Dispositivo (filosofia)

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Il dispositivo, in senso filosofico, è un concetto teorizzato da Michel Foucault nella metà degli anni settanta del XX secolo, per descrivere alcuni aspetti con cui il potere agisce e si riproduce tramite quello strumento con il quale interviene nei rapporti di forza per orientare, bloccare, servirsi a suo vantaggio delle strutture sociali che vengono così influenzate dagli effetti pratici di un discorso, di una tecnica, di una ideologia.[1]

Foucault: il dispositivo e la libertà[modifica | modifica wikitesto]

Così Michel Foucault chiarisce il concetto di dispositivo:

«Ciò che io cerco di individuare con questo nome è, in primo luogo, un insieme assolutamente eterogeneo che implica discorsi, istituzioni, strutture architettoniche, decisioni regolative, leggi, misure amministrative, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, morali e filantropiche, in breve: tanto del detto che del non-detto, ecco gli elementi del dispositivo. Il dispositivo esso stesso è la rete che si stabilisce fra questi elementi... In breve, fra questi elementi, discorsivi o meno, c’è una specie di gioco, di cambi di posizione, di modificazione di funzioni che possono, anche loro, essere molto differenti. ...per dispositivo intendo una specie, diciamo, di formazione che, in un dato momento storico, ha avuto...una funzione strategica dominante... si tratta di una certa manipolazione di rapporti di forze, di un intervento razionale e concertato in questi rapporti di forze, sia per svilupparle in una tal certa direzione, sia per bloccarle, oppure per stabilizzarle, utilizzarle.[2]»

Foucault precisa che più che dispositivo bisogna parlare di una rete di dispositivi in cui gli elementi che la costituiscono sono sia discorsivi che concreti come ad esempio un'automobile che è essa stessa un dispositivo in quanto oggetto reale, il risultato di un progetto ingegneristico ed anche di una pubblicità che ha indotto il consumatore a comprarla.

In particolare, dunque per Foucault i dispositivi sono l'insieme di tecniche discorsive e concrete di gestione e governo in cui alcuni elementi, come, ad esempio, le scuole o le prigioni, sono in grado di controllare, dirigere e contenere strategicamente le condotte dei soggetti [3].

Il dispositivo si forma quando appare la necessità e l'urgenza di un cambiamento dei dispositivi precedenti ormai non più adeguati alla situazione concreta. Questo effetto non ha una causa da identificare in una precisa fonte che lo amministri poiché i dispositivi sono di diversa natura e non hanno un preciso potere che li formi e li gestisca ma ciò non toglie che i dispositivi, secondo i modi del potere li strutturano, indirizzano le nostre scelte e le condizionano al punto da chiedersi quale sia il nostro reale ambito di libertà.

La risposta di Deleuze[modifica | modifica wikitesto]

Gilles Deleuze ha così indicato una risposta a questa domanda:

«Noi apparteniamo a dei dispositivi ed agiamo in essi. La novità di un dispositivo rispetto a quelli precedenti, la chiamiamo la sua attualità, la nostra attualità. Il nuovo è l’attuale. L’attuale non è ciò che siamo, ma piuttosto ciò che diveniamo, ciò che stiamo divenendo, cioè l’Altro, il nostro divenir-altro. In ogni dispositivo, bisogna distinguere ciò che siamo (ciò che non siamo già più) e ciò che stiamo divenendo: ciò che appartiene alla storia e ciò che appartiene all’attuale. [...] In ogni dispositivo dobbiamo districare le linee del passato recente e quelle del futuro prossimo: ciò che appartiene all’archivio e ciò che appartiene all’attuale, ciò che appartiene alla storia e ciò che appartiene al divenire, ciò che appartiene all’analitica e ciò che appartiene alla diagnosi....che prende il posto dell’analisi seguendo altri percorsi. Non predire, ma essere attenti allo sconosciuto che bussa alla porta.[4]»

La diagnosi che segue all'analisi, secondo Deleuze, deve quindi portare a una terapia messa in atto da una società di controllo.

Agamben: l'evanescenza del soggetto[modifica | modifica wikitesto]

Giorgio Agamben individua un'ulteriore finale conseguenza dei dispositivi:

«[...] chiamerò dispositivo letteralmente qualunque cosa abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi. Non soltanto, quindi, le prigioni, i manicomi, il Panopticon, le scuole, la confessione, le fabbriche, le discipline, le misure giuridiche eccetera la cui connessione con il potere è in un certo senso evidente, ma anche la penna, la scrittura, la letteratura, la filosofia, l’agricoltura, la sigaretta, la navigazione, i computers, i telefoni cellulari e —perché no— il linguaggio stesso, che è forse il più antico dei dispositivi, in cui migliaia e migliaia di anni fa un primate —probabilmente senza rendersi conto delle conseguenze cui andava incontro— ebbe l’incoscienza di farsi catturare. [...] Chiamerò soggetto ciò che risulta dalla relazione e, per così dire, dal corpo a corpo fra i viventi e i dispositivi.[5]

Sin dall'inizio l'uomo ha caratterizzato la sua storia con un accumularsi di dispositivi dai quali è divenuto prigioniero e che ormai è impossibile distruggere o controllare per usarli nel modo più utile [6]

Premesso che per "soggetto" Agamben intende la "simbiosi" dell'individuo con i dispositivi e per "soggettivazione" il relativo mutamento da questi provocato, egli osserva che essi ora non danno più luogo a un'ulteriore mutazione del soggetto stesso attraverso quella che egli chiama "desoggettivazione" ma a una evanescenza del soggetto quasi inglobato dal dispositivo:

«Quel che definisce i dispositivi con cui abbiamo a che fare nella fase attuale del capitalismo è che essi non agiscono più tanto attraverso la produzione di un soggetto, quanto attraverso dei processi che possiamo chiamare di desoggettivazione. [...] quel che avviene ora è che processi di soggettivazione e processi di desoggettivazione sembrano diventare reciprocamente indifferenti e non danno luogo alla ricomposizione di un nuovo soggetto, se non in forma larvata e, per così dire, spettrale.[7]»

Caso tipico di questo fenomeno è il possesso di un telefono cellulare che trasforma il soggetto in un numero telefonico, sempre sotto controllo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ove non indicato diversamente, le informazioni contenute nella voce hanno come fonte: Amos Bianchi, Che cos'è un dispositivo Archiviato il 18 luglio 2020 in Internet Archive. AdVersuS, X, 25, dicembre 2013/aprile 2014: pp. 220-230
  2. ^ Da un'intervista apparsa nel 1977 sotto il titolo Le jeu de Michel Foucault, ristampata in M. Foucault, Dits et Ecrits 1954-1988, tomo III (1976-1979) Parigi, Gallimard, 2004, testo n° 206 (2001) pp. 298-329.
  3. ^ Sorvegliare e punire: nascita della prigione (1975), trad. Alcesti Tarchetti, Einaudi, Torino 1976.
  4. ^ Dall'ultimo intervento di Deleuze riguardo al dispositivo in un convegno tenuto a Parigi nel 1988, «Qu'est-ce qu'un dispositif?», in "Michel Foucault. Rencontre internationale", Parigi, 9, 10, 11 gennaio 1988 (Parigi: Le Seuil, 1989), ristampato in G. Deleuze, Deux régimes de fous, Parigi, Minuit, 2003, pp. 316-325.
  5. ^ Giorgio Agamben, Che cos'è un dispositivo. Nottetempo 2006 pp.21-22
  6. ^ G.Agamben, op.cit. p.24
  7. ^ G.Agamben, op.cit. p.30-31

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Michel Foucault, L'Ordre du discours, Paris, Gallimard, 1971.
  • Michel Foucault, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Paris, Gallimard, 1975.
  • Gilles Deleuze, Che cos'è un dispositivo?, Cronopio 2007.
  • Giorgio Agamben, Che cos'è un dispositivo?, Nottetempo 2006.
  • Enrico Redaelli, L'incanto del dispositivo. Foucault dalla microfisica alla semiotica del potere, Ets 2011.
  • Simon Lemoine, Le sujet dans les dispositifs de pouvoir, Presses Universitaires de Rennes, 2013.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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