Nazi punk

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Nshc)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Nazi punk è un termine utilizzato per designare una subcultura punk che segue le tesi del nazismo[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1978 il British National Front, partito di estrema destra inglese, aveva creato una organizzazione giovanile chiamata Punk Front[2]. Anche se questo movimento durò un solo anno, esso attirò molti punk inglesi e causò la formazione di varie band punk White Power di secondo piano come The Dentists, The Ventz, Tragic Minds e White Boss[2][3].

Il movimento white power in Inghilterra si spense intorno al 1979, a causa della fine dell'ondata del punk rock delle origini e del Punk Front, ma successivamente si infiltrò nel nascente oi!, che al tempo era dominato da ideologie marxiste[4]. In questo modo il nazi punk iniziò ad essere associato agli skinhead[4], anche se continuavano ad esistere punk legati al movimento white power originale. Tra i gruppi oi nazisti si distinsero gli Skrewdriver, un gruppo inizialmente apolitico che dal 1982 in poi[5] si convertì in gruppo nazista, contribuendo anche alla diffusione di tale ideologia all'interno dell'oi!.

Nello stesso periodo la subcultura si diffuse in tutto il mondo, in particolare negli USA nel periodo di nascita dell'hardcore punk[6][7]. Negli Stati Uniti, in particolare nelle zone di New York e Los Angeles, i punk razzisti furono numerosi fino alla fine degli anni '80, quando l'ascesa del movimento antirazzista SHARP causò l'estromissione di molti nazi punk dalla scena musicale[4]. Da allora il movimento è sopravvissuto, sebbene non forte come un tempo, sfruttando l'ondata del punk revival.

La canzone Nazi Punks Fuck Off dei Dead Kennedys fu un'esplicita polemica nei confronti del movimento e il segnale anti-svastica apparso sulla copertina divenne un simbolo della subcultura punk antirazzista.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Wallace, Amy. The Official Punk Rock Book of Lists. Backbeat Books, 2007. pp. 186
  2. ^ a b Reynolds, Simon. Rip It Up and Start Again: Postpunk 1978-1984. Penguin (Non-Classics), 2006. pp. 65
  3. ^ Sabin, Roger. Punk Rock: So What?: The Cultural Legacy of Punk. Routledge, 1999. pp. 207-208.
  4. ^ a b c (EN) History, su nazipunk.8k.com. URL consultato il 21 ottobre 2009 (archiviato dall'url originale il 21 dicembre 2009).
  5. ^ Federico Guglielmi, Punk, Giunti Editore, 2009
  6. ^ Andersen, Mark. Dance of Days: Two Decades of Punk in the Nation's Capital. Akashic Books, 2003. pp. 159
  7. ^ Flynn, Michael. Globalizing the Streets. Columbia University Press, 2008. pp. 191

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Simon Reynolds, Rip It Up and Start Again Postpunk, 1978-1984 , Faber and Faber, 2005.
  • Roger Sabin, Punk Rock: So What?
  • Steven Blush, American Hardcore: A Tribal History
  • Eddy Morrison, Memoirs of a Street Soldier: A Life in White Nationalism
  • The Punk Front: 1978-79. British National Front Production