Discussione:Dialetti della Puglia centrale

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Non sono d'accordo sul fatto che si debba intendere il dialetto pugliese come derivante direttamente dal volgare italiano, semmai lo si deve intendere derivante dal latino, come variante del volgare italiano. In base poi a cosa, lo si ritiere una "variante della lingua napoletana"? Non è altresì anche il napoletano una variante del volgare italiano? Mi sembra poi oltremodo sospetto il fatto che si chiami "lingua" il napoletano, e "dialetto" il pugliese. In base a cosa? E' ciò forse dovuto al fatto che Napoli è socialmente più importante della Puglia, per qualcuno? Grazie per l'attenzione.

Posso rispondere all'ultima parte della domanda: guarda qui. ciao! - Alec 17:28, 1 set 2006 (CEST)[rispondi]

Ti ringrazio per la risposta. Mi rimane sempre il dubbio sulla prima parte della mia domanda, e sul perchè il SIL abbia deciso quel tipo di differenziazione. Grazie comunque.


In realtà le affermazioni «deriva direttamente dal volgare italiano (che poi quale volgare italiano? Credo l'autore si riferisca a uno dei tanti volgari del latino sviluppatisi lungo la penisola italica, in particolare a quello poi assurto a lingua nazionale, che è il toscano, NdR)» e «è una variante della lingua napoletana» sono antitetiche. Il napoletano, infatti, esattamente come il toscano, deriva direttamente dal latino. Nessuno degli idiomi attualmente parlati in Italia costituisce una degenerazione dell'italiano (cioè del toscano). Non a caso i glottologi preferiscono parlare di «dialetti italici», perché l'espressione «dialetti italiani» può risultare fuorviante, dal momento che si tratta di idiomi neolatini e non neoitaliani (cioè neotoscani). --213.174.172.3 10:42, 16 set 2006 (CEST)[rispondi]

Varianti locali[modifica wikitesto]

Non credete che il modo in cui sono state scritte le varianti "cozzi" un po' con quello che si è scritto appena sopra? Mi riferisco alle varie "t" al posto di (credo) "te" e "accatt*t" al posto di "accatt*te", l'uso di j e altre vocali prese dagli alfabeti fonetici tipo ə (arriveremo a ricorrere allo Unicode per una lingua latina? :D). Comunque, in linea più generale, io proporrei di togliere questa sezione, o quantomeno spostarla alla fine per dare più senso discorsivo alla pagina, che già di disperde in un numero spropositato di esempi. Aspetto almeno un altro parere prima di metter mano. --Raab (msg) 11:09, 17 mar 2009 (CET)[rispondi]

Alcune imprecisioni[modifica wikitesto]

Nella sezione "Come scrivere il dialetto barese" si fa riferimento all'abitudine di sfumare notevolmente la vocale finale, che diviene unica e indistinta, e si dichiara successivamente che questa vocale si scrive e che è un grave errore non scriverla. Poi peró si omette più volte di scriverla (es.nella sezione "Varianti locali" il sostantivo "villë", trascritto "vill").

Sempre nella sezione "Come scrivere il dialetto barese" si sostiene che esiste l'abitudine di raddoppiare sempre la consonante iniziale. Non conosco approfonditamente il dialetto barese, ma questa dichiarazione mi sembra esagerata. In altre varietá romanze del gruppo italiano meridionale esiste il raddoppiamento prostetico ma é sottoposto a certe condizioni. Bisognerebbe specificare se in barese avviene sempre nei sostantivi accompagnati dall'articolo maschile o femminile, singolare e plurale, retti dalle varie preposizioni etc. Il raddoppiamento si verifica per esempio nelle voci dei verbi che iniziano per consonante? Se si quando? Mi sembra improbabile ad esempio che si dica *ié ssò; *ié ttenghë; in luogo di ié sò; ié tenghë; mentre dopotutto potrebbe essere plausibile un *tu ssí; *tu ttinë. Quali sono le forme corrette?

Ancora nella stessa sezione si contesta che l'articolo "na" provenga da "una", e dunque si sostiene che "na" non debba essere preceduto dall'apostrofo: "na [...] nasce prima della parola italiana una, visto che da noi il dialetto lo parlavano prima della nascita di Dante e di Bembo". Naturalmente, però, l'italiano "una" è diretta derivazione del latino "unus -a -um".

Gli accenti sono utilizzati in maniera non scientifica! Bisognerebbe utlizzare l'accento acuto per le vocali strette e l'accento grave per le vocali aperte, o meglio ancora usare dei simboli fonetici. Lo stesso dicasi per la vocale muta finale, che personalmente non trovo inconvenienti a trascrivere con "ë" trascrizione utilizzata in molti lavori scientifici.

Nella sezione Influenze Arabe si legge che andare in Arabo si dice يذهب la cui traslitterazione corretta però, in luogo di quella fornita "namsci"(?), è YÐHB cioè yaðhaba, terza persona singolare dell'imperfettivo di ðahaba, "andare". La traslitterazione del termine successivo نعش invece è N'Š, e non "taut", per cui il passaggio risulta incomprensibile.

Chiedo agli autori della voce di migliorare la stessa in base agli standard previsti dal progetto lingue. Non potevo credere che la voce riguardante uno dei dialetti pugliesi versasse in questo stato (IMHO). --Maximix (Fammi un fischio!) 15:07, 10 nov 2009 (CET)[rispondi]

Invito non raccolto. Inserito template da aiutare. --Maximix (Fammi un fischio!) 00:34, 29 dic 2009 (CET)[rispondi]

Mi vorrei scusare se il modo di intervenire nella discussione è stato eventualmente fatto in modo errato ..pregherei di aggiungere il mio apporto alla discussione e di non cancellarlo grazie.

"Esistono numerose altre parole del dialetto barese di derivazione araba, come ad esempio tavut (bara), in arabo appunto نعش (taut, da cui anche il napoletano tavuto)."

Tavuto/Tavut etc viene dal greco tapto seppellire ..basta cercare un qualsiasi sito di traduzione italiano greco antico...o fare una breve ricerca su internet per rendersi conto che il termine era già presente prima dell arrivo degli arabi Il termine e diffuso in tutto il sud italia e ho forti dubbi che l intero sud italia sia stato cosi fortemente influenzato dall arabo,giacche tale termine compare in pugliese, abruzzese, molisano, campano, lucano,calabrese....Tabuto (siciliano) è l unico termine che deriva "parzialmente " dall arabo Tabut..la parola originaria in siciliano era Tavuto come nel resto del sud italia con l arrivo degli arabi la parola Tavuto (che è praticamente identica alla parola araba Tabut) si è trasformata in Tabuto..ritengo quindi che la citazione sia perlomeno molto "dubbia".

87.19.115.36 (discussioni · contributi), in data 20:24, 1 dic 2009 hai inserito il precedente intervento. In futuro ricordati di firmare...
La firma aiuta gli interlocutori a capire l'evoluzione degli scambi di opinioni e ad attribuire correttamente i commenti ai vari partecipanti alla discussione.

mi dispiace ma tabutu non è arabo ma greco,gli arabi neanche sapevano che era un tabbutu.la tradizione araba non prevede l uso di bare ma di avvolgere il corpo in stoffe,mentre i greci si.

Documentazione


http://www.old.consiglio.basilicata.it/pubblicazioni/rossi/Rossi.pdf Etimologia Greco-Latina di Vocaboli Dialettali

http://www.arabismo.it/?area=costume&menu=religione&pag=ritofunebreislamico

La sepoltura araba , islamica è definitiva, non prevede cioè riesumazioni, e ove possibile non prevede l’uso di una bara; deve tassativamente avvenire in piena terra, in una fossa in cui il defunto possa essere coricato su un fianco, di nuovo con la testa in direzione della Mecca

http://www.onoranzafunebre.com/rito-funebre-islamico.html

La tradizione islamica richiede funerali semplici, umili, molto rispettosi, è rifiutata l’ostentazione, generalmente non si usano lapidi né mausolei, non si usa mettere la foto del defunto o fiori vicino al corpo. Generalmente non sono consentite le bare, se la legge locale lo permette, a meno che non ci siano motivi di danneggiamento del corpo o di malattie infettive del defunto. --Maryluuu (msg) 14:10, 30 lug 2012 (CEST)[rispondi]

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Forse lo spagnolo ataúd (e la comparazione con altre lingue) può chiarire le idee: http://dle.rae.es/?id=4BU1gSf

Come scrivere il dialetto barese[modifica wikitesto]

Ho, in più riprese, ridimensionato l'intervento di un anonimo, intervento che — a parte i 3 "adoperano" in poche righe — consiste essenzialmente in una critica personale rivolta verso sistemi di trascrizione chiaramente non graditi all'anonimo contributore, che "consiglia" da par suo una trascrizione "semplificata" (ovvero priva di segni diacritici e lettere straniere). Il tutto supportato da argomentazioni a dir poco opinabili (come quella secondo la quale "na" si dovrebbe scrivere senza apostrofo in quanto il dialetto barese sarebbe nato prima del volgare italiano, e quindi il termine barese "na" avrebbe la primogenitura sull'italiano "una", del tutto trascurando la comune origine dal latino) e condito da perle come:

  • «un milanese non potrà mai e poi mai interpretare quei segni e quella grafia» (dal che si deduce che nessun milanese, tardo com'è, sarà mai in grado d'imparare non solo il barese, ma neppure il francese, l'inglese e tutte le altre lingue con grafie diverse dall'italiano)
  • «non pochi adoperano la lettera J non sapendone spiegare origine e utilizzo... Scrivono Jè, invece di Iè (...), non si comprende la diversa pronuncia tra mejo e meio, tra vaje e vaie.», ignorando che J si distingue dalla "I" per il suo valore di semiconsonante (in questo senso la usava, e in italiano, anche Pirandello) e avallando implicitamente una possibile soppressione della lettera "Q" dall'alfabeto italiano e di molte altre lingue (non si comprende la diversa pronuncia fra quore e cuore, fra cuesto e questo...) --Tener (msg) 21:56, 15 lug 2010 (CEST)[rispondi]

na si può scrivere senza apostrofo secondo me. dovremmo mettere l'apostrofo per tutto quello che è scomparso nel passaggio dal latino alle lingue neo latine? scrivere di're e fa're? Saluti

inesattezza!!![modifica wikitesto]

Cito: "Nel famoso scioglilingua Ce nge n'am'a scì, sciamaninne, ce non nge n'am'a scì, non nge ne sìme scenne (Se ce ne dobbiamo andare andiamocene, se non ce ne dobbiamo andare, non ce ne andiamo), è messo in risalto il verbo andare, la cui traduzione in barese proviene direttamente da influenze arabe. Andare in arabo si dice infatti نمشي(namsci)."

Scusate ma questa è un'invenzione colossale. Il verbo scì in barese deriva dall'antico italiano gire (dal latino ire). La trasformazione da "g" in "sc" è frequente in barese (cfr. Ginocchia: SCenucchie; Gioco: SCioche; Gettare: SCettà). Con l'arabo non ha nulla a che fare, anche perchè n'am'a scì è un'espressione, non un unico verbo.

Zone in cui viene parlato[modifica wikitesto]

Forse questo paragrafo andrebbe rivisto. All'interno della provincia di Bari esiste una notevole varietà di regole grammaticali che rendono ogni parlata diversa dalle altre...dovremmo vedere la cosa come una delle ricchezze della nostra terra.--Cenzin (msg) 23:13, 12 gen 2012 (CET)[rispondi]

Ci sono poche fonti?[modifica wikitesto]

Le fonti ci sono! C'è anche scritto nella colonna a destra gli scritti in barese come il dizionario e il corso ma e poi sotto altri collegamenti. Perché allora non togliere quel messaggio? --Francescocap96 (msg) 22:48, 22 gen 2012 (CET)[rispondi]

Uso della J nel dialetto barese[modifica wikitesto]

Vorrei far notare che nel dialetto barese non è contemplata la lettera J.

Dal sito www.dondialetto.it :

[...] Ancora oggi noto nelle compilazioni di poesie e di qualche titolo di spettacoli in dialetto, come nei siti web trattano la grafia dialettale barese adoperando la j (i lunga). Alfredo Giovine, in un interessante intervento fatto sul «Giornale Pugliese» del 20 luglio 1963 spiegò a chiare lettere di eliminare tutti quei segni che non vi sono nella lingua italiana o che siano disusati e fece l’esempio della j (i lunga): «…va decisamente eliminata, tanto più che qualche scrittore, non conosce il suo valore di semiconsonante e l’adopera anche in modo vocalico dandogli una funzione che la (j) non ha. E a tal proposito dirò che qualche volta ho notato che la (j) è stata dieresizzata, mentre si sa bene che tale figura poetica, si può verificare solo con vocali nel mezzo di vera vocale, altrimenti si avrebbe una falsa dieresi. Soltanto in passato la (j) aveva funzione vocalica, ma essa era posta in finale di parola per rappresentare due (i); es. Principio – principj». Quindi la regola di non utilizzare la ‘j’ (i lunga) nella grafia dialettale è categorica, non è altro che un segno alfabetico, che non costituisce una lettera a sé, ma è una variante grafica della «i»; soprattutto non ha mai funzione vocalica. [...]

Spero che gli autori possano modificare tutte le parole menzionate con la J trasformando la consonante in una doppia I. Per correttezza e precisione cito nuovamente www.dondialetto.it , sezione "Dialetto" - "La lèngua noste" :

La grafia di «ìi» e «ùu» indica nella prima lettera accentata il suono vocalico italiano e nella seconda un suono incerto e spento della (i) e della (u). Es. “gardìidde” (galletto); “mestìire” (mestiere); “dùurme” (dormi); “u mùute” (l’imbuto); “ammuafùurbece” o “mulafùurbece” (arrotino); ecc. L’altro segno «iì» invece ha la prima vocale di suono incerto e la seconda di suono normale. Es. “iì” (io); “traiìne” (traino); “iìdde” (lui); “saiìtte” (saette); “speiìsce” (spii); “aiìre” (ieri, da: iìre-a-), ecc. Per distinguere e inserire correttamente i due segni «ìi» e «iì» si noterà (salvo eccezioni) che quando è preceduta da una consonante si scriverà «ìi» con la prima (ì) accentata. Es. “mìire” (vino); “penzìire” (pensiero); “becchìire” (bicchiere); “megghìire” (mogli); ecc. Quando è preceduta da una vocale, si scriverà «iì» con la seconda (ì) accentata. Esempio: “aiìre” (ieri); “stà iìnde” (sta dentro); “pe iìdde” (per lui); ecc.

Certo di un vostro accoglimento, vi ringrazio e vi saluto.

La Chiànghe

Dialetto Apulo[modifica wikitesto]

Il dialetto che in questa pagina viene definito in barese in realtà è quello che più correttamente è chiamato dagli studiosi dialetto apulo o apulo-barese, anche per distinguerlo dalla variante "barese", e cioè quella parlata nella sola città di Bari. Per questo motivo se non ci sono obiezioni provvedo a rinominare la voce. --92bari 13:47, 12 nov 2012 (CET)[rispondi]

Sono pienamente d'accordo: non ho alcuna obiezione :)--Francescocap96 (msg) 11:27, 30 nov 2012 (CET)--[rispondi]
Occorrerebbero però delle fonti di massima autorevolezza. --Nicolabel 15:13, 30 nov 2012 (CET)[rispondi]

Pareri di Emanuele Zambetta da Bari[modifica wikitesto]

Salve! Mi rivolgo a coloro i quali scrivono in lingua barese (la parlata tipica della Città di Bari):

Chi sposa l’uso della “j”, non fa altro che affidarsi (consciamente o inconsciamente) ad un segno grafico utilizzato nella materia fonologica/fonetica. Nel dialetto barese della “j” si può tranquillamente fare a meno, semplificando così, di gran lunga la metodologia di scrittura. Troppi scrittori dialettali nostrani utilizzano la “j”, ma il problema è che lo fanno in maniera incompleta o errata. Chi usa la “j”, deve farlo rispettando a pieno le regole fonologiche. La lingua italiana fortunatamente capì i suoi sbagli... e per fortuna si dette “nu reggìitte” (un’ordinata). Dunque perché mai nel barese non si dovrebbe mettere ordine? In fonologia la “j” viene utilizzata per indicare le “i” semiconsonantiche; ci sono scuole di pensiero che le hanno utilizzate per indicare sia le semiconsonantiche che le semivocaliche. Per poter fare un uso corretto della “j”, rifacendosi alla fonologia, è necessario che lo scrittore sappia individuare i dittonghi ascendenti/discendenti, i trittonghi; occorre sappia distinguere uno iato da un dittongo/trittongo; occorre sappia distinguere una "i" vocalica da una semiconsonantica o semivocalica; occorre conosca i digrammi/trigrammi nei quali non si adopera la “j”. Per cui, rivolgendomi agli scrittori dialettali baresi, propongo: per una questione di semplicità (visto che se ne potrebbe fare a meno), non credete sia meglio bandire la "j", per sostituirla con la semplice "i"? Tanti scrivono “jèrve” (erba), scrivendo poi “chiène” (piena): ed ecco l’uso incoerente che si fa della “j” (anche la “i” di “chiène” è semiconsonante… e quindi andrebbe rappresentata con la “j”). “Viàgre” (viagra) invece andrebbe scritto senza “j”, visto che in questo caso “ià” non è dittongo ascendente ma iato (con “i” vocalica). Chi in italiano scrive “Jonio”, per coerenza, scriva “Jonjo”!... Inoltre pensate alla metrica in poesia, dove le sillabe spesso vengono stravolte (pensate alle dieresi, alle sineresi, ecc.). Insomma, un vero e proprio caos per i principianti che vorrebbero avvicinarsi alla scrittura dialettale. I baresi hanno la fortuna di parlare un dialetto facilmente scrivibile; perché complicarsi la vita?

Vorrei sottolineare che, a mio parere, nella pagina web della quale qui si discute, regna il DISORDINE (mi riferisco a quanto scritto in dialetto barese; in più parti)!

Infine, mi rivolgo all’utente Tener: Appoggio chi afferma che i segni diacritici siano poco utili al fine dell'apprendimento della corretta pronuncia, senza un adeguato allenamento nell'ascolto. Solo dopo averla ascoltata attentamente, si riuscirebbe a pronunciare perfettamente (o quasi) una determinata lingua (discorso che a mio avviso varrebbe per chiunque; anche per chi mastica la fonetica). Per cui reputo fuori luogo, l'intervento ironico sul milanese tardo di comprendonio. L'idioma barese ha la fortuna di poter essere scritto adoperando una grafia semplice; ciò chiaramente non vale per tutte le lingue.

Un cordiale saluto ai discussori, ai lettori e allo staff di Wikipedia.

(Bari, 29 marzo 2014)

Inesattezza.[modifica wikitesto]

Non capisco perché dite "ce nge n'am'a sci... e non ... ce nge na ma sci.. che è più corretto?? Perché complicare la scrittura e non semplificarla?. Inoltre vorrei dire a tutti coloro che si ritengono dei dialettologhi del dialetto barese... attenzione che fino a quando ci sarà ANARCHIA dialettale, non esisterà mai una grammatica del dialetto barese. La J in dialetto Barese esiste eccome non sempre riportata ma in alcuni casi sì, come l'Obbrobio della doppia consonante iniziale tipo BBARE per in dica Bari, oppure CCHIU per dire di più, ma anche rafforzando all'interno della parola. Il dialetto non si scrive come si pronuncia.... Cerchiamo di distinguere la FONETICA dalla Scrittura. Sono due cose separatamente separate.... Grazie per l'attenzione.


Perché, caso non lo sapessi, il costrutto dovere/fare dal latino è reso con avere a + verbo all'infinito, che si ritrova, guarda caso, anche nel napoletano. Quindi, non è possibile operare una semplificazione della scrittura, che oltretutto come riportato è sbagliatissima... la scrittura corretta è ce nge n'ame a scì ovvero se (ce) ce (nge) ne dobbiamo (n'ame a [ricordando il costrutto avere a, quindi abbiamo a]) andare (scì). Lo stesso varrà per qualsiasi frase, anche declinata al futuro: Io farò questa cosa > Iì hi a fà (ho a + fare) sta còse.
Lo "ià" (/ja/) che tu indichi con “hi a”, secondo me potrebbe essere l'evoluzione (causata dal parlar spedito) dello "ie a" di "àgghie a" (col discorso della sinalefe). Ciao!--Trettevàgghie (msg) 18:47, 23 ott 2016 (CEST)[rispondi]

Risponderò all'anonimo autore dell'intervento intitolato "Inesattezza.":

Nonostante io sia solo uno studioso amatoriale del dialetto barese (che ha ancóra molto da imparare), mi tocca farti presente che nel tuo intervento ho notato tanta mediocrità. Conosci davvero il dialetto barese? Conosci per lo meno le basi della grammatica? Come puoi affermare che bisognerebbe scrivere “ce nge na ma scì”? Ti rendi conto di ciò che hai scritto?... Sai cos’è un avverbio pronominale?... Vorresti davvero che il “ne” barese diventasse “na”?... Se tu volessi tradurre in barese “me ne vado”, scriveresti “me na vogghe”?... Credo proprio di no; scriveresti certamente “me ne vogghe”.

In barese, sia le forme verbali al futuro che quelle contenenti il verbo ausiliare “dovere”, si creano nella maniera seguente: verbo ausiliare “avere” + preposizione semplice “da” o “a” + altro verbo. Hai presente la famosa frase de “I promessi sposi”, “questo matrimonio non s’ha da fare”?... O ancóra, sai che a Roma si dice (per esempio) “dovemo da fa”?... In barese, nelle forme verbali succitate, la preposizione “da”, la si trova solo nella seconda persona singolare; es.: tu ha da disce (tu dirai/tu devi dire). Con tutte le altre persone (riferendomi sempre alle coniugazioni baresi), l’evoluzione del parlare ha fatto sì che il “da” diventasse “a” (praticamente un’aferesi perenne); ed infatti nella prima e nella terza persona singolare, e nelle persone al plurale, si usa la preposizione semplice “a” (àgghie a dà, av’a dà, am’a dà, avìt’a dà, avònn’a dà, ecc.).

Scritto ciò, arriviamo al dunque: ne esce fuori che in barese la forma verbale da te citata è così composta: ce nge ne ame a scì; dove possibile, ovviamente, tanto più che le giustificherebbe la pronuncia, si ricorra alle elisioni (agli apostrofi): “ce nge n’am’a scì”.

In merito alla “j”, ho già scritto abbastanza nel mio precedente intervento (dagli un'occhiata).

Ed ora veniamo ai raddoppi consonantici. Il vernacolo barese ha le sue peculiarità. Pur essendo io propenso a rifarci alle regole della linguistica italiana (per facilitarci le cose), non dimentico certamente le peculiarità dialettali baresi. Tu affermi che i rafforzamenti consonantici (tipicamente adoperàti da chi si rifà ad Alfredo Giovine) dovrebbero rimanere circoscritti all’àmbito della pronuncia. Hai ragione: essi dipendono dalla pronuncia. A differenza tua, però, credo debbano figurare anche nella grafia. In italiano diciamo e scriviamo “canto” e “non canto” (“canto”, come puoi vedere, in entrambi i casi rimane invariato). In barese però questo stallo non esiste. In barese diciamo “càndeche” e “non gàndeche” (nel secondo caso, la “c” dura iniziale di “càndeche” è diventata chiaramente “g” dura). Bene, anche questo fenomeno è frutto della pronuncia; ciò però non vuol dire che non possa essere riportato in grafia. Faresti un grave errore se propendessi per “non càndeche”. La pronuncia barese è notevolmente più mutevole rispetto a quella italiana. Altri esempi: “pòrteche” e “nom bòrteche”, “tìine” e “non dìine”, “sènde” e “non zènde”, ecc.; negare tutto ciò vorrebbe dire essere incompetenti nella materia. Nel dialetto barese, specie in determinàti casi, è fondamentale raddoppiare le consonanti iniziali; es.: de dà (di dare) - de ddà (di là/lì); de dì (di giorno) - de DDì (di Dio); u cose (lo cuce) - u ccose (il cucire); la scì (la andò) - la sscì (la scia); u sale (lo sale) - u ssale (il sale); de dò (di due) - de ddò (di qui/qua); ce fìite! (quanto puzzi!) - ce ffìite! (che puzza!); u mì (“il mio”; dove “mio” è pronome possessivo) - u mmì (“il mio”; dove “mio” sta per “ciò che è mio”; in questo caso esso diventa sostantivo); u mèle (il melo) - u mmèle (il miele); ce mitte (se metti) – ce mmitte? (cosa metti?); am’a dà (“dobbiamo dare”/”daremo”; in questo caso la preposizione “a” non causa il rafforzamento della “d” di “dà”) - a ddà (“a dare”; in questo caso, “a” causa il rafforzamento consonantico); ecc.. Esempi nel corpo delle parole: pasce (pace) - passce (pascere); strusce (consumare) - strussce (struscio); cosce (cuocere) - cossce (coscia); pèsce (peggio/pece) - pèssce (pesce); ecc..

Dopodiché, fa’ ciò che meglio credi. Buona vita e... forza BBare!

Bari, 17 febbraio 2015.

Firmato: Emanuele Zambetta


Modo errato dell'uso della doppia consonante all'inizio della parola in dialetto barese.[modifica wikitesto]

In italiano noi scriviamo, “TRE COSE”, ma pronunciamo “TRE CCOSE”, scriviamo “OGNI COSA” e pronunciamo “OGNI CCOSA”. Questo raddoppiamento della consonante iniziale è solo un fatto fonetico e in nessun luogo scriviamo la doppia consonante. Scriviamo sono di Bari e pronunciamo sono di BBari. Dobbiamo distinguere la pronuncia dalla scrittura, la fonetica dalla ortografia. Nel dialetto barese accadono strane cose nella ortografica confusa con la fonetica. Scriviamo, la doppia consonante come pronunciamo, in modo errato. Purtroppo è un errore che molti agli inizi del secolo scorso facevano anche perché, diciamolo e siamo consapevoli, l’ignoranza dilagava tra la popolazione sia prima che durante e dopo la guerra. Ma, senza offesa alcuna, pare che anche oggi dilaga ancora. Concludendo, per non essere noioso, la regola del rafforzamento sintattico, in genere ignorata al nord e malamente utilizzata al sud, impone di pronunciare alcune consonanti semplici, poste ad inizio di parola, COME SE FOSSERO DOPPIE Questo raddoppiamento pronunciato, E NON SCRITTO è tipico modo di esprimersi nel linguaggio del dialetto barese, ma non deve essere scritto come pronunciamo. Non facciamo come tanti illustri cervelloni improvvisati dialettologi e oppressi da disortografia (disturbo che si manifesta come difficoltà nell’apprendimento dell’ortografia) che raddoppiano tutte le consonanti facendo un linguaggio dei balbuzienti (e chiedo scusa ai balbuzienti) con BB..CC..DD..FF ecc. ecc.. Infine andiamo nel passato, non tutti coloro che si sono cimentati nello scrivere poesie in dialetto barese scrivevano con la doppia consonante, QUESTO STA A CAPIRE L’INCERTEZZA CHE DILAGAVA (OLTRE ALL’IGNORANZA) IN QUEI TEMPI. Per cui quando diciamo IO SONO DI BARI, pronunciamo ji sò de BBare, MA SCRIVIAMO “JI SO’ DE BARE” è più logico e lineare…. EVVIVA IL VERO DIALETTO BARESE….. E NON DIMENTICHIAMO CHE …. “JI SO’ DE BARE”

Firmato: Vito Pascale


Ciao Vito! Denigri il rafforzamento consonantico ad inizio parola (prendendoti gioco di chi lo adopera) ma, mi pare che anche tu non sia un genio della grammatica. T’è sfuggito un gravissimo “nel scrivere”. Sarebbe meglio “nello scrivere”; non credi?... Ti consiglio di apportare la correzione.

Tanti italiani pronunciano “di Bari” (senza raddoppiare la B). Il raddoppio è tipico dell’italiano centromeridionale; questo fenomeno però è figlio di una pronuncia italiana influenzata dalle pronunce dialettali. I settentrionali pronuncerebbero “di Bari” o "è vero" (senza il raddoppio di B e V). Non dimenticare che c'è chi pronuncia “ingondro” (incontro), “inzalata” (insalata), “in guando” (in quanto), “imbarare” (imparare), ecc.. Ciò però è frutto delle influenze dialettali.

Hai ragione, in italiano esistono casi in cui il rafforzamento consonantico iniziale effettivamente avviene (se pur non riportato in grafia) ma, è anche vero che rispetto a quanto accade nelle pronunce di tantissimi dialetti centromeridionali, essi sono rari. In ogni caso l’italiano è la lingua ufficiale dell’Italia e, in quanto tale, è ben fissata ormai da tempo… ed è ovvio che, nello scrivere in italiano, ci atteniamo alle sue leggi (tra le quali il non raddoppio delle consonanti ad inizio parola). Il barese, però (così come altri dialetti), è un’altra storia. Rifarci alla grammatica italiana per semplificarci le cose, sì, ma non trascurando assolutamente le peculiarità dialettali baresi.

Come ho scritto nel mio precedente intervento, la pronuncia dialettale barese non è affatto tendente alla staticità (caratteristica della pronuncia italiana). La pronuncia barese è mutevolissima (e non solo in merito ai rafforzamenti consonantici ad inizio parola).

LEGGI IL MIO PRECEDENTE COMMENTO INERENTE AL RAFFORZAMENTO CONSONANTICO AD INIZIO PAROLA (datato 17 febbraio 2015): ho fatto esempi interessanti di innegabile veridicità.

Anche “non denìme” (non teniamo) è un’alterazione della pronuncia barese; ciò però non vuol dire che questa forma debba essere bandita dalla grafia dialettale (sarebbe assurdo farlo; vorrebbe dire falsare la reale pronuncia; vorrebbe dire male informare la gente). In dialetto barese diciamo e scriviamo “tenìme” (teniamo) ma, appunto, diciamo (e quindi dovremmo scrivere) “non denìme”. Sarebbe grave scrivere “non tenìme” (l’incontro consonantico “n>t” deve necessariamente tramutarsi in “n>d”). Altri esempi: “cunde” e “non gunde”, “pènze” e “nom bènze”, “torne” e “non dorne”, “Cire” e “San Gire”, ecc..

Se tu volessi essere coerente col discorso della pronuncia che non deve mescolarsi alla grafia, non dovresti scrivere “San Garle” ma “San Carle”, non “non dène” ma “non tène” (e così facendo non scriveresti in barese ma, in giargianese!). La tua battuta sui balbuzienti è un po’ sciocchina (anche se simpatica; lo ammetto). Ma scusami, quando leggi la parola “abbaiare”, tu balbetti?... Oppure semplicemente rafforzi la “b”?... E quindi dove sarebbe il problema nel rafforzare la consonante iniziale?

Non ricorri al rafforzamento consonantico ad inizio parola in quanto lo consideri anomalo ma, lo sai che in finlandese si raddoppiano tantissimo le vocali (intese come vocali lunghe)?... In Finlandia per esempio esiste addirittura un centro abitato chiamato “Ii” (scritto con due “i”). Ogni lingua ha le sue peculiarità. Sulla Terra ci sono tante popolazioni dagli usi strambi. E da esse vorresti escludere i baresi?!... Ah! Ah! Ah!  :-)

Sia chiaro: non voglio certamente importi il mio metodo di scrittura; fa’ ciò che meglio credi. Ma non puoi assolutamente affermare che io non abbia ragioni valide per addottare il metodo di scrittura al quale mi rifaccio (sono filogioviniano). Per quanto mi riguarda, ho rispetto per altre tipologie di grafia (purché ci sia logica in ciò che si fa). Se però si usasse una logica non affatto logica (come molti a Bari fanno), allora sì che esprimerei il mio dissenso. Bisogna difendere il dialetto barese!... La voce wikipediana della quale in questa pagina si discute, per esempio, a mio avviso per come attualmente appare non va bene.

Pure iì sò de BBare! Statte bbùune! Ciao!

Bari, 27 febbraio 2015

Firmato: Emanuele Zambetta


Ciao Emanuele, innanzitutto ti ringrazio per avermi fatto notare l'errore grammaticale se non altro è solo una distrazione. Tornando alla discussione, come vedi ho modificato il motivo. E' vero, forse non sono stato chiaro nell'esprimere la mia contrarietà alla doppia consonante all'inizio della parola. Potrei anche, se con qualche dubbio, essere d'accordo con quello che tu hai detto, anche se in alcuni casi è solo fonetico e non ortografico, in virtù della parlata nasale dentale, ma non sono per nulla d'accordo sulla doppia consonante all'inizio parola. E' quasi un obbrobrio vedere BB ..CC.. DD ecc. ecc. Negli anni passati, come ho già detto, si navigava nell'ignoranza, purtroppo, per cui si scriveva come si parlava e molti di coloro che si sono cimentati nello scrivere poesie in vernacolo barese sono, e senza offesa alcuna, poco ma poco acculturati sulle più elementari nozioni della grammatica. Anche coloro che si sono cimentati nel descrivere la grammatica del dialetto, a mio avviso non sono ne titolati e ne acculturai, per cui rimango sempre dubbioso sul loro modo di scrivere. Mi riferisco anche a coloro che oggi credono di essere dei grandi dialettologi credendo di poter insegnare, ma sono ancora (come me) alle soglie della conoscenza della grammatica e solo perché hanno avuto l'occasione di fare spettacolo e scopiazzato a destra e sinistra pensano di poter insegnare e affermare quale sia il vero dialetto barese. Caro Emanuele, fino a quando ognuno di noi non abbasserà la testa nella più candida umiltà, fino a quando ci sarà feroce anarchia nel dialetto, ognuno di noi si improvviserà grande dialettologo del dialetto barese. Da buon intenditore poche parole.

Jì so de Bare e statte Bune Bune... AHAHAH...

Ciao un abbraccio, ed è stato un piacere dialogare con te.

Bari 14 marzo 2015

N.B.: mi farebbe veramente piacere incontrarti e parlarne dinanzi ad un buon caffè. La mia Mail è vitopascale@virgilio.it.

Firmato: Vito Pascale


Ciao Vito. Anche per me è sempre un piacere scambiare pareri sul nostro meraviglioso dialetto.

Immaginavo che la tua fosse solo una distrazione; capisci però che mi toccava trovare un pretesto per punzecchiarti! Ah! Ah! Ah!  :-D

Arriveremo mai all’uniformità grafica dialettale barese?... Lo scopriremo solo vivendo. Accetto il tuo invito; ti contatterò in privato.

Firmato: Emanuele Zambetta


FIRMATE I VOSTRI INTERVENTI!... NON CREATE CONFUSIONE!... PER LO MENO METTETE I DIVISORI!... GRAZIE! --Trettevàgghie (msg) 04:46, 11 gen 2016 (CET)[rispondi]


Dialetto apulo-barese e dialetto barese.

In questa pagina si sta parlando dell'apulo barese come lingua della Puglia centrale, non come dialetto della sola città di Bari...voglio precisarlo! Create una nuova pagina chiamata "Dialetto barese" e questa bisogna chiamarla "Lingua apulo-barese". Questo perchè il dialetto di Bari città è un po' particolare rispetto a quello della murgia e valle d'Itria, io che sono della murgia lo trovo troppo aperto e italianizzato soprattutto!!

Verbi al passato.

Iì mangiàve Tu mangiave iìdde/iédde mangiàve nú mangiàveme vú mangiàve lore mangiàvene

Forse solo a Bari città si dice in questo modo. Nella murgia e valle d'Itria, come dall'Abruzzo fino a Taranto è così:

Jì mangiaje Tu mangive jidde/jèdde mangiaje nu mangéreme vu mangireve lore mangérene

Questa pagina è dedicata alla Lingua apulo-barese!! Non al solo dialetto di Bari, molto spesso influenzato dal napoletano e italianizzato.


In barese si dice cosí (come potrai notare ci sono piú varianti):

Imperfetto: iì mangiàve, tu mangiàve/mangìve/mangìive, iìdde/ièdde mangiàve, nù mangiàmme/mangiàveme, vu mangiàve/mangìve/mangìive/mangiàveve, lore mangiàvene.

Passato remoto: iì mangiàbbe/mangiàbbeche, tu mangiàste, iìdde/ièdde mangiò, nù mangiàmme, vu mangiàste/mangiàsteve, lore mangiòrene/mangiòrne/mangiàrene.

--Trettevàgghie (msg) 04:36, 11 gen 2016 (CET)[rispondi]


L'errore più grosso che si possa commettere è spostare la definizione di dialetto a lingua, laddove non v'è mai stato uno specifico riconoscimento in questi anni, se non per il napoletano, che da una ventina di anni è diventato una lingua protetta. Ma bado alle ciance, il titolo deve rimanere dialetto apuko-barese, che poi in dialetto lo si denomina dialétte barése è tutto un altro discorso, che non ha nulla a che vedere con la specificazione italiana "apulo". La denominazione dialettale è dovuta al fatto che è da sempre chiamato così, e modificarne adesso la definizione originaria per chiamarlo lénghe iappule-barése 1)sarebbe troppo moderna e italianizzato 2)non renderebbe la stessa originalità della definizione autentica di dialétte barése. Chiedi a qualsiasi abitante della Puglia, e ti risponderà certamente dicendoti che è u dialétte barése, non la lénghe iappule-barése.

Non ho mai visto una pagina così disordinata come questa...non la prenderò per niente in considerazione per come è scritta a cazze de kéne, accome se dishe dai vanne maje. Qui non si parla di un dialetto preciso come può essere quello di Bari o di Altamura o Barletta o che ne so, qui si parla di una varietà linguistica della puglia centrale. Sembra si stia parlando del solo dialetto della città di Bari, ma che cosa! Cmq nella scrittura in apulo barese le "j" sono indispensabili, non dobbiamo scrivere in dialetto come si scrivi in italiano, perchè sono due cose ben distinte, ricordatevelo. Non èè che perchè la "j" non si usa più in italiano (fino agli inizi del '900 si era sempre usata) non dobbiamo usarla in barese. Mégghje è diverso da megghi, oppure ji da ii. Qui scrivono tutti un po' come gli pare. Se è per questo, secondo me, nell'apulo barese si dovrebbero usare anke "sh" , "k" e "w", ma cmq voi scrivetelo come vi pare e io continuerò a scriverlo come ho sempre fatto, poichè è l'unico sistema per non creare ambiguità di pronuncia in parole con suoni così dissimili dall'italiano. Stateve bune!

TERMINE "DIALETTO APULO-BARESE"[modifica wikitesto]

A mio parere questo termine è errato. Primo, questa varietà linguistica non è un dialetto ma una lingua, secondo la parte"-barese" è causa di fraintendimenti, poiché il dialetto barese rappresenta una varietà di questo gruppo linguistico parlato nella sola città di Bari, terzo, più correttamente si potrebbe chiamare " APULO-MURGESE" senza così riferirsi ad una città in particolare, cioè Bari. Conclusione...questa voce dovrebbe chiamarsi " LINGUA APULO-MURGESE " e con " dialetto barese" si dovrebbe indicare il dialetto appartenente alla lingua apulo-murgese della sola città di Bari. Non è più corretto così?

Non può chiamarsi dialetto apulo-murgese, dato che murgese è una razza di cavalli allevati in Puglia, non si può usare la stessa definizione per un sistema di dialetti (punto primo); va chiamato dialetto barese perché il sistema dialettale è dal capoluogo che prende origine, dunque Bari > barese, con le sue ovvie varianti man mano che ci si allontana (punto secondo); non c'è alcun riferimento diretto o specifico alla città di Bari; tuttavia chiamarlo murgese, come tu vorresti, enfatizzerebbe solo la fascia murgiana, escludendone le altre varianti, costiere e non (punto terzo). Quindi, prima di applicare certe definizioni e operare determinate modifiche, corredati delle fonti necessarie e poi ne discutiamo. PS: altamurano e molfettese non sono varianti esclusive del barese, tanto da avere una spiccata rilevanza nel contesto delle varianti. Se volessimo trattare di tutte le varianti, non diventerebbe più un enciclopedia, ma, appunto, un trattato. Per quello, caro, esistono i libri di fonetica (Rohlfs, giusto per dirne uno tra i grandi) e dialettologia appositi.

*verifica espressioni non enciclopediche*[modifica wikitesto]

Da verificare e corredare delle esatte fonti:

Espressioni tipiche[modifica wikitesto]

  • Capo! = Ehi, ragazzo!
  • U mèste! = Maestro!
  • Ce uè? = Che vuoi? (Ciábbe uè?/Ce rabbe uè?, utilizzata soprattutto nella zona di Modugno)
  • Ci jjè? = Che c'è?
  • Se volde e ddisce... = Si volta (nel senso di 'interviene') e dice...
  • St'à pparle o st'à mmuve le récchie? = Stai parlando o muovendo le orecchie? (Stai dicendo sul serio?)
  • À cci?! = A chi?!!
  • Ca ci! = "E che ti credi!" come dire: "e che pensavi?"
  • Statte citte! = Sta' zitto!
  • Ce ne sacce" = Che ne so!, boh!
  • Ma vattínne, va! = Va' via! (anche per indicare dissenso o incredulità:"Ma dai!")
  • Madó! = Madonna! Esclamazione molto usata per qualsiasi espressione di sorpresa, positiva o negativa.
  • Moh = (da non confondersi con mo=adesso). Usato come intercalare per qualsiasi espressione di sorpresa, positiva o negativa. Più probabile che derivi dal troncamento di mocche, mmocche: "in bocca", esclamazione sgarbata usata per altro spesso a significare "accidenti a ...". Per esempio mocche à mammete, mocche à la razza toje, ecc.
  • Mè/Émmè? = Embè? (Ebbene?)
  • Mè/Émmè! = E dai!, suvvia!
  • Ce jjore so'? = Che ore sono?
  • Mocche à cchi t'è bbive! = letteralmente: "mannaggia a chi ti è vivo!" (espressione usata nei più vari contesti per sottolineare un'azione o una frase notevole)
  • Mocche à chi t'è murte! = letteralmente: "mannaggia a chi ti è morto!" (usata nei momenti di rabbia contro qualcuno o nei più vari contesti per sottolineare un'azione o una frase notevole di taluno). Spesso ridotta al solo Chi t'è mmurte!.
  • Auànde!/Auànde à Peppine! = letteralmente: "agguanta!(acchiappa)/agguanta Peppino!" (frase usata nello stesso senso dell'espressione italiana "attento!")
  • Sanda Lecí! = letteralmente: "Santa Lucia!" (si utilizza quando un oggetto che si sta cercando e non si riesce a trovare lo si ha davanti agli occhi)
  • Ou! = intercalare caratteristico di chi vuole attirare l'attenzione altrui ("Ehi!").
  • Nah!!, Ih!! = espressioni di sorpresa, incredulità o meraviglia.
  • Uè remmate!!! = italianizzato "ehi rimmato", ossia "immondizia, rifiuto". Qui è usato come insulto.
  • Mamma méje!!! = Mamma mia!!!
  • Si ttaràte! = Sei tarato!
  • Si pròpie d'u june! = Sei proprio "dell'uno", cioè "tarato", "cretino". Esistono due teorie sull'origine di tale espressione: la priva deriva dall'idea che i ragazzi nati nel 1901 fossero troppo giovani per essere arruolati nella prima guerra mondiale e troppo vecchi per essere soldati nella seconda, quindi buoni a niente, mentre la seconda teoria riprende il fatto che a Bari nel 1901 ci furono molti casi di meningite tra i neonati, quindi chi era dell'1 probabilmente aveva difetti cerebrali.
  • Cìtte tu, ca sì d'u june! = "Zitto tu, che sei dell'uno!" Come sopra, con in più l'esortazione a tacere essendo la persona meno adatta a dare consigli.
  • Aué!!... = esclamazione sguaiata usata tipicamente per attirare l'attenzione in modo sgarbato, derivante dal latino Ave pronunciato Aue.
  • T'i à da le sckaffe à ddu à ddu fine à quanne non devèndene dispere!!! = "Ti tirerò i ceffoni a due alla volta fino a che non diventano dispari"
  • "Ce se disce?" "Ca le sarde se mangene l'alísce!" = "Cosa mi racconti?" "Che le sarde si mangiano le alici!" (in altri termini "Nulla di particolare"). L'efficacia della risposta risiede nella rima, presente nella versione originale.
  • T'i à uannà = Ti prenderò
  • Va à scazze le rizze ch u cule = "Va' a schiacciare i ricci (di mare) col sedere" (taci che stai dicendo stupidaggini)
  • Oh, ce? Te st'à ffasce brutte? = Che c'è? ti stai arrabbiando? (diventando brutto, faccia cattiva)
  • Aué Toníne, ma se pote sapé ce ccòse st'à fasce? = Antonio, si può sapere cosa stai facendo?
  • Mechéle, ma addó te jàcchie? = Michele... ma dove ti trovi?
  • Mechéle jè ccome à Catàcchie: mo t'u vide e mmo non u jjàcchie = Michele è come Catacchio (cognome barese): in un momento ce l'hai davanti, un momento dopo non lo trovi più. Esprime la personalità sfuggente di Michele.
  • Giuànne si ppròpie nu puèrche = Giovanni sei proprio un maiale
  • Ué, facce de du novèmbre/nuvèmbre!! (letteralmente: "faccia da due novembre", ovvero faccia estremamente triste o brutta)
  • Mo seggnoríne, stà chine u autobússe! (letteralmente: "accidenti signorina, sta pieno l'autobus", ovvero "il tuo seno prosperoso!")
  • Mo uagnúne stogghe à ttremile!! (letteralmente: "ragazzi, sono a tremila!!", ovvero: "amici, sono al massimo dell'euforia!")
  • " Ad'à fà ngule!" "Devi lavorare!"
  • Recchióne = dispregiativo per omosessuale.
  • Ma vaffangúle (ma vaffanculo)
  • ndo sta/sté l'aragóste? / pombe la pombe/pombe u nosce'? (letteralmente:indurisce l'aragosta? ovvero:sei sessualmente attivo?)
  • aggírete de facce percé de cule già te sacce (mostra il tuo viso perché il tuo sedere già lo conosciamo)
  • Tremó/Tremóne= trimone (espressione particolarmente volgare che indica la masturbazione maschile. Equivale alla parola pirla in Dialetto milanese o alla parola bischero in Dialetto fiorentino)
  • Aué u fígghie de Giuànne. = Ciao figlio di Giovanni.
  • Tine chiú corne tu ca na cesta de cazzavune. = "Hai più corna tu che una cesta di lumache". Evidente riferimento all'infedeltà del coniuge.
  • Tine la cape pe sparte le rècchie. = "Tieni la testa per spartire le orecchie". Sei così scemo che la testa serve solo per separare le orecchie.
  • Me sì lassate come a la zita de Cègghie. = "Mi hai (lett. sei) lasciato/a come la fidanzata di Ceglie". Si fa riferimento ad una ragazza che rimase sola sull'altare nell'attesa del promesso sposo che non si presentò[1]. Viene usato quando qualcuno/a non si presenta ad un appuntamento.
  • Stà a parle o stà a muve le rècchie? = "Stai parlando o stai muovendo le orecchie?" Persona che parla molto ma non dice niente di interessante.
  • Vogghe suse alla zie. = "Vado sopra alla zia", nel senso di salire nel palazzo fino all'appartamento della zia.
  • Stoche sotte a le arme. = "Sto sotto alle armi", sto facendo il militare.
  • Parle picche e parle bune. = "Parla poco e parla bene". Meno chiacchiere e più sostanza.
  • Come Sciame? Auandanne auandanne. = "Come andiamo? Così, così (lett. prendendo prendendo)"

E non che ve ne venite con la scusa "eh no ma questi si dicevano all'antica, chiedi a qualcuno e vedi che sono veri". No e no, bisogna corredarli di fonti.


Mi rivolgo all'anonimo autore dell'intervento intitolato "Espressioni tipiche":

Non sei per niente professionale!... Ma ndutte pròbbie!--Trettevàgghie (msg) 04:54, 11 gen 2016 (CET)[rispondi]


Mi dispiace aver riportato le espressioni in discussione, ma non si poteva fare altrimenti. Wikipedia non è un libro dove ognuno scrive la storiella che gli piace: le espressioni, seppur tipiche o meno, devono esswre corredate di valide fonti prima di essere immesse nella pagina per la lettura. Non si può addurre come scusa che solo perché si dice a Bari è così e basta Prima le fonti, poi i fatti.
Assolutamente hai ragione! --Trettevàgghie (msg) 16:41, 22 ott 2016 (CEST)[rispondi]

Il vocativo[modifica wikitesto]

Cito dalla pagina "Per i nomi esiste una distinzione a due casi: nominativo (soggetto) e vocativo (complemento di vocazione)". Quello che in questa pagina viene chiamato vocativo è semplicemente una forma tronca del nome usata per richiamare l'attenzione di qualcuno e si trova in praticamente tutti i dialetti dell'Italia centro-meridionale ma non si tratta di un caso vocativo vero e proprio come è presente ad es. nel latino, dove lupe è il vocativo di lupus

Substrato greco??[modifica wikitesto]

Strabone scrisse: « A nord si trovano le popolazioni chiamate in greco Peucezi e Dauni, ma gli indigeni chiamano Apulia tutta la regione dopo la Calabria e Apuli la popolazione » Nella Puglia centrale non è mai stato presente un substrato greco, almeno non ci sono fonti che lo attestino. Il substrato era maggiormente di tipo illirico, in quanto i Peuceti, come anche i Dauni e Messapi erano popolazioni di stirpe illirica. Il substrato greco era presente solo a Taranto e in parte nel Salento. Il fatto che nel salento ci siano tuttora comuni parlanti il Griko ( dialetto greco) non è poiché risalgono all'età della Magna Grecia, ma poiché nel medioevo c'è stata un'ondata migratoria proveniente dalla Grecia a causa della conquista ottomana della stessa.

Collegamenti esterni modificati[modifica wikitesto]

Gentili utenti,

ho appena modificato 1 collegamento esterno sulla pagina Dialetti della Puglia centrale. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

Fate riferimento alle FAQ per informazioni su come correggere gli errori del bot.

Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 14:39, 7 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Collegamenti esterni interrotti[modifica wikitesto]

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