Discussione:Avatara

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Ma quel "merda" alla quarta riga di "credenze e significati"?

Un piccolo vandalismo sfuggito ai patroller. Sistemato. --mπ [–√–] 16:33, 1 feb 2010 (CET)[rispondi]

Schleberger ha pubblicato il suo Die indische Götterwelt. Gestalt, Ausdruck und Sinnibild. Ein Handbuck deri hinduistischen Ikonographie con una casa editrice di Monaco la Eugene Diederichs Verlag nel 1986; poi la Mediterranee ha editato l'edizione italiana nel 1999. Che c'entra la Christianity and other religions? Occorre fare attenzione agli url e internet molto spesso purtroppo pasticciano. Sempre meglio verificare sul cartaceo. Comunque grazie per il contributo. --Xinstalker (msg) 10:53, 1 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Non sarebbe forse più corretto: "...con cui si indica l'incarnazione o la discesa sulla terra della divinità." invece di "...con cui si indica l'apparizione o la discesa sulla terra della divinità."? Tecnicamente l'apparizione di una divinità non è affatto considerata un avatara, quanto piuttosto una drishti, una "rupa" o al massimo un darshan, dipende dai casi. Un avatara discende in un corpo materiale (discesa + incarnazione). L'apparizione non è sufficiente a fare un'avatara, altrimenti ogni divinità e asura aggiungerebbe lo stato di avatara al proprio automaticamente con l'atto di "apparire".--Manusha (msg) 21:18, 1 ago 2010 (CEST)[rispondi]

I termini sanscriti hanno delle definizioni non univoche. Molto spesso i loro significati mutano con il mutare dell'opera in cui vengono indicati, ciò riflette sia il periodo storico, sia la scolastica di riferimento e a volte e anche, di conseguenza, il luogo geografico.

Prendiamo il caso di rūpa:

  • Nel Rigveda è sia l'apparenza, sia l'aspetto che la bellezza, anche l'aspetto nel senso del colore (e questo ti richiama l'apparire);
  • Nel Mahabharata è un nome di un popolo;
  • Nel Visnu Purana è il nome di un fiume;
  • Nel Ramayana significa "sorta", "tipo";
  • Nel sanscrito ibirido buddhista è la forma materiale, quella fisica, sostanziale;

Ma altrimenti può anche significare bestiame, una unità matematica, uno spettacolo, una commedia, etc. Ho qui reso anche come 'apparizione' seguendo Saverio Sani (pag. 150 del Dizionario sanscrito-italiano prodotto sotto la sua direzione scientifica) che parla proprio di apparizione o discesa sulla terra, "produco me stesso e appaio nel mondo" la differenza tra Visnu e gli asura (stiamo parlando ormai di induismo) è che Visnu produce se stesso e appare nel mondo per ristabilire il Dharma mentre ciò non sarebbe lo scopo degli asura. Curioso questo dio così poco citato nel RigVeda ma già così importante, è lui che compiendo i tre passi stabilisce lo spazio umano, e il passo più alto è nel cielo e lì che mantiene il resto del cosmo. Ancora nei brahmana chi nel rito compie i tre passi Visnu concede la somma luce, E il luogo del sacrificio che rappresenta l'asse del mondo, il palo, l'ombelico è identificato con Visnu. Guarda anche nella vicenda del cinghiale (che altro non è che Prajapati) rubato agli asura e donato ai deva proprio da Visnu, salva la terra nel Mahabharata, nel Satapatha Brahmana non è Visnu, prima diviene Brahma e poi solo nei tardi Purana è Visnu. Visnu custode del Dharma come millenni prima Varuna era custode dello Rta. La differenza tra Varuna e Visnu è che il primo terrorizzava con il suo giudizio punendo con le epidemie, il secondo prende la forma di Krsna... Comunque non parlerei mai di 'incarnazione', nozione sconosciuta in India. ciao! --Xinstalker (msg) 22:58, 1 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Ciao, certo, questo variare di significati dei vari termini deriva senz'altro dalla propensione allo slesha della cultura scritta e orale hindu, soprattutto nelle srhuti e nelle smrti. Rupa, estrapolato da ogni contesto che può colorarne il senso, indica genericamente il concetto di "forma", quindi espressione visibile (apparizione) che generalmente si contrappone-completa con "nama"", ovvero espressione udibile (suono, nome). Sono due modi basilari coi quali una medesima entità si manifesta nello spazio (rupa) o nel tempo (nama). A pensarci ricordano i corpi subatomici che sono al contempo sia onda che particella. Per il resto sono d'accordo, e il concetto che esprimi è molto chiaro e lo condivido se accompagnato dalla dovuta puntualizzazione. Il termine apparizione, di per sé riguarda un fenomeno vago. Molte divinità "appaiono" nei testi hindu senza però poter parlare di avatara. Per cui il mio ragionamento, per paradosso, era:

  1. se è sufficiente apparire per generare il fenomeno dell'avatar, allora anche un asura può fregiarsi del titolo.
  2. se invece il tutto deve essere collegato imprescindibilmente al continuum del dharma e il mero apparire (per oracolare, dare un dono, una siddhi, un'arma, una benedizione ecc) non è più sufficiente, allora andrebbe specificato perchè una persona un po' a digiuno di hinduismo potrebbe fraintendere e pensare che una divinità che si limita ad apparire sia un avatara.

Io sono più vicino alla posizione di Sri Aurobindo riguardo al concetto di avatara che possiamo trovare in Letters on Yoga, dove esplica che un avatara deve in qualche modo farsi carico e condividere il destino umano (per trasformalo e aiutare a raggiungere un dharma superiore). Questo condividere il destino umano, assumendone anche la forma (almeno da un certo punto in poi dei dasavatara) cozza col concetto di "apparizione". Incarnazione forse, come dici tu, è un concetto un po' estraneo a quella cultura solo nella forma in cui tendiamo a pensarla noi occidentali. Il concetto di manush (altro termine suscettibile di 1000000 significati a seconda del contesto) è spesso usato in India come trait d'union tra personalità spirituali di rilievo e divinità (Manush Kali per Anandamay Ma o Manush Shiva per Vivekananda ad esempio), ovvero la divinità che discende in forma umana e vivente (incarnazione = prender carne). Non troppo lontano dal concetto di incarnazione. Interessante la tua riflessione, la condivido senz'altro, sto solo cercando di capire perché una parte di me continua a storcere il naso a quell "apparizione", pensando ad un'espressione più integrale e sintetica. Buonanotte. --Manusha (msg) 00:02, 2 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Molte divinità appaiono ma non con lo scopo di ristabilire il Dharma, ristabilire il Dharma è il compito di Visnu e Avatara e colui che appare con questo scopo. Prendere un corpo è comune per le divinità o gli asura, ma prendere un corpo per intervenire con quella intenzione è proprio di Visnu e dei suoi avatara, avatara è quindi apparire/discendere (il terzo passo è nel cielo, nel cielo dello spazio umano, visnu è collegato agli uomini interviene a favore degli uomini che seguono il Dharma e punisce coloro che lo infrangono, Visnu discende da quel cielo e appare sulla terra) per ristabilire il Dharma. Su "incarnazione" la penso all'opposto, attribuire la nozione di incarnazione è una proiezione di studiosi occidentali e indiani del tardo ottocento per far incontrare cristianesimo con il visnuismo, non ha nulla a che fare con le dottrine indiane nate nel II secolo a.C. Comunque preciso meglio la definizione in base alle tue osservazioni.--Xinstalker (msg) 09:33, 2 ago 2010 (CEST) Ecco spero ora tu sia d'accordo, come vedi 'incarnarsi' è nel verbo ma non come sostantivo perché richiama una nozione greco-ebraica molto lontana dalla India di diversi secoli fa. Fammi sapere cosa ne pensi. --Xinstalker (msg) 09:37, 2 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Buongiorno. Certo, sul ruolo dell'avatara relativo a ristabilire il dharma (anche se poi in realtà lo cambia più che ristabilire) sono d'accordissimo. Senza questo non c'è fenomeno di avatara. Prendere un corpo in carne e ossa (o lische nel caso di Matsya) non basta. Probabilmente è una questione filologica o di interpretazioni differenti degli stessi termini da parte dei temperamenti orientale e occidentale. Il mio parere è che apparizione sia, almeno qui in occidente, troppo legato a epifanie e teofanie (le apparizioni mariane, cristiche ecc), che non hanno niente a che fare con un avatara. Mentre per il caso di incarnazione concordo sulla pressione occidentale, però ad esempio stanotte ho riletto il capitolo sugli avatara in Letters di Sri Aurobindo (che tra le altre cose è stato un sanscritista ed un filologo di prim'ordine) e i termini che usa sono "incarnation" e "manifestation". Questo rimane però solo il mio parere e il mio "gusto" senza referenze particolari. Non ho problemi a leggere "apparizione" e se tu ed altri ritenete più corretto, chiaro e logico che rimanga com'è non farò nessuna fatica ad accettarlo. Provavo solo ad indentificarmi in un occidentale che ad apparizione collega instintivamente Medjugorje o Fatima, e ai fraintendimenti a cui questo potrebbe portare. Ultimo appunto: vedo che non si fa accenno agli avatara delle altre divinità (Shiva e Ganesh di sicuro sono riportati nei Purana), so che sarebbe un capitolo impegnativo (difatti non mi azzardo perchè pur avendone letto non conosco le precise fonti originarie e classiche) ma completerebbe forse la voce avatara. Grazie per la modifica e la considerazione, credo che sia più completo.--Manusha (msg) 10:47, 2 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Beh non sono proprio io... ma un comitato scientifico di sanscritisti che lo scorso anno ha prodotto un importantissimo strumento in tale senso, poi a dire il vero io li condivido... Si manca Siva, ma ovviamente non è la sola cosa che manca, peraltro molte cose riportate sono assolutamente infondate se non contestualizzate. Per ora mi sono limitato alla didascalia su Krsna e alle prime righe di questa voce... Non credo di inoltrarmi troppo... il rischio è di attivare la caccia al diacritico di qualcuno oppure di avviare 'querelle' con qualche devoto di qualche scuola religiosa neoinduista... ovviamente in quest'ultimo caso non mi riferisco assolutamente a te. Ma il rischio c'è sempre in queste voci 'religiose'... quindi in genere mi limito all'avvio della voce oppure ai capitoli di cultura vedica, mi fermo quasi sempre al IV-III secolo a.C. ...--Xinstalker (msg) 11:01, 2 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Capisco benissimo. Con "te" nella fattispecie della nostra discussione intendevo esattamente "ciò che tu rappresenti", anche se non condividessi a pieno. Nello specifico la tua posizione rappresenta quella di un comitato scientifico e io non mi sogno lontanamente di poterla contraddire, al di là delle mie convinzioni sulla filologia sanscrita e di un'eventuale partigianeria "religiosa". Tenevo solo al fatto che il punto di vista più eminente potesse arrivare il più possibile senza fraintendimenti a chi magari non ha sufficiente familiarità con l'argomento. Capisco anche i timori di caccia e di querelle, se la pensi così, fai benissimo a fermarti sulla borderline. Sprecare energie e tempo in certe discussioni a vicolo cieco non è affatto simpatico. Approfitto per ringraziarti delle numerose migliorie apportate a molte voci di wikipedia, che a mio parere sono spesso precise, misurate, e competenti. Saluti--Manusha (msg) 11:48, 2 ago 2010 (CEST)[rispondi]

Credo comunque che il termine 'apparizione' lo abbiano legato anche al fatto che 'avatāra' sempre come sostantivo maschile del linguaggio sanscrito, ma non in un significato 'religioso', indichi poprio una "apparizione, nuova e inaspettata". Ciao e grazie per i complimenti che ricambio per le intelligenti e colte tue note qui sopra. --Xinstalker (msg) 12:05, 2 ago 2010 (CEST)[rispondi]