Pallanteo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Secondo la mitologia romana, e anche il poema virgiliano dell'Eneide, era la città fondata da Evandro re degli Arcadi sul colle Palatino[1]. Il suo nome le fu dato in onore del nonno Pallante[2].

La città riveste anche un'importanza che probabilmente esula da quella esclusivamente mitologica. Dal nome della città potrebbe infatti essere derivato lo stesso toponimo di Palatino. La coincidenza poi che le feste “Palilie” si celebrassero nella stessa data della fondazione di Roma può far pensare ad un'ipotesi di accordo e di spartizione del territorio tra la gente di Romolo, stanziata sul Germalo, l'altura settentrionale del Palatino, e quella di Evandro, stabilitasi sul Palatino vero e proprio, più a sud, riservando alla Velia, l'altura orientale, il ruolo forse di area cimiteriale, come i reperti archeologici lasciano supporre.

Dal libro IX dall'Eneide (184-199):[3]

«Nisus ait: 'Dine hunc ardorem mentibus addunt, Euryale, an sua cuique deus fit dira cupido? 185 aut pugnam aut aliquid iamdudum inuadere magnum mens agitat mihi, nec placida contenta quiete est. Cernis quae Rutulos habeat fiducia rerum: lumina rara micant, somno uinoque soluti procubuere, silent late loca. percipe porro 190 quid dubitem et quae nunc animo sententia surgat. Aenean acciri omnes, populusque patresque, exposcunt, mittique uiros qui certa reportent. Si tibi quae posco promittunt (nam mihi facti fama sat est), tumulo uideor reperire sub illo 195 posse uiam ad muros et moenia Pallantea.' obstipuit magno laudum percussus amore Euryalus, simul his ardentem adfatur amicum: 'Mene igitur socium summis adiungere rebus, Nise, fugis? Solum te in tanta pericula mittam?»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luigi Canina, L'architettura antica descritta e raccontata coi monumenti Tomo VII Sezione III, Architettura Romana, p.35, Vita e Pensiero Editore, 1834.
  2. ^ Dyonisius Halicarnasseus, Le antichità romane tradotto da Marco Mastrofini, p.126, Tipografia dei Fratelli Sonzogno, 1823.
  3. ^ Latin Library