Ipocloridria

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La ipocloridria o ipoacidità è una disfunzione dell'apparato digerente, consistente nella scarsità di acido cloridrico nel succo gastrico.

Diagnostica[modifica | modifica wikitesto]

La diagnosi di ipocloridria viene posta attraverso lo studio del succo gastrico (prelevato mediante sondaggio). Si parla di ipocloridria allorché il contenuto di acido cloridrico libero, nel succo gastrico del paziente a digiuno, non supera i 40 gradi. L'entità della ipoacidità può anche essere maggiore, sino a raggiungere una situazione di acloridria, nella quale il succo gastrico non contiene acido cloridrico libero nemmeno dopo stimolazione con istamina.

Eziologia[modifica | modifica wikitesto]

Le cause della ipocloridria sono molteplici: possono essere dovute all'età (nella persona anziana anche in buona salute la formazione di acidità gastrica è assai ridotta), all'uso di farmaci, a precedenti interventi chirurgici (vagotomia, gastroresezione), a malattie primitive dello stomaco (gastrite atrofica, carcinoma gastrico) o, anche, a malattie del sangue (anemia perniciosa).

Clinica[modifica | modifica wikitesto]

La sintomatologia che si accompagna alla ipocloridria è determinata dal fatto che in tali condizioni la digestione gastrica degli alimenti è incompleta o assente, per cui si appesantisce il lavoro digestivo dell'intestino; ne scaturisce una tendenza diarroica dell'alvo, associata ad inappetenza, repulsione verso alcuni cibi, senso di gonfiore epigastrico post-prandiale, digestione lunga e faticosa (dispepsia ipocloridrica).

Trattamento[modifica | modifica wikitesto]

La terapia dell'ipocloridria gastrica, ove non sia possibile correggere la malattia che ne è la causa, è sostitutiva, consiste cioè nella somministrazione per via orale, durante i pasti, di acido cloridrico diluito, per lo più in associazione con pepsina.

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