Baraccopoli di San Ferdinando

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La Baraccopoli di San Ferdinando è una baraccopoli nata e distrutta a più riprese negli ultimi 10 anni nel comune di San Ferdinando nella Piana di Gioia Tauro in cui vi abitavano per lo più lavoratori stagionali agricoli originari dell'Africa subsahariana.[1][2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Rivolta dei migranti del 2008[modifica | modifica wikitesto]

Rivolta dei migranti del 2010[modifica | modifica wikitesto]

Assurta alle cronache nazionale dopo la rivolta dei migranti di Rosarno del 7 gennaio 2010, essi vivevano in capannoni industriali abbandonati di Rosarno e San Ferdinando[1]. Due di questi dal ritorno dai campi vengono presi di mira da colpi di arma da fuoco. Da questo evento si scatena a caterna rabbia per le strade che porta al danneggiamento di automobili e cassonnetti della spazzatura. Come conseguenza gruppi di rosarnesi reagiscono nei due giorni successivi ingaggiando una "caccia all'immigrato"[3]. A seguito della contro-reazione locale le forze dell'ordine indagarono ci fosse stato il coinvolgimento delle 'ndrine locali[4][5].

2013-2014 - Il villaggio della solidarietà ed il primo abbattimento[modifica | modifica wikitesto]

I progetti solidali[modifica | modifica wikitesto]

2019 - La denuncia delle Nazioni Unite e secondo abbattimento[modifica | modifica wikitesto]

A settembre 2019 viene pubblicato un rapporto (Special Rapporteur) delle Nazioni Unite che denuncia l'insediamento di San Ferdinando e di Borgo Mezzanone in Puglia visitati ad ottobre 2018 descrivendoli come una forma di schiavitù[3][6].

A marzo 2019, ultimo abbattimento, i 2500 migranti vengono trasferiti in una tendopoli del Ministero dell'Interno[1].

Abbattimenti[modifica | modifica wikitesto]

Progetti[modifica | modifica wikitesto]

  • SOS Rosarno
  • Medu (Medici per i Diritti Umani)

Opere fallite correlate alla baraccopoli[modifica | modifica wikitesto]

  • 2013 - Villaggio della solidarietà, Rosarno, un centro di formazione lavoro per migranti e 120 posti letto. Ex cementificio confiscato alla cosca Bellocco[8], 2 milioni di euro finanziato dal Pon Sicurezza del Ministero dell'interno[9]. Lavori fermi per interdittiva antimafia del 2013 contro l'impresa realizzatrice AEDARS Scarl[8][9][10][11]
  • 9 gennaio 2016 Contrada Donna Livia a Taurianova - Centro polifunzionale per l’inserimento sociale lavorativo degli immigrati. 650.000 euro, findanziato dal Pon Sicurezza del Ministero dell'interno[8]. Finito ma non in funzione[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Rosarno, ecco cosa (non) è cambiato a dieci anni dalla rivolta dei braccianti immigrati, in repubblica.it, 9 gennaio 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.
  2. ^ a b Baraccopoli di San Ferdinando, domani l’abbattimento, in lacnews24.it, 13 ottobre 2014. URL consultato il 9 aprile 2020.
  3. ^ a b La rivolta di Rosarno, in rivistailmulino.it, 7 gennaio 2020. URL consultato il 10 aprile 2020.
  4. ^ Rosarno,polizia:'ndrangheta dietro a scontri.Via 1.100 immigrati, in reuters.it, 11 gennaio 2010. URL consultato il 10 aprile 2020 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2010).
  5. ^ Rosarno, «pulizia etnica» decisa dalla ’ndrangheta, in reuters.it, 10 gennaio 2010. URL consultato il 10 aprile 2020.
  6. ^ (PDF)(EN) Report of the Special Rapporteur on contemporary forms of slavery, including its causes and consequences, in Nazioni Unite, 27 settembre 2019. URL consultato il 10 aprile 2020.
  7. ^ Reggio Calabria, i migranti della baraccopoli di San Ferdinando saranno distribuiti nei Comuni della Piana: le parole dei Sindaci e del Prefetto, in strettoweb.com, 13 marzo 2019. URL consultato il 9 aprile 2020.
  8. ^ a b c d Rosarno. Contese le abitazioni per gli stagionali. Ma il sindaco le vuole, in avvenire.it, 9 gennaio 2019. URL consultato il 9 aprile 2020.
  9. ^ a b Questo villaggio per migranti in Calabria è stato occupato abusivamente da italiani, in vice.com, 23 dicembre 2016. URL consultato il 9 aprile 2020.
  10. ^ "Rosarno, italiani occupano case nuove destinate ad africani". Una vecchia notizia riportata in maniera imprecisa, in 14 febbraio 2019. URL consultato il 9 aprile 2020.
  11. ^ Disperati e senza casa occupano gli alloggi destinati ai migranti, in gazzettadelsud.it, 20 ottobre 2016. URL consultato il 9 aprile 2020.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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