Utente:MissMarpion/sandbox

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Opere (migliorare, tradurre, creare)

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fare registrazioni senza prelevarle da Youtube e altri siti? O forse meglio cercarne su siti ufficiali come RAI e altri? Foto in ogni caso, con scenografie e cantanti sul palco

Copia voce "Turandot", perchè con avviso su fonti che sono invece abbondanti?

https://it.wikipedia.org/wiki/Tosca_(opera)

La fanciulla del West

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(https://it.wikipedia.org/wiki/Turandot ) Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento opere liriche non cita le necessarie fonti o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Turandot (disambigua). Turandot Poster Turandot.jpg Locandina di Turandot del 1926 Lingua originale italiano Musica Giacomo Puccini (finale completato da Franco Alfano) Libretto Giuseppe Adami e Renato Simoni Fonti letterarie Turandot di Carlo Gozzi Atti tre Epoca di composizione luglio 1920 - ottobre 1924 Prima rappr. 25 aprile 1926 Teatro Teatro alla Scala di Milano Versioni successive Un nuovo finale dell'opera è stato composto da Luciano Berio (2001)

Personaggi Turandot, principessa (soprano) Altoum, suo padre, imperatore della Cina (tenore) Timur, re tartaro spodestato (basso) Calaf, il Principe Ignoto, suo figlio (tenore) Liú, giovane schiava, guida di Timur (soprano) Ping, Gran Cancelliere (baritono) Pang, Gran Provveditore (tenore) Pong, Gran Cuciniere (tenore) Un Mandarino (baritono) Il Principe di Persia (tenore) Il Boia (Pu-Tin-Pao) (comparsa) Guardie imperiali - Servi del boia - Ragazzi - Sacerdoti - Mandarini - Dignitari - Gli otto sapienti - Ancelle di Turandot - Soldati - Portabandiera - Ombre dei morti - Folla Autografo Archivio Storico Ricordi, Milano « Chi quel gong percuoterà apparire la vedrà bianca al pari della giada fredda come quella spada è la bella Turandot! » (Coro, atto I) Turandot è un'opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta da Giacomo Puccini (morto il 29 novembre 1924) e successivamente completata da Franco Alfano. La prima rappresentazione ebbe luogo nell'ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, con Rosa Raisa, Francesco Dominici, Miguel Fleta, Maria Zamboni, Giacomo Rimini e Giuseppe Nessi sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!» (alla morte di Liù), ovvero dopo l'ultima pagina completata dall'autore, rivolgendosi al pubblico con queste parole: «Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto.» La sera seguente, l'opera fu rappresentata, sempre sotto la direzione di Toscanini[senza fonte], includendo anche il finale di Alfano. L'incompiutezza dell'opera è oggetto di discussione tra gli studiosi. C'è chi sostiene che Turandot rimase incompiuta non a causa dell'inesorabile progredire del male che affliggeva l'autore, bensì per l'incapacità, o piuttosto l'intima impossibilità da parte del Maestro di interpretare quel trionfo d'amore conclusivo, che pure l'aveva inizialmente acceso d'entusiasmo e spinto verso questo soggetto. Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò invano di risolvere, è costituito dalla trasformazione della principessa Turandot, algida e sanguinaria, in una donna innamorata. Alla Scala è il secondo titolo maggiormente rappresentato con ventisei stagioni e 185 recite. Al Teatro Costanzi di Roma la prima rappresentazione è stata dopo solo quattro giorni (29 aprile) dal debutto scaligero. [1] Il 25 giugno dello stesso anno va in scena la prima nel Nuevo Teatro Colón di Buenos Aires diretta da Gino Marinuzzi (1882-1945) con Claudia Muzio, Rosetta Pampanini, Giacomo Lauri Volpi e Tancredi Pasero. Al Teatro La Fenice di Venezia la prima è stata il 9 settembre 1926 messo in scena da Giovacchino Forzano con Salvatore Baccaloni. Al Wiener Staatsoper la premiere è stata il 14 ottobre dello stesso anno con Lotte Lehmann diretta da Franz Schalk e da allora è stata eseguita trecentoventicinque volte. Negli Stati Uniti debutta al Metropolitan Opera House di New York il 16 novembre 1926 con Lauri-Volpi e Giuseppe De Luca diretti da Tullio Serafin e fino al 2013 è stata rappresentata duecentonovantasei volte. Il 17 dicembre dello stesso anno avviene la prima nel Théâtre Royal de la La Monnaie/De Munt di Bruxelles nella traduzione francese di Paul Spaak. Il 12 febbraio 1927 avviene la prima nel Teatro Regio di Parma. Il 19 febbraio dello stesso anno avviene la prima nella Salle Garnier del Grand Théâtre de Monte Carlo. Il 17 marzo 1927 avviene la prima nel Teatro Regio di Torino diretta da Marinuzzi. Nel Regno Unito debutta al Royal Opera House, Covent Garden di Londra il 7 giugno dello stesso anno e nell'ottobre 1929 il 4 al His Majesty's Theatre di Aberdeen ed il 7 al Theatre Royal di Glasgow per il Covent Garden Opera nella traduzione inglese di Rosie Helen Elkin diretta da John Barbirolli. Al San Francisco Opera va in scena il 19 settembre 1927 con Ezio Pinza diretto da Gaetano Merola. Il 29 ottobre dello stesso anno avviene la prima nel Teatro Comunale di Bologna. Il 2 aprile 1928 avviene la prima nell'Académie Nationale de Musique (Opéra Garnier) di Parigi. Al Festival lirico areniano debutta nel 1928 e con diciotto stagioni è la quarta opera maggiormente rappresentata. Il 9 agosto1938 va in scena la prima nelle Terme di Caracalla di Roma diretto da Vincenzo Bellezza con Gina Cigna - Iva Pacetti (Turandot) Magda Olivero (Liù) Galliano Masini (Calaf) Al Teatro Verdi (Trieste) va in scena nel 1939 con Franco Lo Giudice ed Italo Tajo diretti da Antonino Votto al Castello di San Giusto. Nel 1958 avviene la prima nel Giardino di Boboli di Firenze diretta Gabriele Santini con Renato Capecchi. All'Opera di Chicago va in scena nel 1958 con Anna Moffo, Giuseppe Di Stefano e Birgit Nilsson diretti da Serafin. A Bilbao va in scena nel 1959 con Franco Corelli e Gabriella Tucci. Nel 1964 avviene la prima nel Teatro Bol'šoj di Mosca diretta da Gianandrea Gavazzeni con la Tucci, Mirella Freni, Gianni Raimondi, Carlo Bergonzi, Capecchi ed Ivo Vinco. Nel 1970 avviene la prima nell'Erkelyi Színház di Budapest diretta da Nino Sanzogno. Al Grand Théâtre di Ginevra va in scena nel 1972 diretta da Nello Santi. Al Festival di Salisburgo va in scena nel 2002 con i Wiener Philharmoniker e Paata Burchuladze diretti da Valery Gergiev. All'Opera di Santa Fe (Nuovo Messico) va in scena nel 2005. Indice [nascondi] 1 Caratteri generali 2 La genesi 3 Trama 3.1 Atto I 3.2 Atto II 3.3 Atto III 4 Il finale "incompiuto" 5 Organico orchestrale 6 Brani celebri 7 Bibliografia 8 Note 9 Discografia 9.1 Incisioni in studio 9.2 Registrazioni dal vivo 10 DVD parziale 11 Altri progetti 12 Collegamenti esterni Caratteri generali[modifica | modifica sorgente]

Il soggetto dell'opera fu tratto dall'omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi, già oggetto di importanti adattamenti musicali: dalle musiche di scena composte da Carl Maria von Weber nel 1809, all'opera di Ferruccio Busoni, rappresentata nel 1917 e preceduta da suite orchestrale (op. 41) eseguita per la prima volta nel 1906. Più esattamente, il libretto dell'opera di Puccini si basa, molto liberamente, sulla traduzione di Andrea Maffei dell'adattamento tedesco di Friedrich Schiller del lavoro di Gozzi. L'idea per l'opera venne al compositore in seguito a un incontro con i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni, avvenuto a Milano nel marzo 1920. Nell'agosto dello stesso anno il compositore poté ascoltare, grazie al suo amico barone Fassini, un carillon con temi musicali proveniente dalla Cina. Alcuni di questi temi sono presenti nella stesura definitiva della partitura. Alla fine della sua parabola creativa Puccini si cimentò con un soggetto fiabesco, d'impronta fantastica. Non era mai accaduto, se si eccettua la scena finale della sua prima opera, Le Villi. La genesi[modifica | modifica sorgente]

Nel Natale del 1920 Puccini riceve la prima stesura in versi del libretto del primo atto. Nel gennaio del 1921 giunge a Puccini la versione definitiva del testo del primo atto, e nell'agosto dello stesso anno la partitura è completata. In settembre Puccini scrive: «Turandot dovrebbe essere in due atti, che ne dici? Non ti pare troppo, diluire dopo gli enigmi per giungere alla scena finale? Restringere avvenimenti, eliminarne altri, arrivare ad una scena finale dove l'amore esploda»[1]. Il vero ostacolo per il compositore fu, fin dall'inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot, da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata. Ancora l'autore scriveva: «Il duetto [tra Calaf e Turandot] per me dev'essere il clou - ma deve avere dentro a sé qualcosa di grande, di audace, di imprevisto e non lasciar le cose al punto del principio... Potrei scrivere un libro su questo argomento»[2]. E ancora: «Il duetto! Il duetto! tutto il decisivo, il bello, il vivamente teatrale è lì! [...] Il travaso d'amore deve giungere come un bolide luminoso in mezzo al clangore del popolo che estatico lo assorbe attraverso i nervi tesi come corde di violoncelli frementi»[2]. Puccini si lamentò spesso della lentezza con cui i due librettisti rispondevano alle sue richieste di revisioni del libretto, ma si può dubitare che questo sia il vero motivo per cui l'opera è rimasta incompiuta. Nel giugno 1922 il compositore confermò a Casa Ricordi che «Simoni e Adami mi hanno consegnato con mia completa soddisfazione il libretto di Turandot finito»[2]; eppure i dubbi non erano scomparsi e sei mesi dopo confessava ad Adami: «Di Turandot niente di buono... Se io avessi avuto un soggettino come da tempo lo cercavo e lo cerco, a quest'ora sarei in scena. Ma quel mondo cinese! A Milano deciderò qualcosa, forse restituisco i soldi a Ricordi e mi libero». I soldi non furono restituiti e nel dicembre del 1923 Puccini aveva completato tutta la partitura fino alla morte di Liù, cioè fino all'inizio del duetto cruciale. Di questo finale egli stese solo una versione in abbozzo discontinuo. Trama[modifica | modifica sorgente]

L'azione si svolge a Pechino, «al tempo delle favole».


Turandot, regia Roberto De Simone, Elena Pankratova è Turandot. Gennaio 2012, Teatro Comunale di Bologna Atto I[modifica | modifica sorgente] Un mandarino annuncia pubblicamente il solito editto: Turandot, figlia dell'Imperatore, sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli da lei stessa proposti; colui però che non sappia risolverli, dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l'ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. All'annuncio, tra la folla desiderosa di assistere all'esecuzione, sono presenti il vecchio Timur che, nella confusione, cade a terra e la sua schiava fedele Liù chiede aiuto. Un giovane si affretta ad aiutare il vegliardo: è Calaf, che riconosce nell'anziano uomo suo padre, re tartaro spodestato. Si abbracciano commossi e il giovane Calaf prega il padre e la schiava Liù, molto devota, di non pronunciare il suo nome: ha paura, infatti, dei regnanti cinesi, i quali hanno usurpato il trono del padre. Nel frattempo il boia affila la lama preparandola per l'esecuzione, fissata per il momento in cui sorgerà la luna, la folla si agita ulteriormente. Ai primi chiarori lunari, entra il corteo che accompagna la vittima. Alla vista del giovane principe, la folla, prima eccitata, si commuove per la giovane età della vittima, e ne invoca la grazia. Turandot allora entra e, glaciale, ordina il silenzio alla folla e con un gesto dà l'ordine al boia di giustiziare il Principe. Calaf, che prima l'aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla regale bellezza di Turandot, e decide di tentare anche lui la risoluzione dei tre enigmi. Timur e Liù tentano di dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale. Tre figure lo fermano: sono Ping, Pong e Pang, tre ministri del regno, che tentano di convincere Calaf a lasciar perdere, descrivendo l'insensatezza dell'azione che sta per compiere. Ma Calaf, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot. Turandot appare quindi sulla loggia imperiale del palazzo e accetta la sfida. Atto II[modifica | modifica sorgente] È notte. Ping, Pong e Pang si lamentano di come, in qualità di ministri del regno, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna. Sul piazzale della reggia, tutto è pronto per il rito dei tre enigmi. L'imperatore Altoum invita il principe ignoto, Calaf, a desistere, ma quest'ultimo rifiuta. Il mandarino fa dunque iniziare la prova, ripetendo l'editto imperiale, mentre entra Turandot. La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, in seguito a ciò, una sua antenata era finita nelle mani di uno straniero. In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo, aveva inventato questo rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. Calaf riesce a risolvere uno dopo l'altro gli enigmi e la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero. Ma per l'imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al Principe e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale. Atto III[modifica | modifica sorgente] È notte e in lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire in Pechino, il nome del principe ignoto deve essere scoperto a ogni costo, pena la morte. Calaf intanto è sveglio, convinto di vincere e sognando le labbra di Turandot, finalmente libera dall'odio e dall'indifferenza. Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa per il suo nome. Ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non svelerà mai questo nome. Subisce molte torture, ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot: le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, e Liù risponde che è l'amore a darle questa forza. Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma torna ad essere la solita gelida principessa: ordina ai tre ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto. Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa di sorpresa il fermacapelli (che è anche un pugnale) alla principessa e si trafigge a morte, cadendo esanime ai piedi di Calaf. Il corpo senza vita di Liù viene portato via seguito dalla folla che prega. Turandot e Calaf restano soli e lui la bacia. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l'aveva visto, e di essere ormai travolta dalla passione. Tuttavia ella è molto orgogliosa, e supplica il principe di non volerla umiliare. Calaf le fa il dono della vita e le rivela il nome: Calaf, figlio di Timur. Turandot, saputo il nome, potrà perderlo, se vuole. Il giorno dopo, davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla. Squillano le trombe. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore». Tra le grida di giubilo della folla la principessa si abbandona tra le braccia di Calaf. Il finale "incompiuto"[modifica | modifica sorgente]

Per la verità il lavoro alla Turandot da parte dello stesso autore non rimase effettivamente incompiuto. Certamente a questo episodio contribuì anche e non poco il fatto che Puccini stesso in quel periodo non godeva affatto di buone condizioni di salute, tanto che morirà prematuramente poco tempo dopo. Puccini dopo aver scritto l' ultimo coro funebre (dedicato alla morte di Liù), in cui ha raggiunto "il massimo splendore" della sua musica non volle più continuare, in quanto riteneva che il lavoro era già perfettamente concluso, secondo una sua legittima personale considerazione. Il lavoro di stesura ad un vero e proprio finale alternativo iniziò praticamente poche settimane prima della morte, quando l'autore stava per essere ricoverato, ma non rimasero solamente che abbozzi più o meno compiuti. Gli abbozzi sono sparsi su 23 fogli che il Maestro portò con sé presso la clinica di Bruxelles in cui fu ricoverato nel tentativo di curare il male che lo affliggeva. Puccini non aveva per niente indicato in modo esplicito nessun altro compositore per il completamento dell'opera. L'editore Ricordi decise allora, su pressione di Arturo Toscanini e di Antonio, il figlio di Giacomo, di affidare la composizione al napoletano Franco Alfano (allora Direttore del Conservatorio di Torino), che due anni prima si era distinto nella composizione di un'opera, La leggenda di Sakùntala, caratterizzata da una suggestiva ambientazione orientale. La composizione del finale procedette lentamente a causa sia della malattia agli occhi di cui Alfano soffriva che della richiesta da parte dell'editore Ricordi, sollecitato da Toscanini, che non ritenne all'altezza una prima versione consegnata, di rifare il lavoro. Alfano in un primo momento compose integralmente una propria versione del finale, incorporando, ed unendo nel miglior modo possibile, i materiali rimasti negli abbozzi pucciniani. Questa in realtà è la vera e propria versione integrale del finale di Alfano, che oggi viene quasi erroneamente considerata come "prima versione" ed eseguita piuttosto raramente. Nella nuova versione (comunemente eseguita), Alfano fu costretto ad attenersi più fedelmente agli schizzi e tagliò centodieci battute degli appunti pucciniani e forse anche parte dei suoi. L'effetto di questi interventi, che l'autore eseguì con enorme controvoglia, è avvertibile nella condotta armonica e drammatica, piuttosto vuota e a tratti irregolare. Inoltre Alfano trascurò alcuni schizzi di Puccini e richiese la partitura d'orchestra del resto dell'opera solo pochi giorni prima di consegnare il lavoro. A partire dalla scoperta della prima versione di Alfano, sono state studiate e proposte varie soluzioni alternative. Una studiosa statunitense, Janet Maguire, si è cimentata nello studio degli abbozzi per dodici anni (1976-1988) per comporre una nuova versione del finale. La sua versione non è stata tuttavia presa in considerazione e tantomeno esaminata. Si dovette attendere il 2001 per ascoltare un nuovo finale di Turandot, commissionato a Luciano Berio dal Festival de Musica de Gran Canaria, basato anch'esso sugli abbozzi lasciati da Puccini e ufficialmente riconosciuto dalla Ricordi. Il punto più controverso del materiale lasciato da Puccini è costituito dall'episodio del bacio. È il momento clou dell'intera opera: la trasformazione di Turandot da principessa di gelo a donna innamorata. Se nell'abbozzo pucciniano le prime 56 battute del finale sono già ad uno stadio di elaborazione avanzato, questo episodio appare forse abbozzato in un solo foglio, secondo l'ipotesi di Harold Powers e William Ashbrook.[3] Se Berio ha imbastito un esteso episodio sinfonico a partire da questa pagina, Alfano si limitò a comporre sedici nuove battute, ridotte nella versione definitiva a un solo accordo seguito da pochi colpi di timpano. In un precedente schizzo di Puccini, al medesimo episodio è abbinato un diverso materiale tematico. Sul foglio 11 recto egli aveva infatti scritto le ultime due battute, seguite da una battuta con un accenno del tema per il bacio, per poi cancellarle e riscriverle sull'altro lato del foglio. Il tema in questione è lo stesso che poche battute prima Turandot canta sulle parole «No, mai nessun m'avrà! Dell'ava lo strazio non si rinnoverà!»: ciò sembrerebbe attestare come l'idea del compositore lucchese potesse essere radicalmente diversa da quella dei suoi più giovani colleghi. Un bacio su questo tema accentrerebbe infatti l'attenzione sul cedimento della principessa, piuttosto che sul suo orgoglio ferito, come nella versione di Alfano, o sulla trasformazione più interiorizzata della versione di Berio. Organico orchestrale[modifica | modifica sorgente]

L'orchestra prevede l'utilizzo di: Legni: 3 flauti (III anche ottavino) 2 oboi corno inglese 2 clarinetti in Sib clarinetto basso in Sib 2 fagotti controfagotto Ottoni: 4 corni 3 trombe 3 tromboni trombone contrabbasso Percussioni: piatti gong cinese timpani triangolo rullante grancassa tam-tam Archi Altri strumenti: glockenspiel xilofono xilofono basso campane tubulari celesta 2 arpe organo Orchestra sul palcoscenico sassofono contralto in Mib 6 trombe in Sib 3 tromboni trombone basso gong grave Brani celebri[modifica | modifica sorgente]

Atto I Gira la cote!, (coro del popolo e dei servi del boia) Invocazione alla luna (coro) Là sui monti dell'est (coro di ragazzini che invocano Turandot; melodia tratta dalla canzone folk cinese Mo Li Hua). Signore, ascolta!, romanza di Liù Non piangere, Liú!, romanza di Calaf Concertato finale Atto II Olà Pang! Olà Pong!, terzetto delle maschere In questa reggia, aria di Turandot Straniero, ascolta!, scena degli enigmi Atto III Nessun dorma, romanza di Calaf Tanto amore, segreto e inconfessato [...] Tu che di gel sei cinta, aria di Liù (in due parti)


Citazione dall'aria In questa reggia. Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

William Ashbrook, Harold Powers, Turandot di Giacomo Puccini. La fine della grande tradizione, Ricordi, Milano 2006. ISBN 978-88-7592-823-0 (edizione originale in lingua inglese, Puccini's Turandot. The End of the Great Tradition, Princeton, Princeton University Press, 1991. ISBN 0-691-09137-4). Jürgen Maehder, Turandot (con Sylvano Bussotti), Pisa, Giardini, 1983. Jürgen Maehder, Puccini's Turandot – Tong hua, xi ju, ge ju, Taipei, Gao Tan Publishing, 1998, 287 pp. (in collaboratione con Kii-Ming Lo). Jürgen Maehder, Puccini's Turandot – A Fragment, in Turandot, a cura di : Nicholas John, London/New York, John Calder/Riverrun, 1984, pp. 35–53. Jürgen Maehder, Studi sul carattere di frammento della »Turandot« di Giacomo Puccini, in: Quaderni Pucciniani 2/1985, Milano, Istituto di Studi Pucciniani, 1986, pp. 79–163. Jürgen Maehder, La trasformazione interrotta della principessa. Studi sul contributo di Franco Alfano alla partitura di Turandot, in Esotismo e colore locale nell'opera di Puccini, a cura di Jürgen Maehder, Pisa, Giardini, 1985, pp. 143–170. Jürgen Maehder, Turandot-Studien, Deutsche Oper Berlin, Beiträge zum Musiktheater VI, Spielzeit 1986/87, pp. 157–187. Note[modifica | modifica sorgente]

^ Cit. in: Nigel Jamieson, Un'opera nel tormento, Amadeus, giugno 1997 ^ a b c Ibidem ^ William Ashbrook, Harold Powers, Turandot di Giacomo Puccini. La fine della grande tradizione, Ricordi, Milano 2006, p. 209. Discografia[modifica | modifica sorgente]

Incisioni in studio[modifica | modifica sorgente] Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Etichetta 1938 Gina Cigna, Magda Olivero, Francesco Merli, Luciano Neroni Franco Ghione Warner Fonit 1955 Inge Borkh, Renata Tebaldi, Mario Del Monaco, Nicola Zaccaria Alberto Erede Decca Records 1957 Maria Callas, Elisabeth Schwarzkopf, Eugenio Fernandi, Nicola Zaccaria Tullio Serafin EMI Classics 1959 Birgit Nilsson, Renata Tebaldi, Jussi Björling, Giorgio Tozzi Erich Leinsdorf RCA Victor 1965 Birgit Nilsson, Renata Scotto, Franco Corelli, Bonaldo Giaiotti Francesco Molinari Pradelli EMI Classics 1972 Joan Sutherland, Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Nicolaj Ghiaurov Zubin Mehta Decca Records 1977 Montserrat Caballé, Mirella Freni, José Carreras, Paul Plishka Alain Lombard EMI Classics 1981 Katia Ricciarelli, Barbara Hendricks, Placido Domingo, Ruggero Raimondi Herbert von Karajan Deutsche Grammophon 1992 Éva Marton, Margaret Price, Ben Heppner, Jan-Hendrik Rootering Roberto Abbado RCA Victor Registrazioni dal vivo[modifica | modifica sorgente] Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Registrazione 1961 Birgit Nilsson, Leontyne Price, Giuseppe Di Stefano, Nicola Zaccaria Francesco Molinari Pradelli Wiener Staatsoper, 22 giugno 1989 Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Roberto Scandiuzzi Daniel Oren Teatro Margherita, 20-27 gennaio 2008 Maria Dragoni, Maria Luigia Borsi, Franco Farina Keri Lynn Wilson Teatro dei Quattromila, Torre del Lago 2009 Maria Guleghina, Marina Poplavskaja, Marcello Giordani, Samuel Ramey Gary Halvorson Metropolitan Opera, 3 novembre DVD parziale[modifica | modifica sorgente]

Anno Cast (Turandot, Liù, Calaf, Timur) Direttore Etichetta 1983 Éva Marton, Katia Ricciarelli, José Carreras, John Paul Bogart Lorin Maazel TDK Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Ivo Vinco Maurizio Arena NVC Arts 1988 Éva Marton, Leona Mitchell, Placido Domingo, Paul Plishka James Levine Deutsche Grammophon 1998 Giovanna Casolla, Barbara Frittoli, Sergej Larin, Carlo Colombara Zubin Mehta Warner Classics Altri progetti[modifica | modifica sorgente]

Collabora a Wikisource Wikisource contiene opere originali di o su Turandot Collabora a Commons Commons contiene immagini o altri file su Turandot Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]

Registrazione MP3 sotto licenza Creative Commons Programma di Sala, con libretto e note, per l'allestimento 2007 al Teatro La Fenice di Venezia Turandot, registrazione su Magazzini Sonori dal Teatro Comunale di Bologna diretta dal Maestro Fabio Mastrangelo, 22 gennaio 2012.

Cavalleria rusticana

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Il Crepuscolo degli Dei

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L'Olandese volante

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Operette (migliorare, tradurre, creare)

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idem che per le opere

Lavorare su

  • Il Pipistrello
  • Il Paese dei Campanelli
  • Lo Zingarone Barone
  • altro??

Il Pipistrello

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copia-incolla della voce (https://it.wikipedia.org/wiki/Il_pipistrello):

Die Fledermaus (italiano, Il pipistrello ed in francese, La Chauve-Souris) è la più celebre operetta di Johann Strauss, su libretto di Carl Haffner e Richard Genée da La Reveillon di Henri Meilhac e Ludovic Halévy. Indice [nascondi] 1 Le origini e le rappresentazioni 2 Trama 2.1 Atto 1 2.2 Atto 2 2.3 Atto 3 3 Brani famosi 4 Parafrasi 5 Discografia parziale 6 DVD parziale 7 Al cinema e in tv 8 Altri progetti Le origini e le rappresentazioni[modifica | modifica sorgente]

Nonostante fosse passato un anno dal terribile "Venerdì nero" (9 maggio 1873) in cui vi fu il crollo della Borsa a Vienna, i sentimenti di pessimismo e di disperazione si facevano ancora sentire nella vita della capitale Asburgica, anche nei teatri, che in quel periodo registrarono dei forti cali al botteghino. Ansiosi di porre rimedio a questa situazione potenzialmente disastrosa, i gestori dei teatri cercarono avidamente la giusta produzione che avrebbe riportato il pubblico nei teatri. Venuto a conoscenza di una commedia francese di grande successo di Henri Meilhac (1831-1897) e Ludovic Halévy (1834-1908), intitolata "Le Réveillon" (che riprendeva a grandi linee "Das Gefängnis" (La prigione, 1851, una commedia molto popolare dal drammaturgo e librettista tedesco Roderich Benedix (1811-1873)) il co-direttore del Theater an der Wien, Max Steiner (1830-1880), acquistò i diritti del lavoro e incaricò il drammaturgo Karl Haffner (1804-1876) di fare una traduzione in tedesco. Haffner, affrontò grandi difficoltà per adattare al gusto e alla comprensione del pubblico viennese un lavoro di stampo marcatamente francese, e prevedibilmente il suo tentativo venne giudicato inadatto. Una soluzione al problema venne proposta dall'agente teatrale Gustav Lewy (1824-1901), che convinse Steiner a modificare il lavoro di Haffner per estrarne il libretto di un'operetta da presentare al suo vecchio compagno di scuola, Johann Strauss. Il compito di creare il libretto fu affidato al direttore d'orchestra del Theater an der Wien, il librettista e compositore Richard Genée (1823-1895). Strauss fu subito affascinato dal Doktor Fledermaus, questo era il titolo originariamente pensato per il libretto di Genée, e si mise al lavoro subito. Lavorando in stretta collaborazione con il suo librettista Johann completò la maggior parte della partitura musicale in soli 42 giorni. Il debutto per Die Fledermaus, titolo che alla fine venne scelto per l'operetta, era stato previsto per il settembre 1874, ma a causa delle sempre maggiori difficoltà finanziarie incontrate dal Theater an der Wien, si decise di anticiparne la prima. La prima rappresentazione, tra l'attesa generale, si svolse il giorno di Pasqua, il 5 aprile 1874 (una domenica). Poiché secondo alle leggi austriache in quel giorno potevano essere consentiti soltanto spettacoli di beneficenza, i proventi della serata inaugurale andarono alla "Fondazione per la Promozione della Piccola Industria" patrocinata dall'imperatore d'Austria. Numerose furono le critiche a libretto, cast e musica; Ziehrer sul suo Deutsche Musikzeitung osservò: « Anche in questo caso il libretto non vale molto, la musica ha il suo fascino, ma non è veramente travolgente e poi l'operetta è troppo lunga, abbonda di numeri superflui, ed è ricca di personaggi superflui. » (Karl Michael Ziehrer)


Strauß, pipistrello svolazzante Tuttavia la stampa della prima notte fu piuttosto generosa nella lode al Fledermaus. Il recensore del Vorstadt Konstitutionelle-Zejtung, riportò: « L'intero svolgimento della serata è stato in linea con l'ouverture, con gli stessi applausi con cui tutto era cominciato. Quasi ogni numero è stato accompagnato dalle mani del pubblico che tenevano il ritmo, e alla fine di ogni atto, Strauss, grondante di sudore, ha lasciato podio del direttore d'orchestra e velocemente è salito sul palco per ringraziare il pubblico del favore con cui stava accogliendo la rappresentazione. Dato il tipo di atmosfera che c'era, naturalmente, non sono mancate le richieste bis. » (Vorstadt Konstitutionelle-Zejtung) Analogamente il Illustrirtes Wiener Extrablatt parlò di « Un notevole successo dovuto all'ispirazione inesauribile di Strauss, una performance brillante: è stata una vittoria su tutti i fronti! » (Illustrirtes Wiener Extrablatt) Dopo due anni l'operetta di Strauß contava oltre cento repliche nella sola Vienna. Oggi è, insieme a "La vedova allegra" di Franz Lehar, l'operetta più applaudita nel mondo. Il 21 novembre dello stesso anno avviene la prima nello Stadt Theater di New York. Il 26 giugno 1875 avviene la prima nel Teatro Nuovo di Napoli di "La danza" ("Il pipistrello") nella traduzione italiana di Enrico Golisciani. Il 10 luglio dello stesso anno avviene la prima nello Staatstheater am Gärtnerplatz di Monaco di Baviera. Nel Regno Unito la premiere è stata il 18 dicembre 1876 nell'Alhambra Theatre di Londra. Il 18 ottobre 1879 va in scena al Thalia Theatre di New York. Al Wiener Staatsoper la premiere è stata il 28 ottobre 1894 e fino ad oggi è andata in scena per quattrocentosessantuno rappresentazioni. Al Metropolitan Opera House di New York la premiere è il 16 febbraio 1905 con Marcella Sembrich e da allora è stata rappresentata in duecentonove recite. Al Criterion Theatre di Sydney va in scena il 15 giugno 1912. Dal 20 agosto 1912 va in scena al Shubert Theatre per il Broadway theatre di New York come The Merry Countess (nella versione di Gladys Unger ed Arthur Anderson) arrivando a 135 recite. Come A Wonderful Night (nella versione di Fanny Todd Mitchell) va in scena al Majestic Theatre di New York il 31 ottobre 1929 arrivando a 125 recite. Ad Edinburgo va in scena il 18 marzo 1835 per il Carl Rosa Opera Company. All'Opéra Garnier di Parigi va in scena il 17 settembre 1941 nella trasferta della Deutsche Oper Berlin per il personale tedesco della capitale. Alla San Francisco Opera viene rappresentata nel 1942 con John Brownlee. Come Rosalinda (nella versione di Gottfried Reinhardt, John Meehan Jnr. e Paul Kerby va in scena nel 44th Street Theatre di New York il 28 ottobre 1943. Per il Teatro Verdi (Trieste) va in scena nel 1951 nel Castello di San Giusto, nel 1957 diretta da Anton Paulik, nel 1965 con la regia di Vito Molinari, nel 1987 e 1988 con Daniela Mazzucato e nel 2000, 2003 e 2005 con la regia di Gino Landi. Nel 1959 va in scena all'Opera di Santa Fe (Nuovo Messico) con Reri Grist ed ancora nel 1963, 1982, 1986, 1988 e 1992. Nel 1961 viene rappresentata al Grand Théâtre di Ginevra. Al Théâtre national de l'Opéra-Comique di Parigi va in scena nel 1969. All'Opera di Chicago viene rappresentata nel 1982. All'Opéra National de Paris va in scena nel 1983 con Gino Quilico, Ileana Cotrubaş e Siegfried Jerusalem. Al Teatro La Fenice di Venezia nel 1984 va in scena con Daniela Mazzucato, Armando Ariostini, Luigi Alva ed Adolfo Celi con la regia di Giuliano Montaldo. Nel 1993 va in scena al Teatro Regio di Torino. Al Festival di Salisburgo va in scena nel 2001. Per il Glyndebourne Festival Opera viene rappresentata nel 2003 con Ljubov' Petrova e la London Philharmonic Orchestra alla Royal Albert Hall. Trama[modifica | modifica sorgente]

Atto 1[modifica | modifica sorgente] Vienna, nel salotto di Villa Eisenstein. La cameriera Adele ascolta una serenata rivolta alla padrona di casa Rosalinde: la cameriera sa che l'autore della serenata è un insegnante di canto, Alfred, che Rosalinde ha conosciuto bene anni prima di sposarsi. Nel contempo Adele legge tutta contenta una lettera di sua sorella Ida, una ballerina, che è stata invitata al ballo organizzato dal ricco principe russo Orlofsky: essa potrà accompagnarla, legge nella lettera, ma solo se riuscirà a farsi prestare un vestito elegante della sua padrona. Felicissima cerca di ottenere la serata libera raccontando a Rosalinde una bugia: le fa credere che deve far visita a una vecchia zia malata. Senza esitazioni la padrona di casa nega il permesso: essa dovrà stare in casa perché proprio quella sera suo marito, Gabriel Von Eisenstein, inizierà a scontare una lieve condanna in prigione per aver schiaffeggiato un pubblico ufficiale. Così Adele, singhiozzante, non potrà far compagnia alla sorella durante la festa: dovrà invece far compagnia a Rosalinde, che altrimenti resterebbe sola in casa, esposta a molestie o tentazioni. Giunge Eisenstein, il quale si lamenta con il suo avvocato Blind per l'aumento di tre giorni della pena inflitta in sede di appello. I due itigano e si insultano pesantemente, poiché Eisenstein ritiene Blind un incapace dato che non è riuscito a evitargli l'aumento di tre giorni della pena. Partito Blind, Eisenstein si fa consolare dalla moglie. Giunge il dottor Falke, vecchio amico di Eisenstein, che lo convince a rimandare l'inizio della pena, per andare con lui al ricevimento di Orlofsky. Eisenstein si lascia facilmente convincere, a patto però che sua moglie non sappia nulla! Rosalinde torna con i vecchi vestiti che il marito le ha chiesto per andare in prigione. Ma si meraviglia quando egli le dice di aver cambiato idea: metterà l'abito da sera. Ma che importa, Rosalinde ormai pensa soprattutto alla possibilità di incontrare lo spasimante Alfred, naturalmente... senza testimoni. Per questo accorda ad Adele la serata libera che le aveva rifiutato prima. Nel frattempo Eisenstein si prepara ad andare in prigione, profumato ed elegantissimo, dove lo attendono i... topi (gioco di parole, con questo termine venivano indicate le ballerine dell'Opera). Eisenstein, Adele fanno finta di dispiacersi che Rosalinde resti sola. Anche Rosalinde, naturalmente, sta al gioco, in uno spassoso terzetto. Rosalinde, rimasta sola, sente arrivare Alfred che fa il suo ingresso nella villa di Eisenstein. Alfred si mette la vestaglia di quest'ultimo, pronto per una saporita cenetta, che Rosalinde, in prospettiva di rimaner sola, ha cucinato per se stessa, beve il suo vino e vuole che la donna beva con lui. Lei lo prega di andarsene, ma invano. Del tutto inaspettato, arriva un guastafeste: è Frank, nuovo direttore delle carceri, che è venuto a prelevare Eisenstein prima di recarsi, come tutti, da Orlofsky. Alfred, che ama Rosalinde, per non comprometterla, si lascia portar via al posto del di lei marito, che Frank non ha mai visto. Non gli resta che darle un bacio d'addio, che lei non può rifiutare... Atto 2[modifica | modifica sorgente] Vienna, Palazzo del principe Orlofsky. Nella villa di Orlofsky si festeggia e ci si diverte aspettando l'arrivo del principe. Giunge Adele che incontra sua sorella Ida, molto meravigliata della sua presenza. Ma Adele lo è ancor di più, poiché ha ricevuto una lettera in cui, come sappiamo, la sorella la invitava con calore a venire alla festa. Uno scherzo, le dice Ida, che si vergogna che una donna di rango così basso partecipi a un tale ricevimento: Decide tuttavia di fare buon viso a cattiva sorte presentando sua sorella come un'artista. Ma ecco arrivare il principe Orlofsky con Falke, a cui chiede che cosa potrebbe divertirlo nel corso della festa, dato che si annoia mortalmente. Il dottore ha già un piano: vuole ordire uno scherzo a Eisenstein, per vendicarsi finalmente di quella volta che l'amico, dopo un ballo di carnevale, lo aveva fatto tornare a casa, alla luce del giorno, vestito da pipistrello. Ida presenta sua sorella al principe come un'artista esordiente di nome Olga. Falke dice sottovoce che essa sarà un personaggio della sua pièce comica. Arriva Eisenstein travestito da marchese Renard. Falke chiede al principe di intrattenerlo, mentre cerca di far venire alla festa sua moglie, Rosalinde. Orlofsky gli offre da bere e gli dice che la sola sua speranza di divertimento sta nella promessa che Falke gli ha fatto di ridere di lui, il Marchese Renard. Eisenstein rimane un po' interdetto. Ma la sua meraviglia aumenta quando riconosce Adele. Essa tenta di fargli credere che si sbaglia, che la somiglianza è casuale. Eisenstein alla fine si lascia convincere. A Eisenstein-Renard viene poi presentato il cavalier Chagrin, che altri non è che il direttore delle carceri travestito. Si instaura subito un rapporto di simpatia tra i due. Alcune dame vorrebbero cenare, ma Falke dice loro che occorre aspettare l'arrivo di una contessa ungherese che vuol mantenere l'incognito e che quindi si presenterà mascherata. Tutti sono molto curiosi. Eisenstein continua a pensare alla strana somiglianza tra Olga e Adele. Tuttavia ne è affascinato: la ritiene infatti assai più graziosa della sua cameriera. Decide quindi di corteggiarla con il suo sistema preferito: agitare sotto il naso della dama un orologio da donna, facendole capire che potrebbe essere un regalo. Ma ecco giungere finalmente Rosalinde, travestita da contessa ungherese. Falke l'ha informata che suo marito è alla festa e non in prigione. E infatti non tarda a vedere il marito che corteggia... la sua cameriera, la quale indossa un suo vestito. Eisenstein-Renard e Frank-Chagrin si avvicinano a Falke che indica loro la contessa. Il marito, che non l'ha riconosciuta, decide subito di corteggiarla e le mostra il solito orologio, che lei gli sottrae con grande astuzia per avere una prova inconfutabile del tradimento. Giunge il momento in cui gli invitati dovrebbero svelare le rispettive identità. Rosalinde non vuole, e canta una csárdás, per far vedere e sentire quant'è ungherese. Ora gli invitati vogliono che Falke faccia lo scherzo promesso: la storia del pipistrello. A queste parole Eisenstein si ricorda della beffa fatta a Falke e la racconta a tutti: egli, dopo aver fatto in modo che Falke si ubriacasse per bene, lo aveva deposto, la mattina presto, sotto un albero con il suo costume da pipistrello costringendolo ad attraversare la città vestito in quel modo, deriso da tutti. Questo racconto diverte i presenti, ma è ormai giunta l'ora della cena. Orlofsky canta l'aria dello champagne e tutti fraternamente si vogliono bene a ritmo di valzer. La festa è ormai al culmine. Eisenstein tenta ancora, ma invano, di convincere la "Contessa" a smascherarsi. Alle sei Eisenstein e Frank se ne vanno: tutti e due verso la prigione, ignorando che l'uno è il direttore del carcere e l'altro il carcerato. Atto 3[modifica | modifica sorgente] Vienna, Ufficio del direttore delle carceri. È l'alba. Alfred, rinchiuso in cella, sta cantando. Il guardiano Frosch, ubriaco, lo zittisce e prepara il rapporto per Frank, da poco reduce, ancora inebriato e... ubriaco, dalla festa presso Orlofsky. Suona il campanello: sopraggiungono Ida e Adele le quali chiedono del Chevalier Chagrin e vengono condotte nell'ufficio di Frank. Adele confessa di non essere un'attrice, ma le piacerebbe tanto diventarlo: è quindi venuta per sollecitare l'aiuto del Chevalier. Si esibisce dinanzi a lui suscitando il suo interesse: la giovane vorrebbe esser presentata da lui a qualche impresario teatrale. Frank non ha nemmeno il tempo di riflettere, poiché di nuovo suona il campanello: è Eisenstein-Renard che si presenta per scontare la pena carceraria. Vedendo dinanzi a sé il cavalier Chagrin, che gli dice di aver arrestato Eisenstein la sera precedente, resta a bocca aperta. Soprattutto perché viene a sapere che "Eisenstein" stava cenando con sua moglie, alla quale ha sussurrato addii molto teneri. A questo punto il vero Eisenstein non ha più alcuna voglia di ridere. Suona di nuovo il campanello della prigione: ora si annuncia di una donna velata. Eisenstein è perplesso. Arriva infine anche Blind, l'avvocato fatto venire dal falso Eisenstein (Alfred). A questo punto Eisenstein ha un'idea: indossa cappotto, parrucca e occhiali di Blind e fa in modo che sia presente pure Rosalinde: essa è venuta a scongiurare Alfred di fuggire per non rischiare di incontrare suo marito e quindi di comprometterla. Eisenstein-Blind la sottopone ad un interrogatorio insieme ad Alfred medesimo: pretende di sapere cosa è successo in quella casa, la sera prima, mentre lui non c'era, e soprattutto chi è l'uomo che è stato arrestato al suo posto. Poi Eisenstein, in preda all'ira, si rivela, ma Rosalinde sdegnata gli mostra l'orologio che gli ha sottratto alla festa: ecco la vendetta sul marito volubile. Tutti sono in scena quando Falke rivela che ciò a cui hanno assistito è la vendetta del pipistrello. Eisenstein non se ne ha a male. Anzi, tutti insieme danno la colpa di ogni cosa allo champagne, il Re di tutti i vini. Brani famosi[modifica | modifica sorgente]

Overture, (atto I) Täubchen, das entflattert ist, Alfred (atto I) Ach, ich darf nicht hin zu ihr, Rosalinde, Adele (atto I) Nein, mit solchen Advokaten, Eisenstein, Blind, Rosalinde (atto I) Komm mit mir zum Souper, Eisenstein, Falke (atto I) So muß allein ich bleiben, Eisenstein, Rosalinde, Adele (atto I) Trinke, Liebchen, trinke schnell, Alfred, Rosalinde (atto I) Ein Souper heut uns winkt, Coro (atto II) Ich lade gern mir Gäste ein, Orlofsky (atto II) Mein Herr Marquis, Adele (atto II) Dieser Anstand, Eisenstein, Rosalinde (atto II) Klänge der Heimat, Rosalinde (atto II) Im Feuerstrom der Reben , Orlofsky, Adele, Eisenstein, Coro (atto II) Genug damit, genug, Coro (atto II) Spiel' ich die Unschuld vom Lande, Adele (atto III) Ich stehe voll Zagen, Eisenstein, Rosalinde, Alfred (atto III) O Fledermaus! O Fledermaus!, Coro (atto III) Parafrasi[modifica | modifica sorgente]

Com'era sua abitudine, rielaborando i motivi e le più belle melodie del Fledermaus, Strauss ricavò una serie di brani per le sale da concerto: Fledermaus-Polka, op. 362 Fledermaus-Quadrille, op. 363 Tik-Tak-Polka, Polka-schnell, op. 365 An der Moldau, Polka-française, op. 366 Du und Du, Valzer, op. 367 Glucklich ist, wer vergißt, Polka-mazurka, op. 368 Discografia parziale[modifica | modifica sorgente]

Strauss, J., Pipistrello - Previn/Te Kanawa/Gruberova/Bär, 1990 Decca/Philips Strauss, J., Pipistrello - Kleiber/Varady/Prey, 1975 Deutsche Grammophon Strauss II: Die Fledermaus - Elisabeth Schwarzkopf/Herbert von Karajan/Nicolai Gedda/Philharmonia Orchestra, Naxos/EMI Strauss, J., Pipistrello - Böhm/Janowitz/Windgassen/WPO, 1971 Decca J. Strauss II: Die Fledermaus - Eberhard Waechter/Erich Kunz/Herbert von Karajan/Hilde Güden/Regina Resnik/Waldemar Kmentt/Walter Berry/Wiener Philharmoniker, 1960 Decca J. Strauss: Die Fledermaus - Herbert von Karajan/Gustav Pick/Giuseppe Di Stefano/Eberhard Wächter/Hilde Güden/Rita Streich/Chor der Wiener Staatsoper/Walter Berry/Orchester der Wiener Staatsoper, RCA/BMG Johann Strauss II: Die Fledermaus - André Heller/Anton Scharinger/Barbara Bonney/Chorus of De Nederlandse Opera/Christian Boesch/Edita Gruberová/Elisabeth von Magnus/Josef Protschka/Marjana Lipovsek/Nikolaus Harnoncourt/Royal Concertgebouw Orchestra/Waldemar Kmentt/Werner Hollweg, 1988 Teldec Strauss II, J: Die Fledermaus - Anneliese Rothenberger/Nicolai Gedda/Dietrich Fischer-Dieskau/Renate Holm/Willi Boskovsky/Wiener Symphoniker, 1972 EMI/Warner Strauss II: Die Fledermaus - Martha Lipton/Paul Franke/Clifford Harvuot/Metropolitan Opera Chorus/Lily Pons/Metropolitan Opera Orchestra/John Brownlee/Eugene Ormandy/Ljuba Welitsch/Richard Tucker/Charles Kullman, Naxos Strauss, Jr.: Die Fledermaus - Lucia Popp/Eva Lind/Agnes Baltsa/Peter Seiffert/Placido Domingo/Wolfgang Brendel/Kurt Rydl/Heinz Zednik/Bavarian Radio Chorus/Munich Radio Orchestra/Placido Domingo, dir. - 1986 EMI DVD parziale[modifica | modifica sorgente]

Strauss, J., Pipistrello - Kleiber/Coburn/Perry/Wächter, regia Otto Schenk, Deutsche Grammophon Strauss, J., Pipistrello - Böhm/Janowitz/Windgassen/WPO, 1971 Deutsche Grammophon Al cinema e in tv[modifica | modifica sorgente]

L'operetta è stata portata sullo schermo svariate volte.

Il Paese dei Campanelli

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Lo Zingarone Barone

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bla bla bla bla

{{P|toni glorificanti, auto-promozionali e commerciali e spesso senza fonti attendibili |religione|dicembre 2012}}

{{F|mondo|febbraio 2011}}

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marameooooooooooo

XXXYYY (fonti)

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esempio tre lineette

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(sandbox2)

esempio 4 lineette

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(...) [3]

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esempio 5 lineette
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  1. ^ Cit. in: Nigel Jamieson, Un'opera nel tormento, Amadeus, giugno 1997
  2. ^ Chissachi, Bohhhhh, su chissacosa.it. URL consultato il 01-01-2013.
  3. ^ IoMe, Lenote(musicali), su it.wikipedia.org. URL consultato il 01-01-2013.