Discussione:Canone romano

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Gentili utenti,

ho appena modificato 1 collegamento esterno sulla pagina Canone romano. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

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Quando si dice "Haec quotiescumque"[modifica wikitesto]

Il Messale è molto chiaro: mentre si depone il calice sul corporale. Dicens è un participio presente, indica contemporaneità. Non così la rubrica seguente: "genuflexus adorat" viene dopo la frase Haec quotiescumque, l'azione di inginocchiarsi è successiva alla recita della formula. Né d'altronde potrebbe il sacerdote appoggiare il calice sul corporale mentre si inginocchia. --AVEMVNDI 01:22, 26 lug 2022 (CEST)[rispondi]

Il testo è: «deponit Calicem super Corporale, et dicens secrete "Haec..." genuflexus adorat». Non è «deponit Calicem super Corporale, et dicto secrete "Haec..." genuflexus adorat». Né è «deponit Calicem super Corporale dicens [senza "et"] secrete "Haec..." [con aggiunta di "et"] genuflessus adorat». Theodoxa (msg) 08:08, 26 lug 2022 (CEST)[rispondi]
Probabilmente interpreti male. Lasciami spiegare il testo della rubrica del Messale. Dopo Haec quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis c'è un bel punto e si va a capo. Et dicens è legato temporalmente a deponit Calicem super Corporale, mentre non è da riferire a Genuflexus adorat, che fa parte della rubrica seguente. Non a caso nel Ritus servandus l'et scompare. (Ritus servandus, VIII, 7). Però ho qualche dubbio, anche perché in questo Manuale clericorum, p. 757 si dice che sia errore pronunziare Haec quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis durante l'elevazione, ma non durante la genuflessione. Forse il gesto di appoggiare il calice sopra il corporale è tanto breve da durare meno dalla pronunzia della frase, che comunque deve essere detta subito dopo la consacrazione (ibidem), ma anche la genuflessione è opportuno che si faccia subito dopo l'avvenuta consacrazione. Può essere allora che mentre si finisce di recitare Haec quotiescumque feceritis, in mei memoriam facietis, il sacerdote abbia già avuto il tempo di inginocchiarsi. E non mi pare che ciò sia vietato. Ti chiedo se puoi reperire fonti per chiarire questo punto. --AVEMVNDI 12:52, 26 lug 2022 (CEST)[rispondi]
Non c'è alcun motivo per dire che "dovevano essere pronunciate prima della genuflessione del sacerdote" le parole "Haec quotiescumque facietis, in mei memoriam facietis." Se tu interpreti come dici il "bel punto e si va a capo", come mai spieghi l'assenza di una maiuscula nella parola seguente, "genuflexus adorat"? Bisogna riconoscere il testo del Messale così com'è: "deponit calicem super corporale, et dicens le parole in questione genuflexus adorat". "Dicens", non "dicto". (Certo contribuente a Wikipedia insiste ripetutamente che senza consenso (suo) non si può cambiare un testo indisturbato da tempo - questo è solo un argumentum ad hominem). Theodoxa (msg) 16:15, 26 lug 2022 (CEST)[rispondi]
Nel Messale del 1920 c'è un punto a capo e Genuflexus è scritto con la maiuscola. Devi anche considerare il Ritus servandus. E in ogni caso, servirebbe una fonte per sostenere la tua interpretazione del canone romano. Allo stato attuale questa fonte non c'è. Le parole Haec quotiescumque vanno sicuramente pronunciate mentre si appoggia il calice sul corporale, dopo averlo appoggiato il sacerdote si inginocchia (poiché non ci si inginocchia mentre si appoggia il calice); rimane il dubbio che la frase possa essere terminata mentre si è inginocchiati. In tutto questo non c'è la minima traccia di argumentum ad hominem. --AVEMVNDI 00:02, 10 ago 2022 (CEST)[rispondi]
Hai ragione sul Messale del 1920. Meglio parlare dell'edizione del 1962, di cui l'uso limitato può essere ancora autorizzato, e di quella del 1604, che modificò il testo originale tridentino del 1570. Theodoxa (msg) 13:34, 10 ago 2022 (CEST)[rispondi]
Ma perché sarebbe meglio parlare dell'edizione del 1604 rispetto a quella del 1920? Tra il resto anche l'edizione del 1920 è ancora in uso, ci sono gruppi tradizionalisti che rifiutano il Messale del 1962. Ma al di là di questo, non c'è (per ora) una fonte che interpreti come fai tu e a me i dubbî rimangono. --AVEMVNDI 22:15, 2 set 2022 (CEST)[rispondi]
Non solo l'edizione del 1920, ma tutte le edizioni che seguirono quella del 1604 (che alterò la norma dell'edizione originale tridentina) fino alla correzione del 1962, mettevano una maiuscola dopo la frase "Haec quotiescumque feceritis...". Se vuoi, mettiamo nella voce una menzione della maiuscola di certe edizioni. Anche in tali edizioni il testo dice deponit Calicem super Corporale, et dicens secrete "Haec...": non deponit Calicem super Corporale dicens secrete "Haec ...". La tacita recita della frase segue, non accompagna, l'azione di deporre il calice. Theodoxa (msg) 08:33, 3 set 2022 (CEST)[rispondi]
Nota però che nel Ritus servandus l'et non è mai esistito. --AVEMVNDI 14:58, 5 set 2022 (CEST)[rispondi]
Hai ragione nei riguardi dell'edizione 1962. Però l'edizione 1604 ha "&". Dice: "reponit Calicem super Corporali, & dicens secreto, Haec quotiescumque feceritis, &c. genuflexus Sanguinem adorat". Nell"'edizione 1962 non si sa con che verbo finito collegare il participio "dicens": con "reponit" o con "adorat". "Et" ("&") nell'edizione 1604 lo separa da "reponit" e lo collega evidentemente con "genuflexus adorat". Theodoxa (msg) 21:29, 5 set 2022 (CEST)[rispondi]
L'opinione che mi sono fatto è che Haec quotiescumque si dica mentre si poggia il calice sul corporale, ma poiché questa è un'azione istantanea, la pronuncia dell'orazione si protrae anche quando il calice è poggiato. Non c'è ragione di aspettare per inginocchiarsi, quindi ci si inginocchia mentre l'orazione continua. Questa però è un'opinione personale, un ragionamento, che non posso proporre come una fonte: per questo sarebbe opportuno trovare un manuale di liturgia che spieghi questo punto. Il più delle volte i manuali di liturgia però ripetono le parole delle rubriche senza spiegare alcunché, direi quasi che non si azzardano, perché poi altri potrebbero controbattere "e chi te lo dice?". Forse la cosa migliore, in assenza di altre fonti, è esporre il punto con una formulazione vaga, che non dica né che la frase debba iniziare dopo la genuflessione, né che debba terminare prima. --AVEMVNDI 03:52, 26 set 2022 (CEST)[rispondi]
Pienamente d'accordo. Invece di discutere inutilmente il preciso momento della genuflessione, è molto meglio non menzionarla. Dopo tutto, se un sacerdote non può genuflettersi, per forza la omette. Theodoxa (msg) 13:12, 26 set 2022 (CEST)[rispondi]
Non ho capito: vorresti omettere la menzione della genuflessione? Ora c'è un cenno "senza previa genuflessione", ma forse non si capisce bene la differenza tra le due Messe, perché mi pare che la genuflessione della Messa tridentina sia indicata solo in nota. A quel punto un lettore potrebbe chiedersi "quale previa genuflessione?".--AVEMVNDI 18:48, 30 set 2022 (CEST)[rispondi]
Genuflessione previa in relazione all'ostensione del calice, come si fa nelle edizioni di prima del 1969. Spero che sia ora chiaro. Theodoxa (msg) 23:07, 30 set 2022 (CEST)[rispondi]

Frase assente?[modifica wikitesto]

Abbastanza assurdo sostenere, ovviamente senza fonte, che la frase hoc facite in meam commemorationem sia assente nel Messale tridentino, in cui c'è l'analogo haec quotiescumque feceritis in mei memoriam facietis (cfr. 1Cor 11, 25 nella Vulgata hoc facite quotiescumque bibetis, in meam commemorationem riferito al Sangue che riprende 1Cor 11,24 (il versetto precedente) hoc facite in meam commemorationem riferito però al Corpo e non al Sangue. Ma è un passaggio da una formula a un'altra senza un'apprezzabile alterazione del significato (fatto salvo quanto scritto nel Breve esame critico dei cardinali Bacci e Ottaviani, che ci vedono un pericolo). --AVEMVNDI 21:29, 8 ott 2022 (CEST)[rispondi]

L'ultima versione va bene, non ho più obiezioni al riguardo. --AVEMVNDI 02:07, 10 ott 2022 (CEST)[rispondi]