Utente:Sir Nicklaus/Sandbox
Casalrotto
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Casalrotto | |
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Nome originale | Casale Ruptum |
Cronologia | |
Fondazione | XI secolo circa |
Fine | XIV secolo circa |
Causa | Abbandono per motivi sociali, economici, politici, bellici e climatici |
Amministrazione | |
Territorio controllato | Normanni (1063-1194)
Svevi (1194-1268) Angioini (1268-XIV secolo) |
Dipendente da | Ducato di Puglia e Calabria (1063-1130)
Regno di Sicilia (1130-XIV secolo) |
Territorio e popolazione | |
Superficie massima | 32.500 m² (0,0325 km²) |
Abitanti massimi | 300 fuochi, circa 1500 abitanti |
Nome abitanti | Casalrottiani |
Lingua | Latino medievale |
Localizzazione | |
Stato attuale | Italia |
Località | Mottola |
Casalrotto Casale Ruptum, Casarutte | |
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Civiltà | Normanni |
Utilizzo | Abitazioni, stalle, ricoveri, chiese, necropoli |
Stile | rupestre |
Epoca | Basso Medioevo |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Altitudine | ? m s.l.m. |
Dimensioni | |
Superficie | 32,500 circa m² |
Scavi | |
Date scavi | ? |
Amministrazione | |
Ente | Comune di Mottola |
Casalrotto (latino medievale: Casale Ruptum,[1] mottolese: Casarutte [AFI:kasaˈrutːə])[2] è stato un casale rupestre attivo tra l'XI e il XIV secolo nel territorio di Mottola, in Puglia.
Probabilmente originatosi a partire dal monastero di Sant'Angelo, fondato a partire dalla seconda colonizzazione bizantina del IX secolo,[3] il villaggio rupestre si sviluppò a fine dell'XI secolo, quando i Normanni, d'accordo col papato, attuarono una politica di ricattolicizzazione dei territori di culto greco sottratti ai Bizantini.[3][4]
Dopo aver raggiunto il massimo rigoglio tra il XII e il XIII secolo grazie ad una serie di donazioni,[3] il casale conobbe un periodo di crisi a causa delle crescente tassazione sui territori imposta dagli Angioini, precipuo fattore che determinò il suo progressivo deterioramento e spopolamento.[3]
Etimologia
[modifica | modifica wikitesto]L'etimologia del toponimo Casalrotto è tuttora dibattuta. Infatti, in latino classico ruptum significa "rotto", "distrutto"; pertanto il toponimo significherebbe "casale distrutto", il che presumerebbe una devastazione precedente sul sito su cui è sorto il casale: tuttavia, di questa distruzione, non vi sono né prove documentarie, né indizi archeologici.[5] Invece, è più plausibile che il nome latino derivi proprio dal dialetto[5] che, scomposto, significa "case in grotta": difatti casa è dal latino casa; "capanna dei coloni, casa", tra l'altro frequentemente attestato e presente in molti toponimi,[6] mentre rutte deriverebbe proprio dal latino crypta (dal greco κρύτη); "grotta".[5][7][8]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la conquista prima di Mottola nel 1063 e poi dell'Italia Meridionale nel 1071, i nuovi dominatori, in stretto accordo con il papato, avviarono un’ampia strategia di rilatinizzazione e ricattolicizzazione delle strutture ecclesiastiche e delle popolazioni locali. Questi territori erano stati a lungo influenzati da due secoli di dominio bizantino e dalla cultura e religiosità della Chiesa d’Oriente. Un elemento chiave di questa strategia fu il coinvolgimento attivo dei grandi monasteri benedettini. Per rafforzare il controllo della Chiesa di Roma sui territori meridionali, i Normanni incoraggiarono le donazioni di piccoli monasteri rurali italo-greci alle grandi abbazie benedettine dell’Italia meridionale, facilitando così la fondazione di nuovi monasteri e il consolidamento del potere ecclesiastico.
Un esempio significativo di questa politica si trova proprio presso Mottola, dove il “Monasterium Sancti Angeli in Casali Rupto”, probabilmente fondato in epoca bizantina da monaci italo-greci sul nucleo della chiesa rupestre di Sant’Angelo, venne donato nel 1081 al monastero benedettino cluniacense della SS. Trinità di Cava dei Tirreni. Questa donazione segnò un momento cruciale nella storia di Casalrotto, evidenziando il passaggio del controllo religioso e culturale dalla tradizione italo-greca a quella benedettina latina.
La dedicazione a San Michele Arcangelo, patrono dei Longobardi, popolo noto per il suo spirito guerriero e la devozione verso l’arcangelo comandante delle schiere celesti, lascia ipotizzare un’influenza longobarda sulla fondazione o almeno sulla dedicazione del monastero. In tutta l’Italia meridionale, il culto micaelico si sviluppò in luoghi particolari, spesso associati a grotte, come il celebre santuario di Monte Sant'Angelo, e Casalrotto non fece eccezione, costituendo un punto di congiunzione tra la tradizione longobarda e quella bizantina.
A differenza di molti altri villaggi rupestri dell’Italia meridionale, su Casalrotto esiste una documentazione storica estremamente ricca, frutto di numerose indagini sia documentarie che archeologiche. Le prime notizie storiche risalgono a una "charta donationis" del 5 maggio 1081, con la quale il normanno Riccardo Senescalco, signore di Mottola e Castellaneta, figlio di Drogone d’Altavilla e nipote di Roberto il Guiscardo, con l’assenso del vescovo di Mottola Giovanni, donò al monastero di Cava dei Tirreni i monasteri di Sant'Angelo, Santa Caterina e San Vito, situati nel territorio di Mottola. Questa donazione includeva anche tre villani con le loro terre per servire il monastero di Sant’Angelo, sottolineando il ruolo cruciale di Casalrotto nell’assetto monastico dell’epoca.
Nel 1099 un altro documento attesta una nuova donazione alla chiesa di Sant'Angelo da parte di Riccardo Senescalco, rafforzando ulteriormente il potere dell’abate di Cava su questi territori. Grazie a una serie di donazioni e acquisizioni, Casalrotto raggiunse il suo massimo splendore nel XII secolo, evolvendo da un insediamento prevalentemente rupestre a un vero e proprio casale con strutture costruite secondo le precise regole benedettine. È probabile che, in questo periodo, il monastero sia stato trasferito in una struttura costruita, non più rupestre, situata nell’area dell’attuale masseria settecentesca. Inoltre, è possibile che sia stata edificata una nuova chiesa sub divo, dedicata al Santo Angelo, come testimoniato da una visita canonica del 1618 che menziona una "chiesa maggiore" non rupestre, ritrovata scoperchiata con due grandi colonne abbattute.
Tra il 1155 e il 1165, il priore Campo fece costruire un’altra chiesa sub divo dedicata a Santa Maria, consacrata dal vescovo Riccardo di Mottola. Questa nuova struttura segnava un’espansione significativa del complesso monastico e la crescente importanza del casale. Nel frattempo, continuava anche l'attività di escavazione di cripte e cappelle votive nei dintorni del monastero, di pregevole fattura architettonica e riccamente decorate con affreschi e tempere, molte delle quali, come quelle dedicate a San Cesario, Santa Apollonia e Santa Margherita, sono ancora visitabili.
Nel XIII secolo, una bolla dell’imperatore Federico II del 1231 riconosceva all’abate di Cava e ai priori di Casalrotto un'autorità pari a quella dei più potenti baroni e conti laici sui territori del monastero. Tale riconoscimento evidenziava la crescente influenza di Casalrotto non solo come centro religioso, ma anche come polo amministrativo e politico. Nello stesso anno, alcune sentenze ribadirono che gli abitanti del monastero dovevano rispettare l’obbligo di residenza e prestare corvée in favore del priore. Questo status di autonomia venne confermato da una bolla del vescovo Giovanni del 1238, che sanciva l’indipendenza delle chiese di Sant'Angelo e Santa Maria di Casalrotto dalla giurisdizione del vescovo di Mottola.
Tuttavia, dalla seconda metà del XIII secolo in poi, la politica fiscale oppressiva di Federico II e di Manfredi, combinata agli attacchi dei baroni locali contro la proprietà monastica, iniziò a minare la prosperità di Casalrotto. La situazione peggiorò ulteriormente durante il regno di Carlo d’Angiò, il cui rigido sistema tributario contribuì al declino delle attività produttive. I primi segni di decadenza apparvero nel 1254, quando una bolla papale di Innocenzo IV denunciava i tentativi di infeudamento dei territori mottolesi da parte dei sostenitori dell’imperatore svevo.
Nel 1263, l’arciprete benedettino Eustasio di Casalrotto donò all’Abbazia madre di Cava dei Tirreni un prezioso codice, l’Origo Gentis Langobardorum, che rappresentava uno dei più importanti segnali della presenza longobarda nel territorio. Redatto da amanuensi di scuola beneventana e risalente probabilmente al 1005, questo codice conteneva una versione della saga longobarda e le leggi emanate dai sovrani franchi per l’Italia dopo la conquista del regno longobardo nel 774. La donazione del codice, insieme a molti altri tesori, rifletteva la ricchezza raggiunta dal monastero mottolese, ma anche l’imminente crisi che stava per travolgere Casalrotto.
Una bolla papale del 1292 confermò nuovamente i poteri giurisdizionali dell’abate di Cava e del priore di Casalrotto, rendendo evidente il tentativo di arginare le continue usurpazioni da parte dei signorotti locali. Tuttavia, il XIV secolo segnò l’inizio di un lungo periodo di declino per Casalrotto. Una lettera del Giustiziere di Terra d’Otranto a Carlo d’Angiò del 1304 descrive un villaggio in rovina, devastato dalle guerre di successione tra le fazioni angioine e oppresso da esose imposizioni fiscali. Un documento del priore Pietro di Sant'Angelo, nello stesso periodo, attesta che il casale ospitava ancora circa trenta famiglie.
Nonostante un modesto tentativo di ripresa testimoniato da un contributo alla "collettoria vescovile" nel 1324, Casalrotto continuò a perdere la sua importanza. Il declino proseguì con il passaggio della proprietà a privati: nel 1616, i monaci cavensi vendettero il territorio di Casalrotto al marchese di Mottola Marco Antonio Caracciolo, e nel 1653, il casale e l’intero feudo mottolese vennero ceduti a Francesco II Caracciolo, duca di Martina.
Tra i villaggi rupestri dell’Italia meridionale, Casalrotto è quello che ha subito le indagini più sistematiche. Le sue grotte, scavate lungo le fiancate della lama, conservano ancora tracce di un passato complesso e affascinante, fatto di nicchie, lucerne, vasche, pilastri e mangiatoie. Nonostante l’abbandono e le successive trasformazioni, le testimonianze architettoniche e artistiche presenti a Casalrotto rimangono un prezioso documento della storia monastica e civile di questa regione.
Necropoli
[modifica | modifica wikitesto]Chiese e luoghi di culto
[modifica | modifica wikitesto]Origo Gentis Longobardorum?
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Archivio della SS. Trinità di Cava dei Tirreni, Pergamena – Indicazione moderna M. 49
- ^ Cosimo Maldarizzi, Dizionario del dialetto mottolese, Mottola, 2021, p. 160.
- ^ a b c d Maria Grottola, Il Villaggio Rupestre di Casalrotto, su visitmottola.com.
- ^ Sergio Natale Maglio, Il monastero benedettino di Casalrotto, su comune.mottola.ta.it.
- ^ a b c Pasquale Lentini, Il fenomeno della civiltà rupestre nel territorio di Mottola, collana Studi Mottolesi, Galatina, Congedo Editore, 1988, pp. 35-37.
- ^ Max Pfister, Lessico Etimologico Italiano, vol. 12, Wiesbaden, Dr. Ludwig Reichert Verlag, 2012, pp. 462-484.«Il lat. CASA designa originariamente la ‘capanna’ dei coloni, distinguendosi così dalla VILLA. La parola CASA entra in concorrenza con DOMUS [...]. È documentato in toponimi e in significati secondari»
- ^ Gerhard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d'Otranto), II, München, Verlag der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, 1959, pp. 563, 569.
- ^ Max Pfister, Lessico Etimologico Italiano, vol. 12, Wiesbaden, Dr. Ludwig Reichert Verlag, pp. 462-484.«it. grotticasa → crypta»