Leone Pancaldo (cacciatorpediniere): differenze tra le versioni

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Il '''Leone Pancaldo''' è stato un [[esploratore]] e successivamente un [[cacciatorpediniere]] della [[Regia Marina]].
Il '''[[cacciatorpediniere]] ''Leone Pancaldo''''' della [[Regia Marina]], [[classe Navigatori (cacciatorpediniere)|classe ''Navigatori'']], fu impostato nei [[Cantieri Navali del Tirreno e Riuniti|Cantieri Navali del Tirreno]] di [[Cantiere navale di Riva Trigoso|Riva Trigoso]] nel [[1927]], varato nel [[1929]] ed entrò in servizio nello stesso anno come [[esploratore (nave)|esploratore]] leggero. Nel [[1938]], nell'ambito della riorganizzazione della Regia Marina, fu riclassificato cacciatorpediniere.


==Storia==
== Storia ==
=== Nome e motto ===
Il ''Pancaldo'' prese nome dal navigatore ligure [[Leon Pancaldo]], nato a [[Savona]] nel [[1488]] e componente della spedizione di Magellano intorno al mondo. Il ''Pancaldo'' a tutt'oggi è l'unica unità della Marina Italiana ad aver portato il nome di un savonese.

Il ''Pancaldo'' prese nome dal navigatore ligure [[Leon Pancaldo]], nato a [[Savona]] nel 1488 e componente della spedizione di Magellano intorno al mondo. Il ''Pancaldo'' a tutt'oggi è l'unica unità della Marina Italiana ad aver portato il nome di un savonese.


Il motto della nave, "''D'aquila penne, ugne di leonessa''" è tratto da "L'ultima canzone" (da [[Opere_di_Gabriele_d%E2%80%99Annunzio#Poesia|"Merope"]], 1912) di [[Gabriele D'Annunzio]].
Il motto della nave, "''D'aquila penne, ugne di leonessa''" è tratto da "L'ultima canzone" (da [[Opere_di_Gabriele_d%E2%80%99Annunzio#Poesia|"Merope"]], 1912) di [[Gabriele D'Annunzio]].


=== Gli anni Trenta ===
Il ''Pancaldo'' fu la seconda unità della classe ad entrare in servizio nel novembre del 1929 come esploratore leggero, subendo poco dopo (maggio-settembre 1930) il primo importante ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture). Come altre unità della stessa classe, nel periodo tra le due guerre effettuò la normale attività di squadra, partecipò alla crociera atlantica di [[Italo Balbo]] del 1930 e, successivamente, alle operazioni di appoggio navale durante la [[guerra civile spagnola]] dal [[1936]] al 1938.


Il ''Pancaldo'' fu la seconda unità della classe ad entrare in servizio nel novembre del 1929 come esploratore leggero, subendo poco dopo (maggio-settembre 1930) il primo importante ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture). Furono anche sostituiti timone e tubi lanciasiluri<ref name="Ct classe Navigatori">http://www.regiamarinaitaliana.it/Ct%20classe%20Navigatori.html</ref>.
Nel 1938 fu riclassificato cacciatorpediniere e assegnato alla XVI<sup>a</sup> Squadriglia Cacciatorpediniere con base prima alla [[La Spezia|Spezia]] e poi a [[Taranto]]. Dopo un breve periodo passato a [[Pola]] per addestramento equipaggi, subì l'ultimo ciclo di modifiche nel [[1940]], subito prima dell'inizio della [[seconda guerra mondiale]]. Allo scoppio del conflitto il ''Pancaldo'' era a [[Taranto]], assegnato alla XIV<sup>a</sup> [[Regia_Marina#Classificazione_e_organizzazione_della_flotta|Squadriglia]] Cacciatorpediniere, alle dipendenze della IX [[Regia_Marina#Classificazione_e_organizzazione_della_flotta|Divisione]] [[Corazzata|Corazzate]] della I [[Regia_Marina#Classificazione_e_organizzazione_della_flotta|Squadra]].


Nel dicembre 1930 fu impiegato a supporto della trasvolata dell’Atlantico verso il Brasile di Italo Balbo<ref name="trentoincina">http://www.trentoincina.it/dbunita2.php?short_name=Pancaldo</ref>.
==Attività bellica==


Fu poi impiegato in Mediterraneo durante gli anni ’30<ref name="trentoincina"/>.
Partecipò alla [[battaglia di Punta Stilo]] del [[9 luglio]] [[1940]], facendo parte del gruppo di protezione e sostegno composto da V Divisione Corazzate, IV e VIII Divisione Incrociatori con altre quattro Squadriglie di cacciatorpediniere. In realtà la XIV Squadriglia (''[[Ugolino Vivaldi (cacciatorpediniere)|Vivaldi]]'', ''[[Antonio da Noli (cacciatorpediniere)|Da Noli]]'' e ''Pancaldo'') era stata inizialmente lasciata in porto di riserva a Taranto ma, una volta chiarito che l'operazione in corso si stava trasformando da scorta convogli a possibile scontro con la ''[[Mediterranean Fleet]]'', l'[[ammiraglio]] [[Inigo Campioni]] decise di far muovere anche queste unità a rinforzo del gruppo. Lo scontro per la XIV Squadriglia (ridotta ai soli ''Vivaldi'' e ''Pancaldo'' per avaria del ''Da Noli'') si risolse in un nulla di fatto, in quanto la loro azione di attacco col siluro fu interrotta per allontanamento del nemico e insufficiente velocità delle unità italiane.


Tra il 1936 ed il 1938 prese parte alla guerra di Spagna.
Il ''Pancaldo'' uscì quindi indenne dallo scontro di Punta Stilo, ma rientrato ad [[Augusta (Italia)|Augusta]], il giorno dopo fu colpito da un aerosilurante mentre era ormeggiato in porto. I danni furono rilevanti e causarono anche la morte di trenta<ref>Gianni Rocca, ''Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale'', p. 28</ref> uomini, ma la nave affondò in acque basse e poté quindi essere recuperata anche se con un lungo lavoro che durò circa un anno. Un altro anno ci volle perché fossero completate le riparazioni nei cantieri di Genova dove la nave era stata rimorchiata. Infine il [[12 dicembre]] [[1942]], dopo aver ricevuto a la Spezia l'[[ecogoniometro]] e, unica della sua classe, il [[radar]] di progettazione italiana EC3 "Gufo", il ''Pancaldo'' rientrò finalmente in servizio e fu assegnato alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere, basata all'epoca a [[Trapani]].


Nel 1938 fu riclassificato cacciatorpediniere e assegnato alla XVI Squadriglia Cacciatorpediniere con base prima alla [[La Spezia|Spezia]] e poi a [[Taranto]].
Come quasi tutte le unità similari venne assegnato all'attività di trasporto truppe e scorta convogli sulla cosiddetta "rotta della morte", cioè il tragitto obbligato fra campi minati tra l'Italia e la [[Tunisia]]. Il [[30 aprile]] [[1943]] il ''Pancaldo'' era impegnato in una missione di trasporto truppe con il cacciatorpediniere tedesco ''Hermes'' da [[Pozzuoli]] a [[Tunisi]]. Le due navi furono oggetto di un violento attacco da parte di [[bombardiere|bombardieri]] alleati e il ''Pancaldo'' fu centrato da diverse bombe che ne provocarono l'affondamento presso [[Capo Bon]], con la morte di 156 dei 280 membri dell'equipaggio<ref>Gianni Rocca, ''Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale'', p. 278</ref>.


Dopo un breve periodo passato a [[Pola]] per addestramento equipaggi, subì l'ultimo ciclo di modifiche nel 1939-1940, subito prima dell'inizio della [[seconda guerra mondiale]]. I lavori, svolti presso i cantieri del Muggiano ebbero termine nel gennaio 1940<ref name="Prosperini-SM">Franco Prosperini, ''1940: l’estate degli Swordfish'' in ''Storia Militare'' n. 208 – gennaio 2011</ref>.
Nella sua breve carriera aveva svolto solo 13 missioni di guerra per un totale di 6.732 [[miglio (unità di misura)|nm]] e 396 ore di navigazione.

=== La seconda guerra mondiale ===

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale il ''Pancaldo'' aveva base a [[Taranto]], assegnato alla XIV [[Regia_Marina#Classificazione_e_organizzazione_della_flotta|Squadriglia]] Cacciatorpediniere, alle dipendenze della IX [[Regia_Marina#Classificazione_e_organizzazione_della_flotta|Divisione]] [[Corazzata|Corazzate]] della I [[Regia_Marina#Classificazione_e_organizzazione_della_flotta|Squadra]]. Comandava l’unità il capitano di fregata Luigi Merini<ref name="Prosperini-SM"/>.

Partecipò alla [[battaglia di Punta Stilo]] del 9 luglio 1940, facendo parte del gruppo di protezione e sostegno composto da V Divisione corazzate, IV e VIII Divisione incrociatori con altre quattro Squadriglie di cacciatorpediniere<ref name="Giorgerini">Giorgio Giorgerini, ''La guerra italiana sul mare. La Marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943'', pp. 172 e ss.</ref>. In realtà la XIV Squadriglia ([[Ugolino Vivaldi (cacciatorpediniere)| ''Vivaldi'']], [[Antonio da Noli (cacciatorpediniere)| ''Da Noli'']] e ''Pancaldo'') era stata inizialmente lasciata in porto di riserva a Taranto ma, mentre l'operazione in corso si trasformava da scorta convogli a scontro con la [[Mediterranean Fleet]], tre cacciatorpediniere andarono in avaria e l'[[ammiraglio]] [[Inigo Campioni]], comandante la flotta italiana, decise di far muovere anche Vivaldi, Da Noli e Pancaldo a rinforzo del gruppo, in sostituzione delle tre unità guaste<ref name="Giorgerini"/>; la partenza della XIV Squadriglia da Taranto avvenne alle 6.18 del 9 luglio<ref>http://www.naval-history.net/xDKWW2-4007-20JUL01.htm</ref>. Lo scontro per la XIV Squadriglia (ridotta peraltro ai soli ''Vivaldi'' e ''Pancaldo'' per avaria del ''Da Noli'') si risolse in un nulla di fatto: furono gli ultimi cacciatorpediniere italiani ad attaccare e quando lo fecero, alle 16.28, il comandante della squadriglia decise di rinunciare all’attacco col siluro in quanto le unità nemiche (in quel momento ancora a 18.000 metri di distanza) si stavano allontanando e insufficiente velocità delle unità italiane<ref name="Giorgerini"/>.

Rientrato nella base di Augusta insieme al Vivaldi, vi fece rifornimento il 10 luglio, ormeggiandosi poi alla boa A 4 (al centro della rada di Augusta) verso le otto di sera di quel giorno<ref name="Prosperini-SM"/>.

Alle 21.20 dello stesso giorno tre aerosiluranti Fairey Swordfish dell’813° Squadron, decollati dalla portaerei Eagle, attaccarono la base siciliana<ref name="Prosperini-SM"/>. Due dei velivoli diressero per attaccare il Pancaldo, che però, anche avendoli avvistati alle 21.25, non reagì: erano infatti in volo, decollati dalla vicina Catania, anche degli aerei italiani diretti a bombardare Malta; non avendo la base lanciato alcun segnale d’allarme, ed avendo gli Swordfish le luci di posizione accese, si pensò che si trattasse dei velivoli italiani<ref name="Prosperini-SM"/>. Il primo aereo sganciò il siluro ma mancò il bersaglio: l’arma transitò a poppa del Pancaldo ed esplose contro la riva, circa mezzo minuto dopo l’avvistamento<ref name="Prosperini-SM"/>. A questo punto l’equipaggio del cacciatorpediniere accorse ai posti di combattimento ed aprì il fuoco con le mitragliere, ma subito dopo il siluro del secondo aereo andò a segno a prua, sul lato di dritta: il Pancaldo sbandò sulla sinistra, si appruò ed iniziò ad affondare<ref name="Prosperini-SM"/>. Mentre il personale di macchina scaricava il vapore nell’aria ed i mitraglieri continuavano a sparare (cessarono il fuoco solo quando l’acqua allagò le loro postazioni), il resto dell’equipaggio mise a mare scialuppe e zatterini e liberò un portello del sottocastello, deformato dallo scoppio, per permettere agli uomini rimasti intrappolati di uscire<ref name="Prosperini-SM"/>. Mentre la nave affondava sempre più rapidamente gli uomini si radunarono a poppa e si tuffarono quindi in mare: il Pancaldo si posò sul fondale alle 21.39<ref name="Prosperini-SM"/>. I naufraghi furono recuperati in un’ora e mezza, mentre la ricerca dei cadaveri continuò sino al mattino seguente<ref name="Prosperini-SM"/>. Dell’equipaggio del Pancaldo 30 uomini risultarono morti o dispersi e 9 feriti<ref name="Prosperini-SM"/><ref>Gianni Rocca, ''Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale'', p. 28</ref>.

I lavori di recupero della nave furono molto lunghi e laboriosi: solo il 26 luglio 1941 i palombari dell’Ufficio Porto e dell’officina lavori di Augusta poterono riportare in superficie il Pancaldo<ref name="Prosperini-SM"/>. Il 1° agosto il relitto fu trainato in bacino di carenaggio dove fu riparato in modo da poter galleggiare<ref name="Prosperini-SM"/>. Il 27 ottobre 1941 la nave poté essere trainata ai cantieri Ansaldo di Genova dove rimase sino al 17 novembre 1942, quando poté lasciare il cantiere; dopo essere stato trasferito all’Arsenale di La Spezia, ove imbarcò un radar Ec3/ter Gufo ed un ecogoniometro, il Pancaldo ritornò in servizio (in seno alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere, che aveva base a Trapani) solo il 12 dicembre 1942, a quasi due anni e mezzo dal siluramento<ref name="Prosperini-SM"/>. Altre modifiche apportate durante i lavori, oltre all’installazione di radar ed ecogoniometro, furono la sostituzione del complesso lanciasiluri poppiero con 2 mitragliere da 37 mm e quella delle 8 mitragliere da 13,2 mm con 9 da 20 mm<ref name="Ct classe Navigatori"/>.

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Il 30 aprile 1943, infatti, il Pancaldo (al comando del capitano di fregata Tommaso Ferreri Caputi) partì per un’altra missione di trasporto truppe tedesche a Tunisi insieme al cacciatorpediniere tedesco Hermes<ref name="Rocca">Gianni Rocca, ''Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale'', pp. 276-277</ref>. Alle nove del mattino le due unità furono infruttuosamente attaccate da cinque aerosiluranti, alle dieci elusero indenni un attacco portato da 12 cacciabombardieri; alle 11.30 furono però assalite da 32 bombardieri<ref name="Rocca"/>. Mentre l’Hermes, pur duramente colpito e con vittime a bordo, riuscì a raggiungere a rimorchio Biserta, il Pancaldo, con l’apparato motore distrutto da varie bombe e lo scafo perforato in più punti, s’inabissò a due miglia per 29° da Capo Bon<ref name="trentoincina"/><ref>http://www.danieleranocchia.it/naval_history/mediterraneo.htm</ref> portando con sé oltre metà dell’equipaggio<ref name="Rocca"/>.

Furono tratti in salvo il comandante Ferreri Caputi, ferito, ed altri 123 tra ufficiali, sottufficiali e marinai<ref name="Rocca"/>. Scomparvero in mare 156 uomini<ref name="Rocca"/>.

Nel corso della guerra il Pancaldo aveva svolto solo 13 missioni belliche per un totale di 6.732 [[miglio (unità di misura)|nm]] e 396 ore di navigazione<ref name="trentoincina"/>.

== Note ==
<references/>


==Bibliografia==
==Bibliografia==
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* Giuseppe Fioravanzo. ''La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. VIII: La Guerra nel Mediterraneo – La difesa del Traffico coll'Africa Settentrionale: dal 1º ottobre 1942 alla caduta della Tunisia''. Roma, Ufficio Storico della Marina Militare ,1964
* Giuseppe Fioravanzo. ''La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. VIII: La Guerra nel Mediterraneo – La difesa del Traffico coll'Africa Settentrionale: dal 1º ottobre 1942 alla caduta della Tunisia''. Roma, Ufficio Storico della Marina Militare ,1964
* Nicola Sarto. ''Gli esploratori - poi cacciatorpediniere - classe "Navigatori"'', "Marinai d'Italia", 2007, 12, 17-32.
* Nicola Sarto. ''Gli esploratori - poi cacciatorpediniere - classe "Navigatori"'', "Marinai d'Italia", 2007, 12, 17-32.
* Gianni Rocca, "Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale", Mondadori, 1987
* Franco Prosperini, ''1940: l’estate degli Swordfish'' in ''Storia Militare'' n. 208 – gennaio 2011


==Collegamenti esterni==
==Collegamenti esterni==
* [http://www.marina.difesa.it/storia/almanacco/parte08/Navi0841-05.asp La pagina della nave sul sito ufficiale della Marina Militare Italiana]
* [http://www.marina.difesa.it/storia/almanacco/parte08/Navi0841-05.asp La pagina della nave sul sito ufficiale della Marina Militare Italiana]

==Note==
<references/>


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{{Classe Navigatori}}


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[[Categoria:Cacciatorpediniere della Regia Marina|Pancaldo, Leone]]
[[Categoria:Cacciatorpediniere della Regia Marina]]

Versione delle 16:47, 5 feb 2011

Leone Pancaldo
voci di navi presenti su Wikipedia

Il Leone Pancaldo è stato un esploratore e successivamente un cacciatorpediniere della Regia Marina.

Storia

Nome e motto

Il Pancaldo prese nome dal navigatore ligure Leon Pancaldo, nato a Savona nel 1488 e componente della spedizione di Magellano intorno al mondo. Il Pancaldo a tutt'oggi è l'unica unità della Marina Italiana ad aver portato il nome di un savonese.

Il motto della nave, "D'aquila penne, ugne di leonessa" è tratto da "L'ultima canzone" (da "Merope", 1912) di Gabriele D'Annunzio.

Gli anni Trenta

Il Pancaldo fu la seconda unità della classe ad entrare in servizio nel novembre del 1929 come esploratore leggero, subendo poco dopo (maggio-settembre 1930) il primo importante ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture). Furono anche sostituiti timone e tubi lanciasiluri[1].

Nel dicembre 1930 fu impiegato a supporto della trasvolata dell’Atlantico verso il Brasile di Italo Balbo[2].

Fu poi impiegato in Mediterraneo durante gli anni ’30[2].

Tra il 1936 ed il 1938 prese parte alla guerra di Spagna.

Nel 1938 fu riclassificato cacciatorpediniere e assegnato alla XVI Squadriglia Cacciatorpediniere con base prima alla Spezia e poi a Taranto.

Dopo un breve periodo passato a Pola per addestramento equipaggi, subì l'ultimo ciclo di modifiche nel 1939-1940, subito prima dell'inizio della seconda guerra mondiale. I lavori, svolti presso i cantieri del Muggiano ebbero termine nel gennaio 1940[3].

La seconda guerra mondiale

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale il Pancaldo aveva base a Taranto, assegnato alla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, alle dipendenze della IX Divisione Corazzate della I Squadra. Comandava l’unità il capitano di fregata Luigi Merini[3].

Partecipò alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940, facendo parte del gruppo di protezione e sostegno composto da V Divisione corazzate, IV e VIII Divisione incrociatori con altre quattro Squadriglie di cacciatorpediniere[4]. In realtà la XIV Squadriglia ( Vivaldi, Da Noli e Pancaldo) era stata inizialmente lasciata in porto di riserva a Taranto ma, mentre l'operazione in corso si trasformava da scorta convogli a scontro con la Mediterranean Fleet, tre cacciatorpediniere andarono in avaria e l'ammiraglio Inigo Campioni, comandante la flotta italiana, decise di far muovere anche Vivaldi, Da Noli e Pancaldo a rinforzo del gruppo, in sostituzione delle tre unità guaste[4]; la partenza della XIV Squadriglia da Taranto avvenne alle 6.18 del 9 luglio[5]. Lo scontro per la XIV Squadriglia (ridotta peraltro ai soli Vivaldi e Pancaldo per avaria del Da Noli) si risolse in un nulla di fatto: furono gli ultimi cacciatorpediniere italiani ad attaccare e quando lo fecero, alle 16.28, il comandante della squadriglia decise di rinunciare all’attacco col siluro in quanto le unità nemiche (in quel momento ancora a 18.000 metri di distanza) si stavano allontanando e insufficiente velocità delle unità italiane[4].

Rientrato nella base di Augusta insieme al Vivaldi, vi fece rifornimento il 10 luglio, ormeggiandosi poi alla boa A 4 (al centro della rada di Augusta) verso le otto di sera di quel giorno[3].

Alle 21.20 dello stesso giorno tre aerosiluranti Fairey Swordfish dell’813° Squadron, decollati dalla portaerei Eagle, attaccarono la base siciliana[3]. Due dei velivoli diressero per attaccare il Pancaldo, che però, anche avendoli avvistati alle 21.25, non reagì: erano infatti in volo, decollati dalla vicina Catania, anche degli aerei italiani diretti a bombardare Malta; non avendo la base lanciato alcun segnale d’allarme, ed avendo gli Swordfish le luci di posizione accese, si pensò che si trattasse dei velivoli italiani[3]. Il primo aereo sganciò il siluro ma mancò il bersaglio: l’arma transitò a poppa del Pancaldo ed esplose contro la riva, circa mezzo minuto dopo l’avvistamento[3]. A questo punto l’equipaggio del cacciatorpediniere accorse ai posti di combattimento ed aprì il fuoco con le mitragliere, ma subito dopo il siluro del secondo aereo andò a segno a prua, sul lato di dritta: il Pancaldo sbandò sulla sinistra, si appruò ed iniziò ad affondare[3]. Mentre il personale di macchina scaricava il vapore nell’aria ed i mitraglieri continuavano a sparare (cessarono il fuoco solo quando l’acqua allagò le loro postazioni), il resto dell’equipaggio mise a mare scialuppe e zatterini e liberò un portello del sottocastello, deformato dallo scoppio, per permettere agli uomini rimasti intrappolati di uscire[3]. Mentre la nave affondava sempre più rapidamente gli uomini si radunarono a poppa e si tuffarono quindi in mare: il Pancaldo si posò sul fondale alle 21.39[3]. I naufraghi furono recuperati in un’ora e mezza, mentre la ricerca dei cadaveri continuò sino al mattino seguente[3]. Dell’equipaggio del Pancaldo 30 uomini risultarono morti o dispersi e 9 feriti[3][6].

I lavori di recupero della nave furono molto lunghi e laboriosi: solo il 26 luglio 1941 i palombari dell’Ufficio Porto e dell’officina lavori di Augusta poterono riportare in superficie il Pancaldo[3]. Il 1° agosto il relitto fu trainato in bacino di carenaggio dove fu riparato in modo da poter galleggiare[3]. Il 27 ottobre 1941 la nave poté essere trainata ai cantieri Ansaldo di Genova dove rimase sino al 17 novembre 1942, quando poté lasciare il cantiere; dopo essere stato trasferito all’Arsenale di La Spezia, ove imbarcò un radar Ec3/ter Gufo ed un ecogoniometro, il Pancaldo ritornò in servizio (in seno alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere, che aveva base a Trapani) solo il 12 dicembre 1942, a quasi due anni e mezzo dal siluramento[3]. Altre modifiche apportate durante i lavori, oltre all’installazione di radar ed ecogoniometro, furono la sostituzione del complesso lanciasiluri poppiero con 2 mitragliere da 37 mm e quella delle 8 mitragliere da 13,2 mm con 9 da 20 mm[1].

Il Pancaldo tornò comunque completamente operativo solo nel marzo 1943, quando iniziò ad essere impiegato in missioni di scorta convogli e trasporto truppe sulla tormentata rotta Trapani-Tunisi: rimase in servizio per un solo mese[2].

Il 30 aprile 1943, infatti, il Pancaldo (al comando del capitano di fregata Tommaso Ferreri Caputi) partì per un’altra missione di trasporto truppe tedesche a Tunisi insieme al cacciatorpediniere tedesco Hermes[7]. Alle nove del mattino le due unità furono infruttuosamente attaccate da cinque aerosiluranti, alle dieci elusero indenni un attacco portato da 12 cacciabombardieri; alle 11.30 furono però assalite da 32 bombardieri[7]. Mentre l’Hermes, pur duramente colpito e con vittime a bordo, riuscì a raggiungere a rimorchio Biserta, il Pancaldo, con l’apparato motore distrutto da varie bombe e lo scafo perforato in più punti, s’inabissò a due miglia per 29° da Capo Bon[2][8] portando con sé oltre metà dell’equipaggio[7].

Furono tratti in salvo il comandante Ferreri Caputi, ferito, ed altri 123 tra ufficiali, sottufficiali e marinai[7]. Scomparvero in mare 156 uomini[7].

Nel corso della guerra il Pancaldo aveva svolto solo 13 missioni belliche per un totale di 6.732 nm e 396 ore di navigazione[2].

Note

  1. ^ a b http://www.regiamarinaitaliana.it/Ct%20classe%20Navigatori.html
  2. ^ a b c d e http://www.trentoincina.it/dbunita2.php?short_name=Pancaldo
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n Franco Prosperini, 1940: l’estate degli Swordfish in Storia Militare n. 208 – gennaio 2011
  4. ^ a b c Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare. La Marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943, pp. 172 e ss.
  5. ^ http://www.naval-history.net/xDKWW2-4007-20JUL01.htm
  6. ^ Gianni Rocca, Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, p. 28
  7. ^ a b c d e Gianni Rocca, Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, pp. 276-277
  8. ^ http://www.danieleranocchia.it/naval_history/mediterraneo.htm

Bibliografia

  • Franco Bargoni. Esploratori Italiani. Roma, Ufficio Storico della Marina Militare ,1996
  • Giuseppe Fioravanzo. La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. IV: La Guerra nel Mediterraneo – Le azioni navali: dal 10 giugno 1940 al 31 marzo 1941. Roma, Ufficio Storico della Marina Militare ,1959
  • Giuseppe Fioravanzo. La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale. Vol. VIII: La Guerra nel Mediterraneo – La difesa del Traffico coll'Africa Settentrionale: dal 1º ottobre 1942 alla caduta della Tunisia. Roma, Ufficio Storico della Marina Militare ,1964
  • Nicola Sarto. Gli esploratori - poi cacciatorpediniere - classe "Navigatori", "Marinai d'Italia", 2007, 12, 17-32.
  • Gianni Rocca, "Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale", Mondadori, 1987
  • Franco Prosperini, 1940: l’estate degli Swordfish in Storia Militare n. 208 – gennaio 2011

Collegamenti esterni

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