Utente:Torredibabele/Sandbox1

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Le Meditazioni sull'economia politica (pubblicato anche come Discorso sulla economia politica) è un saggio di carattere economico scritto da Pietro Verri nel 1771.

Suddivisa in 60 capitoli, l'opera tratta delle principali componenti dell'economia di uno stato, fra cui il commercio, la politica fiscale, il tasso d'interesse, ****


Domanda e offerta

[modifica | modifica wikitesto]

Il commercio, secondo Verri, è mosso da due potenti forze: il bisogno e l'abbondanza. Non è difficile riconoscere in questi due termini la formulazione del concetto fondamentale di domanda e di offerta.

«Perchè vi sia Commercio vi debbon'essere bisogno, e abbondanza: bisogno della merce che si cerca, abbondanza della merce che si cede in contraccambio.»

Il bisogno, ossia la domanda, è il motore di tutte le attività umane: nelle società primitive, che non avvertono altre necessità se non quelle strettamente fondamentali, la produzione si limita ad essere quella tipica di una economia di sussistenza; al contrario, con l'incivilimento di una comunità, si vengono inevitabilmente a creare nuovi bisogni, i quali, per essere soddisfatti, danno vita a flussi commerciali sempre più intensi.

«Il bisogno, cioè la sensazione del dolore, è il pungolo col quale la natura scuote l'uomo, e lo desta da quell'indolente stato di vegetazione, in cui senza questo giacerebbe.»

L'abbondanza, ossia l'offerta, è l'altro requisito fondamentale perchè il commercio possa prosperare. Verri, tuttavia, distingue l'abbondanza assoluta, ossia la quantità di una merce prodotta in uno stato, dalla abbondanza apparente, cioè la parte di quella merce che viene realmente messa in vendita e che costituisce il concetto moderno di offerta; non a caso Verri fa sempre riferimento alla abbondanza apparente nel discutere del commercio. In alcune parti del saggio Verri fa riferimento all'offerta come rarità, ma non vi è alcuna differenza sostanziale rispetto al concetto di abbondanza.

Bisogno e abbondanza, tuttavia, non bastano da sole ad alimentare il commercio. Questo perchè gli individui non hanno una percezione universale e univoca del valore, e ciò rende difficile gli scambi. Verri esprime molto chiaramente la necessità di un mezzo per superare questo ostacolo:

«Era necessario adunque che primieramente si ritrovasse il mezzo per avere una idea universale del valore, e si ritrovasse una merce incorruttibile, divisibile, accettata sempre da ognuno, facile a custodirsi e a trasportarsi, atta in somma a potersi cedere in contraccambio di ogni altra merce.»

Il denaro è perciò definibile come merce universale, in quanto contribuisce ad uniformare l'idea di un valore altrimenti eterogeneo. D'altra parte, il denaro non gode di uno status speciale per il suo carattere di universalità: Verri, considerandolo come merce a tutti gli effetti, e perciò soggetto ad aumenti e diminuzioni di prezzo, introduce il moderno concetto di potere d'acquisto.

«Presso di noi che abbiam l'uso della merce universale, la parola prezzo significa la quantità della merce universale che si dà per un'altra merce. Ciò accade perchè gli uomini generalmente non s'accorgono che il prezzo della merce universale medesima è variabile.»

Produzione e consumi

[modifica | modifica wikitesto]

Nell'opera viene sottolineato più volte la non sostenibilità, nel lungo periodo, di un sistema economico che produce più di quanto consuma. Infatti, nel caso in cui la riproduzione delle risorse non segua di pari passo il livello dei consumi di una nazione, il sistema economico tenderà automaticamente, tramite un decremento demografico, ad un nuovo stato di equilibrio.

«La nazione dunque in questo caso dal male medesimo riceve la spinta al rimedio, e non secondandola dovrà diminuire il popolo, e indebolirsi lo stato, finchè si restituisca l'equilibrio.»

Per questo motivo Verri enuncia molto chiaramente quale sia lo scopo principale della scienza economica:

«L'accrescimento dell'annua riproduzione debb'essere lo scopo della Economia Politica.»

Tuttavia, il solo aumento della produzione non è sufficiente a garantire il benessere di uno stato: se il denaro ricavato tale incremento non viene investito, infatti, Verri prospetta la comparsa di fenomeni inflazionistici che, aumentando il costo dei beni, inevitabilmente danneggeranno il commercio estero.

D'altra parte, un aumento delle ricchezze disponibili, porterà ad un incremento del numero di bisogni che gli individui possono soddisfare e, conseguentemente, anche i consumi conosceranno un rialzo.

«La merce universale acquistata coll'industria accrescerà ivi i bisogni, perché tanto ogni uomo ha più bisogni quanto ha più desiderj, e tanto più desiderj quanto maggiore probabilità di soddisfarli, e questa s'accresce a misura che se ne accrescono i mezzi, quindi ogni uomo acquistando maggior quantità di denaro accrescerà la propria consumazione.»

Perchè vi sia questo incremento dei consumi, tuttavia, è necessario che quante più persone possibili possano beneficiare dei ricavi derivanti dal commercio. L'importanza della distribuzione delle risorse viene ripresa più volte da Verri nel corso dell'opera.

«Le merci particolari si moltiplicheranno a proporzione che universalmente si spanderà l'accrescimento della merce universale.»

Prezzo e concorrenza

[modifica | modifica wikitesto]

Parlando del prezzo dei beni, Verri introduce il concetto di prezzo comune, che può essere considerato come antesignano del prezzo di equilibrio: in tale situazione, infatti, non sono possibili fenomeni di arbitraggio, e perciò nè venditore nè consumatore ricavano surplus dalla vendita o dall'acquisto.

«Il prezzo comune è quello in cui il compratore può diventar venditore, e il venditore compratore, senza discapito o guadagno sensibile.»

Essendo poi bisogno (domanda) e rarità (offerta), i motori primi del commercio, essi costituiscono anche le determinanti del prezzo; inoltre, Verri sostiene che è la domanda a creare l'offerta e non viceversa.

«Accrescendosi le compre tendono proporzionatamente ad accrescersi i venditori e i riproduttori in uno Stato, perchè quanto più compratori vi sono, tanto cresce l'utile d'essere venditore, e tanto più si moltiplicano i riproduttori quanto s'accrescono i venditori.»

Un'altra intuizione dell'autore è un concetto che si avvicina molto a quello di concorrenza perfetta: sebbene infatti egli non descriva esplicitamente la mancanza di sovra-profitti in tale stato, come fa invece la teoria economica moderna, descrive la caduta costante del prezzo che si verifica con l'aumentare dei venditori.

«Accrescasi con questa norma il numero de' venditori, ella è cosa naturale che quanto più questo numero cresce, tanto più l'accordo fra di essi si rende difficile, tanto più il numero delle maggiori vendite compenserà la diminuzione del prezzo, e quindi si animerà l'emulazione e la concorenza; tanto più dunque crescerà l'abbondanza apparente, e tanto più si diminuirà il prezzo della merce. Io perciò prossimamente, dico che l'abbondanza apparente si misura col numero de' venditori.»

D'altra parte, questo stato non può ottenersi in un sistema con pochi venditori o in uno stato di monopolio, cioè con un venditore solo. In un suo esempio[1], Verri immagina la situazione di un solo venditore che possiede il controllo dei prodotti alimentari di una città: in tal caso a prescindere dalla reale disponibilità della merce (abbondanza assoluta), il venditore fisserà la quantità (abbondanza apparente) in modo da ottenere un prezzo più alto possibile. Tuttavia Verri, al contrario della teoria economica moderna, non considera che anche il monopolista ragiona in termini di massimizzazione dei profitti, e non semplicemente di quella del prezzo, limitandosi a dire che quest'ultimo viene fissato al livello "massimo possibile".

Verri intuisce anche che in un economia di monopsonio, ossia dove è presente un solo compratore, il potere contrattuale di quest'ultimo è più forte che in una situazione con più acquirenti, a parità di merce acquistata, e che perciò il prezzo di un bene calerà. L'autore enuncia quindi un principio fondamentale che riassume in queste parole:

«Il prezzo adunque delle cose si desume dal numero de' venditori paragonato col numero de' compratori.»


Distribuzione delle ricchezze

[modifica | modifica wikitesto]

Pur trattando l'argomento anche in altri capitoli, Verri ne dedica uno, il sesto, relativo alla distribuzione delle ricchezze ricavate dal commercio. Già in altri capitoli, in particolare nel terzo, l'autore aveva già affermato che il prosperare dei commerci può avvenire solo in una situazione dove quante più persone possibili godono di un reddito sufficiente per poter soddisfare i propri bisogni; nel sesto capitolo, tuttavia, egli denuncia i danni che una eccessiva disuguaglianza può provocare all'economia di uno stato.

«Vediamo in fatti che ne' paesi ove la sproporzjone delle ricchezze ci presenta il compassionevole contrasto della nuda affamata plebe, che dalle strade rimira l'orgoglioso fasto di alcuni pochi rigurgitanti di comodi e ricchezze, ivi scarsissimi sono i venditori di ogni merce tanto indigena che straniera, molti sono al paragone i compratori, e i prezzi talmente alti che pochissima esportazione posson fare agli esteri»


  1. ^

    «Si consideri che se in una Città vi fosse alimento bastante per nutrire il popolo per un anno, ma questo alimento fosse in potere di un uomo solo, quel solo venditore condurrebbe al mercato giornaliero la sola quantità proporzionata alla vendita di quel giorno, e così le offerte sarebbero ridotte al minimo grado, l'abbondanza apparente sarebbe la minima possibile, conseguentemente il prezzo sarebbe il massimo possibile, dipendendo dalla mera discrezione di quel solo dispotico venditore.»