Ossidazione chimica in situ

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L'ossidazione chimica in situ[1] è un processo di bonifica dei suoli contaminati attualmente considerato fra le tecnologie alternative ai trattamenti consolidati.

Meccanismo[modifica | modifica wikitesto]

L'ossidazioni chimica in situ prevede il dosaggio di reagenti ossidanti quali perossido di idrogeno, persolfato di sodio e permanganato di potassio in terreni e sedimenti inquinati da composti organici biorefrattari quali idrocarburi pesanti e composti organo-alogenati.

Applicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni ricercatori hanno valutato l'efficacia di trattamenti di ossidazione con reattivo di Fenton nei confronti di sedimenti fluviali caratterizzati da significative concentrazioni di idrocarburi pesanti e IPA. Le prove sono state condotte in fase fangosa usando un rapporto solido:liquido pari a 1:10. Nei test sono stati dosati solfato ferroso e perossido di idrogeno in percentuale compresa tra 5 e 10% in peso; l'acidificazione della matrice è avvenuta dosando acido cloridrico, fosforico o acetico. I risultati ottenuti hanno mostrato rese di rimozione degli idrocarburi comprese tra 80 e 95%, mentre le rese di rimozione degli IPA sono state del 50-60%.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In situ: interventi effettuati senza rimozione o movimentazione del suolo inquinato, quindi l'intervento avviene nel luogo della contaminazione.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]