Discussione:Sudanesi

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Non sono un povero negro, sono una persona come te[modifica wikitesto]

E' invalso l'uso di chiamare Negri le popolazioni originarie dell'Africa di pelle scura. Un sostantivo che ha assunto, a partire dagli Stati Uniti nel secolo scorso, una connotazione dispregiativa. Tanto che gli inglesi hanno incominciato a chiamarli uomo di colore, una locuzione alla quale comunque rimane un sapore razziale. Negro equivale al nostro meridionale, chiamarlo uomo di colore è come quando diciamo uomo del sud, sempre cafone rimane.

Allora la soluzione che propongo è quella di usare il nome derivato dalla zona geografica nella quale una persona vive. Ad europeo, corrisponde africano, a italiano corrisponde sudanese, a calabrese corrisponde kordofaniano. Parlando dei sudanesi, non ho usato la parola negro, neanche una volta, anche se per me, negro non ha un significato dispregiativo e quando dico che vanno in giro nudi è una critica invidiosa, secondo me i camicioni islamici mortificano la loro semplice bellezza.
Daltronde in Sudan vivono anche marocchini, che hanno iniziato come nomadi dediti alla pastorizia ma nel 1800 sono quelli che hanno impiantato il traffico di schiavi, verso gli Stati Uniti che li acquistavano. Voglio dire qui in Italia a quel tempo, per coltivare i campi, il Re e le varie monarchie non si sono mai sognate di acquistare schiavi negri. Queste persone di origine berbera, tradizionalmente non hanno nessuna remora ideologica o culturale di trattare i negri come popolazione inferiore e quando raggiungono posti chiave di governo, sono in grado di ordinare una carneficina a cuor leggero. Dato che questi barberi camiti, sono mussulmani come gli arabi semiti, noi facciamo fatica a distinguerli.
Ammiro la cultura araba, perché erano matematici, astronomi, medicini, il primo ospedale al mondo fu arabo nel XII secolo, e hanno scritto belle opere di letteratura e poesia ma detesto il fanatismo islamico, perché strumentalizza i motivi religiosi più intimi, insiti nell'animo dell'uomo, per scopi commerciali, politici, repressivi, cioè per dominare.
Attualmente (2005), la cultura sudanese di origine africana, sta per essere spazzata via, dalla civiltà mussulmana con bombardamenti dei tucul, rastrellamenti e fucilazioni di civili, donne e bambini, sono morte così finora 2 milioni di sudanesi africani.
Direi, che nell'articolo Sudanesi, la razza mussulmana fanatica dittatoriale, omicida, guerrafondaia, l'ho trattata, come avrebbe fatto un inglese coloniale, più che signorilmente.
Purtroppo oggi, il Generale Charles Gordon, non è più governatore di Khartum, a difendere i negri non ci sono più gli inglesi. Dunque intendo difendere la cultura sudanese con un articolo, ricordandola in tutti i suoi risvolti, con tutte le sue popolazioni regionali, le loro lingue, la musica e la loro primitiva bellezza.
Il Sudan è un paese grosso cinque volte l'Italia e mentre abbiamo 20 dialetti, in Sudan ce n'é quasi 200, tanto per dire la varietà di persone, di usi e costumi che si incontra, una ricchezza culturale, semplice e antica, tanto antica che oltre i graffiti, il popolo Nubiano ha perfino dato dei faraoni di colore nell'Antico Egitto, un patrimonio culturale dell'umanità che mi sembra giusto e doveroso ricordare.
Dunque, trovo una triplice difficoltà POV, parlando con sentimento partecipe ma in stile coloniale anglo-egiziano, della cultura sudanese fatta da negri (leggi africani sudanesi), marocchini (leggi camiti) e fanatici mussulmani (leggi semiti) e sia benvenuto, chi essendo meno coinvolto emotivamente e con una formazione etnografica, riesce a correggere e a dare una forma migliore a quello che vorrei fosse quest'articolo.

Penso che sarebbe più utile, e sicuramente più corretto da un punto di vista etnografico, trattare della popolazione del Sudan a partire dai suoi gruppi etnici. Non credo si possa fare un discorso unitario: le differenze (reali o autopercepite) tra, ad esempio, nuba, nuer, azande, beja e gli altri gruppi presenti dovrebbero essere messe in evidenza senza cercare di descrivere un popolo unitario che è più un'astrazione che una realtà concreta. --Ines - (contattami) 13:05, Set 16, 2005 (CEST)

Francamente mi sembra che i contenuti del lemma siano molto poveri, scorretti per quanto riguarda la "scientificità" di varie osservazioni e pretese classificazioni.
Questa voce andrebbe riformata di sana pianta da qualcuno che sia più esperto e che non sia un puro portatore di sensazioni e conoscenze empiriche e, per molti versi, davvero superficiali.
Per inciso la parola "mussulmano" è ottocentesca e "maomettano" oltraggioso per qualsiasi credente musulmano. Non esiste giustificazione per chi usa tale parola allo stesso modo per cui un credente in Cristo chiama se stesso e i suoi correligionari "cristiano". La differenza sta nel fatto che Cristo è per il Cristianesimo niente meno che Dio incarnato. Maometto è un semplice uomo. Profeta ma uomo e, men che meno (per l'Islam) autore del Corano. La religione islamica, oper chi ci crede, non deve nulla a Maometto ma direttamente a Dio. Maometto è un puro e semplice trasmettitore della Sua volontà. Un profeta, appunto. --Cloj 22:01, 3 mag 2006 (CEST)[rispondi]

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