Utente:Shivanarayana/Tomaž Humar

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Noto per le sue ascensioni estreme in Himalaya, spesso in solitaria, ha realizzato più di 1200 salite, di cui 60 erano prime. Ha vinto il Piolet d'Or nel 1996, in coppia con Vanja Furlan, per l'ascensione di una nuova via sulla parte nord-ovest dell'Ama Dablam.[1] È morto nel novembre 2009 per le ferite riportate in un tentativo di ascensione solitaria alla parete sud del Langtang Lirung.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Cresce a Kamnik e si iscrive alla sezione alpinistica locale nel 1987. Nel 1990 raggiunge lo status di alpinista, nel 1993 diventa istruttore di alpinismo e soccorritore di montagna.

Nel 1988 presta servizio di leva in Kosovo nell'esercito iugoslavo, esperienza che trova disumanizzante e che lo segna profondamente.[2]

Si mette in luce con diverse salite nelle Alpi Giulie slovene e nelle Alpi di Kamnik, tra le quali l'apertura di artificiali estreme in solitaria.

Nel dicembre 1991 sposa Sergeja Jersin, che gli darà i due figli Tomi e Urša e dalla quale si separerà 10 anni più tardi.[3]

Prime esperienze himalaiane[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre 1994 raggiunge la cima del Ganesh V (cima di 6.986 m nella sottocatena himalaiana del Ganesh Himāl, in Nepal) con Stane Belak (detto Šrauf)[4], dimostrando doti alpinistiche e ostinazione non comuni. Questo gli garantisce la partecipazione alla spedizione slovena guidata nel 1995 da Tone Skarja sull'Annapurna, al tempo l'unico ottomila ancora inscalato da sloveni. Nel rigido sistema adottato da Skarja, Tomaž non è candidato a raggiungere la vetta ma, deciso a non lasciarsi sfuggire l'occasione, ignora gli ordini del capo spedizione e la raggiunge in solitaria dall'ultimo campo.[2]

Ama Dablam[modifica | modifica wikitesto]

Dopo un primo tentativo, abortito per il maltempo, tra il 30 aprile e il 4 maggio 1996, con Vanja Furlan apre in stile alpino una difficile via diretta di misto sull'inscalata parete nord-ovest dell'Ama Dablam (70° V, A2+), su cui in precedenza avevano fallito due spedizioni slovene e una nordamericana. La salita è dedicata a Stane Belak, travolto da una valanga sulla piccola Moistrocca nel dicembre 1995, e viene premiata con il Piolet d'Or come miglior salita del 1996.[1] Vanja Furlan muore sulla Moistrocca grande (via Kovinarska, di medio impegno, salita per il corso di guida alpina) il 15 agosto 1996, prima di poter ritirare il premio.[5]

Il Nuptse e la morte di Jeglic[modifica | modifica wikitesto]

La solitaria sul Dhaulagiri[modifica | modifica wikitesto]

L'incidente domestico[modifica | modifica wikitesto]

Ritorno in montagna: Shisha Pangma e Aconcagua[modifica | modifica wikitesto]

Spedizioni al Nanga Parbat[modifica | modifica wikitesto]

Langtang Lirung e morte[modifica | modifica wikitesto]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Tomaz Humar: Black Rock. The Northwest Face of Bobaye. "American Alpine Journal", Vol. 1997, pp. 17–18
  • Tomaz Humar: Nuptse West Face. "American Alpine Journal", Vol. 1998, pp. 3–10
  • Tomaž Humar: Ni nemogočih poti. Mobitel, Ljubljana 2001. (ISBN 961-6403-23-0) Template:COBISS Template:Sl icon, 207 pages
  • Tomaž Humar: No Impossible Ways (transl. Tamara Soban). Mobitel, Ljubljana 2001. (ISBN 961-6403-23-0), 104 pages

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bernadette McDonald, Tomaž Humar - Prigioniero del ghiaccio, trad. A. Cicogna, Versante Sud, 2009, ISBN 978-88-87890-99-0.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Tomaž Humar, Ama Dablam: North,West Face (PDF), in The Alpine Journal, 1997. URL consultato l'11-11-2012.
  2. ^ a b Ed Douglas, Tomaz Humar, su planetmountain.com, Planetmountain, 19-11-2009. URL consultato l'11-11-2012.
  3. ^ Stephen Goodwin, Tomaz Humar: Mountaineer idolised in his home country but resented by many in the climbing community, in The Independent, 18-11-2009. URL consultato il 18-11-2012.
  4. ^ Boris Štupar, Stane Belak - Šrauf, su gore-ljudje.net, 13-11-2010. URL consultato il 18-11-2012.
  5. ^ V spomin..., su aozeleznicar.org, AO Železničar. URL consultato il 18-11-2012.

[1] [2] [3]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]