Afrodite Sosandra

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Afrodite Sosandra
Autoreda Kalamide
Datacopia romana del II secolo da un originale bronzeo greco del 460 a.C. circa
Materialemarmo
Altezza183 (altezza) cm
UbicazioneMuseo archeologico nazionale, Napoli

L'Afrodite Sosandra ("che salva gli uomini") è una scultura greca del 460 a.C. circa, realizzata dallo scultore Calamide in bronzo. Oggi è nota solo da copie marmoree dell'epoca romana, tra cui la migliore è probabilmente quella al Museo archeologico nazionale di Napoli, databile al II secolo d.C.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Testa dell'Afrodite Sosandra (II secolo) del Museo del Louvre

Lo scrittore Luciano di Samosata, ricordò la statua precisando che era collocata all'ingresso dei Propilei dell'Acropoli di Atene, sottolineandone il sorriso "puro e venerando"[1]:

«Calamide l'adornerà della verecondia della sua Sosandra e di quello stesso sorriso dignitoso e lieve.»

Dell'opera si conoscono una ventina di copie marmoree di età romana, tra cui corpo senza testa e un busto al Louvre, una testa conservata presso la collezione archeologica dell'Università di Pavia[2], nonché un frammento della testa all'Antiquarium del Palatino a Roma. La statua napoletana, tra le migliori, fu rinvenuta a Baia ed è a uno stadio semicompleto: non ne venne fatta la politura. Un'altra si trova a Pompei (terme Stabiane), un'altra ancora è conservata al Pergamonmuseum di Berlino.

Descrizione e stile[modifica | modifica wikitesto]

La dea Afrodite è rappresentata avvolta da un mantello, compresa la testa, che ricade con pieghe studiate, mentre ai piedi si vede un lembo della setosa veste sottostante, con pieghe più fini, dalla quale sporgono i calzari. Si tratta di uno degli esempi più famosi della scultura greca dello stile severo, che qui si declina in una compostezza dell'espressione del viso e soprattutto nel panno che chiude tutta la figura celandone completamente l'anatomia e lasciando alla luce la possibilità di scivolare morbidamente sugli ampi piani del tessuto.

Del bel volto ovale il Lanzi sottolineò "la verecondia e il sorriso"[3]. Le stesse fonti antiche ne ricordano il pudore e la purezza dello sguardo, rivelando, per la prima volta, un'introspezione psicologica.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luciano, Immagini, 4, 6
  2. ^ (EN) Afrodite Sosandra, su CAST. URL consultato il 29 settembre 2020.
  3. ^ Luigi Lanzi, Notizie della scultura degli antichi, Fiesole, 1824, p. 49

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ranuccio Bianchi Bandinelli, Enrico Paribeni, L'arte dell'antichità classica. Grecia, Torino, UTET Libreria, 1986, ISBN 88-7750-183-9..
  • Nicola Bonacasa (a cura di), Lo stile severo in Grecia e in Occidente : aspetti e problemi, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1995, ISBN 9788870628821..
  • Carlo Bertelli, Antonella Coralini; Andrea Gatti, La storia dell’arte : dalle origini all’età carolingia, Milano, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2010, ISBN 978-88-424-4664-4..
  • Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999. ISBN 88-451-7107-8

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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