Discussione:Umberto II di Savoia/Archivio I

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Umberto di Savoia non è mai stato re d'Italia!. Gli accordi sulla luogotenenza (1944) prevedevano che non avvenisse alcun cambiamento istituzionale fino al referendum del 1946. La decisione di Vittorio Emanuele III di abdicare il 5 maggio 1946, per appoggiare la causa monarchica al referendum, fu una violazione degli accordi precedenti. Non vi fu alcuna incoronazione e quindi Umberto di Savoia rimane luogotenente del regno fino al referendum pur facendosi chiamare re. Questo è un errore storico da correggere.--Madaki 16:43, Ott 16, 2004 (UTC)

Umberto fu Re d'Italia a tutti gli effetti, poiché l'atto di abdicazione del padre ne indicava - ovviamente - il successore, l'abdicazione era legittima e formalmente corretta. L'incoronazione è un atto formale, non sostanziale, privo di effetti sul regnum, bensì ad effetto declaratorio ex post (la sua funzione è di comunicare e presentare al popolo - o meglio al popolino - il nuovo monarca). La violazione di accordi con entità straniere è evidentemente ininfluente dinanzi ad un atto di rango costituzionale del sovrano che è legittimamente regnante nel proprio regno. Non vi è dunque alcun errore storico -- 151
Io mi limito a citare quanto indicato nell'enciclopedia in cd di cui dispongo (penso senza infrangere alcun copyright ...):
... [con il nome di Umberto II] assunse il titolo di re d'Italia dopo l'abdicazione del padre (9 maggio 1946), alla vigilia del referendum popolare che avrebbe decretato la vittoria della repubblica ... ecc. ecc.
Se non erro, Umberto di Savoia spesso viene nominato come il re di maggio o re per un mese. Nel caso venisse inserito nella categoria:sovrani italiani, credo si dovrebbe cambiare anche il titolo della pagina. - Twice25 / ri-cyclati / "Merry Xmas" Stella cometa 21:10, Dic 23, 2004 (UTC)

Esatto Twice, Umberto assunse il titolo ma senza averne in realtà il diritto in base ad accordi firmati non con "entità straniere", bensì con le forse politiche che in quel momento (1944) rappresentavano in qualche modo l'Italia ossia i partiti che facevano parte del CLN. Quindi Umberto violando quegli accordi, nel tentativo di infuenzare il risultato del referendum istituzionale, si rese responsabile di un atto non dissimile da una usurpazione in quanto assunse un titolo che si era impegnato a non ricoprire fino al referendum appunto.--Madaki 21:45, Dic 23, 2004 (UTC)

E questa è storia. E guarda caso, il testo che ho citato è - volutamente? - chiaro (fa un evidente riferimento al personaggio come Umberto II) e ambiguo ([assunse] il titolo di re ...) allo stesso tempo. In realtà, nell'articolo che abbiamo qui su Wiki, il tutto (quella concitata pagina di storia patria) mi sembra risolto (e candidamente affermo che non ho letto chi l'abbia scritto ...) un po' troppo sbrigativamente. Sovrano d'Italia (forse) Umberto di Savoia non lo sarà stato (anche se la fonte da me citata titola la scheda Umberto II di Savoia). Ma la storia del re di maggio o del re per un mese poteva anche essere riportata: qualsiasi documentario televisivo - mi risulta - ne fa menzione. Non mi dispiacerebbe approfondire la questione con una ricerca su ulteriori e differenti fonti: ma solo dopo le festività natalizie. - Twice25 / ri-cyclati / "Merry Xmas" Stella cometa 22:32, Dic 23, 2004 (UTC)
  • Sono sempre pienamente d'accordo a sviluppare maggiormente la pagina anche perchè non la trovo entusiasmante. Penso che si potrebbe riportare il succo di questa discussione. A dire il vero vi sono alcune altre parti dell'articolo che andrebbero rifatte come ad esempio quella in cui lo si presenta così aperto da "permettere" l'attività di forze politiche anche di tendenza repubblicana. Tenendo presente che mentre lui era al sicuro nel Sud Italia quelli di tendenze repubblicane rischiavano la pelle sulle montagne del Nord.... Comunque potremmo lavorarci effetivamente dopo le feste.--Madaki 22:51, Dic 23, 2004 (UTC)

Umberto II di Savoia[modifica wikitesto]

Scusate, ho effettuato uno spostamento di pagina senza aver letto prima che c'era una discussione in corso proprio su questo tema. Al di là del merito me ne scuso con tutti... Se volete rollbackate tutto senza pietà. Saluti. Bye. Retaggio 13:59, Gen 17, 2005 (UTC)

Nessun problema. Questa discussione è di fatto esaurita dopo che ci siamo sentiti Madaki ed io (quasi unici interlocutori qui in discussione). - :-) Twice25 (ri-cicciati - stai al passo, segui il flusso) Icona del wiki-love 22:54, Gen 24, 2005 (UTC)

Rimuovo la categoria perché l'unica cosa che si registra in argomento è che circolò questa voce e che Mussolini fece redigere al Bocchini (era il capo della polizia, si chiamava così) un bel dossier mai reso pubblico, e qui si fermano i fatti; al momento, quindi, l'ipotesi che Umberto fosse omosessuale vale l'ipotesi che non lo fosse. Inoltre, non si hanno motivi per sospettare che tale eventuale inclinazione possa aver sortito alcun effetto sulle cose per le quali gli si dedica una voce: basandosi su dicerie non provate, non trovo appropriato mettere etichette come questa.
Ciò che peraltro i sostenitori di questa tesi non citano mai, e un gorno mi piacerebbe sapere perché, è come mai nacque la diceria: uno dei suoi migliori amici era il duca di Modrone, Luchino Visconti. Ma nulla prova che non fosse solo un amico --Sn.txt 02:10, 20 nov 2005 (CET)[rispondi]

Abdicazione[modifica wikitesto]

S.M. Umberto II non ha mai abdicato al regno d'Italia ma è stato costretto a lasciare l'Italia e il suo trono. Non esiste documento che attesti che lui abbia abdicato in favore della Repubblica; di conseguenza il suo regno ha avuto fine soltanto il 18 marzo 1983, giorno della sua morte. --pin84 23:21, 15 feb 2006 (CET)[rispondi]


fughe e abdicazioni[modifica wikitesto]

Il signor Savoia Umberto non aveva bisogno di abdicare in quanto dopo il referendum era stato abrogata la monarchia pertanto non poteva abdicare da nulla in quanto non era più nulla per la Repubblica Italiana e non è stato costretto a lasciare l'italia ma bensì è scappato nel vero senso della parola credendo che questo epediente petesse far nascere una protesta popolare. Comunque sempre a termine di legge chiunquè puo ritenere (a fine decorativo ma senza valore legale) di titolarsi come vuole e quidi se tu reputi per tuo piacere personale che il signor Umberto è stato Re d'Italia fino al 1983 magari aggiungendo al titolo Imperatore d'Europa, sovrano delle due Americhe e dominatore dell'Ocenania sei liberissimo di farlo. Se invece vuoi dare una valenza storica a queste fantasie .... purtroppo mi dispiace disilluderti. --AleR 10:26, 24 apr 2006 (CEST)[rispondi]

Regno e abdicazione[modifica wikitesto]

Ciao, per tua informazione S.M. Umberto II di Savoia è salito al trono d'Italia immediatamente dopo l'abdicazione di suo padre S.M. Vittorio Emanuele III nel 1946, quando l'Italia era ancora una Monarchia. Il referendum del 2 giugno 1946, ancora molto contestato per le sue irregolarità, ha cambiato l'ordinamento dello stato italiano ma il Re non ha dato parere favorevole al referendum; costretto, ha dovuto lasciare l'Italia (questa è storia informati!!!), ma è rimasto Re in quanto tale anche se in esilio. Un Re finché non abdica o non muore rimane Re. La nostra differenza è sostanzialmente una: tu sei repubblicano e io sono monarchico, ma la storia è scritta dai vincitori e per capirla bisogna leggere tra le righe. Ciao. --pin84 00:12, 26 apr 2006 (CEST)[rispondi]


un po' di storia[modifica wikitesto]

Ciao, come ti ho detto chiunque può fregiarsi per prorio diletto di qualsiasi titolo nobiliare voglia se ti fà piacere elevare al rango di Imperatore Umberto di Savoia sei liberissimo. Il problema è il valore reale di questo titolo che mi spiace ma è innesistente in Italia, io non ti ho contestato il fatto che Umberto Di Savoia non abbia riconosciuto il risultato referendario, ma solo che la repubblica per esistere non ne richiedeva il suo benestare in quanto non ricopriva più nessuna carica istituzionale. Per quanto riguarda il fatto che abbia "dovuto" lasciare l'Italia cercherei se fossi in tè di studiare un pò di storia in quanto Umberto Di Savoia e scappato partendo da Ciampino con un aereo il 13 giugno 1946, lui stesso ammette la fuga (anche se indicata da lui più come una ritirata strategica) sul "proclama d'addio" pubblicato il giorno seguente da "Il giornale della sera" monarchico. Ulteriori informazioni le potri trovare su la "storia d'Italia" di Indro Montanelli (per sua stessa ammissione monarchico). Un conto è leggere la storia tra le righe un altra cosa è inventarsi la storia non conoscendola ciò che mi pare tu stia facendo. Per ultimo un mio pensiero da repubblicano... un re senza regno... non è un re.--AleR 15:19, 26 apr 2006 (CEST)[rispondi]


Salve. Da quello che so io, in linea teorica, Umberto II è rimasto re d'Italia fino alla sua morte, pur non avendo questo titolo alcun valore giuridico e istituzionale nel nostro Paese a partire dal 2 giugno 1946. Allo stesso modo una persona nobile nata dopo il 28 febbraio 1922 detiene teoricamente il proprio titolo, ma solo a livello familiare e negli ambienti aristocratici, ma non di fronte allo Stato italiano, davanti al quale è un semplice cittadino come tutti gli altri. Al di fuori di questo discorso, non vedo il problema con l'attuale scheda, in quanto per il periodo successivo al 2 giugno 1946 Umberto II è indicato come "Re Titolare D'Italia", definizione che mi sembra corretta e sufficiente a risolvere questa discussione sul fatto che sia rimasto o no re fino alla morte.--Sid-Vicious 02:44, 27 Apr 2006 (CEST)

avviso NPOV[modifica wikitesto]

Ho inserito l'avviso NPOV perché in Italia non esiste monarchia e quindi un re dal 1946 e su ciò c'è poco da discutere. Tittalpiù putrebbe esserci stato un pretendente, che però oggi non esiste. Quindi le schede (2 delle 3, anche in contraddizione tra loro) sono improntate in modo non NPOV. Ediedi 06:30, 9 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Ho fatto alcune piccole modifiche in senso non NPOV e tolto l'avviso. La voce è comunque ancora da verificare per quanto riguarda validità e NPOV di varie informazioni. Ediedi 13:22, 9 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Contestazione[modifica wikitesto]

Accetto la contestazione di tutti i titoli nobiliari spettanti ai membri di casa Savoia, ma non accetto che non si riconosca che Umberto II sino alla sua morte sia stato Capo di Casa Savoia!! La dicitura Re titolare d'Italia significa che essendo la casa che ha regnato in Italia durante la monarchia, spetta loro il trono di diritto se l'Italia ritornasse ad essere una monarchia. --pin84 01:00, 10 mag 2006 (CEST)[rispondi]

I titoli nobiliari non credo che possano essere contestati, sono un dato di fatto (oltretutto la Costituzione ne permette l'uso nel senso che i predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome), eventualmente ciò che può essere contestato è la pretesa del trono. Avevo cancellato la tabella perché posta in modo equivoco, ora con le modifiche credo che possa andare bene per tutti. Ediedi 11:18, 10 mag 2006 (CEST)[rispondi]


contesto la contestazione[modifica wikitesto]

ciao, dò assolutamente ragione a pin 84 per quanto riguarda il fatto che Umberto II sino al giorno della sua morte sia stato Capo di casa Savoia ma reputo inutile ( è un opinione ) indicare chi è a capo di una famiglia nei suoi successori e assolutamente non corretto l'indicazione di Re titolare d'Italia in quanto .... penso che sia la decima volta che lo ripeto ... senza stare ad addentrarci su referendum, leggi, ecc. i Savoia hanno giurato fedeltà alla repubblica e rinunciato a qualunque pretesa di titolo su di essa ora a meno di spergiuri loro non sono ne per legge ne per loro volere più pretendenti al titolo reale italiano. Mi sembra che la discussione si possa chiudere quì.--AleR 19:07, 25 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Re titolare[modifica wikitesto]

Anche se le LLAARR Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto hanno prestato giuramento di fedeltà alla costituzione italiana, SM Umberto II non l'ha mai fatto e di conseguenza nei suoi lunghi anni d'esilio è rimasto Re Titolare del trono italiano in quanto suo di diritto. --pin84 22:05, 25 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Allora siccome hanno prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica e rinuncia a titoli sullo stato italiano stai commettendo un abuso indicandoli con il suffisso LLAARR in quanto non lo sono e ogni volta che qualcuno li indica come tali rischia di farli passare per degli spergiuro. Su Umberto II ti posso dare ragione (ragione di forma più che di sostanza) ma ripeto l'argomento per quanto riguarda i suoi eredi è completamente chiuso.--AleR 08:37, 26 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Sigillo reale[modifica wikitesto]

Faccio notare che quanto riportato è falso. Il Sigillo Reale appartiene ad ogni sovrano (in qualsiasi dinastia) e cambia con il cambiare del Sovrano, non ha quindi alcun significato quanto riportato

bene, inserisci le informazioni corrette direttamente nella voce. --Jacopo (msg) 19:46, 14 lug 2006 (CEST)[rispondi]
Ciao, io non sono un esperto di sigilli reali però come scritto nella nota: la circostanza è stata confermata ultimamente da Maria Gabriella di Savoia in un'intervista al tg. Pensavo che almeno lei se ne intendesse... :) Cmq inserisci pure le informazioni che sono in tuo possesso e modifica quelle che ritieni sbagliate. Ciao, --Accurimbono 18:06, 15 lug 2006 (CEST)[rispondi]
Io non so pero' se e' vero andrebbe cambiare la voce al piu' presto. --pin84 12:01, 18 lug 2006 (CEST)[rispondi]

La dinastia e il capo di casa Savoia[modifica wikitesto]

Com'è noto, esiste una vicenda aperta in ordine all'attribuzione della qualifica di capo di Casa Savoia (le pagine relative a Vittorio Emanuele e ad Amedeo - e le relative pagine di disussione - ne riportano ampi riferimenti). In relazione a ciò, è giusto che il template relativo alla dinastia (Template:Casato di Savoia) vada oltre a Umberto II (contemplando una discendenza biologica che non è unanimemente condviso che coincida con la successione nella guida del Casato) o non sarebbe meglio fremarsi lì? Microsoikos 13:12, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]

Propongo di completare il template con entrambi i pretendenti al Titolo, che non è decaduto con la fine del Regno. --Elpìs 14:12, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]

Io propongo di lasciarlo cosi' la vicenda e' aperta e fin che non si arrivera' ad una soluzione la linea di successione diretta padre figlio mi sembra la piu' giusta. Comunque non per influenzare ma per vedere chiaro come siano stati possibili in questi giorni tutti questi cambiamenti dinastici leggerei il documento relativo ad una spiegazione di quello scritto sul proclama della sedicente condulta. --pin84 14:21, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]
Grazie Pinello. anche se ormai quel comunicato è notissimo (è stato più volte linkato in sede di discussione, e poi citato e linkato in tutte le voci riguardanti i membri di casa Savoia). Fra le tre soluzioni sopra ipotizzate (template bloccato a Umberto II, template con doppio "pretendente" o template invariato rispetto all'attuale) si può profilare anche una quarta soluzione: aggiungere una nota in calce alla "genealogia" per annotare la contestata "successione". Che ne dite? Microsoikos 15:13, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]
devo dire che la quarta soluzione potrebbe essere buona. Lo so che siamo stufi di leggere quel comunicato ma secondo me chiarisce la fasita' di quello di Amedeo. ciao --pin84 15:22, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]
Bene, vediamo se ci sono altre espressioni favorevoli (e soprattutto se nei prossimi giorni non ce ne sono di contrarie) e poi si potrebbe procedere a tale integrazione. Ciao da Microsoikos 15:24, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]

Anch'io sono d'accordo... Comunicati a parte :-)--Elpìs 15:56, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]

Per favore, per unificare il dibattito e arrivare a una conclusione sul punto, proseguiamo la discussione qui, grazie! Microsoikos 17:16, 20 lug 2006 (CEST)[rispondi]

In fondo alla voce ci sono due tabelle (con predecessori e successori) relative a due diversi aspetti del personaggio: Re d'Italia e Capo di Casa Savoia. Nel secondo caso c'era scritto Re titolare d'Italia Capo di Casa Savoia. Credo giusto eliminare il riferimento al Re "titolare": in realtà rappresenta un elemento di confusione. Re d'Italia Umberto II lo è stato fino al 1946 (e la prima tebella già contiene il dato) mentre Capo di Casa Savoia lo è stato fino alla morte (1983). E poi, il Re titolare d'Italia non c'è più (quindi non sono possibili successori) mentre il capo del Casato c'è (ancorchè oggi tale posizione sia rivendicata tra due contendenti). Microsoikos 09:41, 21 lug 2006 (CEST)[rispondi]


Sono d'accordo, non esiste nessun pretendente al trono in quanto non esiste trono e le stesse persone che "molto teoricamente" potevano richiedere delle rivalse hanno fatto giuramente di fedeltà alla repubblica e rinuncia per se e per i propri discendenti a pretese di titolazioni su di essa. --AleR 11:48, 21 lug 2006 (CEST)[rispondi]

Umberto II non ha mai riconosciuto la validità del referendum, e non avendo lui scritto la sua abdicazione al trono, fino alla morte è rimasto re d'Italia. Vi do ragione che potrebbe non piacere, però lui è stato eletto come capo dello stato e la sua carica poteva decadere solo o con la morte o con l'abdicazione. Io lascerei che il suo regno è finito nel 1946, ma sciverei anche che è rimasto un sovrano in esilio dal 1946 al 1983, è rimasto come sovrano, e non come turista, ex re e così via!!!

Ciao. --pin84 17:57, 23 lug 2006 (CEST)[rispondi]


Deve essere veramente una caratteristica italiana il fatto che non si vuole mai riconoscere una sconfitta basti vedere Berlusconi nelle ultime elezione ... lui non le ha perse.... le ha quasi vinte... anzi no in realtà le ha vinte solo che lo hanno imbrogliato. Umberto II ha fatto la stessa indentica cosa cè stato un referendum che sanciva la scelta del popolo fra Repubblica e monarchia non c'era (ti sfido a trovare una fonte storica che dica il contrario)nessun motivo perchè abdicasse in quanto dal nel momento che sono stati ufficializzati i risultati del voto la monarchia non esisteva più e quindi da cosa poteva abdicare. Si legge infatti sul foglio scritto dalla commissione procedurale referendaria e per la costituente presieduto dall'onorevole Giuseppe Romita che " nel caso che la prevalenza del voto indicasse la volontà di instaurare un regime Repubblicano avrebbe portato automaticamente all'instaurazione di un regime repubblicano transitorio durante il quale l'esercizio delle funzioni del Capo dello Stato spetta ope legis al Presidente del consiglio in carica... (..) in questo caso l'ex sovrano e la propria famiglia sarebbero stati posti a confino nel rispetto della volontà popolare"Il tutto avvallato dal consiglio dei ministri. Ulteriormete per farti rendere conto come non fosse assolutamente necessaria questa fantomatica abdicazione il 5 giugno alle 10,30 De Gasperi, Bartolotta e Giulio Andreotti si recarono al Quirinale a comunicare ufficilamente i risultati referendari e comunicando come si sarebbe dovuta svolgere la procedure di comunicazione ufficiale dell'esito referendario confermato dal responso della Corte di Cassazione e concordando che De Gasperi l'avrebbe scorta alla partenza. Umberto espresse il desiderio di rivolgere un messaggio d'addio al Paese e De Gasperi acconsenti. Poi in realtà Umberto II agì in maniera diversa contestando e partendo di nascosto, ma quello che ho scritto è un estratto delle registrazioni ufficiali. Il ri conteggio delle schede, i voti fasulli, l'abdicazione mancata ecc. ecc. sono espressioni di chi la pensava e pensa in maniera diversa e non si dà pace della propria sconfitta.--AleR 20:29, 23 lug 2006 (CEST)[rispondi]

io non ho mai perso perchè in quegli anni sono troppi lontani dalla mia nascita (84), capisco tutte le tue fonti, comunque ad ogni testo bisogna dare la lettura giusta. Da una parte si dice che scappò come un cane con la coda tra le gambe, dall'altra si dice che andò via per evitare la guerra civile. Diamo una soluzione al tutto e smettiamola con questo battibecco da suocere, la storia la fanno i vincitori e non i vinti, avanti la repubblica.

Battuta: sei tu sei comunista e repubblicano non te ne faccio una colpa della tua malattia ma povero zio Silvio gli hanno truccato le elezioni!!! (eheheh!!!). Con questo amici lo stesso e ricordati W il RE. Ciao, --pin84 20:52, 23 lug 2006 (CEST)[rispondi]

Esilio volontario[modifica wikitesto]

La prima parte dell'esilio di Umberto II è volontaria. Quindi ho corretto "costretto a lasciare l'Italia" da parte di Microsoikos. Il Re aveva annunciato precedentemente la sua intenzione di recarsi in esilio, se a prevalere fosse stata la repubblica. Senza attendere i risultati definitivi (che per motivi tecnici arrivarono dopo settimane) e in assenza di obblighi di legge il Re s'imbarcò per il Portogallo. La mia precedente definizione non riportava la mia opinione, ma descrive i fatti in modo imparziale. Gradirei discussione prima di altre modifiche.Avemundi 12:49, 24 set 2006 (CEST)[rispondi]

A me sembra tendenzioso descrivere Brindisi come una "fuga". Credo che l'argomento sia già stato trattato nella discussione della voce Vittorio Emanuele III. Modifico e come sempre invoco un intervento in discussione prima di modifiche "sensibili".Avemundi 00:30, 5 ott 2006 (CEST)[rispondi]

Beh, se ci tieni, usa pure un eufemismo.
La fuga di Vittorio Emanuele III dal peso delle proprie responsabilità rimane.
In questo caso, poi, sostenere che Umberto intendesse restare a difendere Roma dai nazifascisti, in contrapposizione alla fuga del padre e di Badoglio, non farebbe che mettere in buona luce il principe, che ha pagato di persona e per gran parte della sua vita gli errori del padre.
Quella di V.E. III non sarà stata una fuga, sarà stata una "ritirata strategica" (come usava dire nei bollettini di guerra per imbellettare i nostri rovesci militari), ma che non fosse quel che fu - una fuga - andrebbe spiegato ai discendenti delle decine di migliaia di soldati italiani caduti dall'8 settembre 1943 per mano dei nazifascisti. Ad essi non fu data nessuna possibilità non dico di fuggire, ma di affrontare degnamente dopo il vecchio, anche il nuovo nemico.
Per beffa della Storia, poi, l'unico episodio nel quale il Regio Esercito fu vittorioso contro i tedeschi nel settembre del 1943 - quando spazzò via le truppe corazzate del generale Fridolin von Senger un Utterlin (lo stesso che tenne il fronte di Cassino) dalla Corsica - è accuratamente nascosto dalla storiografia ufficiale per ossequio alle nuove alleanze e alla volontà francese di creare e coltivare la leggenda del primo Dipartimento "autoliberato".
Cosa sarebbe accaduto se l'Esercito avesse davvero provato a difendere Roma e se il "re soldato" - quello che secondo te "quotidianamente consumava il rancio della truppa" durante la Grande guerra - non avesse pensato solo a mettersi in salvo, contribuendo decisivamente a scrivere una pagina nera della nostra Storia, le cui conseguenze nefaste sono ancor oggi lungi dall'essere sanate e determinando anche tra gli ufficiali - largamente monarchici - del Regio esercito un moto di sconforto e di ribellione? --Piero Montesacro 10:31, 5 ott 2006 (CEST)[rispondi]

Continuo a credere che "fuga" sia un'opinione, più che un fatto. Molti tra gli ufficiali rimasero di convinzioni monarchiche e ciò non stupisce, perché proprio i consiglieri militari di Vittorio Emanuele gli consigliarono di partire da Roma. La notizia secondo la quale Vittorio Emanuele III consumava quotidianamente il rancio della truppa è frutto di testimonianze di quel tempo. Forse c'è differenza tra chi era costretto al rancio e chi prendeva quel rancio per scelta. Non mi pare che sia un aneddoto inverosimile dall'idea che mi sono fatto del carattere e dei sentimenti del Re e d'altra parte nessuno ha mai lodato Vittorio Emanuele III per essere un buongustaio. Mettere in salvo la persona del Re era un preciso obiettivo strategico (ricordi dov'era Bush dopo l'attacco alle Torri Gemelle?); alla tua interessante domanda non so rispondere (difficile ricostruire la storia formuando ipotesi come questa), direi che si sarebbero rischiosamente aperti scenari molto diversi fra loro. A Roma non toccò la sorte di Montecassino (o di Berlino) e se ci si chiede il perché, si fa un esercizio utile, a prescindere dalla risposta ("Felix qui potuit rerum cognoscere causas").Avemundi 01:18, 16 dic 2006 (CET)[rispondi]

Quella di Brindisi non fu affatto una fuga, by utente RiccardoP1983[modifica wikitesto]

Ecco i due possibili scenari:


1) Vittorio Emanuele III e Badoglio rimangono a Roma per difendere la Capitale dai tedeschi: Le forze armate tedesche sono numericamente ed equipaggiatamente superiori a quelle italiane (ed i tedeschi sono pure incazzati neri), e le armate italiane vengono sopraffatte. Vittorio Emanuele III (con l'intera Famiglia Reale) e Badoglio vengono catturati o uccisi dai tedeschi. Senza Sovrano e Governo, la città e l'Italia vengono affidate al controllo di qualche uomo di fiducia di Hitler (presumibilmente Kesselring). L'Italia, controllata totalmente dai nazisti, diventa una sorta di "seconda Germania", con tanto di campi di sterminio sparsi qua e là per la penisola.


2) Vittorio Emanuele III e Badoglio si trasferiscono a Brindisi:

Da subito, il Re ed il Governo riprendono le loro regolari funzioni, assicurando la continuità dello Stato. Il cosiddetto "Regno del Sud" è l'unico interlocutore legittimo e credibile in sede internazionale. Si assicura, con la legittima continuità dello Stato, un argine contro il controllo totale della penisola da parte dei tedeschi. Si sono contati indubbiamente meno morti.


Conclusioni.


Scenario 1: oggi avremmo statue di Vittorio Emanuele III e di Badoglio un po' in tutte le piazze come "martiri della Patria", ma la Patria stessa avrebbe dovuto pagare un prezzo altissimo di vite umane durante la totale dominazione nazista.

Scenario 2: Vittorio Emanuele III e Badoglio sono ingiustamente tacciati come codardi, ma lo Stato Italiano non ha mai cessato di esistere grazie al trasferimento a Brindisi, e l'Italia non si è mai trasformata in una fotocopia della Germania alla mercé dei nazisti.


La storia fatta con i se[modifica wikitesto]

molte volte viene da chiedersi se la gente legge storia o ne parla per sentito dire. Durante il bombardamento di Londra da parte dei tedeschi all'inizio della seconda guerra mondiale il loro re e la sua famiglia non ha mai lasciato la capitale nonostante per quanto ne sapessero la città stava per esseree completamente rasa al suolo e vi era una buona probabilità di un invasione imminente tedesca, questo per far capire i diversi stili di comportamento e non di fanta storia di alcuni. Se vogliamo metterla comunque come una ritirata strategica, si rammenta che questa di solito è supportata da ordini, cosa che il buon re d'Italia e i suoi accoliti si guardarono bene dal fare per evitare avvisaglie che ne compromettessero la fuga. Che il nostro esercitò rimase senza ordini e solo alcuni giorni dopo ricevettero confusionari avvisi è cosa storicamente provata. Vittorio Emanuele III e Badoglio non sono definibili come codardi perchè il termine è riduttivo per quello che hanno compiuto. Una cosa si può dire, che hanno sempre fatto ciò che meglio era per il proprio "casato", hanno messo al potere il fascismo che gli garantì il mantenimento della monarchia contro i motti repubblicani sempre più pressanti alla fine della prima guerra mondiale, hanno fatto cadere il fascismo quando hanno visto che non gli garantiva più nulla, sono scappati per salvarsi la pelle quando hanno visto la mal parata e anche finita la guerra Vittorio Emanuele III abidico in favore del figlio andando contro la legge che imponeva la momentanea sospensione dei passaggi di potere monarchici in vista del referendum del 2 giugno 1946, nell'estremo tentativo di salvare la monarchia sabauda. Codardi? ..... No, mi dispiace è un termine che li valorizza ... sono ben peggio.--AleR 15:50, 4 gen 2007 (CET)[rispondi]

Oggettività[modifica wikitesto]

Premesso che il sottoscritto è repubblicano, progressista... e quindi niente affatto filo-monarchico, credo che sia opportuno non fare alcuna "forzatura", tesa a peggiorare inutilmente ed oltre il dovuto l'immagine degli ex regnanti. Ho notato che è stata, ad esempio, soppressa una frase che così recitava: Nell'esilio di "Villa Italia", accoglie i molti connazionali giunti ad omaggiarlo. Perchè? La cancellazione sarebbe giustificata solo dall'eventuale falsità di detta affermazione. Superfluo poi il sottolineare poi che Umberto II fuggì con il padre (sostituendo il precedente passaggio seguì il padre), quando dal prosieguo della frase già era chiaro che di fuga si trattava. Comunque, ho lasciato immutate tali modifiche. Mi sono limitato a inserire "citazione necessaria" nel punto in cui si è modificato il passaggio sulla donazione della Sindone: se esiste la fonte, naturalmente, si cita e si toglie la "citazione necessaria". Microsoikos 16:52, 4 gen 2007 (CET)[rispondi]


Oggettività II[modifica wikitesto]

Ciao, allora mi scuso perchè effettivamente ho apportato delle modifiche senza giustificarne il motivo, vedo di rimediare immediatamente.

  • La cancellazione della frase Nell'esilio di "Villa Italia", accoglie i molti connazionali giunti ad omaggiarlo. è stata cancellata perchè non trovo alcuna fonte storica ove sia confermata, Oltretutto la cosi detta "Villa Italia" era in affitto alla ex monarca che vi abitò solo per un breve periodo e che da oltre 30 anni è in totale stato di abbandono e in via di demolizione. Queste sono tutte le notizie che ho trovato se si vuole comunque inserire un testo dove italiani filo-monarchici gli fecero visita all'estero lo si può inserire.
  • ho sostituito il "seguì" con il "fuggi" in quanto la frase non espletava correttamente (almeno secondo mè) quello che era l'accaddimento storico che si delineava. La frase se si vuole può essere comunque modificata con "seguì nella fuga". Le frasi precedenti indicano solo la volontà di Umberto a non seguire il re, ma non quale era la scelata del re.
  • La sindone non poteva essere donata in quanto era (è) di proprietà della Repubblica Italiana come stabilito dalla costituzione italiana Disposizioni Transitorie e Finali art. XIII - I beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati dallo Stato.--AleR 17:29, 4 gen 2007 (CET)[rispondi]


Comunque sia la proprietà in questo momento se la dovrebbero contendere la repubblica italiana e il Vaticano, ma non si è mai sentito che la repubblica la pretende in quanto sua (non è faciale mettersi contro la chiesa). Bisogna sempre vedere (io non so neanche dove guardare) se la Sindone non rietra nella lista dei beni restituiti negli anni '70 a Casa Savoia, se così fosse la donazione di Umberto II sarebbe valida al 100%.
Per le altre cose sono sempre i soliti battibecchi sui quali ci fissiamo da come minimo un anno, e non ho nessuna voglia di continuare a cercare di capire di che colore era il cavallo bianco di Napoleone!!
Per me Umberto II resterà sempre una gradissima persona, e anche se alcuni utenti di wiki vogliono far credere che tutto il male della II guerra mondiale derivi dai Savoia, li lascio scrivere perché come si dice dai noi nell'alessandrino, lavare la testa agli asini si perde tempo e sapone.
Senza offesa per nessuno. Ciao,--pinello 23:30, 4 gen 2007 (CET)[rispondi]

Non capisco perchè quando si cerca di intavolare una disccussione salta immediatamente fuori un personaggio come tale "Pinello" che ne spara qualcuna tanto per sparare poi offende le persone senza intenzione dice lui ma intanto lo fà. Siamo in una pagina di discussione, io parlavo dei beni avocati dallo stato Italiano ai Savoia, non è mai esistita nessuna restituzione di beni ne negli anni '70 ne in altro periodo, anche perche per far ciò si sarebbe dovuto modificare una parte della costituzione che ad oggi è tuttora valida. Se il "Pinello" vuole argomentare su questo io sono ben felice di sentire altre campane e di scoprire magari informazioni di cui ignoravo l'esistenza. Se però questo dialogo è rivolto ad offendere, sarò il primo a chiedere di prendere provvedimenti. --AleR 01:27, 5 gen 2007 (CET)[rispondi]

Donazione Sindone: si o no? ("simbolicamente" non significa nulla)[modifica wikitesto]

Sulla questione della Sindone: in effetti, la Costituzoone alla XIII disposizione transit. e fin. stabilisce che I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. La Sindone rientrava in tale definizione? Se si, è di proprietà dello Stato Italiano? In tal caso bisogna proprio eliminare la frase sulla donazione, perchè non potrebbe essere stata effettuata nemmeno simbolicamente. Sarebbe utile citare una fonte in proposito. Se poi la Repubblica Italiana l'abbia donata al Vaticano, francamente, non lo so. Sulle altre questioni che avevo sollevato: accetto le risposte - proposte di AleR. Microsoikos 19:27, 5 gen 2007 (CET)[rispondi]


forse sonostato un po' sboccato e quindi immediatamente censurato, giusto. Riproviamo con eloquio forbito.

Le tesi apportate dai precedenti signori sono fantasiose e degne di libri scritti dal comintern. La tregua istituzionale cui fanno riferimento i signori sopra fu rispettata per due anni soltanto dal Re mentre i ministri repubblicani di detta tregua facevano scempio. Se qualcuno legge le memorie di Romita se ne puo' accorgere. Non si capisce quindi perché solo il Re dovesse attenersi ad un patto. Affrontare un referendum in evidente condiione di svantaggio era da folli. Re Umberto fu Re dal 9 maggio del 1946 con pieno diritto stante l'abdicazione del Re Suo padre, sino al giorno della Sua morte non avendo mai abdicato e soprattutto non essendo mai stata proclamata la repubblica italiana. Anzi va detto che Re Umberto fu vittima di un colpo di stato che avvenne il 13 giugno da parte di De gasperi, Togliatti, Romita, Nenni, che in spregio al potere della magistratura esautorarono il re prima che corte di Cassazione si pronunciasse sulle migliaia di ricorsi etc etc. Questo solo per amore di verità. Cordiali saluti.

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Cari amici, in realtà, l'incoronazione di Umberto quale Re d'Italia, ebbe luogo a seguito di un'ennesima e clamorosa rottura della "tregua istituzionale" da parte del CLN, sostanziata dall'incriminazione (e dalla successiva condanna) della quasi totalità del Senato del Regno per la sua passata attività di fiacheggiamento del regime fascista. In ogni caso, nessuno, nemmeno all'epoca, mise mai in dubbio la piena legittimità dell'incoronazione (se mai, si disquisì circa la sua valenza di atto di "rottura", rispetto alla suddetta "tregua istituzionale", per altro, già ampiamente disattesa dai partiti del CLN), tant'è che in tutti gli atti legali emanati nel maggio-giugno 1946, ove richiesto, fu pacificamente riportata la prescritta mezione di "Umberto II Re d'Italia".

E' parzialmente inesatto il messaggio che precede, laddove afferma che la "Repubblica Italiana" non fu proclamata; più specificamente, il Decreto Luogotenenziale che indiceva il Referendum istituzionale espressamente prevedeva che la validità del relativo risultato sarebbe stata oggetto di delibazione da parte della prima sezione della Corte di Cassazione. A fronte di migliaia di ricorsi elettorali monarchici che dovevano essere vagliati la Corte di Cassazione dapprima si rifiutò decisamente di delibare i risultati provvisori a lei pervenuti; il Governo che, nel frattempo, già aveva proclamato la repubblica con quel "colpo di Stato" (tale in senso tecnico) giustamente menzionato nel precedente messaggio, tentò di costringerla a pronunziarsi: a quel punto, il Presidente della Prima sezione si dimise ed il Vice Presidente (Pagano), subentrato automaticamente in sua vece, con un espediente tutto italiano, anziché delibare circa la validità del referendum, se la cavò con una semplice "dichiarazione di scienza": " ... dal Ministero degli Interni, sono pervenuti i seguenti dati: .... ". Rimaneva ancora, tuttavia, il problema costituito dai ricorsi elettorali; la Prima sezione non si riunì più per lunghissimo tempo e, nel frattempo, l'Assemblea Costituente approvò l'art. 139 della vigente Costituzione che ne impedisce la revisione in senso monarchico (articolo questo che non ha precedenti in nessuna altra costituzione europea anteriore o successiva); a questo punto, un'eventuale decisione d'accoglimento dei ricorsi monarchici (che, per lo più, denunciavano irregolarità e brogli assai evidenti) si sarebbe rivelata "anticostituzionale" e, quindi, non se ne fece più nulla. Pertanto, appare congruo affermare come, sotto il profilo giuridico, la Repubblica Italiana si sia affermata attraverso una "instaurazione di fatto" e non secondo le procedure previste per una "instaurazione di diritto".

Un ultimo appunto, non è corretto affermare che Umberto "donò simbolicamente" la Sacra Sindone, giacché la XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione entrò in vigore pochi giorni dopo la morte di Vittorio Emanuele III, quando i tre quarti del suo patrimonio, quindi, in concordanza con le norme di diritto successorio, già erano passati in proprietà delle figlie femmine e, per tanto, solamente il quarto spettante all'unico figlio maschio Umberto poteva essere legittimamente reclamato dalla Repubblica Italiana in forza di quella disposizione costituzionale. Le sorelle donarono le loro quote di proprietà della Sacra Sindone al Re Umberto II, il quale ben poté "donare realmente" i tre quarti della veneranda reliquia.

Con i più cordiali saluti. --Rutilio Namaziano 02:53, 9 gen 2007 (CET)[rispondi]

Proprietà della Sindone[modifica wikitesto]

E' stata portata all'attenzione dell'utente Rutilio Namaziano informazioni di carattere legislativo dell'epoca per cui cè un punto interrogativo sulla reale proprietà da parte degli eredi della Sindone. Il caso è piuttosto complesso, riassumendolo si può dire che la Costituzione copreso l'articolo XIII in questione viene pubblicato il 1°gennaio 1948 mentre Vittorio Emanuele III muore il 28 dicembre 1947 il che secondo i legali dei Savoia questi avrebbero diritto all'eredità in quanto il decesso è avvenuto 81 ore prima della pubblicazione, daltro canto lo Stato Italino sostiene che la Costituzione fu promulgata il 27 dicembre 1947 38 ore prima della morte del ex re che pertanto avrebbe perduto i beni ereditabili. Il tutto se si vuole è una cosa di pura forma in quanto lo stato Italiano ha bloccato tutte le proprietà degli ex regnanti dando degli indennizzi di mera forma ai presunti eredi. La Sindone, la collezione di monete di Vittorio Emanuele (anche quella simbolicamente donata in quanto nessun Savoia avrebbe potuto più metterci mano) sono tuttora in cassette di sicurezza dello stato italiano. Qualche mese fà è ritornata alla cronaca questa storia pe quanto riguarda il tesoro della corona Italiana, conservato presso la Banca d'Italia sempre in cassetta di sicurezza. Non si è mai nemmeno parlato di restituzione in quanto lo stato Italiano non ha mai nemmeno contemplato (nonostante le insistenze deglie eredi Savoia) la restituzion di tale Tesoro, infatti il discorso era più rilegato a se creare un apposito museo a Torino per l'esposizione di questi pezzi o l'integrazione in una struttura già esistente.--AleR 01:10, 14 gen 2007 (CET)[rispondi]

Grazie, AleR, per il tuo contributo. Sulla questione specifica della Sindone, poichè la Costituzione stabilisce che "i beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati dallo Stato", è scarsamente rilevante il fatto che - al momento dell'entrata i vigore della Costituzione stessa - essa (Sindone) fosse di Vittorio Emanuele (poichè ancora in vita) oppure di Umberto (poichè erede dell'ex re appena defunto): in ogni caso la Sindone sarebbe stata avocata dallo Stato e quindi non più nella disponibilità dei Savoia. Rimangono aperti allora i quesiti che avevo sopra proposto e che per comodità ripeto di seguito. La Sindone rientrava nella definizione dei beni data dalla Costituzione? Se si, è di proprietà dello Stato Italiano, direi. In tal caso bisogna decisamente eliminare la frase sulla donazione, perchè non avrebbe potuto essere stata effettuata dai Savoia nemmeno simbolicamente. Sarebbe utile citare una fonte in proposito (mi riferisco a tale "donazione simbolica". Se poi la Repubblica Italiana l'abbia donata al Vaticano, francamente, non lo so.Microsoikos 10:52, 14 gen 2007 (CET)[rispondi]

Una sola breve precisazione: la XVIII disposizione transitoria della Costituzione esplicitamente recita: "La presente Costituzione è promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell'Assemblea Costituente, e entra in vigore il 1° gennaio 1948", da ciò incontrovertibilmente deducendosi la legale impossibilità della Costituzione medesima a produrre alcun effetto giuridico per il periodo precedente; in questo senso il necessario indennizzo per l'espropriazione dei beni a parte del patrimonio personale ricadenti nella quota ereditaria delle figlie di Vittorio Emanuele III che, altrimenti, non avrebbe potuto aver alcuna ragione giuridica d'essere, in quanto sine titulo. Ciò posto, al momento dell'entrata in vigore della Costituzione, la Sacra Sindone non era di proprietà di Umberto, ma in accordo con le disposizioni di diritto successorio allora vigenti, era, per la quota di tre quarti, di proprietà delle di lui sorelle, alle quali la disposizione transitoria XIII non si poteva evidentemente applicare; non risulta, inoltre, che lo Stato italiano abbia mai esperito, nel tempo utile previsto dalla Legge, alcuna azione in ordine alla rivendicazione della proprietà del quarto della reliquia che gli sarebbe spettato. Differente la natura giuridica dei gioielli della Corona, la cui pertinenza, più che al patrimonio personale del Sovrano era per lo più ascritta dalla dottrina giuridica alla dotazione della Corona e, quindi, allo Stato. Con i più cordiali saluti, --Rutilio Namaziano 16:12, 14 gen 2007 (CET)[rispondi]

Ho trovato l'elenco delle proprietà in possesso ancora a Vittorio Emanuela III di Savoia al momento della sua morte, come si può vedere fra di esse non compare la Sindone che invece era insieme al Tesoro del Regno D'Italia passato direttamente a Umberto II nel momento della sua investitura a regnante. L'elenco è questo :

  • Villa Savoia sita sulla Salaria in Roma.
  • Due tenute nell'Agro Romano il localitò Castelporzio - Tenuta Capocotta - Tenuta Campo Bufalaro
  • Castello di Pollenzo
  • Ville di Valdieri in provincia di Cuneo
  • Il Castello di Sarre provincia di Aosta più 5 ettari di terreno
  • Parte della collezione di monete personale inerente la casa Savoia


Tutti questi beni vennero come ho prima accennato stimati in maniera da rendere il loro valore ridicolo e le cifre stabilite vennero fatte pervenire agli eredi. Per quanto riguarda la collezione di monete considerata una delle più importanti al mondo venne donata esclusa la parte inerente alla famiglia Savoia al Popolo Italiano prima di partire per l'esilio in egitto. Nel 1980 Umberto II regalò la parte ancora in suo possesso donatagli dal padre all'Italia, unificando nuovamente la collezione originaria.--AleR 12:04, 15 gen 2007 (CET)[rispondi]

Bene, un passo avanti nella discussione è stato fatto; quanto meno, si è giunti ad ammettere (come ben dovrebbe conoscere qualsiasi studente di Diritto Costituzionale o di Istituzioni di Diritto Pubblico appena un poco diligente) che i tre quarti del patrimonio personale di Vittorio Emanuele III non potevano essere oggetto della XIII disp. trans. Cost. (poco importa, in questo senso, la valutazione sostanzialmente truffaldina dei beni che vi ricadevano perpetrata dalla Repubblica). Ciò posto, non saprei davvero dire da dove venga la lista dei beni di pertinenza (che, comunque, a occhio e croce, mi parrebbe sostanzialmente corretta) del patrimonio privato in questione, ma, come appare più che evidente, si tratta di un compendio dei soli beni immobili, nonché di una parte di una universalità di beni mobili (di cui, come ciascun sa, dispone l'art. 816 c.c., e la cui disciplina - ai sensi dell'art. 1156, 1160, 1170, etc. c.c. - appare analoga, per molti versi, a quella riservata ai beni immobili); ovviamente, se in quell'elenco fossero dovuti comparire anche solo i principali fra i realtivi beni mobili, il corrispondente computo avrebbe occupato numerosissime pagine. Oltre tutto, costituisce fatto noto come gli inventari dei compendi ereditari escludano (come può arguirsi anche dall'art. 775 c.p.c. ult. comma) gli oggetti insucettibili di valutazione venale quale è, ad esempio, anche la Sacra Sindone, il cui, pur rilevantissimo, valore riveste una natura esclusivamente spirituale e non già materiale. Fra l'altro, in ragione della sua natura religiosa di reliquia, il sacro manufatto non è stato mai considerato bene pertinenziale della Corona (e, quindi, dello Stato), ma un bene privato della Casa di Savoia: nel proposito, non esistono in dottrina opinioni dissenzienti. La Sacra Sindone, ad opera di Re Simeone di Bulgaria - esecutore testamentario di Umberto II - fu donata alla Chiesa (che già l'aveva in custodia) che accettò ringraziando; questi i fatti.


A prescindere da questo, leggendo le discussioni relative a questa ed altre voci, se pure mi riesce di comprendere lo spirito di parte (e, se del caso, addirittura la faziosità), quello che non mi riesce assolutamente di capire (ma, sicuramente, è una mia mancanza) è l'ostinazione che qualcuno prodiga nel negare anche i più evidenti fra i dati di fatto; in questo senso, più sopra c'è stato addirittura chi ha sostenuto che ad Umberto II dovesse venire negata la qualifica di Re d'Italia, quando ciò - a prescindere dal, pur prevalente, dato giuridico-istituzionale - non gli fu mai disconosciuto, non dico dai comunisti nostrani, ma nemmeno dall'Unione Sovietica di Stalin ... Lasciamo pure correre i discorsi circa l'effettiva conoscenza, l'obiettività e l'equilibrio di giudizio che, evidentemente, non costituiscono più una moneta corrente, ma non credete che la negazione dell'evidenza più palese possa anche giungere a far mettere in serio dubbio la qualità delle effettive capacità intellettive del soggetto dichiarante? Con i più cordiali saluti, --Rutilio Namaziano 00:43, 16 gen 2007 (CET)[rispondi]


Tirando le somme...[modifica wikitesto]

Purtroppo non ho il tempo di leggere tutta questa discussione, lo farò con calma dei prossimi giorni. Ci terrei solamente a chiarire che ho voluto apportare alla voce alcune modifiche non marginali, in gran parte relative alla vita privata di Umberto II (che come quella di tutti merita discrezione e rispetto) e alle questioni giuridiche derivanti dall'applicazione della famigerata XIII disposizione transitoria della Costituzione (tutt'ora in vigore con l'eccezione del primo comma, quello relativo all'esilio, abrogato nel 2002). Nel 1960, il Cosiglio di Stato ha statuito in via definitiva sulla questione dei beni avocabili e non. In estrema sintesi, è stata posta una scriminante fra i beni entrati nella proprietà dei Savoia dopo l'Unità d'Italia, e quelli posseduti in precedenza (fra cui la Sindone). I primi sono avocabili (fatte le debite distinzioni), i secondi no. Ovviamente, stiamo parlando del quinto dei beni pervenuti a Umberto II all'apertura della successione di Vittorio Emanuele III, avvenuta prima dell'entrata in vigore della Costituzione (il punto è pacifico). Il 5 giugno 1946 i gioielli della Corona furono consegnati personalmente da Falcone Lucifero al Governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi, il quale: 1) li fece inventariare dal gioielliere Hausmann; 2) rilasciò una quietanza, con la clausola "da restituirsi a chi di diritto" (ossia gli eredi o gli aventi causa). Immagino che da quella data Lucifero, che era avvocato, avesse provveduto a significare ogni dieci anni per lettera raccomandata l'interruzione dei termini per l'usucapione abbreviata. Sulla proprietà effettiva dei gioielli, credo che la questione sia stata risolta nel senso indicato dal Consiglio di Stato. Infine, sul problema della durata del regno di Umberto II non ho ritenuto oppurtono proporre modifiche, anche per non ingenerare polemiche, ma in realtà egli è stato re a tutti gli effetti fino all'assunzione dei poteri da parte di Alcide De Gasperi, che per la Gazzetta Ufficiale sarebbe avvenuta... il 18 giugno 1946!, ossia il giorno della proclamazione dei risultati del referendum da parte della cassazione (carta canta). In ogni modo, Umberto II è stato senza alcun dubbio re d'Italia fino al 13 giugno 1946, anche se a partire dal 2 giugno si è volontariamente astenuto dal firmare decreti o altri provvedimenti non di carattere interno (l'ultimo atto ufficiale, a parte il famoso "regio viglietto" fatto pervenire a De Gasperi, è la firma del proclama del 13 giugno). E' soprattutto per questo che la storia dei "conti di Ciampino" è una leggenda metropolitana. Dopo il 2 giugno, Umberto smise (finalmente...) di concedere titoli e riconoscere patenti di nobiltà. Riprese ad accordare blasoni solo qualche anno dopo l'installazione in Portogallo (e sono titoli nobiliari, questi, che non hanno alcun valore legale, come anche le onoreficenze concesse in esilio). --Cambon 12:05, 19 mag 2007 (CEST)[rispondi]


Integrazioni e modifiche[modifica wikitesto]

  • Ho modificato la dicitura "trasferimeto" con "fuga" di Vittorio Emanuele III da Roma in quanto lo stesso Umberto II e i suoi discendeti definiscono in tal modo la decisione presa dal Re d'Italia e dal suo Primo ministro.
  • Sull' omosessualità di Umberto II vi sono dati storici e testimonianze che ne danno conferma - faccio riferimento all'autobiografia di Luchino Visconti come a testi più recenti quali la biografia di Umberto II di Lucio Lami.
  • L'integrazione sugli accadimente successivi al referendum del 2 giugno sono documentazioni riportate dai maggiori storici Italiani io ho preso a riferimento Montanelli, Giovanni Artieri, Romano Bracalini.

La cronologia degli eventi, l'estratto del documento del 12 giugno, sono tutti avvenimenti di indiscussa veridicità storica. Vi possono essere contestazioni su quale poteva essere il pensiero in realtà di questo o quel personaggio, ma non possiamo tralasciare quelli che furono i fatti. Invito pertanto prima di effettuare cancellazioni sommarie quali quelle applicate da RiccardoP1983 a discuterne prima nella apposita discussione.


--AleR 00:30, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Un omosessuale... con quattro figli[modifica wikitesto]

Propongo di:

  • utilizzare il termine "trasferimento", molto più asettico e imparziale del termine "fuga";
  • scrivere "presunta omosessualità" nella voce, poiché Umberto II aveva ben quattro figli.
  • rendere rilevante che fu il Consiglio dei Ministri, con un gesto unilaterale ad arbitrario, a compiere un atto illegale proclamando la Repubblica il 12 giugno 1946, senza attendere il responso della Corte di Cassazione del successivo 18 giugno, e che non fu Umberto II ad aver assunto un atteggiamento atto a creare tensioni all'interno del paese (come si può leggere qui).

--RiccardoP1983 (scrivimi ) 00:57, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Ricordiamo che, nel meridione, profondamente monarchico, era stato inviato un contingente di partigiani filo-comunisti con l'ordine di sopprimere ogni rivolta. Le avvisaglie c'erano e sarebbero potute sfociare in una guerra civile. La partenza in esilio volontario del Re fu l'unica cosa che impedì una nuova strage italiana, rendendo Umberto II l'unico, vero, eroe di quegli anni! --Enricus IX 12:45, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Risposta immediata[modifica wikitesto]

  • il termine "gitarelle in meridione" è ancora più asettico ma corrisponde ad un faso storico, la "fuga" del Re e della famiglia reale è un fatto storico riconosciuto non capisco quindi perchè bisogna nasconderlo dietro parole asettiche.
  • Umberto II non sarebbe certo il primo omossessuale che ha figli, nel testo non si parla di impossibilità a procreare ma bensì sulle tendenze sessuali. Comunque vedrò di ampliare questa voce con un capitolo appossito su questo tema. La documentazione sulla "Stellassa" come veniva soprannominato Umberto II dagli ufficiali con cui aveva avuto relazioni sessuali è amplia.
  • Il Consiglio dei ministri si è attenuto alla legge, questo è storico, il 10 giugno alle ore 18.00 sono stati proclamati i risultati delle elezioni dalla Corte di cassazione che si riservava di emettere in un altra adunanza il giudizio definitivo sulle contestazioni, proteste ,reclami presentati agli uffici delle singole sezioni a quelle centrali e circostrizionali. (il testo riportato è quello originale emesso dalla Corte di cassazione. La Corte di cassazione non dava date per l'adunanza annunciata.

A questo punto per legge Umberto II avrebbe dovuto rimettere "l'incarico" di Capo dello Stato e aspettare i risultati dei ricorsi che erano stati presentati ma non lo fece. La condotta di Umberto II portò a grandissimi tensioni fra la gente tanto da dover spingere il governo ad applicare la Legge senza l'approvazione del Re (che non era richiesta ma auspicabile per un passaggio di potere sereno). Si arriva quindi al documento del 12 giugno che è quello inserito nel testo. Questi sono i passaggi temporali e legislativi che si sono svolti, le congetture che si possono fare su questi fatti sono tante ma rimangono congetture. Su chi abbia assunto un atteggiamenti atto a creare tensioni ognuno si crei la propria opinione ma sui fatti storici, non su altre opinioni tendenziose.--AleR 01:44, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Ho letto il link che hai riportato a sostegno della tua tesi, non potrai non darmi atto che è di una faziosità assoluta. Non mi sembra molto al di sopra delle parti un autore che conclude il suo articolo con " ecco la bandiera italiana prima di essere mutilata dello stemma sabaudo".--AleR 01:51, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Controrisposta[modifica wikitesto]

  • Gitarella in meridione?? Adesso non prendiamoci in giro. Fu "trasferimento".
  • Umberto II non lo abbiamo mai conosciuto personalmente, quindi, per il fatto che era sposato e aveva ben quattro figli, possiamo solo "presumere" la sua omosessualità.
  • Il Consiglio dei Ministri non si è attenuto alla legge, poiché la legge stessa precisava che era compito della Corte di Cassazione annunciare i risultati definitivi del referendum istituzionale. Il 10 giugno alle ore 18:00 la Cassazione lesse i risultati così come il Ministero degli Interni glieli aveva passati, ma si riservò di analizzare le accuse di brogli e di emettere i risultati definitivi il successivo 18 giugno (tanto che la seduta del 10 si concluse fra la delusione generale, poiché non era stato annunciato alcun vincitore). Umberto II avrebbe dovuto cedere i propri poteri a De Gasperi solo se la Cassazione, il 18 giugno, avesse decretato la vittoria della Repubblica. Fino al 18 tutti dovevano aspettare (cosa che il Quirinale giustamente fece, il Governo no). Circa il link: faziosità? No, sinceramente narra solo le cose come sono andate. PS: ho chiesto la protezione della pagina. --RiccardoP1983 (scrivimi ) 02:02, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Protezione della pagina[modifica wikitesto]

Poiché avete continuato a rollbackarvi vicendevolmente generando una edit war, ho protetto due settimane la voce dopo il terzo rollback di RiccardoP1983. se volete collaborare costruttivamente sul contenuto della voce potete discuterne su questa pagina. grazie per l'attenzione e buon lavoro. --valepert 02:12, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Cerchiamo di ragionare[modifica wikitesto]

Uno indubbiamente può avere sue opinioni ma non può imporle a tutti come verità assoluta, RiccadoP1983 è un momarchico convinto ( e non cè nulla di male ognuno ha le sue idee) ma non è ammissibile che imponga le sue idee a tutti modificando anche ciò che è storicamente accertato. Faccio notare che i suoi interventi drastici nelle pagine inerenti alla monarchia hanno provocato la protezione già di due pagine. Cerchiamo di imparere a discutere, AleR aveva chiesto raffronto cerchiamo di seguire questa strada.--Senofonte 02:23, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Semmai è il contrario! Io sono noto per le mie lunghissime ponderazioni nelle pagine di discussione. Era AleR che imponeva la sua versione, continuando a rollbackarmi silenziosamente, non certo io.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 02:32, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


????? penso che tu stia scherzando, stavo vedendo la cronologia, gli hai praticamente cancellato tutto quello che a scritto (questo si chiama rollback a casa mia) senza addurre motivazioni lui giustamente a ripristinato gli scritti e ha cercato il dialogo e tu ha nuovamente cancellato tutto il suo scritto rispndendogli sommariamente....... alla faccia della ponderazione e della dipplomazia ;)--Senofonte 02:38, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Scusate se non vivo 24 ore su 24 attaccato al computer. Le motivazioni alle mie modifiche sono scritte qui sopra, e le altre spiegazioni sarebbero state aggiunte se AleR non avesse iniziato a rollbackare un lavoro che, ovviamente, non era perfetto in quanto non era ancora finito. --RiccardoP1983 (scrivimi ) 02:41, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Da modificare[modifica wikitesto]

Il consiglio di stato proclama i risultati del referendum il giorno 10 giugno alle 18.00 e non il 9 modifica da effettuare.--AleR 02:52, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

La fuga fu una fuga[modifica wikitesto]

RiccardoP1983, Non nascondiamoci dietro un dito. C'era una evidente edit-war a suon di rollback e su questo i log parlano chiaro, senza possibilità di smentita, per cui il blocco della voce era dovuto ed è stato correttamente applicato. Sin qui sul metodo. Nel merito, è inaccettabile censurare la corretta definizione della fuga del re, perché di questo si tratta e non di altro, fuga dovuta al concretissimo pericolo - ormai acclarato - di cadere prigioniero dei nazisti, grazie all'ignavia degli alleati, che avrebbero potuto facilmente impadronirsi della penisola sino almeno a Firenze e non lo fecero. Se proprio si vuole attenuare l'onta della fuga - posto che si possa di fronte al sangue di migliaia di innocenti ed a distruzioni immani inflitte al nostro Paese e che sarebbero potute essere risparmiate - si chiarisca bene questa circostanza e si legga fino in fondo la condizione miserabile e senza scampo nella quale l'Italia si trovava grazie alla folle idea di entrare in guerra, avallata dal re. --Piero Montesacro 02:57, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Ovvio che il blocco è giusto, l'ho chiesto io il blocco della pagina. E' noto, inoltre, che senza la "fuga" l'Italia avrebbe contato molti più morti, in quanto sarebbe totalmente caduta (senza un re ed un governo) nelle mani dei tedeschi, che l'avrebbero resa una fotocopia della Germania nazista. Inoltre, è altrettanto noto che Vittorio Emanuele III era personalmente contrario all'entrata in guerra dell'Italia. Comunque, continuo a ritenere il termine "trasferimento" più asettico, corretto ed idoneo, giacché "fuga" può essere solo interpretato come un mero atto di codardia.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 03:01, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Il re era tanto contrario all'entrata in guerra che la consentì, laddove, oltretutto, numerose erano le personalità - anche all'interno del fascismo - che vi si opponevano, per non parlare degli alti gradi di Esercito e Marina (soprattutto la Marina), contrari alla guerra e fedelissimi al re, per cui prevengo la tua possibile obiezione che il re, poveretto, fosse "isolato" e che sarebbe stato "costretto" a consentire una scelta tanto sciagurata. Né vale citare pretesti di ordine costituzionale e similia, giacché, quando venne il momento (secondo lui), il re non esitò a far arrestare Mussolini con l'inganno e in casa sua, a villa Savoia poi Ada, suscitando, se ben ricordo l'indignazione della regina per la "caduta di stile" (sic!).

Quanto alla caduta nelle mani dei tedeschi, se il re e Badoglio non fossero fuggiti quando si era ormai in zona cesarini, ben cinque giorni dopo la firma effettiva dell'armistizio, ebbene ciò fu dovuto al convergere di due insiemi di fattori (cui accenno di seguito) e ciò non toglie il carattere di fuga della fuga: non a caso, poche ore dopo la fuga, centinaia di soldati italiani e di romani, abbandonati a sé stessi ed ignari degli sporchi giochi di potere fatti sulle loro teste - cadevano vittime del fuoco nazista nella vana difesa di Roma.

Quel che portò il re alla necessità urgente di fuggire fu, da un lato, il mercanteggiamento venato di megalomania (viste le condizioni in cui si trovava l'Italia) di Badoglio e del re sino all'ultimo minuto per cercare di ottenere il massimo dagli alleati dopo l'arresto di Mussolini (che si dimenticarono sul Gran Sasso mentre erano intenti a fuggire, sebbene passando proprio di fianco) e, dall'altro, l'ignavia colpevole degli alleati, impegnati a propria volta a cercare di imporre il proprio prestigio gli uni gli altri, anche a costo di rinunciare - come facilmente avrebbero potuto - a far un solo boccone dell'Italia sino a quella che fu poi la Linea Gotica, sottoponendo così i propri uomini e milioni di civili italiani ai rigori e alla furia di altri venti mesi di guerra guerreggiata, e il nostro Paese a distruzioni immani.

Tutto ciò non ha proprio nulla di "asettico" e ritengo non solo appropriato, ma doveroso chiamare la fuga per quello che fu, una fuga. Gli errori si pagano, e quello del re, prima con l'entrata in guerra e poi con l'8 settembre è un errore che non è possibile cancellare dalla Storia per motivi "estetici". --Piero Montesacro 03:34, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Sì, è arcinoto che Vittorio Emanuele III fosse personalmente contrario all'entrata in guerra dell'Italia. Il Re, in quanto capo costituzionale dello stato, appone solamente la propria firma alla dichiarazione di guerra, ma la dichiarazione stessa non viene presa da lui, che, personalmente, era contrario. Continuo, leggendo, ad essere convinto che il termine "fuga" sia scorretto, giacché solo il trasferimento del Re a Brindisi permise che l'Italia non si annientasse sotto la totale dominazione nazista, e solo il trasferimento a Brindisi, provvidenziale, permise di gettare il primo seme del nuovo Stato democratico ed antifascista.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 05:21, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]
Non sto dicendo - e non ho detto - fosse favorevole. Anche a me risulta fosse, come dici tu, "personalmente contrario". Come una schiera di altri "italiani che contano", del resto. E di quelli che possono rendere realistica la possibilità di opposizione a una scelta tanto scellerata, e che già allora si profilava come tale (spero non vorrai dirmi che il re e i vertici di Esercito e Marina non erano certo avversi alla guerra perché pacifisti), ancor più a loro - che erano bene informati - che al popolo italiano.
Ma la reale opposizione non ci fu. E il re firmò. Questo è il fatto storico rilevante, denso di catastrofiche conseguenze (anche per il re, ma tu non te ne dai per inteso e pretendi non se ne dia neanche la Storia!), al di là delle postume e proclamte buone intenzioni, delle quali, come è arcinoto, sono lastricate le vie dell'inferno.
Sulla necessità costituzionale, ti faccio notare, ti avevo prevenuto, ti prego di rileggermi, questa giustificazione appare non voglio dire patetica, ma almeno deboluccia di fronte alla disinvoltura dimostrata più tardi, quando il re arrestò con l'inganno Mussolini. La forma è importante, ma i fatti lo sono ancora di più.
Quanto alla teoria di parte e piuttosto ardita secondo la quale la fuga del re avrebbe prevenuto la totale dominazione nazista sull'Italia - che fu piuttosto impedita dagli alleati e dal sangue degli italiani che vi si opposero in armi - ciò non toglie che pur sempre di fuga si trattò, anche nelle modalità. Che poi tu voglia cambiare la sostanza di un evento in base alle sue conseguenze, questo fa parte del campo delle tue convinzioni personali e delle costruzioni a posteriori. Tanto fu una fuga con l'acqua alla gola e disorganizzata (altro che real trasferimento!) che la povera Mafalda fu dimenticata indietro, e sappiamo quale tragica fine le toccò. Infine, e a voler essere generosi nel paragone, anche quella del terzo Orazio fu una fuga e come tale fu descritta, a dispetto delle conseguenze e con l'importante conseguenzadifferenza che l'Orazio rischiò in prima persona, mentre Pippetto se ne guardò sempre molto bene (e fregandosene persino del destino della figlia pur di salvare la pelle, per non parlare di quello del popolo italiano). --Piero Montesacro 09:26, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Le parole hanno tutte un loro preciso significato se il Re è fuggito lasciando senza ordini e allo sbando il proprio paese e il suo esercito non si può decidere di stravolgere la storia per proprie convinzioni ideologiche. Gli Storici e la stessa famiglia Savoia riconoscono in "fuga" l'azione protratta da Vittorio Emanuele III e da Badoglio, lo stesso Umberto II nel libro intervista di Giovanni Artieri "Umberto II il re gentiluomo. Colloqui sulla fine della monarchia" definisce con parole "fuga" e "un gravissimo errore di cui lui già allora era consapevole delle gravi conseguenze che avrebbe portato" l'azione protratta da suo padre e da Badoglio.

Sulla decisione di entrare in guerra Vittorio Emanuele III aveva espresso inizialmente un parere contrario come d'antronde gran parte del reggime ed è vero che era il Capo Costituzionale dello stato ma questa è una blanda scusa infatti allora era in vigore lo Statuto Albertino che dava molti più poteri al Capo dello Stato di quelli che dà la nostra attuale Costituzione. Vittorio Emanuele se era tanto contrario alla guerra avrebbe potuto addirittura destituire Mussolini in qualsiasi momentento, come peraltro fece nel 1922 con il presidente del consiglio Luigi Facta che si dimise prima che il Re lo destituisse e poteva nominare Primo Ministro chi voleva cosa che fece con Benito Mussolini, ma si guardò bene da fare. Sempre secondo lo Statuto Albertino il Re aveva il potere di "sanzione" delle leggi e delle decisioni del governo (ben diverso dall'attuale promulgazione prevista dall'attuale costituzione) ovvero poteva decidere di annullare completamente e senza possibilità di rinvio alle camere leggi e decisioni del governo in carica, in parole povere se lui diceva nò alla guerra questa non poteva essere dichiarata. --AleR 10:04, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

  • Mi accontenterei di capire da RiccardoP1983 in che modo il "trasferimento del re e corte" abbia impedito che l'Italia fosse totalmente caduta (senza un re ed un governo) nelle mani dei tedeschi, che l'avrebbero resa una fotocopia della Germania nazista.. Per caso ritiene che senza la presenza del re al sud un contrattacco tedesco avrebbe posto in ritirata, ben oltre il bagnasciuga le truppe alleate? E cosa era la RSI se non una fotocopia della Germania nazista?--Bramfab Parlami 10:42, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]
Concordo pienamente con Bramfab. --Piero Montesacro 12:55, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]
  • Aggiungo un piccolo fatto: in un intervista della fine degli anni Settanta, Umberto II dichiarava che egli stesso non avrebbe voluto che il padre lasciasse Roma in quel preciso momento in quanto questo fatto avrebbe potuto essere interpretato male, soprattutto da quella popolazione dell'Italia che poi, al 2 giugno, votò la repubblica. E' sempre Umberto II a precisare che lui stesso era rimasto a Roma in qualità di Luogotenente, ma aveva caldamente invitato i ministri del regno a seguire il Re a Brindisi, in quanto solo in questo modo si sarebbe potuto salvare lo stato. Effettivamente, e questo lo si evince dai dati storici e dalle testimonianze scritte e orali, è risaputo che i nazisti, soprattutto dopo il pericolo della caduta del regime fascista, avessero annusato il pericolo di aver perso se non altro un alleato e di conseguenza, non potendo retrocedere, avessero ovviamente intenzione di adoperare un colpo di stato in Italia, e l'obbiettivo giusto per un "ricatto" poteva essere il Re, non tanto per la persona, quanto per la figura politica, che avrebbe sicuramente dovuto accettare una nuova dittatura, ma di stampo nazista questa volta. D'altro canto è vero che la fuga del Re potrebbe sembrare molto simile alle analoghe compiute a Gaeta da Ferdinando IV di Borbone o da Pio IX, ma in questo caso parliamo di monarchi scacciati; Vittorio Emanuele III di fatti non era stato scacciato dal suo stato ed in quel momento era ancora Re d'Italia ed aveva intenzione di mantenere la propria carica: questo può essere uno dei motivi che lo hanno spinto a trarre a se i rappresentanti del governo. Leopold 13:17, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Ora cominciamo a parlare di giustificazioni a posteriori su di un determinato avvenimento storico. Umberto II nel libro intervista di Giovanni Artieri "Umberto II il re gentiluomo. Colloqui sulla fine della monarchia" definisce con parole "fuga" e "un gravissimo errore di cui lui già allora era consapevole delle gravi conseguenze che avrebbe portato" l'azione protratta da suo padre e da Badoglio. Voglio ricordare che durante i bombardamenti della "Battaglia d'Inglilterra" il Re d'Inghilterra Giorgio VI è remasto saldo al suo posto rifiutati di abbandonare Londra per resiste al nemico insieme al suo popolo. Vittorio Emanuele III non solo è scappato precipitosamente ma si è guardato bene anche di lasciare ordini all'esercito nella paura che i tedeschi intuendo le sue intenzioni potessero ostacolargli la fuga.--AleR 13:58, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Atteggiamenti atti a creare gravi tensioni da parte di Umberto II[modifica wikitesto]

Mi sfuggono questi atteggiamenti…

  • Forse il fatto che il 31 maggio a Genova, dichiarò che in caso di vittoria della monarchia, s’impegnava a riproporre agli elettori la scelta istituzionale quando la costituente avesse terminato i lavori. E’ questo l’atteggiamento atto a creare gravi tensioni, visto che poteva rappresentare un anno d’incertezza sulla forma dello stato?
  • O che avesse già dichiarato che avrebbe lasciato il paese in caso di sconfitta?
  • O che vista l’ufficializzazione dei risultati da parte della Cassazione, ma non la loro proclamazione, Umberto II propose una delega temporanea per ufficializzare il passaggio dei poteri?
  • O forse l’avere definito l’attribuzione di poteri da parte di De Gasperi un gesto rivoluzionario? Sta di fatto che il 9 giugno la Corte di Cassazione lesse sì i risultati, ma rinviò la formale proclamazione dei risultati al 18 (cosa che dovrebbe essere immediatamente corretta nella voce, aldilà degli aspetti relativi agli atteggiamenti atti a creare tensioni). Quindi per una mera questione formale il gesto di De Gasperi era “rivoluzionario”^^ (Spiego nel dettaglio di seguito)


  • Il 10 pomeriggio doveva avvenire la proclamazione dei risultati da parte della Corte di Cassazione.
  • Ma tra il 5 ed il 9 le cose si andarono complicando con i ricorsi:
    • Oltre alla questione del voto di Istria Trieste e Bolzano (da consultare in un secondo momento) e dei prigionieri di guerra, l’aspetto più significativo era il ricorso sul quorum se andava conteggiato sul numero di votanti o sul numero di voti validi, del 7 giugno.
  • Quindi il 10 giugno il presidente Pagano legge i risultati, ma rinvia ad altra seduta:
    • decisione contestazioni.
    • dati sui votanti
    • E, soprattutto, la proclamazione stessa di risultati.
  • A questo punto con i risultati ufficializzati, ma non formalmente proclamati De Gasperi, dopo consultazione, si recò al Quirinale per far presente che, a giudizio dell’esecutivo, la semplice ufficializzazione dei risultati comportava il passaggio dei poteri.
    • Ritenendo che non venisse rispettato il ruolo della Cassazione, Umberto II propose una delega temporanea.
    • L’idea della delega venne respinta dai membri dell’esecutivo.
    • Non riuscendo De Gasperi a trovare una soluzione alternativa alla delega, la situazione è quella di stallo istituzionale.
  • In questo stallo per il governo:
    • O si aspettava il 18 giugno per l’assunzione formale, con i rischi che comportava dal punto di vista politico e d’immagine relativamente alla ricorso sul “quorum” e quindi maggioranza della Repubblica relativamente al numero di votanti (con schede bianche o nulle) (un 50,8% secondo Mola), o ancor di più per i rinvii che sarebbero potuti esserci.
    • Oppure si assumevano i poteri, di fatto già avvenuto, ma che mancava comunque il sigillo della formalità.
  • Fu così che il 13 giugno ore 00:30 De Gasperi avocava alla presidenza del governo i poteri del Capo dello Stato. Esautorando il re, ma non potendo formalmente dichiarare decadere la monarchia, aspetto che rimaneva, formalmente alla Cassazione. E fu così che Umberto II partiva volontariamente per l’esilio. Di fatto la repubblica era già sancita, anche se mancava l’aspetto formale della proclamazione dei risultati. Aspetto che venne sancito dal proclama il proclama in cui definiva “Gesto Rivoluzionario” il cambio istituzionale fatto senza attendere la proclamazione.Tra l’altro Andreotti, allora sottosegretario alla presidenza, racconta che il proclama fu fatto ricevere a De Gasperi prima che fosse diffuso. Questo per consentire a De Gasperi di approntare possibili repliche, ovvero Un periodo che fu senza dignità si conclude con una pagina indegna.
  • Il 18 giugno si riunì la Corte per la proclamazione del risultato. Il fatto che l’esecutivo avesse già attribuito i poteri a De Gasperi e che il Re fosse già all’estero avevano reso irrilevante ogni successiva contestazione (in particolare quella su cosa s’intendesse per il numero di votanti, che per quella volta divennero “il numero di coloro che avevano espresso un voto valido” (Il sogno nascoto di Pannella & Co.)).
  • E proprio dal 18 giugno la Gazzetta Ufficiale divenne della Repubblica Italiana. Non prima.

Un passaggio tra Monarchia e Repubblica avvenuto “trascurando” diversi aspetti formali. Quindi la frase “aumentare le tensioni” su Umberto II mi sembra del tutto fuori luogo. Fu proprio il suo defilarsi (contestato all’epoca anche dai Monarchici più convinti) a consentire un passaggio indolore alla Repubblica, dopo che erano state saltate alcune tappe formali. In quest’ottica vanno visti il proclama e la relativa risposta di De Gasperi. Allo stesso modo dalla parte avversa non bisogna insistere troppo sul colpo di mano di quest’ultimo nell’attribuirsi i poteri, senza aspettare la Cassazione. Troppo tempo in una situazione di stallo sarebbe stato un rischio per il paese. Cosa che leggendo la minuziosa cronologia degli eventi appare evidenti che avevano compreso entrambi.

Non so come finirà la questione sulla definizione di “Atteggiamenti atti a creare gravi tensioni”, anche perché rimane l’aspetto dell’abdicazione e della presunta violazione della Tregua Istituzionale, che se è pur vero scatenò molte polemiche, alla fine venne fatto passare da De gasperi come un semplice avvicendamento influente dal punto di vista del calendario ormai fisato. Comunque invito a correggere la frase relativamente al 9 giugno in: Il 10 giugno alle 18:00 la Corte di cassazione da lettura dei risultati del referendum, rimandando ad altra data la proclamazione ufficiale degli stessi ed il giudizio definitivo su contestazioni, proteste e recleami. --Il palazzo ^Posta Aerea^ 14:44, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Nota bibliografica: Aldo Ricci, Viminale contro Quirinale, in Storia in rete N°8 giugno 2006 Aldo Mola, Declino e crollo della monarchia in Italia, Mondadori

Un po' di ordine[modifica wikitesto]

Su questa enciclopedia si discute sempre (e tantissimo) di enciclopedicità e di stile corretto ed equidistante nella scrittura delle voci. Adesso assisto alle tante polemiche sul capitolo che riguarda Umberto II di Savocia.
La prima domanda sarebbe, quale enciclopedicità soddisferebbe l'aggiunta di una riga su una presunta omosessualità del Re? A che serve? Quale informazione enciclopedica fornirebbe al lettore? Non saprei proprio dire. Spiegatemelo.

Sulla fuga/trasferimento è da oltre mezzo secolo che ci sono due partiti differenti e opposti, sostenitori dell'una o dell'altra visione. Sapete benissimo tutti che in poche righe e in perfetto italiano enciclopedico (quello più corretto in queste pagine), basterebbe scrivere una frase che comprenda le due "etichette" citando le due diverse versioni di storici e liberi pensatori.

Infine sulle tensioni che il Re avrebbe innescato appena dopo il referendum, o l'azione rivoluzionaria dell'Esecutivo di allora. Nulla di male se la prima considerazione viene correttamente citata come fatta proprio dall'Esecutivo in carica e se la seconda acquista paternità nell'ambiente monarchico. Per essere corretti ed enciclopedici, basterebbe "dare a Cesare quel che è di Cesare", o meglio, citare azioni e considerazioni senza dimenticarne gli autori. Se autori non ci sono e se sono solo proprie considerazioni, bisogna cancellarle da un'enciclopedia. Ve lo dico da giornalista che pratica questo lavoro dal 1990.

Altrimenti dobbiamo dare spazio alle tante illazioni/favole in materia. Come il fatto che Umberto II a Cascais tornava a casa ogni sera con un marinaio diverso. Oppure che il Re emanò il decreto con lo statuto speciale della Regione Sicilia gabbando gli americani che volevano impadronirsi dell'Isola facendone un altro dei loro stati (beh, forse ce la saremmo cavata meglio con il dollaro sin dagli anni 40). O ancora, di come il risultato del referendum fosse stato deciso dagli statunitensi per togliere di mezzo una monarchia che non volevano alla guida dell'Italia. O si mette tutto, comprese le cosiddette voci di corridoio, i sentito dire, oppure ci si attiene ai fatti certificati e ai loro autori.

Una linea editoriale di Wikipedia c'è. Basta seguirla fino in fondo. Se esistono due versioni/visioni date da storici su un singolo fatto (fuga o trasferimento), bisogna metterle entrambe. Non si sfugge da questo semplice schema. Sottolineo tutto questo precisando che non sono, nella maniera più assoluta, un estimatore dei Savoia. Il mio personale giudizio storico li stigmatizza altamente. --Peppe64 22:57, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]


  • La Storia si scrive secondo le convenzioni e le convizioni contemporanee, che danno rilievo, piaccia o no, anche alle notizie relative alle preferenze sessuali dei personaggi storici. Può non piacere, ma nella storiografia e nella saggistica degli ultimi decenni riferimenti ed addirittura opere intere dedicate alla sessualità dei personaggi storici sono frequenti e sono ormai considerate normali. Non si vede quindi come questa enciclopedia possa dichiararle irrilevanti e non enciclopediche.
  • La tesi del trasferimento è minoritaria a dir poco ed è certamente di parte (monarchica a occhio e croce). Viceversa, quella della fuga non solo è trasversale (dall'estrema sinistra all'estrema destra) e assai diffusa e referenziata, ma è anche sostenuta da diversi documenti che appare un pochino difficile smentire e che vengono per questo semplicemente ignorati dalla parte avversa. In queste condizioni si deve senza indugio dare spazio alla versione prevalente nella storiografia e casomai riferire a margine che esiste una interpretazione diversa, dandone conto, certo, ma senza farla divenire prevalente e soprattutto senza mancare di indicare che essa è, quale è, minoritaria e meno documentata.
  • D'accordo nella sostanza sul problema delle tensioni, e vale anche quanto detto al punto precedente, ovviamente citando riferimenti e fonti a sostegno delle diverse tesi qui e lì.
  • Nessun dubbio che non bisogni dare spazio alle favole. Ma a nessuna, neanche a quelle filomonarchiche. A margine, c'è da dubitare che ce la saremmo sicuramente cavata meglio con il dollaro dagli anni '40, ma questo è un altro discorso.
  • La linea editoriale di Wikipedia è, direi, costituita dalla somma di "Cita le fonti" + "GFDL" + "NPOV", ma questa somma rappresenta la perfezione che, come si sa, non è di questo mondo... E questa voce, come tutte, è lungi dall'esser perfetta. E allora, buon lavoro a tutti! :-) --Piero Montesacro 23:24, 1 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Il proclama del 13 maggio 1946[modifica wikitesto]

"La speranza di Umberto II è di aumentare ulteriormente le tensioni all'interno del paese illudendosi di poter tornare sul trono in seguito ad una rivolta popolare". Assolutamente no. Lo scopo era esattamente i contrario: Umberto II lascia l'Italia anzitempo, anche perché la sua presenza dopo la decisione del consiglio dei ministri avrebbe potuto ingenerare ulteriori manifestazioni filomonarchiche al Sud, con il rischio di episodi simili se non più gravi di quello di Napoli. Brogli o non brogli, i risultati del referendum avevano dimostrato che il Paese era spaccato in due, e non ci dimentichiamo che al Nord i partigiani comunisti erano ancora armati fino ai denti. Oltretutto, nello stesso proclama Umberto II scioglie l'esercito (e quindi anche i carabinieri) dal "giuramento al Re", e questo avrebbe garantito al nuovo ordinamento repubblicano la piena affidbilità dell'Arma. --Cambon 12:27, 2 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Valgono anche per questa frase le considerazioni che ho fatto appena sopra, nella sezione precedente della discussione. Si documentino accuratamente le opposte versioni, affiancandole senza prendere posizione per l'una o l'altra (sempre che una delle due non sia p-alesemente maggioritaria e sostenuta da una dose notevole di fonti autorevoli e verificabili). --Piero Montesacro 12:38, 2 ago 2007 (CEST)[rispondi]
(conflittato) Concordo anch' io, credo che si auspicasse una rivolta popolare, da quanto fece mi sembra che fosse capace di valutare le situazioni ed una rivolta popolare che lo rimettesse sul trono era una una semplice utopia. Inizio' male il suo proclama, lamentandosi di scorrettezze probabilmente a causa e per quietare la corte dei miracoli e dei fedeli irriducibili entro cui volente o nolente doveva convivere. Osservo anche che sciolse dal giuramento tutti quanti, non solo i militare. E contro la monarchia non vi erano solo i partigiani comunisti, che paradossalmente favorirono la monarchia in quanto molti italiani al referendum votarono monarchia temendo l' arrivo del comunismo. Ma costoro chiaramente, in seguito alla tranquillita' del dopo referendum, mollarono definitivamente la monarchia facendo si' che ogni speranza monarchica di ritorno fosse vanificata.
In ogni caso, tornando a wiki, mi sembra

evidente, come ha scritto Montesacro, che in una voce cosi' complessa e discussa siano riportati, con i dovuti pesi, le diverse opinioni storiografiche e le fonti, che ora sono scarse, cosi' come nel complesso e' scarsa la voce. Mi stupisco, con tutti gli utenti che si interessano di monarchia che non vi sia una voce per Falcone Lucifero.--Bramfab Parlami 12:54, 2 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Ribadisco che con il proclama non si voleva scatenare alcuna rivolta popolare, tutt'altro, altrimenti il re sarebbe rimasto. Tra le ipotesi che la mattina del 13 giugno furono prese in considerazione al Quirinale, vi fu anche quella di sostituire Alcide de Gasperi con Pietro Badoglio. Ma Umberto tagliò corto e scelse di lasciare l'Italia. Partito il re, le manifestazioni monarchiche furono immediatamente. Quanto al PCI, Togliatti era senz'altro meno visceralmente antimonarchico degli azionisti, di Pietro Nenni e di Giuseppe Romita, e da ministro della Giustizia fece di tutto perché si arrivasse a una transizione "soft" da monarchia a repubblica, però era anche consapevole del clima arroventato che sperpeggiava tra la base del suo partito. Un'ultima parola sull'entourage di Umberto II: lo stesso Edgardo Sogno (che vi faceva parte) in un libro intervista lo giudicò "di basso profilo". E infatti, una volta in esilio Umberto congedò la sua ex-corte mantenendo vicino a sé il solo Lucifero. --Cambon 13:59, 2 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Infatti suggerisco, a chi e' esperto di questa parte di storia italica una voce sul ministro della real casa, che credo sia stato uno dei pochi onesti che non tento' di approfittare personalmente della situazione. Vi e' anche una frase, che non ricordo alla lettera, ma che lessi attribuita ad Umberto, come risposta ai solleciti monarchici ad attendere in Italia le verifiche e le conte e riconte dei voti referendari, la frase suona pressapoco cosi': una repubblica puo' vincere per un solo voto, una monarchia non puo'. Non ricordando la fonte non posso commentare sulla sua veridicita', tuttavia solitamente si mettono in bocca alle persone frasi coerenti col loro pensiero.--Bramfab Parlami 14:23, 2 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Innanzitutto mi scuso se intervengo solo adesso, ma ero in viaggio per lavoro. Circa la discussione qua sopra, è chiaro che Umberto II non mirava ad alimentare alcuna tensione, ma, anzi, la sua decisione di lasciare l'Italia fu motivata proprio dal fatto di scongiurare una guerra civile dopo l'azione arbitraria ed illegale del Governo De Gasperi compiuta nella notte fra il 12 e il 13 Giugno 1946. Il Re, infatti, alla domanda circa il perché non abdicasse nonostante fosse esule, nel 1976 dichiarò [1] [2]:

«Per rispondere a questa domanda devo ricordare, come ho fatto altre volte, il mio proclama del 13 giugno 1946 allorché lasciai il suolo della Patria per scongiurare agli italiani nuovi lutti e nuovi dolori, dato che, nella notte dal 12 al 13 giugno, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza. Ecco perché io ero pronto e sono stato sempre pronto a far decidere democraticamente la questione istituzionale dalla maggioranza del popolo italiano; ma non ho abdicato e non abdicherò. Mi pare evidente.»

Inoltre, alla domanda se rifarebbe lo stesso, ossia se partirebbe per evitare le tensione scatenate dai repubblicani, Umberto II rispose:

«Mi comporterei certamente come allora: di fronte al colpo di stato, alla violenza, al sopruso, agirei come ho agito, sacrificandomi per evitare danni e dolori al popolo italiano.»

Mi pare dunque chiaro che la partenza di Umberto II fu, come si suol dire, "pro bono pacis", ossia finalizzata alla concordia e alla distensione. Nonostante ciò, il Re fece comunque sentire la sua voce, denunciando pubblicamente (com'è giusto) l'illegalità che il Governo aveva commesso, non attendendo il responso finale della Corte di Cassazione fissato per il 18 giugno.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 20:02, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Scusa ma non potresti fornire qualche fonte un po' meno di parte e un po' più autorevole dal punto di vista storiografico che dica più o meno almeno in parte le stesse cose? Tali fonti non potrebbero che offrire un maggiore sostegno alle posizioni che illustri e sarebbero assai più adeguate a corredare la voce. --Piero Montesacro 20:27, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Più autorevole di Umberto II, che quei giorni del giugno '46 c'era personalmente, non saprei cosa trovare. Comunque provo a cercare qualcosa.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 20:49, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]
Non intendevo certo dire che le citazioni testuali di dichiarazioni di Umberto non siano autorevoli in quanto tali. Mi riferivo piuttosto al discorso che accompagna le dichiarazioni stesse e alla fonte che le riporta. Possibile che non vi sia nulla di meglio - dal punto di vista storiografico - delle fonti che hai citato prima? Spero di essermi spiegato meglio... :) Ciao e buon lavoro. --Piero Montesacro 21:53, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Il problema rimane che più di parte (e giustamente perchè perora la sua causa) di Umberto II non cè nessuno. --AleR 22:10, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Tra l'altro mi pare inesatto dire che, la notte fra il 12 e il 13 giugno, "la repubblica era sancita ma non proclamata". Il 10 giugno, infatti, la Corte di Cassazione aveva solo letto i risultati del referendum così come glieli aveva passati il Ministero degli Interni (sede del repubblicano Romita), dovendoli considerare buoni e veritieri sulla fiducia. Per questo motivo, la Cassazione si riservò di proclamare i risultati definitivi il successivo 18 giugno, in modo da poter fare tutte le verifiche del caso circa la veridicità dei risultati. Violando le decisioni della seduta della Cassazione del 10 giugno, De Gasperi considerò la seduta stessa come una proclamazione definitiva della vittoria repubblicana, inventò un "regime transitorio" non previsto da alcuna norma e si arrogò poteri che, fra il 12 e il 13 giugno, non gli spettavano, deponendo di fatti Umberto II. Nel pomeriggio del 13 il Re partì per evitare una guerra civile. La Corte di Cassazione doveva ancora esprimersi, ma ora chi avrebbe osato, a Repubblica ottenuta, rimettere in discussione la forma dello Stato? Partito il Re, nessun esame venne più fatto sulle 30.000 denunce di brogli elettorali. Durante la seduta della Corte di Cassazione del 18 giugno il presidente Giuseppe Pagano argomentò che Umberto II, nell'indire il referendum istituzionale, con le parole "maggioranza degli elettori votanti" aveva voluto intendere un'altra cosa, del tutto diversa, ossia "maggioranza dei voti validi". Umberto II, insomma, secondo Pagano o si era sbagliato, o si era espresso male. Naturalmente, l'ordinanza della Cassazione fu corredata da un'ampia motivazione. Ogni magistrato, specie a quel livello, è sempre in grado di dare una forma giuridica credibile a qualunque tesi venga deliberata, e così fu fatto anche in quel caso. Tutti sanno che i concetti di "elettori votanti" e di "voti validi" sono diversi ed inconfondibili. Come mai, allora, la Corte di Cassazione, fino ad allora scrupoloso baluardo della legalità, finì per avallare un "mostro giuridico" del genere? La risposta è semplice: questioni di ordine pubblico. Una soluzione "elegante", all'italiana, per legittimare un atto illegittimo, nella piena consapevolezza di compiere un'azione illegale. La miglior prova di ciò è rappresentata dalla Gazzetta Ufficiale, nella quale si diede atto che Alcide De Gasperi assumeva la carica di Capo Provvisorio dello Stato non dal 13 giugno (la notte del colpo di Stato), ma dal 18 giugno 1946.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 22:13, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]


"Colpo di stato", "Ministero degli Interni deviato", "Corte di Cassazione condizionata", questa è fantapolitica degna dei peggiori complottisti. --AleR 22:58, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]


Non ho mai usato i termini specifici "deviato" e "condizionata". Al mondo, comunque, non ci si deve mai stupire di nulla.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 23:02, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Beh, io meglio di come ho già fatto prima non credo di sapermi spiegare. Mi tocca davvero mettere questo:

Wikipedia non è un forum di discussione!
Consulta la pagina Esplorare Wikipedia o fai una ricerca direttamente sull'enciclopedia. Se hai una domanda da porre non riguardante il funzionamento di Wikipedia, chiedi all'Oracolo. Se non troverai una voce che appaghi la tua curiosità, prima o poi potresti contribuire scrivendola tu! Grazie.

ricordando ancora una volta che questa pagina serve per concordare argomenti e materiali per la voce, non per dibattiti di varia natura e molto meno per scambiarsi gentilezze... --Piero Montesacro 23:05, 3 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Comunque intanto la voce allo stato attuale va corretta specificando che Il 10 giugno alle 18:00 la Corte di cassazione da lettura dei risultati del referendum, rimandando ad altra data la proclamazione ufficiale degli stessi ed il giudizio definitivo su contestazioni, proteste e recleami. La distinzione tra lettura e proclamazione è un fatto che prescinde dalle interpretazioni di parte, e come tale andrebbe specificato --Il palazzo ^Posta Aerea^ 10:16, 4 ago 2007 (CEST)[rispondi]

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Si su questo punto sono d'accordo anche io --AleR 15:18, 4 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Solo per ricocordare che, da testimonianza resa a Giovanni Minoli ds Massimo Caprara all'epoca segretario particolare di Togliatti, quest'ultimo in qualità di guardasigilli poco prima del 10 giugno 1946 convocò il presidente Pagano, invitandolo a soprassedere dal proclamare i risultati nel corso dell'imminente seduta. E' difficile immaginare il perché, forse Togliatti voleva evitare un trapasso troppo brusco tra monarchia e repubblica (tant'è che qualche settimana dopo ebbe l'idea di fare il nome di un uomo del passato come De Nicola come capo provvisorio dello Stato). E così fu: il 10 giugno, Pagano si limitò da dare lettura dei risultati, senza proclamare un bel nulla. A stare alla testimonianza di Giulio Andreotti che quel giorno era accanto a De Gasperi nella Sala della Lupa di Montecitorio, la seduta fu "allucinante" (Visti da vicino 2 1984). Pagano non volle nemmeno incontrare il presidente del Consiglio, e De Gasperi dovette recarsi al Quirinale da solo, dove trovò un'accoglienza glaciale. Il resto è storia nota, tranne forse il particolare dell'invito a Villa Feltrinelli. Il 12 giugno, De Gasperi tramite Lucifero consigliò a Umberto di allontanarsi dal Quirinale e di rientrarvi solo il 18 giugno, giorno della proclamazione dei risultati del referendum. In serata, Umberto accompagnato dal generale Graziani e dall'autista si recò dunque a Villa Feltrinelli (oggi Barzini), che si trova sulla via Cassia a undici chilometri dal Quirinale. Colà fu raggiunto dalla notizia della decisione del Consiglio dei Ministri. Quindi si congedò dalla padrona di casa, e andò a dormire a casa dell'ing. Corrado Lignana, un amico del gen. Graziani che abitava non lontano dal Quirinale. Siccome dormì probabilmente vestito (nel cinegiornale girato a Ciampino ha il vestito spiegazzato e la barba lunga), è verosimile che inizialmente pensasse di trascorrere la notte in luogo diverso, dove avrebbe trovato senz'altro un pigiama e un rasoio personale. --Cambon 12:14, 4 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Attenzione alle modifiche agli interventi in pagina di discussione[modifica wikitesto]

Vorrei ricordare che gli interventi a modifica delle discussioni esistenti non seguono assolutamente le regole usate nelle voci (laddove è di regola modificare semplicemente quanto già scritto) e che vanno il più possibile evitati sia per preservare la cronologia (ossia la possibilità di seguire la discussione esattamente per come essa si è svolta), sia per evitare di rischiare di far suonare "strane" le risposte ottenute ad un proprio intervento modificandolo dopo che esso è già stato commentato da altri intervenuti. Raccomando pertanto, qui e altrove, di limitare al massimo le modifiche ai propri interventi, di effettuarle se proprio necessario contrassegnando la parte modificata con i tag <del></del> e soprattutto di non modificare mai, per nessuna ragione (salvo per evidenti vandalismi e simili) gli interventi altrui. Grazie. --Piero Montesacro 18:50, 6 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Forma[modifica wikitesto]

Credo che ormai si sia raggiunta un'intesa di massima sulla ricostruzione dei fatti del giugno 1946. A questo punto, sarebbe forse opportuno procedere alla suddivisione della voce in capitoli e - perché no? - magari portarla tutta all'indicativo presente. --Cambon 12:12, 19 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Indicativo presente no... Poiché tratta avvenimenti di sessant'anni fa, la forma verbale corretta è il passato remoto.--RiccardoP1983 (scrivimi ) 06:04, 20 ago 2007 (CEST)[rispondi]

D'accordo, allora direi di portarla tutta al passato remoto. --Cambon 08:33, 20 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Omosessualità di Umberto II[modifica wikitesto]

Poiché nessuno di noi è stato toccato nelle parti intime da Umberto II, la sua omosessualità possiamo solamente presumerla. Inoltre, egli non si è neanche mai dichiarato tale, al punto da categorizzare l'informazione come puro pettegolezzo antimonarchico. Propongo dunque di lasciare il termine "presunta omosessualità" anziché "omosessualità".--RiccardoP1983 (scrivimi ) 11:55, 20 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Parole sante, e infatti ho ritenuto opportuno eliminare il richiamo a un soprannome attribuito all'allora principe Umberto da un giornaletto del Nord all'epoca della Repubblica di Salò, di cui si era giustamente persa memoria. Colgo l'occasione per sottolineare che Luchino Visconti non è mai stato ufficiale, avendo prestato servizio militare come sottoufficiale di cavalleria. --Cambon 17:16, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Sono anchio giunto all'accordo sulla presunzione del fatto in questione , ma non capisco perchè l'elminazione sia del soprannome sia del riferimento Bibliografico a cui mi sono allacciato. Il libro di Lami Lucio (Giornalista e scrittore di fama) è una edizione del 2002 quindi facilmente fruibile ed è dotato a sua volta di una notevole bibliografia.--AleR 18:06, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Poiché in medio stat virtus, ho aggiunto la frase: "Tuttavia, anche a causa dell'uso che ne fece Mussolini per la propaganda della Repubblica di Salò, l'omosessualità di Umberto II appare come un semplice pettegolezzo antimonarchico".--RiccardoP1983 (scrivimi ) 18:20, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Va bene, effettuo solo un cambiamento sostituendo a "semplice pettegolezzo" il termine "azione diffamatoria". --AleR 19:20, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Con tutto il rispetto, Lami non è Denis Mack Smith o Giovanni Artieri. Quanto a "Stellassa", ricordo benissimo la prima pagina di quel giornaletto (mi sembra di Novara) che a fine 1943 aveva tirato fuori questo nomignolo (in un altro numero, Vittorio Emanuele III era "Papullo", Badoglio un'altra cosa, eccetera). In ogni modo, dubito molto che fosse in uso a corte... Vittorio Foa, che non è certo uno zelatore della monarchia e che ha frequentato Palazzo Reale a Torino all'epoca in cui era ufficiale, ne "Il cavallo e la torre" ha descritto Umberto di Savoia come uno svagato giovanotto che intratteneva i suoi amici ufficiali in lunghi quanto oziosi discorsi sull'araldica... Tutt'altro che un sinedrio di uranisti dediti a discettare sulle grazie di qualche muscoloso giovanotto, quindi. --Cambon 20:45, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Ho visto che sono state fatte altre modifiche, lascio a chi di dovere il compito di migliorare la forma (ad esempio, la repubblica che vince e la monarchia che si ferma, quasi che si trattasse di una gara di motocross...). Comunque, vedo che per un certo utente la sessualità di Umberto di Savoia costituisce proprio un'ossessione, ma mi domando che conseguenze possa aver avuto sugli eventi storici... --Cambon 12:08, 27 ago 2007 (CEST)[rispondi]

I "conti di Ciampino"[modifica wikitesto]

Forse sarebbe il caso di non enfatizzare certe leggende. A Ciampino, Umberto II non ha concesso titoli né chiesto rendiconti di alcun tipo. Dal 4 giugno 1944 al 1° giugno 1946 Umberto concesse o riconobbe circa cento titoli nobiliari. Tutti questi decreti furono controfirmati dal presidente del consiglio e quindi registrati dalla Corte dei conti, rispettando le procedure del diritto nobiliare vigente fino alla cessazione dell'istituto monarchico. Dopo la morte di Umberto II, qualcuno ha esibito delle "regie lettere patenti" (ossia dei chirografi, ovvero dei documenti autografi del re) datati prima del 2° giugno 1946, senza tuttavia essere in grado di supportarli con i decreti del presidente del consiglio, che era anche presidente della Consulta araldica. Esistono le tesi più disparate, secondo alcuni si tratterebbe di fogli firmati da Umberto "in bianco" e riempiti in un secondo tempo. In ogni modo, l'elenco dei titoli nobiliari concessi o riconosciuti secondo le debite forme è stato conservato per anni presso la Presidenza del Consiglio e si dovrebbe trovare attualmente presso l'Archivio di Stato. Quanto ai titoli concessi o riconosciuti a Cascais, con tutto il rispetto per Umberto II e per chi li ha ottenuti, essi lasciano il tempo che trovano... --Cambon 13:54, 27 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Vabbè, però, con il dubbio chiaramente espresso e con beneficio di inventario, è un aneddoto da tenere (c'è anche una nota - ref - al riguardo). --Microsoikos 22:58, 27 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Una parte da sistemare[modifica wikitesto]

Nel testo è scritto: "La notte tra il 12 giugno e il 13 giugno 1946, senza attendere il 18 giugno, data nella quale la Corte di cassazione avrebbe reso noti i risultati definitivi della consultazione referendaria, il Consiglio dei ministri, visti i gravi disordini di Napoli e stante l'impossibilità di un'intesa con Umberto II, proclamò l'instaurazione di un regime transitorio durante il quale l'esercizio delle funzioni di Capo dello stato spettava per legge al presidente del consiglio in carica Alcide De Gasperi". Tuttavia la spiegazione appare assai nebulosa. Sembra quasi che il Governo abbia proclamato la Repubblica per accontentare i napoletani, quando è noto che i manifestanti partenopei inneggiavano alla Monarchia (Napoli diede l'83% di voti per la Corona). Quando, ad urne chiuse, cominciarono a diffondersi notizie di brogli a danno della Monarchia soprattutto nel centro e nel nord, i napoletani, a partire dal 5 giugno, scesero in piazza invocando il Re. In questa, questa, questa e questa pagina ci sono le trascrizioni dei quotidiani di quel giugno 1946. Inoltre, dalla voce qui su Wiki non si capisce quale "intesa" fosse impossibile raggiungere con Umberto II: il governo doveva solo rispettare la legge e attendere il 18 giugno, come stava facendo il Quirinale.--RiccardoP1983 (scrivimi) 23:10, 27 ago 2007 (CEST)[rispondi]