Autoritratto (van Dyck 1622-23): differenze tra le versioni

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Attorno al [[1620]], van Dyck dipinse tre autoritratti, uno conservato a [[New York]], uno a [[Monaco di Baviera|Monaco]] e questo a [[San Pietroburgo]]. In questo autoritratto van Dyck si mostra tranquillo e ancora una volta sicuro di . Indossa un abito di seta nera e mette in risalto la mano, bianca e affusolata, guardando l'osservatore dritto negli occhi.


Diversi elementi ci permettono di collocare l'esecuzione di questo dipinto nel periodo di soggiorno [[Roma|romano]] dell'artista, quando aveva all'incirca ventiquattro anni: la presenza di una [[colonna]] spezzata, simbolo dell'antichità greco-romana e la somiglianza evidente con un ritratto di [[Raffaello]], che all'epoca si ritenva fosse un autoritratto dell'autore e che van Dyck riportò nel suo ''Taccuino italiano''.
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==Voci correlate==
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==Bibilografia==
==Bibliografia==
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Versione delle 15:33, 15 giu 2010

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Attorno al 1620, van Dyck dipinse tre autoritratti, uno conservato a New York, uno a Monaco e questo a San Pietroburgo. In questo autoritratto van Dyck si mostra tranquillo e ancora una volta sicuro di sé. Indossa un abito di seta nera e mette in risalto la mano, bianca e affusolata, guardando l'osservatore dritto negli occhi.

Diversi elementi ci permettono di collocare l'esecuzione di questo dipinto nel periodo di soggiorno romano dell'artista, quando aveva all'incirca ventiquattro anni: la presenza di una colonna spezzata, simbolo dell'antichità greco-romana e la somiglianza evidente con un ritratto di Raffaello, che all'epoca si riteneva fosse un autoritratto dell'autore e che van Dyck riportò nel suo Taccuino italiano.

Voci correlate

Note


Bibliografia

  • Gian Pietro Bellori, Vite de' pittori, scultori e architecti moderni, Torino, Einaudi, 1976.
  • Didier Bodart, Van Dyck, Prato, Giunti, 1997.
  • Christopher Brown, Van Dyck 1599-1641, Milano, RCS Libri, 1999.ISBN 8817860603
  • Justus Müller Hofstede, Van Dyck, Milano, Rizzoli/Skira, 2004.
  • Stefano Zuffi, Il Barocco, Verona, Mondadori, 2004.