Discussione:Muftī

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Due cose:

  1. Ho trovato la voce muftì e stavo per redirigerla a questa ma per scrupolo ho cercato di controllare quale fosse la versione più corretta: secondo la Treccani è mufti però sotto scrive "muftì", secondo Hoepli è muftì e cita "mufti" come raro; lo stesso fa il mio Zingarelli cartaceo (anni '80). Quindi "mufti" o "muftì"?
  2. Si potrebbe includere una lista dei mufti di ogni paese in cui esista tale istituzione, possibilmente con il nome degli attuali detentori dell'ufficio (mi è venuto in mente leggendo qui). I mufti sono enciclopedici perché in pratica sono l'equivalente islamico dei patriarchi delle chiese ortodosse, quindi qualora si trovino informazioni sufficienti varrebbe la pena scrivere una voce su ognuno di loro e sulle singole autorità nazionali (es. Gran Mufti di Gerusalemme). Lucio Di Madaura (disputationes) 19:25, 3 feb 2010 (CET)[rispondi]

Due risposte:

  1. La parola araba, correttamente traslitterata, è muftī. Si tratta di una parola araba che finisce con una consonante quantitativamente lunga. I persiani e i turchi pronunciano le parole arabe che finiscano con una lunga come fossero accentate: muftì, Khomeynì, Khameneì, qadì (che in arabo sarebbe invece pronunciato qàdi), ʿAlì (che in arabo si pronuncia invece ʿÀli ). Fine del busillis.
  2. Non è possibile scrivere una lista dei mufti di ogni paese, perché sono numerosissimi. Ogni giurisperito può essere definito (e agisce) come un mufti se vi sia un quesito da dipanare circa la islamicità di un qualche comportamento. Avrebbe senso fare una lista in cui si elenchino i "Gran Mufti", carica statale attribuita al Mufti più importante, ma pochissimi paesi hanno conservato questa carica, in vigore invece in ogni città o regione di rilievo quando esisteva l'Impero ottomano.
Nulla invece i mufti hanno in comune con i Patriarchi. Intanto perché i Mufti non sono sacerdoti e poi perché essi non hanno alcuna competenza religiosa ma solo di giurisprudenza, anche se basata su un diritto impiantato fortemente sulla religione islamica (la shari'a). Essi hanno solo competenza nell'individuare, su richiesta di un giudice, se una data fattispecie giuridica sia prevista e trattata dal diritto islamico: leggere un fumetto in moschea è peccato? E se sì, quale pena prevede il Corano op la Sunna? Mettere il velo è un dovere? E se non lo si mette, qual è la sanzione? Tutto qua. --Cloj 22:14, 3 feb 2010 (CET)[rispondi]
Ma infatti parlavo di "autorità nazionali", tipo lui insomma. Poi lo so anch'io che non sono sacerdoti, ma tu m'insegni che la giurisprudenza ha una grande importanza nell'Islam e per questo dico che i Gran Mufti occupano la "nicchia ecologica" che nella cristianità ortodossa è occupata dai patriarchi. Lucio Di Madaura (disputationes) 00:32, 4 feb 2010 (CET)[rispondi]
Lo so che sapevi, ma bisogna stare attenti ad operare arditi accostamenti che poi la gente comune accoglie acriticamente. Tra l'altro il comparativismo storico mira a sottolineare le differenze tra istituzioni e categorie concettuali che sembrano similari. Inoltre la giurisprudenza islamica rimane, sì, un modello ispiratore ma, salvo nei paesi che hanno reintrodotto in tutto o in parte la shari'a, un Mufti non è altro che un giureconsulto. È eccessivo (a parer mio) assimilare Mufti a Patriarchi. I primi sono pedissequi e personalissimi interpreti della Legge islamica. I Patriarchi invece non possono interpretare un bel niente, perché questa funzione è prerogativa esclusiva della Chiesa docente, di cui essi fanno beninteso parte, ma in modo collettivo, non individuale come i Mufti. Senza considerare che il responso del Mufti (a meno che non sia stato richiesto da un giudice appartenente al suo stesso madhhab) non è vincolante. Per questo si ha il caso di fatwa del tutto contrapposte emesse da diversi Mufti, tutti ugualmente autorevoli (ma anche no). È il recente caso dello Shaykh dell'Azhar sul velo femminile. --Cloj 17:04, 4 feb 2010 (CET)[rispondi]