Pratesi (famiglia)

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I Pratesi sono un'antica famiglia italiana di parte guelfa, originaria di Firenze. La loro arma era «divisa vermiglia e bianca e sopra un Leone rampante contrariante i colori del campo.»[1]

Pratesi
Pratesi del Lion Nero
Troncato di rosso e d'argento, al leone rampante tenente con la branca anteriore destra un crescente montante, il tutto dell’uno all’altro.
Stato Repubblica di Firenze
Ducato di Firenze
Granducato di Toscana
Regno d'Italia
Casata di derivazioneSpadi di Pistoia[2]
Titoli
FondatoreSer Lapo de' Pratesi
Data di fondazioneXIII secolo
EtniaItaliana
Rami cadetti
  • Pratesi del Lion Nero
  • Cavina Pratesi
  • Nacchianti Pratesi

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Stipite della famiglia fu Ser[3] Lapo de' Pratesi[2], Priore in Firenze dalla fine del 1292 all'inizio del 1293[4]. Egli fu membro dell'ultimo collegio di Priori nobili[5] antecedente all'introduzione degli Ordinamenti di Giustizia voluti da Giano Della Bella. La famiglia è attestata nel capoluogo fiorentino per più secoli[6], ove si arricchì grazie al commercio dei tessuti di lana - arte cui s'iscrisse Santi de' Pratesi nel 1360 - tinta presso il fondaco dei Rucellai. Vincenzio fu dottore in Legge ascritto all’arte dei Giudici e dei Notai nel 1411, mentre Giuseppe dei Pratesi del Lion Nero, ricco mercante, partecipò nel 1472 al finanziamento di una cava d’allume scoperta dai Volterrani nei pressi della loro città. Cambio Pratesi è annoverato fra i giocatori del calcio in livrea nello storico incontro che si tenne a Firenze per il Carnevale del 1530[7], in cui si distinse per potenza e agilità.

In seguito alla caduta della Repubblica Fiorentina nel 1532, parte della famiglia lasciò Firenze per insediarsi in altre località toscane.

Pratesi detti "del Lion d'Oro"[modifica | modifica wikitesto]

Erano a volte indicati come "del Lion d’Oro" (dal nome del gonfalone, sito nel quartiere di San Giovanni, in cui risiedevano in origine)[8] i Pratesi che s’insediarono in Petrognano (oggi frazione del comune di San Godenzo), generando in seguito diversi rami. Il maggiore di questi rientrò a Firenze alla fine del Seicento, ove godette di una certa visibilità anche grazie a unioni matrimoniali con famiglie di spicco quali i Taddei.

Altri di questi Pratesi che lasciarono progressivamente Petrognano furono:

  • Il ramo installatosi a Marradi sul principio del XVIII secolo[9]; appartenne a questa famiglia lo scrittore Mario Pratesi[9];
  • Il ramo installatosi a Livorno, ove furono organisti di cattedrale e maestri di musica Luigi Pratesi (? - 1871) e il figlio Giuseppe (n. 1841)[10];
  • Il ramo di Montecatini.

Fu probabilmente dal ceppo "del Lion d'Oro" che derivò la famiglia Cavina Pratesi[11], ramo cadetto dei Conti Cavina, tuttora fiorente e proprietaria del castello di Gamberaldi[12] a Marradi.

I Pratesi del Lion Nero[modifica | modifica wikitesto]

Discendenti dal già citato Giuseppe Pratesi del Lion Nero, questi Pratesi traevano il loro nome[13] dal gonfalone omonimo sito nel quartiere di Santa Croce, in cui vivevano storicamente[14]. Essi furono proprietari di Casa Pratesi, un edificio sito in via dei Servi 22 a Firenze - tuttora esistente - che serviva probabilmente da sede per le attività legate al commercio della lana[15]. Questa famiglia portava un'arma gentilizia leggermente diversa da quella dell'avo Ser Lapo de' Pratesi[16].

Nel corso del XVIII secolo questo ramo fu particolarmente in vista e godette di relazioni privilegiate coi casati dei Landi, degli Strozzi, dei Corsini, dei Rinuccini, dei Guadagni, dei Pucci e dei Barbolani[17]. Diede inoltre diversi Podestà alla Toscana: Domenico Maria q. Matteo fu Podestà in numerose località dal 1756 al 1772, nonché membro del Consiglio dei Ducento dal 1758 e due volte Procuratore palatino[18]; suo fratello Francesco Maria fu Podestà a Castelfranco Inferiore nel 1756[18]; Pietro Maria fu Podestà a Val Greve nel 1738, a Civitella nel 1755, a Castelfranco Superiore nel 1762 e a Montelupo nel 1765[18].

Francesco q. Vincenzio Maria fu Cavaliere dell'Ordine della Corona di Ferro; dal suo matrimonio con Vittoria Landi discese una dinastia di artisti attivi nel mondo della danza, cui appartenne Ferdinando Pratesi.

Altri rami[modifica | modifica wikitesto]

Secondo fonti antiche, sempre dai Pratesi di Firenze discesi da Ser Lapo si originò la famiglia Nacchianti Pratesi di Montevarchi[1].

Nel Settecento risiedeva in Santa Maria Novella, sotto al gonfalone del Lion Rosso, un'ulteriore famiglia Pratesi cui appartenne un Giuseppe Maria (n. 1698), membro dei Ducento dal 1734, nonché Podestà di Bibbiena nel 1742 e di Belforte nel 1747[19]. Egli ebbe numerosa discendenza: si ricorda in particolare il primogenito Giovanni Francesco Gaspero (n. 1734), pupillo del nobile Pier Francesco Ricci[20].

Il periodo lorenese[modifica | modifica wikitesto]

I Pratesi non risultano presenti all'interno del Libro d'Oro redatto secondo le nuove regolamentazioni imposte dopo l'insediamento degli Asburgo-Lorena (1750), sebbene due diverse famiglie - i Pratesi del Lion Nero e i Pratesi dimoranti in Santa Maria Novella - avessero presentato regolare istanza per il riconoscimento del titolo gentilizio[16][20].

Membri illustri[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Pratesi (1842-1921), scrittore e letterato;
  • Ferdinando Pratesi (1831-1879), mimo, ballerino e coreografo;
  • Giovanni Pratesi (1865-1938), mimo, ballerino e coreografo, figlio del precedente.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b A. Ademollo, Marietta de’ Ricci, ovvero Firenze ai tempi dell’assedio, con note di L. Passerini, Firenze, 1845, pag. 283.
  2. ^ a b Nei testi antichi Lapo è indicato come «Lapus del Pratese» o «Lapus f. Pratesis», il che lascia intendere che "Pratesi" fosse il soprannome attribuito al padre di Lapo stesso. Non si hanno notizie certe sul cognome originale della famiglia, benché alcuni testi lascino ipotizzare che essa fosse un ramo degli Spadi di Pistoia insediatosi appunto a Prato (da cui "pratesi"); cfr. in P. Mini, Avvertimenti e digressioni sopra'l discorso della nobiltà di Firenze e de fiorentini, 1594, pag. 39, ove l'elenco delle casate assurte al priorato nell'anno in cui Ser Lapo ebbe la carica menziona la sua famiglia come "Spadi pratesi". In questa prospettiva, si può interpretare la scelta del nuovo stemma di famiglia come un diretto riferimento a Firenze - i colori della città sono appunto rosso e bianco, mentre il leone potrebbe riferirsi al Marzocco - e alla parte guelfa, che era tradizionalmente segnalata da scudi troncati (il partito era invece tipico dei ghibellini).
  3. ^ L'appellativo "ser", con cui Lapo viene sempre indicato, suggerisce che fosse iscritto all'Arte dei Giudici e Notai.
  4. ^ . Lapo de' Pratesi era da tempo attivo nella vita politica fiorentina: è infatti citato come partecipante alle consulte comunali nel decennio precedente alla propria elezione a Priore (cfr. A. Gherardi, Le consulte della Repubblica fiorentina: dall'anno MCCLXXX al MCCXVIII, 1896), nonché già nel 1259 come parte delle milizie cittadine per l'antico sestiere di Porta Duomo, in quanto appartenente al "popolo di Santa Maria Maggiore" (cfr. C. Paolo, Il libro di Montaperti - Anno MXXLX, all'interno di Documenti di Storia Italiana, pubblicato a cura della Regia Deputazione per gli Studi sulla Storia Patria, 1889, pag. 25).
  5. ^ D. Compagni, Dino Compagni e la sua Cronica, Isidoro del Lungo Editore, 1879, pag. 116. Gli altri compagni nobili di Ser Lapo furono: Palmieri Altoviti, Pela Gualducci, Maso Dell'Antella, Gaddo Falconieri, Monpuccio Girolami del Chiaro.
  6. ^ A. Pucci, Cantari, seconda metà del Trecento.
  7. ^ A. Ademollo, Marietta de’ Ricci, ovvero Firenze ai tempi dell’assedio, con note di L. Passerini, Firenze, 1845, pag. 250.
  8. ^ Archivio di Stato di Firenze, raccolta Ceramelli Papiani, fascicolo 3856.
  9. ^ a b Albero genealogico della famiglia Pratesi, 1868, all'interno del Fondo Mario Pratesi, F69. 2017.12, Box 2/OS, Victoria University Library Special Collections.
  10. ^ G. Masutto, I maestri di musica italiani del secolo XIX, Stab. tipografia di G. Cecchini, 1882, pag. 146.
  11. ^ La famiglia Cavina s'insediò in epoca remota nella valle del Lamone, area che comprende i territori di Marradi (FI) e di Brisighella (RA): in quest'ultima località sussistono diverse torri difensive possedute anticamente dai Cavina. La torre detta "dei Pratesi" apparteneva al ramo Cavina Pratesi, come emerge dalla scheda del manufatto compilata dal Ministero dell'Istruzione: «Agli inizi del Seicento è in proprietà alla famiglia Pratesi, del ceppo dei Cavina», consultabile sul Catalogo dei Beni Culturali
  12. ^ Nei dintorni di Marradi – Dante in Mugello
  13. ^ Benché mai ufficialmente cognomizzata, l'espressione "del Lion Nero" risulta essere storicamente impiegata per riferirsi a questa specifica famiglia, forse per distinguerla dal ramo principale.
  14. ^ Archivio di Stato di Firenze, raccolta Ceramelli Papiani, fascicolo 3858.
  15. ^ L'intera via dei Servi è, difatti, costellata di edifici appartenuti a tale corporazione.
  16. ^ a b Lo scudo era infatti troncato di rosso e d'argento, al leone rampante tenente con la branca anteriore destra un crescente montante, il tutto dell’uno all’altro; cfr. Archivio di Stato di Firenze, Deputazione sopra Nobiltà e Cittadinanza, Filze di Armi Gentilizie, Filza IV N. 1429.
  17. ^ Registri battesimali Opera Santa Maria del Fiore di Firenze..
  18. ^ a b c Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, busta numero 4317. Nello specifico il primogenito Domenico fu Podestà a Prato Vecchio nel 1756, a Borgo San Lorenzo 1757, a Castelfiorentino nel 1759, a Buggiano nel 1760, a Castelfranco Inferiore nel 1762, a Laterina nel 1763, a Figline nel 1765, a Val Greve nel 1767, a Empoli nel 1772.
  19. ^ Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, busta numero 4315.
  20. ^ a b La sua arma gentilizia era d’azzurro, al leone al naturale, accompagnato nel cantone destro del capo da un crescente rivolto d’argento, e alla fascia diminuita attraversante di rosso; cfr. Archivio di Stato di Firenze, Deputazione sopra Nobiltà e Cittadinanza, Filze di Armi Gentilizie, Filza II N. 417.