Discussione:Nouvelle Vague

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Integrazione con l'articolo francese[modifica wikitesto]

Sto traducendo ed integrando l'articolo con quello francese che sembra più ricco. Purtroppo il tempo è tirano, e l'articolo francese è scritto piuttosto male (tante nozioni ma espresse in modo un po' sconnesso.. per quello che capisco io con la ia non certo perfetta padronanza della lingua). Se non vi dispiace vorrei fiire il mio lavoro prima che qualcun'altro ci metta mani. Spero di finire entro un paio di giorni. Nel frattempo ,al limite, se avete osservazioni o suggeriumenti potreste scriverli qua ^_^

--Guidoz 09:59, 30 nov 2005 (CET)[rispondi]

Ci penso io[modifica wikitesto]

Tempo circa due settimane e credo proprio l'integrerò io con materiale inedito, vista la mia passione per il movimento.

Intanto chiederei di levare quell'obbrobrio in fondo alla pagina. Va bene che Tarantino si è sempre ispirato all'immaginario godardiano, ma collocare l'intero movimento della Nouvella Vague nel progetto Tarantino a me pare più che un insulto! Odile

Non si capisce bene..[modifica wikitesto]

...se i toni moraleggianti sono caratteristici della Nouvelle Vague o del cinema ad esso precedente... si potrebbe chiarire?--213.156.50.70 10:13, 23 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Pieno di errori e imprecisioni[modifica wikitesto]

Questo articolo è impresentabile. Alcuni presupposti storici, che concorrerebbero alla nascita della Nouvelle Vague, sono totalmente inventati, soggettivi a voler essere generosi. Prendiamo i "grandi cineasti europei allora largamente incompresi" che, per carità, erano numerosi. Ma citare Renoir (il regista nazionale francese, il campione dell'antifascismo, il Malraux del cinema), Rossellini (che usciva dalle poco esaltanti esperienze di Europa 51 e Viaggio in Italia, ma che era il regista europeo vivente più famoso del mondo) e Becker (uno dei pochi della generazione pre-nouvelle vague i cui film piacessero a critica e pubblico), ecco è un tantino fuorviante. Dire che i film erano girati con "mezzi di fortuna" è davvero errato. Non c'è un solo film della Nouvelle Vague che non abbia una produzione alle spalle. Non uno. La Nouvelle Vague è un cinema fatto da registi e produttori, non è avanguardia. Truffaut non è Mekas, Chabrol non è Brakhage. Esistevano Beauregard, Dauman, Braunberger. Non erano grandi produzioni, ma erano film in 35mm, con attori magari non famosi, ma pagati fino all'ultimo centesimo. Dire che Resnais (o, peggio, Vadim) "condividerà gli stessi valori" del nucleo storico (i cahiers) della Nouvelle Vague, lo può dire chi non ha mai visto un film di Resnais. Da un lato il culto del cinema di genere, ma anche dell'esperienza neorealista, dall'altra l'esigenza di una critica strutturale, molto più avvicinabile al Nouveau Roman. La generazione era la stessa, gli anni erano quelli, lo sfruttamento della moda della Nouvelle Vague era fisiologico da parte dei produttori, ma Resnais non fa parte della stessa famiglia di Godard, non ci va molto a capirlo. Vengono attribuiti dei cortometraggi a Chabrol, prima della realizzazione dei lunghi. Mi si dica quali perché non risulta in nessuna filmografia. Il capitolo "politica degli autori" è imbarazzante. "Un cinema, si è detto, dai toni moralistici e dalle tematiche universali, che veniva considerato dall’opinione pubblica quanto di più distante da una forma d’arte, quasi ridotto a un mero e semplice strumento di intrattenimento". Se si parla del "cinéma de papa", di certo non era solo uno strumento di intrattenimento (e poi che c'entra l'opinione pubblica?); se si parla di quello della Nouvelle Vague, allora non si capisce perché esista questo capitolo. Ma come si può scrivere una frase come: "un’espressione personale del regista, i cui fotogrammi non erano altro che pagine strappate e rubate dal suo diario intimo"? I FOTOGRAMMI? Fotogramma=pagina? Avete mai sentito un regista parlare di fotogrammi? Si parla di scene, di sequenze, di movimenti di macchina, di inquadrature. Ma di fotogrammi sarebbe ridicolo. Sullo stile e la tecnica. Il nagra viene utilizzato per la prima volta nel 62 per "Vivre sa vie"; il 16mm mai. Dico mai. Le luci erano utilizzate abitualmente, pur non essendo i film girati in studio. Sull'autofinanziamento delle proprie opere, se si fa eccezione per Chabrol che, con un'eredità riesce a girare il suo primo lungo, tutti gli altri sono film prodotti in modo tradizionalissimo. Casa di produzione, avance sur recette, distribuzione. Truffaut era pure marito della figlia di Morgenstern, uno dei principali distributori francesi. Chi ha scritto di "Le coup du berger" con ogni evidenza non ha mai visto il film. I "quattrocento colpi" non ha vinto a Cannes (fu "Orfeu negro" di Camus). A Cannes ricevette il premio per la regia. La frase più ridicola dell'articolo è forse "François Truffaut si è esiliato in Gran Bretagna". Ho provato a interpretarla, ma davvero è oscura in ogni senso. Spero di non avere dimenticato nulla ma non ne sono certo. Leprimebande (msg)Leprimebande

Proposte di miglioramento per la pagina Nouvelle Vague.[modifica wikitesto]

Salve, dopo un approfondito studio sulla pagina Nouvelle Vague presente sulla versione italiana del progetto Wikipedia, volevo proporre alcuni miglioramenti contenutistici e formali. Nel corso dell’argomentazione successiva ho provveduto ad inserire fra parentesi tonde le vari fonti bibliografiche da cui ho tratto le informazioni. Queste possono essere utilizzate sia per ampliare la bibliografia e la sitografia della pagina, sia per incrementare la sezione delle note che al momento risulta essere abbastanza scarna. Nella stesura di queste osservazioni mi sono servito di dichiarazioni dei registi tradotte, presenti su documenti inglesi o italiani, pertanto sarebbe opportuno ritrovare le dichiarazioni originali e riportarle di fianco tradotte, al fine di rispettare un rigore formale.


La data della comparsa del termine Nouvelle Vague e l’attribuzione autoriale sono corrette ma non complete, viene tralasciato un fattore fondamentale: l’articolo La Nouvelle Vague arrive! di Françoise Giroud, uscito sulle pagine di L’express era un’inchiesta di carattere sociologico incentrato su un tema di importanza fondamentale: la gioventù francese. L’articolo descriveva coloro che avrebbero rappresentato il futuro del paese, esaminando le nuove tendenze che stavano maturando nei nuovi fermenti giovanili, comprese quelle inerenti alla moda e all’estetica. È corretta anche la seconda affermazione riguardante la ripresa del termine avvenuta ad opera di Pierre Billard nel 1958 sulla rivista Cinéma, ma anche in questo caso manca una contestualizzazione: nell’articolo Quarante moins de 40 ans, la jeune académie du cinéma française, il termine viene usato solamente una volta e vuole descrivere una tendenza omologata della nuova generazione di registi nei confronti dei movimenti precedenti (Michel Marie, La Nouvelle Vague, Torino, Lindau, 1998, p.16).

Continuando ad analizzare la trattazione della nascita del movimento era presente una corretta associazione tra la diffusione internazionale del termine e l’operazione pubblicitaria portata a termine dal Centre National du Cinéma per promuovere il Festival del Cinema di Cannes del 1959. La denominazione Nouvelle Vague venne attribuita ai film usciti in quell’anno e nell’anno successivo. A tale proposito si può citare il coevo articolo Qu'est-ce que la Nouvelle Vague? scritto da Noel Burch in cui si afferma «At the Cannes stock-market last spring, the French producer who did not have his young Frenchman to sell was simply wasting his time; foreign distributors were interested in almost no other commodity, and they paid some pretty fancy prices»(Noel Burch, Qu'est-ce que la Nouvelle Vague, Film Quarterly, Volume 13, Numero 2, University of California Press, inverno 1959, pp. 16-30, p. 16, presente al link: http://www.jstor.org/stable/1210019). Inoltre, gli imprenditori non ci misero molto tempo «to see in the attitudes and numbers of the young a distinctive market, or perhaps submarket, for cultural goods» (Seth Rachlin, Anatomy of a film revolution:The case of the Nouvelle Vague, Poetics, Volume 21, Numero 5, Maggio 1993, Pp. 429-442, p. 437, presente al link https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0304422X9390004Z?via%3Dihub). L’eliminazione di questa parte, durante lo sviluppo della voce avvenuta il 5 luglio 2011 ad opera dell’utente 193.41.205.35 non è giustificata né corretta, pertanto sarebbe opportuno reintegrarla.

Vengono completamente estromessi eventi significativi per la definizione e la concretizzazione del movimento, come il convegno indetto nello stesso anno a La Napoule, in cui si trovarono a dibattere i registi dell’epoca e i cui documenti attestano una certa frammentarietà di visioni e posizioni per quanto riguarda la definizione di un linguaggio cinematografico comune alla “nuova onda” che si era abbattuta sul panorama cinematografico francese. Quest’ultima, non era ancora percepita come movimento definito, anche se proprio in quegli anni cominciano ad essere editate le prime pubblicazioni riguardanti la Nouvelle Vague, che da un punto di vista storiografico ne cementificarono le basi sancendone l’autorità e contribuendo ad alimentare un dibattito tra intellettuali e tra cineasti. «Since the early 1960s, writing on the New Wave has been many-layered: in addition to several anthologies of texts written by the New Wave critics turned practitioners, there have been auteurist works on individual directors from the 1960s onwards, followed by Marxist ritiques in the 1970s, before academic publications started gathering momentum in the 1980s and 1990s, peaking in 1998 shortly before the movement's fortieth anniversary». (Ginette Vincendeau, Introduction, Cinema Journal, Volume 49, Numero 4, University of Texas Press on behalf of the Society for Cinema & Media Studies, estate 2010, pp. 135-138, p. 136, presente al link https://www.jstor.org/stable/40801486).

Viene tralasciata anche l’esposizione delle dinamiche afferenti al settore specifico quali ad esempio la distribuzione dei film e l’andamento del mercato cinematografico nella Francia di quegli anni. Non viene fatto alcun focus sull’accoglienza che i film Nouvelle Vague ricevettero nel corso del tempo (ad esempio le polemiche suscitate dalla selezione di Les Quatre Cents Coups al Festival Cannes del 1959, momento eletto a data di nascita della corrente), sulle modalità produttive in cambiamento e sulle tendenze artistiche che si stavano sviluppando parallelamente.

Nella sezione successiva, anche se le informazioni riportate per quanto riguarda la situazione storico-politica della Francia sono veritiere e si riscontra una certa attenzione alle tematiche sociali che nel paragrafo precedente non avevano trovato un giusto spazio, si deve constatare una mancanza argomentativa per quanto riguarda la situazione del cinema francese dal secondo dopoguerra. L’approfondimento riguardante la Guerra di Algeria viene affidato ad un collegamento ipertestuale, in questo caso sarebbe interessante ricollegare brevemente tale evento alla firma apposta da François Truffaut e Alain Resnais al Manifesto dei 121 del 1960, lettera firmata da intellettuali dell’epoca a favore del movimento indipendentista algerino. Si potrebbe anche sottolineare l’influenza che ebbero gli avvenimenti in Algeria nell’orientare Jean-Luc Godard nella realizzazione di Le Petit Soldat (1960), che proprio a causa delle tematiche affrontate venne censurato e ne fu bloccata la distribuzione.

Si potrebbe scrivere un paragrafo sull’evoluzione delle leggi e delle politiche che il governo francese attuò nel decennio precedente al fenomeno in analisi, essenziali per comprendere il contesto da cui emerse la Nouvelle Vague. Dagli accordi sul cinema firmati dal primo ministro Léon Blum con il segretario di stato statunitense James F. Byrnes del 1946, passando per la legislazione protezionista del 1948, l’introduzione della Taxe Spéciale Additionnelle per la creazione di un apposito fondo dedicato a sostenere l’industria cinematografica entrata in vigore il medesimo anno o la legge del 1953 che facilitava la produzione di cortometraggi, ricordando inoltre che nel 1955 venne introdotto un criterio aggiuntivo per ottenere il finanziamento e cioè quello della qualità. A questi fattori legislativi si aggiungano anche quelli artistici e culturali: il ritorno in patria dei registi emigrati durante il periodo di occupazione nazista come René Clair, Max Ophüls e Jean Renoir, la ripresa a pieno delle attività dei cineclub che si moltiplicarono, arrivando a contare 100.000 membri nel 1954 (Kristin Thompson, David Bordwell, Storia del cinema. Un’introduzione, Milano, McGraw-Hill Education, 2014 (4 ed.), p.213) (in questo punto in particolare si potrebbe precisare l’importanza del Cineclub del Quartiere Latino in cui Chabrol, Godard, Rivette, Rohmer e Truffaut si riunirono per la prima volta nel 1949 – (Marco Grosoli, The Politics and Aesthetics of the "politique des auteurs", Film Criticism, Volume 39, Numero 1, Cambridge, Cambridge University Press, Primavera 2014, pp. 33-50, p. 40, presente al link https://search.proquest.com/docview/1690455244?accountid=13050) e la fondazione di diverse riviste specializzate di cinema, tra cui i Cahiers du cinéma nel 1951. Come osservato da Kristin Thompson e David Bordwell «la Nuovelle Vague degli anni Cinquanta sarebbe nata proprio dai dibattiti nei cineclub, dalle proiezioni dei classici da riscoprire e di recenti produzioni hollywoodiane, e dagli articoli sui Cahiers du cinéma e Postif (Marco Grosoli, The Politics and Aesthetics of the "politique des auteurs", Film Criticism, Volume 39, Numero 1, Cambridge, Cambridge University Press, Primavera 2014, pp. 33-50, p. 40, presente al link https://search.proquest.com/docview/1690455244?accountid=13050)».

L’industria cinematografica francese attraversa un periodo di trasformazione, proprio in quegli anni il mezzo cinematografico inizia a staccarsi dai meccanismi che precedentemente regolavano il mercato, e come fa notare Michel Marie «è significativo che, nel 1959, il cinema esca dalla tutela del Ministero dell’Industria e del Commercio, per tornare a dipendere dal Ministero della Cultura». (Michel Marie, La Nouvelle Vague, Torino, Lindau, 1998, p.36).

Precisazioni di questo tipo consentirebbero la creazione di uno spazio appositamente dedicato alla trattazione delle figure che hanno preceduto la nascita del movimento e alle tendenze artistiche ad esso contemporanee. Tale sezione consentirebbe di risolvere alcuni errori presenti all’interno della voce e di rendere evidente come il movimento sia stato frutto di uno specifico fermento culturale, di quello che sia Lavarone che Di Gianmatteo definiscono utilizzando l’espressione aria di quel tempo.

Si potrebbe specificare ulteriormente come la metodologia di lavoro seguita da registi quali Jean Pierre Melville nella realizzazione di Le Silence de la mer (1947) (opera autoprodotta e costata 9 milioni, in cui lavorò come operatore della fotografia Henri Decaë, successivamente collaboratore di Malle e Truffaut) o di Agnés Varda nella realizzazione del suo primo lungometraggio La Pointe Curte (1954), abbia anticipato quelle che saranno le modalità produttive seguite dai nuovi registi. Varda realizzò un’opera con attori non professionisti, impiegando un budget estremamente ridotto (il cast e i tecnici furono pagati in un arco di tredici anni) ed effettuando riprese in esterni naturali. Si consideri che nel 1959 il costo medio di un film era di 149 milioni di franchi e La Pointe Courte costò 7 milioni, Le beau Serge 42 milioni e Les Quatre Cents Coups 40 milioni, À bout de souffle 45 milioni. Proprio questo aspetto viene esaltato da Éric Rohmer per il quale «la cosa migliore e più vera della Nouvelle Vague è il suo apporto tecnico, sia per quanto riguarda la regia che la produzione. È il fatto di girare film a basso costo. Cosa che è diventata una prassi che non ci consente di tornare indietro» (Antoine De Baecque, Charles Tesson, La nouvelle vague: les cahiers du cinéma : il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Roma, Minimum Fax, 2004, p.195). A questo punto si potrebbe aggiungere una breve panoramica di quei registi appartenenti a movimenti coevi come la Rive Gauche o ricollegabili a correnti come il Noveau Roman, il tutto includendo le figure di sperimentatori in altri ambiti cinematografici, ad esempio Chris Marker. Nel caso in cui si sviluppasse la sezione con i suggerimenti precedenti si potrebbe ridurre questo paragrafo, inserendo nella descrizione del contesto artistico contemporaneo alla Nouvelle Vague tutti quei registi citati nella parte finale della sezione, che non devono essere considerati come “I fondatori del movimento” (Jacques Demy, Jean-Pierre Melville, Jean Rouch, Roger Vadim, Louis Malle e Maurice Pialat), cercando di descrivere brevemente ciascuno nei suoi tratti caratteristici e soprattutto per gli influssi, o le somiglianze con la Nouvelle Vague. Durante la stesura di tale sotto-paragrafo potrebbero anche emergere vari collegamenti volti a evidenziare quelle che Tinazzi riunisce sotto il termine di affinità elettive.

Una riscrittura del paragrafo “Contesto Storico” seguendo tali linee di riferimento ne garantirebbe una maggiore efficacia, presentando un quadro più comprensibile e coerente con il percorso storico/cinematografico precedente e con il contesto sociale della Francia di fine anni ’50, fornendo inoltre la possibilità di inserire nuovi collegamenti ipertestuali e quindi nuove possibilità di approfondimento. Per quanto riguarda la sezione successiva, ovvero “I fondatori del movimento” si possono iniziare a sfruttare a pieno le possibilità offerte dallo spazio digitale e dall’ipertestualità. Una volta elencati nel corso di una breve narrazioni i nomi dei registi principali è possibile affidare ai collegamenti ipertestuali il compito di contenere tutti gli approfondimenti necessari. Bisogna inoltre osservare che le informazioni contenute all’interno di questo paragrafo tendono a ripetersi: nella parte finale della pagina è presente uno spazio apposito in cui sono elencati nuovamente i fondatori del movimento. Al posto di apportare le correzioni emerse nel corso dell’analisi della pagina si consiglia di eliminare direttamente tale sezione in modo da rendere la voce meno ridondante. La stessa osservazione si può fare per la sotto-sezione “Registi correlati”, se questi vengono brevemente descritti nella parte che si occupa di fornire un contesto storico/artistico possono essere cancellati.

Il paragrafo dedicato ai Cahieurs du Cinèma non riporta informazioni scorrette ma potrebbe essere migliorato sotto un punto di vista formale. Si precisa che è presente anche in questo caso un approfondimento sulla pagina dedicata alla rivista dalla libera enciclopedia. In questa sezione il lavoro principale di cui si necessita è una ricerca delle fonti citate, in modo da procedere all’inserimento corretto delle Note, attribuendo ad ogni affermazione la sua fonte più corretta.

In questa sezione sarebbe possibile citare alcuni articoli rilevanti usciti sulla rivista, fornendo dunque spunti per un ulteriore approfondimento su quelle che sono le pubblicazioni dei fondatori del movimento. Ad esempio, si potrebbe citare l’articolo Una certa tendenza del cinema francese scritto nel 1954, in cui François Truffaut espone quelle che sono le sue idee in merito alla produzione cinematografica francese “di qualità” e in cui affronta un tema precedentemente sviluppato e cioè quello del rapporto tra cinema e scrittura, arrivando a distinguere due categorie: i cineasti e gli autori. L’articolo fornirebbe anche un gancio con il paragrafo successivo che riguarda la “politica degli autori”. In questa sezione si potrebbe inserire un riferimento al numero 138 dei Cahieurs du Cinéma del 1962, dedicato proprio al movimento della Nouvelle Vague, nel quale venivano elencati 162 nuovi registi emergenti, in modo da ricollegare il tutto alle affermazioni di Truffaut che descrivevano la Nouvelle Vague come un fenomeno quantitativo, come osserva anche Seth Rachlin «during the three-year period, 1958-61, 97 directors made their first feature film. By contrast, during the two previous years, only ten new directors entered the film scene». (Seth Rachlin, Anatomy of a film revolution:The case of the Nouvelle Vague, Poetics, Volume 21, Numero 5, Maggio 1993, Pp. 429-442, p. 432, presente al link https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/0304422X9390004Z?via%3Dihub).

Quanto viene riportato all’interno del paragrafo “politica degli autori” può essere ritenuto veritiero, ma anche in questo caso sarebbe opportuno inserire delle modifiche. Andando nello specifico, le origini di questa espressione si rintracciano in una critica di Truffaut al film Ali Babá di Jaques Becker, uscita sul numero 44 dei Cahiers du cinéma nel febbraio 1955( Michel Marie, La Nouvelle Vague, Torino, Lindau, 1998, p.58). In Ali Babà et la politique des auteurs, il giovane critico espone in maniera definita il suo pensiero in merito alla figura dell'autore regista, in particolar modo per quanto riguarda il rapporto tra quest’ultimo e l’operazione di sceneggiatura. «A dispetto della sua sceneggiatura triturata da dieci o dodici persone, dieci o dodici persone di troppo a eccezione di Becker, Alì Babà è il film di un autore, un autore giunto a una maestria eccezionale, un autore di film. Così, la riuscita tecnica di Alì Babà conferma la fondatezza della nostra politica, la “politica degli autori”». (François Truffaut, Ali Babà et la politique des auteurs, Cahiers du cinema, Numero 44, febbraio 1955, è presente una versione tradotta dell’articolo al link: http://www.brevestoriadelcinema.org/wp-content/uploads/2017/10/AlBabelapoliticadegliautori.pdf). Come precedentemente osservato, riporto affermazioni presenti all’interno di documenti tradotti. Al fine di offrire un lavoro rigoroso e coerente, nella costruzione della pagina Wikipedia, sarebbe opportuno riportare sia la versione in lingua originale, che quella tradotta di fianco.

Un altro articolo di fondamentale importanza per quanto riguarda tale tematica è De la politique des auteurs scritto da André Bazin e uscito nel numero 70 dei Cahiers du Cinéma. Bazin specifica come all’interno della rivista ci siano molteplici punti di vista in merito al concetto di autore che si possono rintracciare anche nell’articolo di Truffaut. «François Truffaut likes to quote Giraudoux's remark: 'There are no works, there are only auteurs' […] for Eric Rohmer, he states (or rather asserts) that in art it is the auteurs, and not the works, that remain. […] But one should note that Rohmer's argument does not go nearly as far as Giraudoux's aphorism, for, if auteurs remain, it is not necessarily because of their production as a whole. There is no lack of examples to prove that the contrary is true». (André Bazin, De la politique des auteurs, Cahiers du Cinéma, Numero 70, April 1957, pp. 248-256, p. 248, presente al link: https://monoskop.org/images/2/20/Cahiers_du_Cinema_The_1950s_Neo-Realism_Hollywood_New_Wave.pdf) Bazin conclude il suo articolo dando quella che è la sua definizione di “politica degli autori”, che potrebbe essere riportata nella voce Wikipedia «The politique des auteurs consists, in short, of choosing the personal factor in artistic creation as a standard of reference, and then assuming that it continues and even progresses from one film to the next». (André Bazin, De la politique des auteurs, Cahiers du Cinéma, Numero 70, April 1957, pp. 248-256, p. 248, presente al link: https://monoskop.org/images/2/20/Cahiers_du_Cinema_The_1950s_Neo-Realism_Hollywood_New_Wave.pdf)

A queste osservazioni si aggiunga la possibilità di fornire un approfondimento in merito agli studi condotti da Almut Steinlein che espongono le strategie di autentificazione, ossia le modalità secondo cui i registi della Nouvelle Vague oppongono il loro ideale di “autenticità” al precedente imperativo della “qualità”. Il testo Une esthétique de l’authentique: les films de la Nouvelle Vague può essere aggiunto in bibliografia, fornendo un ulteriore appiglio di approfondimento.

Il paragrafo successivo è “Stile cinematografico dei film Nouvelle Vague”. La prima frase risulta inesatta: «lo scopo cinematografico della Nouvelle Vague era catturare "lo splendore del vero", come disse Jean-Luc Godard nel periodo di critico ai "Cahiers du Cinéma"». Tale definizione si basa su un errato utilizzo delle fonti. L’espressione “lo splendore del vero” viene utilizzata da Godard in un articolo uscito nel giugno del 1959 dove quest’ultimo parla del film India (1958) di Roberto Rossellini. «India runs counter to all normal cinema: the image merely complements the idea which provokes it. India is a film of absolute logic, more Socratic than Socrates. Each image is beautiful, not because it is beautiful in itself, like a shot from Que Viva Mexico!, but because it has the splendor of the true, and Rossellini starts from truth» (Brian Henderson, Godard on Godard: Notes for a Reading, Film Quarterly, Volume 27, Numero 4, estate 1974, University of California Press, pp. 34-46, p. 43, presente al link https://www.jstor.org/stable/1211393?seq=1). Si potrebbe riformulare la frase utilizzando una fonte più contestualmente corretta, ad esempio le parole di Serge Toubiana durante un’intervista con Michel Crépu pubblicata su Revue des Deux Mondes nel maggio del 2006 in cui afferma « Cette (r)évo1ution a modifié la perception sensible du monde, et son impression sur pellicule : on parle alors de cinema vérité […], de camera légere plus a méme de restituer on de capter la vérité du réel, sa peau». (Serge Toubiana, Michel Crépu, La Nouvelle Vague et après?, Revue des Deux Mondes, Revue des Deux Mondes, maggio 2006, pp. 149-155, p. 149, presente al link https://www.jstor.org/stable/44194098).

Le caratteristiche estetico formali della produzione Nouvelle Vague sono molteplici e il paragrafo necessita di un implemento contenutistico e di una riorganizzazione adeguata. I registi iniziarono solo successivamente a utilizzare il Nagra per la ripresa diretta del suono e i film erano girati in 35 mm non in 16 mm (eccetto i primi lavori di Rohmer e Rivette). Mancano le datazioni a fianco di alcune opere presenti e l’informazione secondo cui i film erano autoprodotti dai registi è inesatta. L’unico film totalmente autoprodotto è Le beau Serge (1958) di Claude Chabrol. Cercando di analizzare quelli che sono i punti cardine bisogna sottolineare il rinnovamento della figura registica in rapporto alla sceneggiatura, specificando che quest’ultimo rinnovamente era stato precedentemente teorizzato da Alexandre Astruc in Naissance d’une novelle avant-garde: la caméra-stylo del 1948. A proposito della sceneggiatura si deve precisare che quest’ultima non è più chiusa, ma si lascia agli attori la libertà di improvvisare, in termini tecnici si passa da una "sceneggiatura programmata" a una "sceneggiatura dispositivo", anche se non necessariamente l’una esclude l’altra. Jean-Luc Godard non utilizza il termine di improvvisazione ma per descrivere la sua modalità di lavoro parla di messa a punto all’ultimo minuto, ricordano come iniziò le riprese di À bout de souffle con solamente la prima scena scritta e il resto della sceneggiatura era basata su vari appunti. I soggetti sono semplici con un rifiuto dell’intrigo teatrale, le storie raccontate coinvolgono di solito pochi personaggi preferibilmente giovani, interpretati da attori non professionisti, c’è poca azione e si riscontra la presenza di materiale autobiografico. Come scrive Jaques Rivette sul numero 95 dei Cahiers du Cinéma del maggio 1959 riferendosi al film Les Quatre Cents Coups «Parlando di sé sembra che parli anche di noi: è il segno della verità […] L’autobiografia non è, per i motivi che si possono facilmente immaginare, un genere molto praticato al cinema; ma non è tanto questo che deve stupirci, quanto la serenità, il ritegno, l’uguaglianza di voci con i quali viene evocato in questo caso un passato parallelo al proprio». (Antoine De Baecque, Charles Tesson, La nouvelle vague: les cahiers du cinéma : il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Roma, Minimum Fax, 2004, p.28). Questa tematica è molto presente anche nel primo lungometraggio di Chabrol Le Beau Serge, parlando dei film lo stesso regista afferma «il mio punto di partenza era questo: volevo girare durante l’inverno e nella Creuse in cui ero stato durante tutto il periodo della guerra. La Creuse per me era l’infanzia, ed era l’inverno». (Antoine De Baecque, Charles Tesson, La nouvelle vague: les cahiers du cinéma : il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Roma, Minimum Fax, 2004, p.108). Un'altra caratteristica sono le riprese di ambienti naturali. Ovviamente l’uscita dagli studi di produzione, motivata da un rifiuto per le grandi scenografie, comportò tutta una serie di adattamenti ed in questo senso si può ritenere corretta l’utilizzazione del termine “mezzi di fortuna” che viene riportata nella pagina. Durante le riprese di À bout de souffle «la macchina da presa fu quasi sempre portata in spalla dal capo operatore stesso, che una volta addirittura si nascose nel retro di un furgoncino guidato da Godard per riprendere la gente dal vivo». (Antoine De Baecque, Charles Tesson, La nouvelle vague: les cahiers du cinéma : il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Roma, Minimum Fax, 2004, p.63).

Un focus che potrebbe essere ulteriormente approfondito è proprio il nuovo rapporto tra la città e il cinema, Parigi viene immortalata nei suoi quartieri e nei suoi mutamenti, viene inaugurato un nuovo tipo di rapporto tra cinema e paesaggio. Il tutto viene permesso dall’utilizzo dei nuovi tipi di pellicola più sensibile alla luce e alle nuove macchine da presa come il Nagra che permettono la registrazione del suono in presa diretta. Gli ambienti naturali diventano protagonisti delle opere e ritraggono i mutamenti che plasmano il volto della metropoli parigina, filtrati dalla soggettività dei registi, che mostrano quartieri a loro familiari, cercando di restituire visioni non legate a un’ottica turistica. Sul suolo urbano parigino degli anni Cinquanta e Sessanta, ma anche nelle pellicole che esprimono in forme diverse la percezione di un mutamento in corso, è possibile leggere i primi segni dell’internazionalizzazione dell’architettura, il prodursi dei «nonluoghi», la «museificazione» a uso turistico di un centro città svuotato dagli abitanti che tendono a riversarsi nelle nuove periferie, l’indebolirsi della tradizionale contrapposizione fra città e campagna in favore di un «urbano diffuso». (Giulia Lavarone, Paris vu par… Lo sguardo sulla città in mutamento negli anni della Nouvelle Vague, tesi di dottorato, Padova, 2010, supervisori: Giorgio Tinazzi e Rosamaria Salvatore, p.13.).

In questa sezione si potrebbero citare i nomi di due importantissimi direttori della fotografia che contribuiranno a rinnovare l’estetica cinematografica: Raoul Coutard e Henri Decaë, quest’ultimo viene descritto da Michel Marie come l’uomo che «libera la macchina da presa dalla prigionia del cavalletto fisso, […] che ha reso tecnicamente possibile la Nouvelle Vague». (Michel Marie, La Nouvelle Vague, Torino, Lindau, 1998, p.117). Potrebbero trovare spazio anche sceneggiatori come Jean Gruault, Paul Gégauff e Marguerite Duras.

Le modifiche successive riguardano il paragrafo “L’evoluzione”. Le informazioni riportate nei primi quattro capoversi risultano veritiere. Si consiglia una cesura netta dell’ultimo capoverso e un aggiustamento del penultimo. Risulta molto complesso attribuire una datazione precisa di inizio e di fine di una corrente artistica, pertanto si consiglia di esporre quelli che sono i dati degli afflussi cinematografici per quanto riguarda il periodo in esame, in modo da descriverne l’andamento in maniera oggettiva. Si potrebbero riportare anche i risultati di uno studio fondamentale condotto dallo studioso statunitense Ignazio Scaglione e citato nella pubblicazione di Michel Marie. Scaglione mette a confronto il totale degli spettatori e degli incassi dei film prodotti in quel periodo sia degli autori "Ancienne Vague" che di quelli Nouvelle Vague andando dimostrare uno scarto minimo di risultati; questo dato fornisce una doppia informazione: da un lato sottolinea l'incredibile presa che la nuova trattazione e la nuova estetica ebbe sul pubblico francese in quell'epoca, dall'altra stabilisce una convivenza del fenomeno con le modalità narrative e rappresentative precedenti, che evidentemente continuavano ad affascinare ed interessare il pubblico. Riformulando il penultimo paragrafo si eliminerebbe l’errore riguardante la biografia di Truffaut, segnalato anche da Leultimebande e la descrizione fuorviante delle carriere degli altri registi Nouvelle Vague.

Per quanto riguarda l’intervento di Crespi, oltre a ricercarne la fonte e ad apporla all’interno delle note, si consiglia di creare una sezione opportuna “Dibattiti critici”, in cui esporre quelle che sono le posizioni più recenti, in modo da fornire una visione critica completa e non approssimativa. Si potrebbero citare le pubblicazioni di autori come Richard Neupert e Vanessa Schwartz, oppure gli studi di Geneviève Sellier e Philippe Mary. La tematica dell’eredità artistica risulta essere estremamente incompleta: non viene menzionato l’impatto che la produzione cinematografica francese ebbe a livello internazionale. La versione francese offre un buono spunto di partenza e si presta a una veloce traduzione e una facile incorporazione del materiale riportato. Non possono essere ignorate le esperienze di autori come Nagisa Ōshima capofila della Nouvelle Vague giapponese, del polacco Jerzy Skolimowski, dei giovani registi cecoslovacchi Jasný Vojtěch e Ján Kadár, dei registi della scuola di Praga o ancora degli autori appartenenti alla corrente del Cinema Novo nata in Brasile. Javier Memba nel suo La Nouvelle Vague afferma che la Nouvelle Vague ha avuto un impatto sul cinema mondiale, compreso quello hollywoodiano, paragonabile a quello che precedentemente ebbe la psicanalisi sul romanzo. A tutto questo si potrebbe apportare un breve quadro introduttivo in cui si delinei la situazione del cinema europeo intorno alla fine degli anni ’50.

La sezione dedicata ai “Teorici del movimento” è attualmente composta da tre collegamenti ipertestuali che rimandano alle pagine di André Bazin, Alexandre Astruc e Huaco. Huaco è un personaggio inesistente di cui non si ritrova riscontro nella bibliografia ufficiale né tanto meno nel progetto Wikipedia. Eliminato quest’ultimo collegamento, si potrebbe ampliare questa sezione descrivendo quali furono i contributi che tracciarono il solco su cui poi la corrente proseguirà ed ingrosserà il suo corso. A tale proposito si dovrebbe specificare il ruolo avuto da personaggi quali Alexandre Astruc, Maurice Merleau-Ponty e Andrè Bazin che per Fernaldo Di Gianmatteo sono addirittura da considerarsi i santi fondatori della Nouvelle Vague. (Fernaldo Di Giammatteo, Storia del cinema, Venezia, Marsilio Editori, 2002, p.394.). Proprio Di Gianmatteo sottolinea come i contributi di Merleau-Ponty per l’elevazione culturale dell’arte cinematografica e la sua dottrina della percezione abbiano influenzato gli scritti cinematografici successivi e la generazione della Nouvelle Vague. Si potrebbe citare l’articolo Naissance d’une novelle avant-garde: la caméra-stylo, uscito sul numero 144 di L’Ecran Français del 1948, in cui Astruc paragona il medium della scrittura con quello della camera da presa accostando i due strumenti e creando un neologismo dal forte significato. Il cinema è un mezzo espressivo all’altezza della scrittura e della pittura, non solo una forma di intrattenimento «[Le cinéma] devient peu à peu un langage […] par laquelle un artiste peut exprimer sa pensée […] ou traduire ses obsessions exactement comme il en est aujourd’hui de l’essai ou du roman». Infine, per la figura di Bazin si dovrebbe sottolineare la sua importanza sia come teorico per quanto riguarda la storia del cinema, sia come fondatore dei Cahieurs du Cinéma, all’interno dei quali svolsero il ruolo di critici i fondatori della Nouvelle Vague di cui fu mentore e maestro. Bazin assolse il ruolo di figura paterna per François Truffaut, tanto che quest’ultimo gli dedicò il film Les Quatre Cents Coups, le cui riprese iniziarono la mattina successiva alla sua morte avvenuta l’11 novembre 1958. Sarebbe possibile inserire una sezione rappresentata da tabella contenente tutti i film ascrivibili alla poetica Nouvelle Vague, disponendoli in ordine cronologico e citando accanto a ciascuno di essi il nome del regista. Per ogni film potrebbe essere previsto un rimando a una pagina dedicata.

Si potrebbe implementare questa pagina con una sezione chiamata “Videografia”, in cui inserire link video che rimandano a documentari, interviste, o reperti audiovisivi dedicati e liberamente presenti in rete. È possibile creare una sezione appositamente dedicata agli articoli più rilevanti usciti in quegli anni sui Cahiers du cinéma e sulle altre riviste, ampliabile con articoli più recenti e ritenuti rilevanti per la nuova percezione del fenomeno.

Per quanto riguarda la bibliografia, oltre ai testi presenti nelle note dei suggerimenti, sarebbe possibile aggiungere i seguenti testi:

De Baecque Antoine, Assalto al cinema, Milano, Il Saggiatore, 1993.

Douchet Jean, Nouvelle Vague, Parigi, Cinémathèque française: Hazan, 1998.

Frodon Jean-Michel, Le cinéma français : de la Nouvelle vague à nos jours, Parigi, Cahiers du cinéma, 2010.

Grignaffini Giovanna, La pelle e l’anima: intorno alla Nouvelle Vague, Firenze, La casa Usher, 1984.

Turigliatto Roberto, Nouvelle Vague, Torino, Lindau, 1995.

Uva Christian, Zagarrio Vito, Le storie del cinema. Dalle origini al digitale, Roma, Carocci, 2020.


Spero che questo intervento possa favorire un miglioramento della versione attualmente presente della voce Nouvelle Vague e che possa fornire nuovi spunti di partenza e nuove informazioni utili a chiunque sia interessato all'argomento.