Encausto

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Muro decorato a encausto da Solunto (I secolo a.C. - Museo archeologico regionale di Palermo)
Pittura ad encausto nel laboratorio romano di Vincenzo Requeno

L'encausto (gr. έγkαυστον da έγkαίω "metto a fuoco"; lat. encaustum) è un'antica tecnica pittorica applicata, che si basa sull'uso di colori mescolati alla cera attraverso il calore. Fu ideata con delle differenze a seconda dello scopo (Plinio, XXXV, 122) ceris pingere, picturam inunero o "encausticare": su muro o noto come gánosis su marmo, detta anche kósmesis, in quanto ravvivava la policromia di legno, terracotta, avorio. In epoca contemporanea ci sono importanti esempi di applicazione su tela.

I pigmenti vengono mescolati a cera d'api (che ha funzione di legante), mantenuti liquidi dentro un braciere e stesi sul supporto con un pennello o una spatola e poi fissati a caldo con arnesi di metallo chiamati cauteri o cestri: è questo il procedimento che differenzia l'encausto dalla pittura a cera.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La tecnica molto importante era conosciuta a Pompei e anche in Grecia, come testimoniano gli scritti di Plinio il Vecchio, ma conobbe grande fortuna presso i Romani. Si dice che l'inventore di questa tecnica sia stato Aristide di Tebe[1]. Restano, però, scarsi reperti: tra i più famosi, i ritratti del Fayyum, in Egitto, risalenti al I secolo d.C., le icone del monastero di Santa Caterina al Sinai.

Per le pitture murali a Pompei, su cui sono state fatte spesso ipotesi di un'esecuzione ad encausto, si è invece ormai chiarito che sono stati eseguiti ad affresco, secondo il procedimento indicato da Vitruvio per la pittura murale nel De Architectura, VII libro, cap. III e IV.

La tecnica fu usata anche in scultura come rifinitura conclusiva, ad esempio da Canova per addolcire il "troppo bianco" del marmo scolpito[2].

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Sia Plinio che Vitruvio descrivono i metodi di esecuzione dell'encausto.

I pigmenti venivano mescolati con colla di bue, cera punica (ovvero cera vergine fatta bollire in acqua di mare) e calce spenta, per sgrassare la colla: si ottiene una tempera densa, da diluire eventualmente con acqua. Una volta asciutta la tempera, la si spalmava con cera punica sciolta con un po' d'olio. Si scaldava quindi il supporto o con un braciere o con il cauterio, per far penetrare la cera fino al supporto. Infine, si passava alla lucidatura con un panno tiepido.

Tra i maestri della tecnica dell'encausto del Novecento si ricordano Giandante X, Romana Mischi ed i pittori e restauratori Tito Venturini Papari[3] e Michele Paternuosto.[4]

Encausticazione[modifica | modifica wikitesto]

Va ricordato inoltre il processo cosiddetto di "encausticazione", comune nella pittura romana antica, che consisteva nello stendere uno strato di cera finale come protettivo del dipinto già realizzato.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Plin. Naturalis Historia, XXXV, 122
  2. ^ Si veda in Il metodo dello scultore
  3. ^ la pittura ad encausto al tempo di augusto di venturini papari tito - AbeBooks, su abebooks.it. URL consultato il 14 novembre 2018.
  4. ^ Magia Dell'Encausto (PDF), su rometheimperialfora19952010.files.wordpress.com.

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