Domenico Valinotti

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Domenico Valinotti (Torino, 17 settembre 1889Canelli, 10 ottobre 1962) è stato un pittore italiano.

File:Deabate che dipinge 1957.jpg
Deabate che dipinge (1957)


Biografia e Temi Pittorici

Nacque a Torino il 17 settembre 1889 e mori a Canelli il 10 ottobre 1962.

Solo per alti meriti artistici ebbe la cattedra di Figura al Liceo dell'Accademia Albertina, dove insegnò per un ventennio amato e apprezzato dai numerosi allievi con i quali stabilì un profondo legame spirituale, artistico, affettivo che si protrarrà nel tempo.

Fu pittore moderno, ma non entrò di soppiatto nel giardino dell'arte attraverso le porticinc delle poetiche di avanguardia, scelsc quella che sul limitare fra Medioevo e Rinascimento Cennino Cennini avcva chiamato « la trionfale porta del ritrarre di naturale ». Si pose cioè di fronte alla realtà ad occhio nudo, senza occhiali deformanti. Lasciò che la trasfigurazione dci vero in immagine poetica gli fosse dettata dalla sincerità dci sentimento, dalla Sua affettuosa fìducia nell'uomo forse, certo nella natura. Pcr qucsto egli fu soprattutto paesista. Autodidatta, assorbì quasi senza accorgersene i succhi più sapidi della tradizione, che pcr lui fu soprattutto quella del paesismo, a suo modo « imprcssionistico », dci Piemonte fine Ottocento, captò nell'aria, senza bisogno di rifarsi a modclli precisi, le onde di quel solenne ordine geometrico che Cézanne aveva imposto alla natura. Poté cosÌ, senza bisogno di formali atti di adesione, costeggiare il « Novecento ». Paesaggi come quello di Varigotti, del 1922, che gli valse trentasei anni dopo il premio Bagutta, sono estremamente indicativi al riguardo: sulla riproduzione fedele delle cose si imprimono senza sforzo una semplificazione di forme, una costruttività di colori, un ordine non perentorio di composizione, che li accostano alla visione « novecentesca », entro la quale si distinguono per una particolare, e tutta lirica, tenerezza di modulazione di forme e colori. Più letterale, alcuni anni più tardi, si fa l'adesione alla poetica del « Novecento », e nel « paesaggio urbano col tram n. 7 » del 1928 si colgono accenti di quella poesia del quartiere industriale, fumoso e squallido, che nutrÌ in quel tempo un ben determinato filone « populistico» della nostra pittura, mentre accenti di analoga aspra austerità si riscontrano l'anno dopo nel « ritratto della madre », lievemente forzato rispetto alla classica fermezza raggiunta, nel 1925, dal « ritratto della moglie ». Segue, con la « bambina con gli occhiali », una fugace incursione nei campi della « pittura metafisica» e del surrealismo. Ma si tratta di accenti discreti, di assaggi, che alla fine non turbano la vena nativa, anche se destinati a riapparire a tratti, per esempio nella « coppia di nudi » del '37. Il filone centrale della pittura di Valinotti, la sua vena più schietta riprende il suo corso a partire dai paesaggi del '33. Un progressivo arricchimento della materia pittorica, un allargarsi di orizzonti, un infoltirsi della pennellata, un approfondimento degli effetti di luce sono i segni sempre rinnovati di una visione affettuosa sempre ma più appassionata della natura. Da questo momento il corso del pittore è rettilineo, ed è sempre un sentimento di cordiale adesione al vero che, con accenti e sfumature diverse, investe i paesaggi delle langhe piemontesi o quelli delle Prealpi, o della Riviera. Stradoni, alberi affaticati dal vento o immobili e spettrali sotto la neve, acque di mare o di laghi alpini, case; colli e montagne, tutto si concreta in pennellate calde e spesse, in stesure ampie e folte, compaginate in composizioni di segreto quanto saldo equilibrio: paesaggi aggrediti da un occhio acutissimo, abbracciati con sensuale calore, ma riflessi sempre in uno specchio di mite commozione. Se una linea di svolgimento si volesse proprio trovare in questo corso trentennale, nei paesaggi come nelle più rare ma spesso altrettanto significative nature morte, essa condurrebbe, e più celermente negli anni estremi, verso una visione sempre più essenziale, che si direbbe spoglia, se le forme semplificate, i colori attutiti non si animassero di una vibrazione capillare, quasi concentrando nello specchio del particolare la segreta vitalità delle cose. [1]

Risalgono agli anni dell'immediato dopoguerra le vicende che con­dussero Domenico Valinotti a Canelli[2], quando l'artista lasciò la catte­dra di figura al Liceo dell'Accademia Albertina di Torino e ando' a stabilirsi sulla collina di Sant'Antonio, nel villino ereditato tempo pri­ma dalla moglie. Affettuosamente chiamato “il cascinotto” da amici e allievi che sempre più numerosi lo frequentarono, fu la dimora di Valinotti, che lo abitò per il resto della sua vita, cioé fino all'autunno del 1962.


Mostre

Venne invitato a tutte le Biennali di Venezia, spesso con Mostre personali dal 1920 al 1950; così dicasi per le Quadriennali Romane.

Invitato alle Mostre Internazionali di Berlino, Parigi, Lipsia, Monaco, S. Paolo del Brasile, ecc. Espose, invitato, alla Mostra Internazionale di Pittsburg del 1935. Opere sue sono nei principali Musei d'Italia: Galleria d'Arte Moderna di Roma (Valle Giulia), Musei Civici di Torino, Milano, Genova, Firenze, etc.

Ebbe il Premio Sambuy alla Quadriennale Nazionale di Torino del 1938 per la migliore opera di pittura e il Premio degli Artisti alla Quadriennale Nazionale di Torino del 1942.

Premio Bagutta (ora Vergani-Spotorno) del 1958 da lui ambitissimo.

La prima Mostra Postuma tenutasi a Torino al "Piemonte Artistico e Culturale", dal 26 gennaio al 12 febbraio 1963, rivela la continuità pittorica di Domenico Valinotti, rendendo palese al Pubblico la sua onesta di Artista.


Note

  1. ^ Roberto Salvini
  2. ^ Domenico Valinotti, su fabianoeditore.it. URL consultato il 02 05 2010.

Sergio REBORA - Francesco SOTTAMANO, Domenico Valinotti, Canelli (AT), FABIANO, 2000.

Roberto SALVINI, Domenico Valinotti, TORINO, 1963.


Collegamenti esterni

File:PIAZZA STATUTO - TORINO - Olio su tavola 35x45 - Torino.jpg
Piazza Statuto A Torino (1957)