Discussione:Essenzialismo

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La definizione “essenzialismo modificato” per il “terzo punto di vista” non è dovuta a Popper ma all'autore di una recensione di “tre punti di vista a proposito della conoscenza umana”, comparsa nel Times Literary Supplement nel 1959. Fu accolta da Popper non senza condizioni. (cfr. nota 2 a pag. 55 di Scienza e Filosofia, Edizione CDE spa, su licenza di Giulio Einaudi Editore, 1998)

Rinominare?[modifica wikitesto]

Questa voce non ha deciso se desidera essere una esposizione del concetto di "essenzialismo" secondo Popper, o una esposizione del concetto nella storia della filosofia. Da un lato nella esposizione del concetto tratta dei Greci e di Galileo (quindi non è una esposizione coerente di un singolo aspetto del pensiero di Popper), dall'altro nella discussione del concetto, dà voce solo ed unicamente al punto di vista di Popper, che non è il punto di vista "essenzialmente" vero, ma solo uno dei tanti punti di vista. Propongo pertanto di dividere in due la voce: come "Essenzialismo" e "Essenzialismo secondo Karl Popper". --Giovanni Dall'Orto - Per scrivermi clicca qui 15:58, 19 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Galileo e le essenze[modifica wikitesto]

Anche Galileo, però, viene citato seguendo strettamente la lettura popperiana. Ossia il riferimento a Galileo è incluso in una esposizione del pensiero di Popper. Quanto era "antiessenzialista" Galileo? Il passo della lettra a Marcus Welser rigetta le essenze qualitative della tradizione aristotelica, ma altrove, e in un contesto almeno altrettanto significativo, Galileo mostra di ritenere le caratteristiche "geometriche" e quantitative dei corpi come facenti parte della loro essenza "necessaria": "Per tanto io dico che ben sento tirarmi dalla necessità, subito che concepisco una materia o sostanza corporea, a concepire insieme ch’ella è terminata e figurata di questa o di quella figura, ch’ella in relazione ad altre è grande o piccola, ch’ella è in questo o quel luogo, in questo o quel tempo, ch’ella si muove o sta ferma, ch’ella tocca o non tocca un altro corpo, ch’ella è una, poche o molte, né per veruna imaginazione posso separarla da queste condizioni; ma ch’ella debba essere bianca o rossa, amara o dolce, sonora o muta, di grato o ingrato odore, non sento farmi forza alla mente di doverla apprendere da cotali condizioni necessariamente accompagnata: anzi, se i sensi non ci fussero scorta, forse il discorso o l’immaginazione per se stessa non v’arriverebbe già mai. Per lo che vo io pensando che questi sapori, odori, colori, etc., per la parte del suggetto nel quale ci par che riseggano, non sieno altro che puri nomi, ma tengano solamente lor residenza nel corpo sensitivo, sí che rimosso l’animale, sieno levate ed annichilate tutte queste qualità; tuttavolta però che noi, sí come gli abbiamo imposti nomi particolari e differenti da quelli de gli altri primi e reali accidenti, volessimo credere ch’esse ancora fussero veramente e realmente da quelli diverse" (Il Saggiatore, Einaudi, Torino, 1977, pag. 223)