Discussione:Comunicazione letteraria nell'antica Roma

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Antica Roma
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Monitoraggio effettuato nel maggio 2013

Ennesima voce che assomiglia a una specie di ricerca, non si sa se originale o meno, su un argomento talmente esteso da risultare praticamente indefinito. Non si sa di che periodo di Roma si stia parlando, non si sa cosa si intenda per "comunicazione letteraria"(si parla della diffusione della letteratura, o della letteratura in sè per sè?), e non si sa in base a cosa si scelga una teoria filologica sull'argomento, anzichè un'altra(diciamo che la scelta è affidata al gusto dello scrivente). In ogni caso, segnalo che continua la pessima abitudine di usare il WIP Open, abitudine che Gierre continua ad avere in TUTTE le voci che scrive; questa abitudine continua ad essere, per me, in contrasto con l'idea collaborativa che è alla base di Wikipedia. Personalmente vorrei contribuire a questa voce e vorrei che i miei contributi non fossero sottoposti a una specie di potere di veto, autoistituito mediante l'uso smodato e ostinato del WIP open.--Antiedipo (msg) 11:18, 14 giu 2008 (CEST)[rispondi]

In base alla nota n.2, mi correggo: la voce è sostanzialmente una parafrasi, tipo come si copiavano i temi del compagno di banco, di un articolo presente in rete. Almeno, allo stato attuale questa sembra l'intenzione. Mi sfugge a questo punto il senso del WIP open, visto che non si tratta di una creazione originale o cmq di un lavoro personale, ma semplicemente di un lavoro di copia e di riformulazione puramente formale(giusto quel tanto che serve per non incorrere nel copyviol). Restano le mie perplessità sul senso di una voce come questa, in una enciclopedia. --Antiedipo (msg) 11:21, 14 giu 2008 (CEST)[rispondi]
Se è una parafrasi, che è inaccettabile, bisogna notificare la violazione dei diritti d'autore: in tal caso segnala da quale articolo è stato tratto. Se invece, come dici, è riformulato, la violazione non esiste e ci stiamo arrabattando. Linka, per cortesia: se non c'è copyvio guardiamo il contenuto. --Mau db (msg) 08:48, 17 giu 2008 (CEST)[rispondi]


Non so dire a questo punto se la parafrasi, ammesso che sia tale, sia permessa o no da Wikipedia. Cotton, nella mia talk utente, dice che si tratta di una cosa perfettamente lecita, l'eventuale parafrasi. Tu dici che è pratica inaccettabile. Cmq, passiamo ai fatti: lo spunto per l'articolo sembrerebbe essere tratto da questo testo, peraltro citato in nota, di Citroni: dal significativo titolo "La comunicazione letteraria a Roma", praticamente identico a quello della voce. L'articolazione e i contenuti del testo di Citroni rispecchiano, per lo più, i contenuti dell'articolo; proviamo a confrontare specificamente alcuni passaggi. Metto Citroni in corsivo, Gierre in testo normale:

  • Il problema della comunicazione letteraria nell'antica Roma è reso difficile dalla identificazione di quanti fossero i cittadini romani in grado di leggere e scrivere e quindi ricevere, capire e apprezzare il messaggio letterario.
Tracciare un profilo attendibile del pubblico letterario in Roma antica non è facile, soprattutto in quanto ci mancano alcuni essenziali punti di riferimento quantitativi di carattere generale entro cui inquadrare le informazioni di cui disponiamo. A cominciare dal fatto che non riusciamo a farci un'idea chiara del numero di persone in grado di leggere.
  • ma è stato rilevato, proprio dall'epistolario di Cicerone, come questi inviasse ad Attico copie non definitive delle sue opere per averne suggerimenti e correzioni. Quando era soddisfatto della stesura finale, Cicerone autorizzava la trascrizione dell'opera che da questo momento poteva essere letta e copiata da chiunque ne venisse in possesso.
Cicerone, come per lo più gli autori antichi, inviava agli amici (e spessissimo proprio allo stesso Attico) copie non definitive dei propri scritti per avere suggerimenti e correzioni. Ad un certo punto egli stabiliva che una certa forma del testo era da considerarsi definitiva e che la sua trascrizione poteva quindi essere fatta, e propagata ad altri, anche senza la sua autorizzazione: questo e non altro era per lui la decisione di "pubblicare" un'opera.
  • Orazio [16] e Marziale [17] ci testimoniano altresì che questo spettacolo di letture nelle strade ad ogni ora del giorno e in qualunque stagione o in appositi locali causava alcune volte la reazione del pubblico che dava segni di noia dedicandosi a discorrere con il vicino dei fatti propri o d'insofferenza, lasciando di nascosto la recitatio o abbandonandosi a un sonno ristoratore. Racconta Plinio il Giovane che una volta tra il pubblico era presente un famoso giurista, Javoleno Prisco a cui, essendo il personaggio più importante presente, l'autore prima di iniziare la lettura, secondo l'etichetta stabilita, si era rivolto con la frase di rito:«Prisce, iubes» («Prisco, comandi che inizi?»); al che l'interpellato, probabilmente colto di sorpresa mentre pensava a tutt'altro, rispose: «Ego vero non iubeo» («Ma no, non comando niente») suscitando le risa del pubblico mentre l'autore rimaneva interdetto con il suo volumen tra le mani
Tutta l'aneddotica di Marziale e tutte le recriminazioni di Giovenale sui tormenti inflitti agli ascoltatori nelle recitazioni, e soprattutto la testimonianza non sospetta di Plinio, che si vede costretto ad esternare una indignazione un po' patetica per l'atteggiamento disattento, infastidito o impertinente di certi uditorii,[11] ci mostrano bene che alle recitazioni una buona parte del pubblico si recava solo per obbligo sociale

Questi sono alcuni brani che ho estrapolato un po' di fretta, ma una lettura attenta rivela che siamo fra la parafrasi e la sintesi del testo di Citroni, più alcune aggiunte probabilmente estrapolate da altri testi citati in nota. In ogni caso il mio intervento di sopra si riferiva al testo così come si presentava al momento in cui ho inserito il commento(ovvero, si trattava soprattutto della parte iniziale della voce attuale. --Antiedipo (msg) 09:44, 17 giu 2008 (CEST)[rispondi]

Ovviamente l'utente Gierre ne ha approfittato per accusarmi (a vanvera)di copyviol per le citazioni di cui sopra. Che sono, ovviamente, citazioni fatte per il solo scopo di confrontarle con le "citazioni parafrasate" del testo. Lascio giudicare a chi passa di qui, se si possa o meno fare delle parafrasi del genere. In ogni caso, ribadisco che il problema non è il copyviol qui, ma capire se si possono fare, o meno, parafrasi del genere(questo interessa anche a me capirlo: ho migliaia di libri in casa e tanta voglia di divertirmi a inventare centinaia di voci parafrasando i testi altrui. Si fa per dire...). --Antiedipo (msg) 19:00, 17 giu 2008 (CEST)[rispondi]
  • Mah, a me sembra una parafrasi accettabile. Purtroppo sintetizzare, riassumere e riscrivere non sempre è facilissimo (specie se si lavora intorno a voci necessariamente corpose); a volte riesce in maniera più elegante, altre meno. Inoltre, come si dice, tutto è già stato scritto, cosicché ... da *inventare* c'è poco e le parole della pur ricca lingua italiana sono quelle che sono. Però il lavoro - ripeto, a sommaria scorsa - mi pare *pulito*, nel senso di lavorato, quindi non copyviolato, quindi citato. Pare essere basato soprattutto sul collegamento esterno più volte indicato, e questo può risultare un limite. Tuttavia, ancora, è citata - mi pare - una cospicua bibliografia che avvalora il peso della voce. Piuttosto, inviterei anch'io Gierre (lo farò anche nella sua talk) a non lasciare il tag WIP ma di apporlo solo quando *fisicamente* lavora sulla voce. --「Twice·29 (disc.)23:42, 17 giu 2008 (CEST)[rispondi]

Ho visto che Gierre ha tolto gli avvisi inserendo un generico riferimento al libro di Carcopino. E' insufficiente: occorre il riferimento alla pagina precisa, non posso leggermi tutto il libro per verificare una singola affermazione. --Antiedipo (msg) 11:47, 19 set 2008 (CEST)[rispondi]

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