Utente:Paolo Vittorio Maria Belloni/Sandbox

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Conservatorio botanico I giardini di Pomona

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Il conservatorio botanico I giardini di Pomona prende il nome della dea latina protettrice dei giardini e dei frutteti. Si trova in Valle d’Itria, nel sud della Puglia, precisamente in territorio di Cisternino, all’incrocio delle province di Brindisi, Bari e Taranto. Nei campi-collezione estesi su circa dieci ettari dimorano oltre mille varietà di fruttifere arboree, molte delle quali a rischio estinzione, fra queste una raccolta di 600 varietà di fichi provenienti da tutto il mondo. L’albero-simbolo dei Giardini di Pomona è il Kaki di Nagasaki, piantumato al centro di un labirinto di lavande, filiazione di un esemplare sottratto alle macerie della bomba atomica.

Il Summit della Terra di Rio de Janeiro e la nascita di Pomona onlus

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È Paolo Belloni, classe 1948, milanese di nascita, il fondatore e custode de I Giardini di Pomona. Dopo la laurea in Lingue alla Bocconi, viaggia a lungo nel Suddest asiatico e in Nordafrica studiando le piante officinali con le popolazioni indigene. Nel corso dei viaggi giovanili maturano l’interesse e la consapevolezza dell’importanza delle piante di interesse alimentare, un legame istintivo con la natura e la coscienza di una strettissima connessione fra la sopravvivenza del pianeta e la salvaguardia della biodiversità. La svolta “militante” arriva nel 1993, anno in cui Paolo Belloni fonda Pomona onlus, associazione nata con lo scopo dichiarato di salvaguardare e tutelare la frutta antica. L’anno di fondazione della onlus non è casuale, ma avviene esattamente un anno dopo il Summit della Terra convocato a Rio de Janeiro, in cui per la prima volta nell’agenda di 172 governi su scala planetaria prende voce l’emergenza ambientale. Nello spirito del Summit della Terra e dunque di Agenda 21 (il piano di azione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile nel 21° secolo), la onlus dà vita a una serie di progetti di carattere scientifico-divulgativo sull’onda lunga dei temi caldi di Rio. È del ’93 una mostra al Palazzo ducale di Genova sulle tavole della Pomona italiana del Gallesio. Da lì a poco partirà una collaborazione col FAI, insieme al quale Pomona onlus realizza fra le altre iniziative la prima mostra pomologica (1994) sulla frutta antica allestita fra le mura del monastero di Torba (Varese): si aprono le porte al grande pubblico su un argomento generalmente di esclusivo appannaggio della comunità scientifica.

Dopo un decennio di attività condotte prevalentemente in Lombardia, la onlus decide di sperimentare direttamente in campo tutte le conoscenze acquisite, dando applicazione pratica a tutte le politiche ambientali messe nero su bianco per la prima volta in quel convegno di portata storica e certamente rivoluzionaria. Nel 2004, in Valle d’Itria, nasce il conservatorio botanico i Giardini di Pomona, dove Paolo Belloni mette inizialmente a dimora circa 80 varietà di fichi. Grazie alle ricerche del suo fondatore, alla rete dei raccoglitori informali ma anche alla comunità di contadini pugliesi custodi di fruttifere di pregio, le collezioni dei Giardini di Pomona annoverano nel 2021 più di mille varietà. Il lavoro di recupero del patrimonio di agribiodiversità custodito a Pomona è stato applaudito da Vandana Shiva, attivista ed economista indiana, ospite del conservatorio nell’agosto del 2010.

Le collezioni di fruttifere arboree e i fichi

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Il campo-catalogo de I giardini di Pomona parte dai caprifichi (o fichi maschi), prosegue con le varietà storiche italiane dipinte da Bartolomeo Bimbi per Cosimo III De’ Medici, granduca di Toscana tra il ‘600 e il ‘700, oltre a quelle fatte ritrarre da Giorgio Gallesio nelle magnifiche tavole della sua Pomona Italiana (1817-1839). Seguono le cultivar largamente diffuse su tutto il territorio nazionale, le varietà locali di varie regioni italiane, le varietà pugliesi (oltre un centinaio quelle presenti) e dell’Italia del sud, le varietà internazionali tra cui una sessantina di varietà provenienti dalla Francia ed altrettante provenienti dalle Isole Baleari, una quindicina selezionate dalla Reale Accademia di Agricoltura del Marocco ed una decina da Israele. Sono inoltre presenti cultivar provenienti da Afghanistan, Albania, Grecia, Portogallo, Romania, Siria, Turchia e U.S.A. Perché il fico? Perché somma una serie di caratteristiche che ne fanno una pianta strategica per l’alimentazione delle generazioni future. Si tratta di una pianta rustica con esigenze minime in termini di fabbisogno di acqua, cure e persino abilità agronomiche. I frutti, golosi e versatili anche in cucina, hanno un enorme e universalmente riconosciuto potenziale nutraceutico.

Tra le varietà più rare e di maggior pregio presenti nelle collezioni de I Giardini di Pomona si possono annoverare alcune fruttifere “storiche” rappresentate nella Pomona Italiana di Giorgio Gallesio. Fra questi il Fico Fetifero, o dall’osso.  Questo fico bicolore, originario del basso Piemonte e dell’alta Liguria, ha la caratteristica di portare un feto all’interno del siconio, da cui il nome fetifero o dall’osso. La seconda denominazione deriva dal fatto che l’ingrossamento del “feto” comprime gli acheni contenuti nella polpa in prossimità dell’ostiolo condensandoli in una specie di agglomerato che può dare, durante la degustazione, la sensazione della presenza di un ossicino. Una pianta di questa varietà particolarmente rara, venne individuata nell’autunno 1995, mostrando la riproduzione della tavola della Pomona Italiana in cui questo fico era rappresentato, durante una mostra pomologica organizzata da Pomona onlus per il FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) nel Castello della Manta (CN). Un barbiere del vicino paese di Barge segnalava a Pomona la presenza della suddetta varietà, poi moltiplicata dall’associazione.

Fra le altre varietà storiche presenti nel conservatorio botanico ci sono i fichi Albo, Brogiotto, Cavaliere, Gentile, Monaco, Regina bianco e Regina nero, Verdone. Fra le altre varietà spicca il Dottato (l’antico optatus dei romani: il fico “scelto” tra tutti) che a tutt’oggi è la varietà più diffusa in Italia a duplice attitudine: si presta sia ad essere consumato fresco che ad essere essiccato. Fra le piante più rare del conservatorio, ad alto rischio estinzione, c’è il Fico Luv (Lupo). Si tratta di una varietà locale unifera di fico nero piacentino (nero come il lupo nelle favole dei bambini).

Piante rare e curiose presenti nel conservatorio botanico I giardini di Pomona

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Amelanchier canadensis

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L’Amelanchier canadensis, rarissimo al Sud. La pianta, originaria delle regioni fredde e in particolare del Canada, ha una elevatissima resistenza al gelo (-30°). Messa a dimora a I Giardini di Pomona più per curiosità che per la speranza di vederla fruttificare, ha dimostrato una straordinaria rusticità. Sopporta infatti temperature estive che superano i +40°. Dotata di grande resistenza alle malattie, la magnifica gemma verde-bianca pelosa si ingrossa e allunga in pochi giorni. La candida fioritura primaverile la trasforma in una enorme palla bianca. I piccoli frutti violacei che maturano a giugno hanno un sapore aromatico e delizioso. In autunno le foglie si colorano di rosso-violaceo, mentre la struttura invernale ne evidenzia l’impalcatura dei rami. Insomma, una pianta ornamentale capace di una sua peculiare bellezza in ogni stagione dell’anno.

Vite di Bizzarria o Uva di due colori

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Per più di un secolo i botanici ai quattro angoli del mondo hanno cercato in lungo e in largo quella che il Gallesio, nelle sue magnifiche tavole pomologiche di primo Ottocento, aveva chiamato Uva Bizzarria di cui parevano essersi completamente perdute tracce ed esemplari. E forse è stato così. È possibile che la Bizzarria sia estinta. Ma è certo che sono sopravvissuti vitigni che presentano identica alterazione cromatica. Si tratta con ogni probabilità di cloni appartenenti ad altre varietà che hanno avuto spontaneamente lo stesso tipo di alterazione genetica della Bizzarria. Come la varietà Tressot Panachè. Un esemplare di questa rarissima uva dimora anche a Pomona, grazie al dono di un raccoglitore di piante rare. La sua caratteristica è quella di avere acini sia bianchi che neri nello stesso grappolo, o addirittura sezioni di acino bicolori.

Il Pummelo (Citrus maxima) è fra i primi agrumi coltivati in Cina oltre 4000 anni fa. Si presume che la sua coltivazione sia avvenuta a partire dal 2400 a.C. Ma si hanno sue notizie certe nel primo documento storico in cui sono menzionati gli agrumi: una ricevuta contabile risalente all’imperatore Ta Yu (2205 – 2197 a.C.) in cui si dichiara che “frutti e semi di Pummelo vengono portati all’imperatore Ta Yu quali tributo dalle provincie lontane”.  L’enorme ed insolito progenitore del pompelmo, (normalmente i progenitori hanno dimensioni più piccole dei propri discendenti, mentre in questo caso è il contrario) è stato anche dipinto per un’altra opera di Giorgio Gallesio, il Traité du citrus.

Tra gli agrumi presenti a I giardini di Pomona si annoverano esemplari a foglia variegata già dipinti da Bartolomeo Bimbi. Fra questi il Citrus digitata, anche conosciuto come Mano di Budda, un limone cedrato storico italiano che non contiene vescicole ed ha la forma di una mano con molte e lunghe dita. L’arancio amaro Canaliculata o arancio scannellato. L’arancio cornuto, recuperato nel fossato del Castello degli Imperiali a Francavilla Fontana (BR). Altro agrume di particolare interesse è Cumbawa o Istrix Papeda''', un lime originario delle Isole Mauritius con olio essenziale dal profumo soave e scorza bugnata che lo rende simile ad un cervello e un limone rosso con scorza rosso mattone a piena maturazione di particolare bellezza estetica.

Fra gli agrumi che fanno bella mostra di sé nel museo vivente dedicato alla dea Pomona, ci sono anche due agrumi “cugini”, ovvero due citrus caducifoglie. Si tratta del Poncirus trifogliata e il Flying dragon. Sebbene molto comuni nei vivai specializzati in agrumi, é difficile vederli nei giardini perché vengono utilizzati, data la loro straordinaria resistenza al freddo (da -17° a -20°) come portainnesti per dare la resistenza al freddo ad aranci, limoni e mandarini.

LApi étoilé. Si tratta di una mela antichissima che, si dice, risalga alla famiglia romana degli Appi (da cui deriverebbe il nome Apì) esteticamente meravigliosa, con la buccia, a piena maturazione, di colore giallo intenso con faccetta rosso-fuoco nella parte esposta al sole. Il frutto ha la caratteristica forma a stella, data dalle cinque costole molto prominenti e dalla forma decisamente appiattita. In Francia veniva regalata ai bambini per addobbare l’albero di Natale.

Oliva leucocarpa o Oliva bianca di Gerusalemme

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Ecco la sua storia, come ci è stata raccontata dal vivaista che ce l’ha venduta:

Alla Expo di Parigi del 1889 - quella il cui simbolo fu la Tour Eiffel, costruita nel centenario della Rivoluzione francese - un agricoltore greco benestante, di cui si ignora il nome, portò, per la vendita, la varietà Leucocarpa: un’oliva con la drupa dal singolare colore perfettamente bianco a piena maturazione. A Parigi il greco incontrò a cena Henri de Toulouse-Lautrec (pittore della Belle Epoque) e il Marchese di San Severino, che aveva vasti possedimenti in tutta l’Italia meridionale. Approfittando delle entrature del pittore, si divertì e condusse vita spensierata con questi nuovi amici. La notte frequentava i cabaret dei café chantantes trascurando l’Expo e la vendita delle sue piante. Quando rimase senza denaro la compagnia si sciolse e il nostro agricoltore si imbarcò, con le piante invendute, alla volta della Grecia. Il comandante del battello, tuttavia, spazientito da questo viaggiatore scomodo, giunto a Crotone lo fece sbarcare con la scusa della mancanza di denaro per proseguire il viaggio. L’agricoltore, disperato e solo, senza conoscere il dialetto calabrese non sapeva più cosa fare. All’improvviso si ricordò che nelle vicinanze il marchese di San Severino aveva le sue tenute e si recò da lui chiedendogli - in nome della vecchia amicizia - ospitalità per la notte. Il marchese, non solo gliela accordò, ma gli fornì anche il denaro necessario per terminare il viaggio. Il nostro, in segno di riconoscenza, gli lasciò gli alberi di oliva bianca. L’oliva leucocarpa, di scarso interesse agronomico, ancora oggi si trova in esemplari sparsi, in tutta la costa ionica e nella costa adriatica fino al Gargano. Presente quasi esclusivamente nelle proprietà della Chiesa in quanto, per il suo colore bianco, simbolo di purezza, veniva utilizzata per produrre l’olio santo per le cresime, le ordinazioni sacerdotali e l’estrema unzione.

Il kaki di Nagasaki

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È l’albero-simbolo del conservatorio botanico i Giardini di Pomona. Un reduce di guerra, un campione di resistenza sopravvissuto all’ordigno contenente 6,4 chili di Plutonio 239 che esplose il 9 agosto 1945 a Nagasaki mietendo 80mila vittime. Il piccolo kaki della varietà Tongo fu scovato fra le macerie della bomba e tratto in salvo grazie al botanico Mayazuki Ebinuma. Nell'agosto 1995, a distanza di mezzo secolo dalla micidiale deflagrazione che rase al suolo la città del Giappone, Ebinuma insieme all’artista Tatsuo Miyajima diedero vita a "Revive time  -  il progetto dell'albero del kaki" (www.kakitreeproject.com). È grazie a questo progetto che il piccolo kaki e la sua storia hanno varcato i confini del Sol Levante. Esemplari generati dalla pianta di Nagasaki sono stati piantati in tutto il mondo, svolgendo la loro missione di pace, di testimoni e custodi di memoria. Per tutti i sensi e i sentimenti insiti in questo piccolo albero, ai Giardini di Pomona il kaki è stato piantumato nel punto più fertile della valle, al centro di un labirinto di lavande disegnato sul modello del labirinto che pavimenta la cattedrale di Chartres, al centro del quale è racchiusa la sagoma di un fiore: emblema del percorso tortuoso che conduce alla pace.

Collegamenti esterni

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