Le sorprese del divorzio (film 1923)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Le sorprese del divorzio
Paese di produzioneItalia
Anno1923
Durata1774 metri (66 min circa)
Dati tecniciB/N
film muto
Generecommedia
RegiaGuido Brignone
SoggettoAlexandre Bisson, Antony Mars
SceneggiaturaGuido Brignone
ProduttoreFert
Distribuzione in italianoSAS Pittaluga
FotografiaUbaldo Arata
Interpreti e personaggi

Le sorprese del divorzio è un film del 1923 diretto da Guido Brignone.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

« Un grande romanziere fugge in cerca di quiete in riviera, per non assistere alla rovina di un suo romanzo ridotto per la scena da uno impresario ostinato e colà s'incontra e s'innamora, senza saper chi essa sia, della moglie dell'impresario. Costei, scoperta la relazione di suo marito con la prima attrice della compagnia, chiede il divorzio e sposa il grande autore di romanzi, del quale si è perdutamente innamorata. Ma il nuovo marito non resta indifferente al fascino della prima attrice e la moglie lo sorprende, nel camerino della rivale, mentre i due si baciano, la sera che la commedia ha ottenuto un grande successo. Delusa, la donna non trova altra via d'uscita che chiedere un secondo divorzio e ritornare a vivere con il primo marito. Non sono ancora trascorse ventiquattr'ore da quest'ultima decisione, che un nuovo divorzio si profila all'orizzonte e l'amore tormentato fra la donna e l'autore trionfa.»[1].

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Tratto dalla commedia Les surprises du divorce (1909) di Alexandre Charles Auguste Bisson (1848-1912) e Antony Mars (1862-1915), il film ottenne il visto censura n. 18409 il 30 giugno 1923. Presentato al Gran concorso internazionale del cinema di Torino, svoltosi in quell'anno, fu premiato con medaglia d'oro[2]. Lo stesso regista ne ha girato anche una versione sonora, per conto della Scalera Film nel 1939.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Flano cinematografico su una rivista dell'epoca

Elle. Gi. in La vita cinematografica del 15 dicembre 1923: «La commedia di A. Bisson non è una pochade: è una commedia allegra, un po' scapigliata, di quelle che prelusero alle pochades, ma tale ancora da rifuggire da tutte le volgarità, le scurrilità e le scempiaggini di esse. Di quelle produzioni, all'ascoltar le quali una donna non è costretta ad arrossire, un uomo a trovarsi a disagio di fronte alle signore, ed ambedue a disgustarsi. Non è neppure una farsa, dalla quale, anzi, è ben lontana, rifuggendo dai lazzi e dalle buffonerie. Ridotta in film, l'inscenatore e forse, più il direttore artistico dell'Alba, ha voluto, invece, fare una completa farsa, con intonazioni posciadesche. per quanto avrebbe potuto permettere la censura che, cinematograficamente, in questo campo è assai esigente. [...] Nel film... forse si è troppo pensato che il cinematografo è la volgarizzazione dell'arte e della letteratura, e si è esagerato nel... volgarizzare, fino a raggiungere, qua e là, situazioni completamente fuori posto - diciamo così - nelle scene e nelle diciture. Si è voluto strafare in qualche punto, aggiungendo un po' di pepe alla commedia; ma si vede che ii pepe non era di prima qualità... [...]».

A. Bruno in Il Roma della domenica del febbraio 1924: «[...] Commedia prettamente teatrale, con intrecci e trovate complicate e graziosissime [...] Compito difficilissimo, quindi, era quello della riduzione cinematografica facendone risaltare, come meglio era possibile, le grandi arguzie come le graziose sfumature. Questa meta si prefisse Guido Brignone - direttore del film - e l'ha raggiunta [...]. Abbiamo da rilevare soltanto un difetto originario insopprimibile in simili lavori scritti pel teatro: quello di un po' d'imbroglio generale per le situazioni troppo complicate; situazioni che esigono spesso il concorso di didascalie - spiritose, naturalmente - che se fanno ridere. non sono per questo molto desiderabili. Oreste Bilancia ha impersonato la figura di Duval con la sobrietà e buon gusto che sono abituali ad ogni sua interpretazione. Lia Miari, attraente. Niobe Sanguinetti, spigliata. A Leonie Laporte non diamo affatto la nostra approvazione perché le sue interpretazioni sguaiate non ci sono mai piaciute[...]».

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dal programma distribuito in un cinema, riprodotto da V. Martinelli, pp. 113-114
  2. ^ V. Martinelli, p. 115.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano - I film degli anni Venti / 1923-1931, Edizioni Bianco e Nero, Roma 1981.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Cinema: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cinema