Cassiobury House

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Cassiobury House
Cassiobury House nel 1888
Localizzazione
StatoBandiera del Regno Unito Regno Unito
LocalitàWatford
Coordinate51°39′54″N 0°25′08″W / 51.665°N 0.418889°W51.665; -0.418889
Informazioni generali
Condizionidemolita
Costruzione1546-1556
Demolizione1927
Stileneoclassico
UsoCasa inglese di campagna
A woodcut of Cassiobury House as it was in 1707.

Cassiobury House era una casa di campagna inglese a Cassiobury Park, Watford in Inghilterra. Era la sede di famiglia del Conte di Essex. Originariamente un edificio Tudor, risalente al 1546 per Sir Richard Morrison, fu sostanzialmente rimaneggiato nel XVII e XIX secolo e alla fine demolito nel 1927. Il circostante Cassiobury Park fu trasformato nel principale spazio pubblico aperto di Watford.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'abbazia di St. Albans accampò dei diritti sul territorio (allora chiamato "Albanestou"), che includeva Watford, dalla concessione del 793 di re Offa di Mercia.[1] Quando il re Enrico VIII sciolse i monasteri nel 1539, Watford fu divisa da Cashio, e il re divenne signore del maniero di Cassiobury. Nel 1546 concesse il feudo a sir Richard Morrison, che iniziò a costruire Cassiobury House negli estesi giardini, ma non aveva ancora fatto molti progressi, nel 1553, quando andò in esilio all'estero. I terreni della proprietà erano molto più grandi di oggi, arrivando fino a North Watford e quasi a sud di Moor Park. Dopo la morte di suo padre, nel 1556, Charles Morison (1549-1599) continuò a costruire e a completare la villa, che aveva 56 stanze, una lunga galleria, una stalla, un caseificio, e un birrificio. A Sir Charles succedette suo figlio Sir Charles Morrison (1587-1628). Il giovane Charles aveva una figlia, Elizabeth Morrison (1610-1660).

Dopo diversi rimaneggiamenti, nel XVII e XIX secolo, la dimora venne demolita del 1927 dopo essere stata abbandonata cinque anni prima.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ William Page (editor), The hundred of Cashio - Introduction | A History of the County of Hertford: volume 2 (pp. 319-322), in british-history.ac.uk, 1908. URL consultato il 29 gennaio 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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