia fino al 1925.<ref>L'Urss di Lenin e Stalin. Storia dell'Unione Sovietica 1914-1945. Andrea Graziosi.</ref> L’immagine di uno Zinoviev anti-leninista è stata costruita in seguito dagli stalinisti, per dare peso ideologico alle false accuse che portarono il rivoluzionario a morire nei sotterranei della Lubianka per mano del boia della GPU.<ref>Giuseppe Averardi, ''I grandi processi di Mosca'', Rusconi.</ref>


Lo studioso Luciano Canfora, nella sua opera ''La storia falsa'' (Rizzoli, 2008) sostiene che il testamento è stato sì manipolato, ma da Stalin, il quale, per controbilanciare i duri giudizi che Lenin esprimeva su di lui, avrebbe inserito l'interpolazione negativa riguardante Trotsky.
Lo studioso Luciano Canfora, nella sua opera ''La storia falsa'' (Rizzoli, 2008) sostiene che il testamento è stato sì manipolato, ma da Stalin, il quale, per controbilanciare i duri giudizi che Lenin esprimeva su di lui, avrebbe inserito l'interpolazione negativa riguardante Trotsky.

Versione delle 13:29, 20 feb 2015

Il Testamento di Lenin o, Lettera al Congresso del Partito Bolscevico,è un documento in cui il leader bolscevico, ormai vicino alla morte, affronta i problemi organizzativi interni al partito e giudica, con toni spesso violentemente critici, l'operato dei dirigenti. Lo scritto, reso pubblico in URSS nel 1956, all'inizio del processo di destalinizzazione, è citato dalla storiografia come prova dei contrasti ideologici e caratteriali tra Lenin e Stalin.

Storia

La Lettera sarebbe stata dettata dal leader bolscevico, reso invalido e incapace di scrivere a seguito di un ictus cerebrale, alla sua stenografa Marija Volodičeva, tra il 23 e il 26 dicembre 1922, durante il soggiorno nella casa di cura a Gorkij.

Il testo presenta una nota datata 4 gennaio 1923 in cui Lenin avrebbe proposto esplicitamente al Congresso la rimozione di Stalin (giudicato "troppo brutale") dalla carica di segretario generale del partito.

La prima parte del testo indica la necessità di aumentare l'effettivo del Comitato Centrale facendovi entrare operai e contadini (50-100 membri) e delineò i ritratti dei maggiori esponenti del partito candidati alla sua successione. Di Stalin e Trotzky scriveva:

"Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotski.I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone."

Poi continuava:

"Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi."

Il 4 gennaio aggiungeva riguardo a Stalin:

"Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva."

Così giudicava gli altri membri del comitato centrale:

"Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev [2] non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotzky. Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bucharin e Pjatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica, Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica. Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità."

Zinov'ev e Kamenev, accusati di aver compottato per rovesciare il governo sovietico, saranno condannati a morte nei processi del 1936. Bucharin e Pjatakov formeranno l'opposizione di destra e saranno giustiziati con le stesse accuse nel 1938. Trotzky, esiliato dall'Unione Sovietica nel 1929, fonderà un esile movimento antisovietico internazionale prima di essere ucciso da Ramon Mercader nel 1940.

Dopo la morte di Lenin, il Testamento fu presentato alla commissione del Comitato Centrale. Il testo della lettera venne reso pubblico da Nikita Chruščёv nel 1956, nel corso del XX Congresso del PCUS; nello stesso anno avvenne la sua pubblicazione integrale.

Lev Trotsky sul testamento

È vero che in un suo scritto, lo stesso Trotsky, affermava che Lenin non avrebbe lasciato nessun testamento in quanto ciò sarebbe stato contrario al carattere del partito stesso e spiegava come la stampa estera borghese aveva interpretato come un ipotetico lascito una lettera sulla quale erano riportati consigli di carattere organizzativo che sono stati presi in considerazione nel XIII congresso; aggiunge inoltre che le voci riguardo all'occultamento del "testamento" erano infondate e andavano contro l'effettivo volere di Lenin,[1]. La smentita data da Trotzky rispondeva a ragioni diplomatiche, e alla ricerca di un accordo tra le due fazioni che si scontravano all'interno del partito, prima della rottura totale tra la maggioranza staliniana e l'opposizione trotzkista.[2][3] Peraltro, Lev Trotsky è stato anche criticato da una parte dei suoi sostenitori per non essersi avvalso per tempo, in funzione antistaliniana del documento in questione.[4]

Dubbi circa l'autenticità del testamento

Nel 2003 uno studioso russo, il docente dell'Università Statale di Mosca V.A. Saharov pubblicò il libro "Il testamento politico di Lenin. Verità storiche e miti della politica"[5] in cui viene messa in dubbio la paternità leniniana di numerosi passaggi del documento. L'autore parte dal fatto che trattandosi di un testo dattiloscritto, non autografo e non firmato da Lenin non c'è alcun motivo di attribuirlo al primo leader sovietico senza un rigoroso esame scientifico, tanto più che il testo in questione apparve in un periodo di aspre lotte politiche per il potere all'interno del partito bolscevico. Nel corso della sua ricerca Saharov giunge a conclusioni diverse da quelle comunemente riconosciute dalla storiografia tradizionale. Egli trova difficilmente spiegabili le affermazioni presenti nel "Testamento" secondo le quali Stalin, eletto Segretario Generale, avrebbe concentrato nelle proprie mani "un immenso potere" mentre Trotsky sarebbe da considerare "il più dotato tra i membri del CC" per cui sarebbe stato opportuno dimenticare le sue precedenti posizioni antibolsceviche. Nel "Testamento" si rintracciano poi numerose idee identiche a quelle formulate un anno prima da Trotsky e che erano state respinte o criticate allora dallo stesso Lenin (soprattutto per quanto riguarda le modalità della soluzione della cosiddetta "questione nazionale"). In base a un'attenta analisi del documento nonché degli avvenimenti politici dell'epoca Saharov avanza la tesi sulla doppia struttura del "Testamento". Esso infatti consisterebbe in una parte propriamente leniniana e nell'altra la cui paternità è da considerarsi dubbia. Allo stesso tempo si nota come nella prima prevale un atteggiamento anti-trotskista e nella seconda - quello anti-stalinista (sicché l'intero testo risulta contraddittorio). Detto ciò, secondo Saharov, i veri autori di quest'ultima andrebbero cercati tra i sostenitori di Trotsky, quelli della cerchia dei collaboratori di Lenin che gli stavano accanto durante il suo soggiorno a Gorky.

Tuttavia ci sono dei passaggi che non militano certo a favore dell’imparzialità dello storico. Per esempio, scrive il professore: “Ma vogliamo riflettere su chi erano gli autori del "Testamento"? Chi poteva trarre profitto da esso? Gli autori di questa leggenda del "Testamento di Lenin" sono Trotsky, Fotieva, Zinoviev, Bukharin". Le persone nominate erano i più stretti collaboratori di Lenin, e tutti loro, eccetto la Fotieva, sono stati fatti condannare a morte in base ad accuse false e calunniose. Ancora: ”All'interno di questa gruppo è stata combinata una lotta contro Stalin che fu consolidata e promossa da Zinoviev, che era anti-leninista”. Zinoviev non è mai stato anti-leninista, anzi era il più stretto e intimo collaboratore di Lenin, e considerava, sbagliando, Trotzky, non certo Stalin, il suo unico rivale nella successione a Lenin.[6] Infatti, insieme a Kamenev e Stalin partecipò, contro Trotsky al cosiddetto triunvirato che governò la Russia fino al 1925.[7] L’immagine di uno Zinoviev anti-leninista è stata costruita in seguito dagli stalinisti, per dare peso ideologico alle false accuse che portarono il rivoluzionario a morire nei sotterranei della Lubianka per mano del boia della GPU.[8]

Lo studioso Luciano Canfora, nella sua opera La storia falsa (Rizzoli, 2008) sostiene che il testamento è stato sì manipolato, ma da Stalin, il quale, per controbilanciare i duri giudizi che Lenin esprimeva su di lui, avrebbe inserito l'interpolazione negativa riguardante Trotsky.

Il gruppo dirigente sovietico arrivato al potere a seguito della morte di Stalin e dell'eliminazione, politica o fisica, dei suoi fautori non poteva non essere interessato alla condanna politica della sua persona e a tale scopo usava tutti i mezzi, leciti e non leciti[9]. La cancellazione della figura di Stalin dalla coscienza del popolo sovietico, alla quale la pubblicazione della "Lettera al congresso" contribuì fortemente, fu legata anche al cambiamento della politica interna ed estera dell'Urss verificatosi dopo il 1953, cambiamento che non sarebbe stato pensabile senza una delegittimizzazione della leadership staliniana agli occhi dei membri del partito e dell'opinione pubblica.

Note

  1. ^ L. Trotsky Articolo “A proposito del libro di Eastman – Dopo la morte di Lenin – Bolscevik n.16, 1º settembre 1925.
  2. ^ Boris Souvarine. Stalin. Gli Adelphi. 2003
  3. ^ Pierre Brouè, LA RIVOLUZIONE PERDUTA, TORINO, bOLLATI bORENGHIERI, 1991.
  4. ^ Boris Souvarine.Stalin.delphi,p.566
  5. ^ V.A. Saharov, "Политическое завещание" В.И. Ленина. Реальность истории и мифы политики, Edizioni dell'Università di Mosca 2003.
  6. ^ Edward H. Carr.La morte di Lenin.Einaudi.1965
  7. ^ L'Urss di Lenin e Stalin. Storia dell'Unione Sovietica 1914-1945. Andrea Graziosi.
  8. ^ Giuseppe Averardi, I grandi processi di Mosca, Rusconi.
  9. ^ Si vedano le "Memorie" di Chruščёv nelle quali egli afferma che dopo l'attacco tedesco all'Urss Stalin sarebbe fuggito da Mosca e solo lui, Chruščёv, con alcune altre persone l'avrebbe convinto a riprendere il potere. Oppure, sempre lì, la sua "testimonianza" secondo cui Stalin, per elaborare i piani delle operazioni sul fronte, si sarebbe servito di un mappamondo. Entrambe le accuse sono state smentite rispettivamente dal "Diario delle visite del Cremlino" del 1941 e da numerosi testimoni oculari. Dopo le sue dimissioni Chruščёv fece pervenire le "Memorie" negli Stati Uniti.

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