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Il Martirio di San Sebastiano (saettatura) è una pittura a tempera su legno realizzata da Nicolò Semitecolo nel 1367. Oggi l'opera è conservata nel Museo Diocesano di Padova insieme ad altre 6 tavole dal medesimo artista. In origine, l'insieme di queste tavole dipinte, appartenevano ad un'opera di maggiori dimensioni, collocatasi nel Duomo di Padova, il corso della storia ha portato alla sua frammentazione, e per questo la ricostruzione dell'aspetto originario dell'opera è ancora oggetto di studio da parte dei ricercatori.

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

Giudizio, fronte della tavola dipinta

L'opera, nel suo insieme, è l'unica firmata dall'autore, e fornisce preziose informazioni quanto concerne la biografia del Semitecolo[1]. Attualmente si costituisce di 8 tavole, sette di queste sono presenti al Museo diocesano padovano, mentre l'ottava (raffigurante il Cristo affiancato da Maria e san Giovanni evangelista) è in mano a privati. L'opera, ancora integra, era collocata nel Duomo di Padova, non si è ancora a conoscenza se in sacrestia o presso l'altare di San Sebastiano, demolito tra il 1550 e il 1574. In data ignota, ma molto probabilmente postuma l'anno 1534, l'opera deve essere stata divisa in più parti, a questa altezza cronologica infatti, è citata in un quaderno di sagrestia del Duomo, una "Pala lignea Altaris S.ti. Sebastiani"[2], nonostante la discussione sulla configurazione originaria, e quindi anche la posizione del manufatto nei locali del Duomo sia ancora aperta, possiamo pensare che il complesso delle tavole dipinte, originariamente si configurasse in una una pala d'altare.

Trinità, fronte della tavola dipinta
San Sebastiano, e parte del vestito di Maria, retro Trinità

Quattro delle tavole del complesso pittorico, raffigurano momenti diversi del martirio di San Sebastiano, queste sono: il Giudizio, la Saettatura, la Bastonatura, e la Deposizione. Seguono poi una raffigurazione della Trinità, e della Madonna dell'umiltà. Tre di queste tavole: il Giudizio la Trinità, e la Saettatura, originariamente dovevano essere dipinte su ambo i lati, ma attualmente solo una di queste è ancora mantenuta nella sua integrità, ovvero la Saetattura, che presenta sul retro un San Daniele ribaltato rispetto al fronte. Inizialmente quando non si aveva ancora pensato ad una possibile ricostruzione dei pezzi come pala d'altare, si pensava che i dipinti posti sul reto (anche per via della posizione ribaltata) fossero di un'epoca precedente, e le tavole quindi un riutilizzo[1]. La altre due tavole sono state segate nello spessore, il Giudizio quindi è stato diviso da il suo retro raffigurante una nuova immagine di San Sebastiano, (attualmente entrambe le tavole sono esposte al museo Diocesano di Padova, ancora divise). La trinità invece doveva avere raffigurato nel suo retro il Cristo affiancato da Maria e San Giovanni Evangelista, i tre dipinti posti sul retro anche se attualmente molto danneggiati, presentano dei raccordi fra di loro, ad esempio nell'immagine raffigurante il S. Sebastiano abbiamo una estremità del mantello molto probabilmente appartenete alla figura della madonna. La possibilità che le immagini siano da considerarsi collegate fra di loro ha portato a diversi studi riguardanti l'uso liturgico dell'opera nonché il suo assetto originario.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del 700 vengono citate tutte e sei le tavolette, le prime 4 rappresentati il martirio di San Sebastiano le troviamo citate nel 1776 nel testo di Rossetti inerente Padova [3] mentre la Trinità e la Madonna dell'Umiltà riemergono nel 1795, citate da Pietro Brandolese in un suo scritto[4]. Il dialogo sulla collocazione origianria delle tavole inizia nel 1927 quando riemerge uno dei retri delle tavole, il l S. Sebastiano, evidentemente separato in un tempo precedente dal Giudizio, da questa scoperta si osserva che anche un'altra delle tavolette, la Trinità, presentava uno spessore dimezzato rispetto alle altre presenti, ma nonostante queste osservazioni, non si arriverà ad un possibile insieme originale dell'opera sino al 1978, quando anche il Cristo con S. Giovanni E. e Maria viene ritrovata in Svizzera, nella mostra Art Venitien en Suisse et au Liechtenstein[1].




Iconologia e Stile[modifica | modifica wikitesto]

Bastonatura
Deposizione

Dal punto di vista iconografico il ciclo del Semitecolo si concentra sul lungo martirio e sulle sofferenze fisiche del santo, piuttosto che sui miracoli postumi. Il santo nelle diverse scene è enfatizzato infatti questo viene rappresentato con una grandezza maggiore rispetto agli altri personaggi, ma per comprendere la scelta di questo santo in particolare dobbiamo rifarci agli avvenimenti storici della Padova dell'epoca. Nei decenni precedenti alla commissione la città è infatti colpita da diverse ondate di peste, queste avevano colpito duramente soprattutto bambini ed adolescenti, per un totale di circa 40.000 morti. San Sebastiano in quanto santo legato all'avvenimento della peste, poiché le ferite che portava sul corpo al momento della sua morte ricordavano le piaghe e ferite dei malati di peste, evidenzia come chiunque abbia commissionato l'opera (dato ancora ignoto), volesse avvicinare la popolazione in questo momento di crisi alla pratica religiosa nella speranza che il doloroso periodo giungesse ad un termine. L'iconografia infatti, presenta un'enfatizzazione delle ferite del santo stesso, elemento ricollegabile ancora una volta al legame tra la figura del santo e la peste.

Madonna dell'Umiltà


Le tavole rappresentanti la vita del santo, assieme alla Trinità e alla Madonna dell'Umiltà, sono dipinte su fondo oro, mentre le rappresentazioni collocate nel retro delle tavole presentano uno sfondo rosso uniforme, la scelta di mantenere lo stesso colore di sfondo vuole andare a creare una correlazione tra le diverse tavole in modo da facilitarne la lettura d'insieme. La Trinità e la Madonna presentano i personaggi direttamente sullo sfondo oro mentre le 4 tavole con la vita del santo oltre agli elementi già analizzati, presentano anche strutture architettoniche che contestualizzano glia avvenimenti in uno spazio fisico, nonostante la innaturale presenza del fondo oro. Il lavoro a livello stilistico è comunque coerente con le tendenze dell'epoca.



Uso liturgico[modifica | modifica wikitesto]

Il ritrovamento del 1978, permette una prima ipotesi di ricostruzione dell'opera[5], secondo quest'ultima le tavolette dovevano andare a decorare una caspa-reliquiarium, La ricostruzione, pur rappresentando la corretta disposizione dei dipinti, non convince tutti. La caspa aperta avrebbe dovuto mostrare partendo da sinistra il Giudizio, la Trinità e la Saettatura, le rimanenti tavole: Bastonatura, Madonna dell'Umiltà e deposizione erano invece poste sul fronte della cassa. Secondo questa ricostruzione quindi i tre dipinti a sfondo rosso si sarebbero resi visibili solo all'apertura dell'oggetto.

Un ulteriore studio invece, propone le diverse tavole collocate su due ordini, rispettivamente in gruppi da tre, la struttura posta sopra delle colonnine avrebbe funzionato come armadio porta reliquie, si è pensato infatti ad un particolare meccanismo che rendeva possibile il ribaltamento delle tre scene nell'ordine superiore, al fine di mostrare una sorta di rientranza contenenti le reliquie del santo. La struttura una volta chiusa quindi esponeva tutte le tavolette a sfondo oro, mentre aperta quelle a sfondo rosso[1].

L'incertezza nell'identificare l'esatta forma dell'opera porta anche a dei dubbi sulla sua effettiva collocazione in Duomo, i posti più probabili sono la sacrestia e l’altare laterale di San Sebastiano. La collocazione nella sacrestia sembrerebbe la più probabile se consideriamo la funzione di deposito che quest'a opera d'arte aveva nei confronti delle reliquie, ma fonti dirette riportano l'esistenza di una pala d'altare[2] dedicato a San Sebastiano, possiamo quindi pensare ad una doppia funzione dell'oggetto come pala e porta reliquie, anche se non abbiamo nessuna descrizione dell'oggetto in fonti certe.

Quello che emerge da queste ricostruzioni è la possibilità dell'uso dell'opera o in determinate festività o ricorrenze, in cui l'esposizione delle preziose reliquie era fondamentale per la narrazione religiosa, oppure ad un contenitore prezioso destinato alla visione di pochi nei locali riservati al clero del Duomo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d G. R. Scarpa, Nicoletto Semitecolo nel Duomo di Padova, in Dipinti veneti: Collezione Luciano Sorlini, ed. R. Polacco, Carzago di Calvagese della Riviera, 2000, p. 388..
  2. ^ a b Quaderno di Sagrestia,1534, Padova, Archivio Biblioteca Capitolare, f.14..
  3. ^ G.B. Rossetti, Descrizione delle Pitture Sculture, Architetture di Padova, 1776, p.136..
  4. ^ P. Brandolese, Pitture, Sculture architetture.., Padova, 1795, pp.135-136..
  5. ^ C. Bellinati, Le tavolette del Semitecolo(1367) nella pinacoteca dei Canonici di Padova, in "Atti e memorie dell'Accademia Patavina.." anno 1991-1992 pp.139-145, Padova 1991-1992..

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Elston, Pain, Plague, and Power in Niccolò Semitecolo's Reliquary Cupboard for Padua Cathedral, Gesta, Vol. 51, No. 2, September 2012, pp. 111-127
  • A. Elston, Storing Sanctity: Sacristy Reliquary Cupboards in Late Medieval and Renaissance Italy, Dissertation, University of Kansas, Lawrence, 2011, pp. 73–158
  • C. Bellinati, Le tavolette del Semitecolo (1367) nella Pinacoteca dei Canonici di Padova, Atti e memorie dell’Accademia Patavina di Scienze, Lettere ed Arti, 104, 1991–92, pp.142–45
  • C. Guarnieri, Una pala ribaltabile per l’esposizione delle reliquie: le storie di Santa Lucia di Jacobello del Fiore a Fermo, in Arte Veneta 73, 2016
  • E. S. Vavala, Semitecolo and Guariento, Art in America and Elsewhere, 22/1, 1933, pp. 2–3
  • G. R. Scarpa, Nicoletto Semitecolo nel Duomo di Padova, in Dipinti veneti: Collezione Luciano Sorlini, ed. R. Polacco, Carzago di Calvagese della Riviera, 2000, p. 388
  • S. Bettini, L. Coletti, Contributo al Semitecolo, “Studi alla pittura del Trecento a Padova,” Rivista d’arte, 12, 1930, pp. 323–80