HD 93250

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HD 93250
HD 93250
ClassificazioneStella blu di sequenza principale
Classe spettraleO3,5V
Distanza dal Sole7 000 anni luce (2 100 pc)
CostellazioneCarena
Coordinate
(all'epoca J2000.0)
Ascensione retta10h 44m 45,03s
Declinazione-59° 33′ 54,7″[1]
Dati fisici
Raggio medio16 R
Massa
87 - 118 M
Temperatura
superficiale
50250 K (media)
Luminosità
1040000 L
Dati osservativi
Magnitudine app.+7,50
Magnitudine ass.−7,66
Parallasse0,53 mas
Moto proprioAR: -8,15 mas/anno
Dec: +2,86 mas/anno
Velocità radiale15,0 km/s
Nomenclature alternative
HIP 52558 / SAO 238423 / GC 14791

Coordinate: Carta celeste 10h 44m 45.03s, -59° 33′ 54.7″

HD 93250 è una stella nella costellazione della Carena, di magnitudine visuale + 7,5[1].

È situata a 7500 anni luce di distanza dal Sole nella Nebulosa della Carena ed è una delle più massicce stelle conosciute, paragonabile a Eta Carinae ed alla componente principale di HD 93129, con una massa che va da 87 a 118 volte quella solare, a seconda degli studi presi in considerazione[2][3].

Si tratta di una stella blu di sequenza principale di tipo spettrale O3,5V, con una temperatura effettiva attorno ai 45.000 K, il suo raggio è dalle 16 alle 20 volte il raggio solare e la sua luminosità 1 milione di volte superiore. Si pensa che non abbia ancora abbandonato la sequenza principale, ma che stia fondendo l'idrogeno in elio all'interno del suo nucleo. Perde massa ad un ritmo elevato come avviene solitamente nelle stelle supermassicce.

HD 93250 è probabilmente, come altre giovani e massicce stelle della nebulosa della Carena, una stella binaria dove la collisione dei venti stellari con la compagna provoca una evidente emissione di raggi X.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b HD 93250 [collegamento interrotto], su sim-id. URL consultato il 24 settembre 2019.
  2. ^ Big and Giant Stars: HD 93250, su jumk.de. URL consultato il 24 settembre 2019.
  3. ^ VizieR, su vizier.u-strasbg.fr. URL consultato il 24 settembre 2019.
  4. ^ (EN) International Astronomical Union. Symposium, Massive stars as cosmic engines, Cambridge University Press, 2008, p. 123. URL consultato il 22 agosto 2011.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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