Discussione:Revisionismo del Risorgimento/Stato delle finanze del Regno di Sardegna

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Stato delle finanze del Regno di Sardegna[modifica wikitesto]

Vari autori revisionisti appartenenti a diverse correnti, quali Nicola Zitara, socialista, e Angela Pellicciari, cattolica conservatrice, ritengono che tra i motivi che avrebbero spinto il Regno di Sardegna ad impegnarsi nell'avventura risorgimentale e l'Unità d'Italia ci sarebbe stata una grave crisi finanziaria.[1][2] Secondo questi autori, allora, l'Unità sarebbe stata un pretesto usato dal Regno di Sardegna per sistemare i propri conti statali, annettendo stati finanziariamente più solidi, tra i quali in particolare, secondo tali autori, il Regno delle Due Sicilie. A tal proposito, vengono spesso citati alcuni estratti di discorsi parlamentari di Cavour[3] e Pier Carlo Boggio[4] riguardanti lo stato delle finanze sabaude ed il fatto che il debito del Regno di Sardegna crebbe di quasi 900 milioni tra il 1848 ed il 1860.[5] Ad ulteriore supporto delle proprie tesi, tali autori ricordano il basso disavanzo nei conti[5] e l'elevata circolazione di moneta[6] del Regno delle Due Sicilie, sebbene quest'ultima nozione derivi dal fraintendimento di un passaggio di Francesco Saverio Nitti.

Il complottista Maurizio Blondet sostiene una tesi simile, affermando che il bilancio passivo dello stato sabaudo era imputabile alle diverse guerre espansionistiche, che sarebbero state intraprese per inserirsi nel gioco diplomatico internazionale.[7]


Qui vanno inseriti i commenti degli storici che sostengono che Cavour non avesse affatto intenzione di allungare il Regno fino a Napoli, e le offerte fatte a Ferdinando per una suddivisione territoriale della penisola.


Cavour, scrivendo a Vittorio Emanuele II il resoconto dell'incontro con Napoleone III a Plombiers gli comunicò:

«Dopo lunghe discussioni, di cui risparmio il resoconto a Vostra Maestà, ci siamo accordati press’a poco sulle basi seguenti, pur riconoscendole suscettibili di essere modificate dagli avvenimenti della guerra. La valle del Po, la Romagna e le Legazioni costituirebbero il Regno dell’Alta Italia sul quale regnerebbe la casa di Savoia. Il papa conserverebbe Roma e il territorio circostante. Il resto degli Stati del papa con la Toscana formerebbe il Regno dell’Italia Centrale. La circoscrizione territoriale del Regno di Napoli non sarebbe toccata. I quattro Stati italiani formerebbero una confederazione sul modello della Confederazione germanica, la cui presidenza sarebbe data al papa per consolarlo della perdita della parte migliore dei suoi Stati.»


Quando Filangeri divenne capo del governo napoletano Cavour inviò a Napoli il conte Ruggero Gabaleone di Salmour con la proposta di una Italia federalista di tre stati: Piemonte con le province degli stati dell'alta Italia, Stato della Chiesa ridotto territorialmente in quanto Umbria e Marche sarebbero state annesse al regno delle Due Sicilie. La proposta venne respinta da Francesco II, senza neppure completarne la lettura del documento descrivente la proposta non appena comprese che sarebbero stati ridotti i territori papali [9]

Critiche al revisionismo del Risorgimento[modifica wikitesto]

L'approccio revisionista al Risorgimento, essendo legato ad una posizione largamente minoritaria in storiografia, è stato nel corso degli anni oggetto di varie critiche da parte di esponenti del mondo accademico e giornalistico.

La situazione economica[modifica wikitesto]

Il revisionismo non tiene nella debita considerazione quanto affermano gli storici meridionali sulla effettiva situazione interna del Regno delle Due Sicilie e sulle condizioni di vita del popolo.

Qui andrebbero le fonti, già presenti, che parlano delle condizioni socio-economiche degli stati preunitari secondo gli storici ufficiali (Fortunato, Mack Smith...) in risposta ai paragrafi 3.1 e 3.1.1.

Riguardo alla situazione finanziaria degli stati preunitari ed in particolare del Regno di Sardegna e del Regno delle Due Sicilie, la storiografia ufficiale si tiene su posizioni sostanzialmente lontane da quelle avanzate dai revisionisti. Sebbene venga generalmente riconosciuta una maggiore rigorosità nella gestione dei conti pubblici al Regno delle Due Sicilie, questa viene altrettanto tipicamente attribuita ad una minore dinamicità economica. Secondo la studiosa di storia economica Vera Zamagni, il Regno di Sardegna aveva, dal punto di vista della finanza pubblica, la legislazione più avanzata tra tutti gli stati preunitari e, sebbene avesse il debito più alto, aveva anche le maggiori entrate fiscali con il più alto contributo fiscale per abitante di tutta la penisola.[10] Al contrario il Regno delle Due Sicilie aveva il più basso, con entrate fiscali ferme dagli anni '30 dell'800.[10]

  1. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore L'Unità d 1974, p.40
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Pellicciari 117
  3. ^ Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Massari, Raffaelo Biffoli (1863) Discorsi parlamentari, Volume 1, Primo discorso (2 luglio), pag. 479 e segg., Per gli eredi Botta, tip. della Camera dei deputati.
  4. ^ Pier Carlo Boggio, Fra un mese!, Tip. scol. di S. Franco, 1859.
  5. ^ a b Angela Pellicciari, Il sud era ricco prima di diventare Italia, su angelapellicciari.it. URL consultato il 6/5/2015 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2010).
  6. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore L'Unità d 1974, p.36
  7. ^ Maurizio Blondet, Senza verità, niente risorgimento, su effedieffe.com. URL consultato il 6/5/2015.
  8. ^ pp. 77-80., P.G. Camaiani, La rivoluzione moderata, Sei, Torino 1978
  9. ^ p 138-140 Arrigo Petacco, Il regno del Nord, Mondadori, 2009
  10. ^ a b Vera Zamagni, Bilancio e finanza pubblica, su treccani.it. URL consultato il 7/5/2015.