Bozza:Monachesimo bizantino

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Il monachesimo bizantino è la forma di monachesimo che si evolve nell'Impero Bizantino. Questa particolare espressione monastica ha introdotto concetti come la quiete (esichia), l'attenzione (prosochè), la vigilanza (nepsis) e la pratica o la contemplazione (praktichè o theoria).

Il monachesimo cristiano

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Durante il II secolo, si registrano cristiani che adottano uno stile di vita ascetico e abbracciano i principi evangelici, pur rimanendo parte della comunità cristiana. Questo ascetismo, influenzato dalle persecuzioni e dalle profezie apocalittiche, si manifesta attraverso la pratica della castità, l'evitare i lussi e le distrazioni del mondo pagano, e l'impegno nelle opere di carità, mantenendo però un legame con gli altri fedeli. Il monachesimo ha inizio quando i primi eremiti si ritirano nel deserto, anche prima della fine delle persecuzioni, ma è solo dopo che la Chiesa raggiunge la pace che il monachesimo conosce un notevole sviluppo[1]. L'inizio del monachesimo cristiano si colloca nella seconda metà del III secolo, soprattutto in Egitto e nella Siria Orientale intorno al 280. I primi monaci cristiani sceglievano di vivere in solitudine, da cui deriva il termine "monaco" dal greco "monos", che significa "solo". Questi monaci si ritiravano nel deserto per condurre una vita solitaria, ma si riunivano motivi religiosi e spirituali.

Il monachesimo bizantino si sviluppa come una branca del monachesimo cristiano, originatosi alla fine delle persecuzioni politiche, nelle regioni orientali dell'impero, in un periodo di fermento spirituale e in continuità con la tradizione apostolica. Questo movimento monastico nasce dalla volontà di alcuni cristiani di mantenere intatta la testimonianza evangelica come era stata originariamente. Gli studiosi concordano sul fatto che il monachesimo cristiano si sviluppa come una risposta radicale al compromesso con il potere politico, nota come "svolta costantiniana".

La pace costantiniana

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Dopo l'editto di Milano del 313, che garantiva la libertà di culto ai cristiani, molti fedeli si trasferirono dalle zone rurali ai centri urbani, causando una maggiore secolarizzazione della Chiesa. Questo cambiamento spingeva alcuni credenti desiderosi di una vita più ascetica e spirituale a ritirarsi nel deserto per dedicarsi alla preghiera, alla meditazione e alla penitenza, dando così inizio al movimento monastico.

I Padri del deserto: Antonio il Grande e San Pacomio

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Le radici del monachesimo bizantino si attribuiscono principalmente a San Antonio Abate e San Pacomio.

San Antonio Abate
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San Antonio il Grande si ritira nel deserto nella seconda metà del III secolo, dando ufficialmente inizio alla tradizione del monachesimo cristiano. Egli è considerato uno dei padri del monachesimo cristiano nel deserto egiziano, vivendo una vita eremitica dedicata alla preghiera, alla meditazione e alla lotta contro le tentazioni. La sua vita ascetica e il suo esempio di fede e rinuncia hanno ispirato numerosi altri monaci e asceti nel mondo cristiano orientale, plasmando la spiritualità e la pratica monastica nel contesto bizantino e oltre.

San Pacomio è ricordato per essere uno dei precursori del monachesimo cenobitico, caratterizzato dalla vita comunitaria dei monaci sotto una regola comune. Intorno al 320, San Pacomio fondò il primo monastero cenobitico a Tabennisi, in Egitto, introducendo un nuovo modello di vita monastica basato sull'organizzazione comunitaria, la preghiera collettiva e il lavoro manuale. Questo approccio alla vita monastica si diffuse ampiamente nell'Impero Bizantino e nell'oriente cristiano in generale.

Origini mediorientali

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Nonostante comunque sia tradizione iniziare la narrazione del monachesimo cristiano con i Padri del deserto Antonio e Pacomio, la crescente mole di studi su questo fenomeno del cristianesimo delle origini ha rivelato il suo policentrismo. Numerose sono infatti le regioni del Mediterraneo antico in cui il monachesimo cristiano ha avuto i suoi primi sviluppi. Verso la metà del V secolo, il monachesimo era già ben radicato in tutte le regioni orientali dell'Impero, come l'Egitto, la Palestina, la Siria, Edessa, l'Asia Minore, Costantinopoli e i suoi dintorni, con migliaia di uomini che si identificavano in questo movimento. In queste aree si sviluppavano sia la teoria che la pratica di un ideale di vita spirituale, spesso in contrasto più o meno aperto con le strutture ecclesiastiche dell'Impero.

A metà del V secolo, il monachesimo cristiano era ormai una presenza consolidata nel panorama religioso, con figure come Shenoute nel monastero Bianco, Simeone lo Stilita e i monasteri cenobitici nella regione antiochena, e vari archimandriti a Costantinopoli. Anche Gerusalemme e Betlemme ospitavano comunità ascetiche. La Vita di Antonio (circa 356) di Atanasio menziona Costantino e i suoi figli che inviano lettere ad Antonio, indicando un interesse imperiale per il monachesimo. Costantino intervenne indirettamente sulla vita monastica tramite strumenti giuridici, come nel caso dei curiali che sceglievano la vita monastica per sfuggire ai doveri civili[1].

Il monaco bizantino e la vita monastica

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Il monaco bizantino nel contesto imperiale

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I monaci bizantini rappresentavano una figura di rilievo nell'Impero Bizantino, vivendo in monasteri e dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e al lavoro manuale. La loro presenza era fondamentale per la vita spirituale, culturale e sociale dell'Impero, tanto che si attesta la citazione del fenomeno anche in atti imperiali. Attraverso la pratica della fede e il lavoro costante, essi contribuivano alla conservazione della tradizione cristiana, alla produzione di manoscritti, all'ospitalità e all'assistenza ai bisognosi. In un contesto simile, i monaci bizantini potevano essere considerati come figure eroiche, impegnate a difendere i valori e la stabilità dell'Impero attraverso la loro dedizione e il loro sacrificio.

Regole per la vita ascetica

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Nel monachesimo bizantino, le regole per la vita ascetica erano fondamentali per la pratica spirituale e il perseguimento della santità. Alcuni principi chiave includevano:

  1. Obbedienza: I monaci dovevano sottomettersi alla regola del monastero e all'autorità del loro superiore, praticando l'umiltà e l'obbedienza come virtù fondamentali.
  2. Castità: I monaci rinunciavano ai legami affettivi e sessuali per concentrarsi interamente sulla relazione con Dio.
  3. Povertà: Lo stile di vita era semplice e privo di beni materiali, atto alla condivisione dei propri averi con la comunità e dedicarsi alla preghiera e al lavoro.
  4. Preghiera e meditazione: La vita monastica era caratterizzata da un intenso programma di preghiera, meditazione e contemplazione, con l'obiettivo di avvicinarsi a Dio e raggiungere la perfezione spirituale.
  5. Digiuno e astinenza: Il digiuno regolare e l'astinenza da certi cibi erano pratiche comuni nel monachesimo bizantino, finalizzate a disciplinare il corpo e purificare l'anima.
  6. Lavoro manuale: I monaci erano tenuti a svolgere lavori manuali e attività pratiche all'interno del monastero, contribuendo così al sostentamento della comunità e alla disciplina personale.

Queste regole e pratiche ascetiche nel monachesimo bizantino miravano a guidare i monaci verso una vita di santità, disciplina interiore e comunione più profonda con Dio. Le regole non erano uniche per ogni monastero o monaco, e ogni regola ascetica si adattava ai diversi modi con cui il monaco avrebbe dovuto affrontare le proprie lotte spirituali e corporee. In generale, la vita del monaco bizantino si basava sulla pratica della rinuncia ai piaceri terreni (fuga dal mondo), imprescindibile per la purificazione dell'anima.

Basilio Maleinos
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A titolo di esempio si ricordano le parole di Basilio Maleinos nel suo discorso sul regolamento ascetico:

"Imprese delle lotti corporee sono il digiuno la veglia la preghiera il dormire per terra l'astensione dai bagni, la nudità lesiche il silenzio la meditazione la confessione pura dei pensieri e del resto simula più piccolo e negligenze e al fatto che si beva acqua l'esame durante tutta la sera di ogni azione parola e idea dell'attività perseverante delle mani e prima di ogni altra cosa l'assenza di preoccupazione per la materia e la recisione delle cure Intendo dire quelle ragionevoli e quelle irragionevoli e tutte le pratiche simili [...]".[2]

E ancora:

"Si deve sapere quanto segue: la veglia e la sete sono un farmaco eccellente per la temperanza. Tutto questo è ben fissato e disposto se alla base ci sono la volontà la mitezza l'umiltà e la sottomissione. Il discorso a questo proposito è il seguente. Vegliare subito, all'inizio della notte, due ore e alzarsi al compimento dell'ottava ora.[...] Le attività di chi vuole vegliare sono le seguenti: preghiera e stare in piedi stabilmente e senza distrazioni, recitazione di salmi, molte genuflessioni, investigazione ed esame dei pensieri, versare lacrime che vengono da uno spirito contrito dal pensiero di quelli che hanno condotto l'agone ascetico prima di noi.[...]".[2]

Spiritualità monastica

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Nel contesto del monachesimo bizantino, l'esicasmo e l'ascetismo rappresentavano due importanti dimensioni della pratica spirituale dei monaci.

L'esicasmo era una forma particolare di pratica ascetica e contemplativa che si concentrava sull'interiorità, sulla preghiera incessante e sulla ricerca della comunione diretta con Dio. I monaci esicasti dedicavano lunghe ore alla preghiera silenziosa e alla meditazione, cercando di purificare la propria mente e il proprio cuore per raggiungere uno stato di unione mistica con la divinità. L'esicasmo poneva particolare enfasi sull'isolamento, sulla solitudine e sulla lotta contro le passioni e le tentazioni interiori. Uno dei più grandi esponenti dell'esicasmo è stato Gregorio Palamas.

La "controversia esicasta"
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La controversia esicasta è stata una disputa teologica e spirituale che ha avuto luogo nell'Impero bizantino tra il IX e il XIV secolo, incentrata sulla pratica dell'esicasmo e in particolare sull'insegnamento della preghiera di Gesù ("preghiera del cuore") e sulla ricerca dell'unione mistica con Dio.

La controversia esicasta ha coinvolto diverse figure di spicco della Chiesa orientale, tra cui monaci, teologi e autorità ecclesiastiche, e ha generato dibattiti intensi riguardo alla natura della preghiera esicastica, alla sua validità teologica e alla sua compatibilità con l'insegnamento tradizionale della Chiesa.

Alcuni punti chiave della controversia esicasta includono:

  1. Metodo di preghiera: La pratica esicastica si concentrava sulla preghiera interiore e silenziosa, spesso ripetendo una breve invocazione come "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore". Alcuni critici ritenevano che questa forma di preghiera potesse portare a visioni mistiche e esperienze estatiche non ortodosse.
  2. Ruolo dell'esperienza mistica: Gli esicasti sostenevano di raggiungere uno stato di unione mistica con Dio attraverso la preghiera e la purificazione interiore. Alcuni oppositori temevano che queste esperienze potessero condurre a eresie o a una forma di spiritualità individualista e disgregante per la comunità ecclesiale.
  3. Autorità ecclesiastica: La controversia esicasta ha coinvolto anche questioni di autorità all'interno della Chiesa, con alcuni vescovi e teologi che difendevano il diritto dei monaci esicasti di praticare la loro forma di preghiera, mentre altri cercavano di limitarne l'influenza e di condannare presunte deviazioni dottrinali.

La controversia esicasta ha avuto un impatto significativo sulla vita spirituale e teologica dell'Impero bizantino, influenzando le dinamiche interne della Chiesa orientale e portando a dibattiti duraturi sulla natura della preghiera, dell'esperienza mistica e della santità.

L'ascetismo nel monachesimo bizantino si manifestava attraverso una serie di pratiche di auto-negazione e disciplina del corpo e dello spirito. Queste pratiche includevano il digiuno regolare, l'astinenza, la rinuncia ai piaceri materiali, il lavoro fisico faticoso, la castità e l'obbedienza rigorosa alla regola monastica. L'ascetismo era considerato un mezzo per purificare l'anima, disciplinare i desideri carnali e raggiungere una maggiore consapevolezza spirituale.

  1. ^ a b Christine Mohrmann, Vite dei santi, Fondazione Lorenzo Valla: A. Mondadori, 2003.
  2. ^ a b Antonio Rigo, Mistici bizantini, Einaudi, 2008, ISBN 978-88-06-19388-1.