Utente:Marcol-it/I passeri

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I passeri
AutoreGiuseppe Dessì
1ª ed. originale1955
Genereromanzo

I passeri è un romanzo di Giuseppe Dessì del 1955.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Rita è una ragazza che vive in un villaggio rurale della Sardegna in compagnia della zia Leonia. Si è dovuta trasferire lì, abbandonando la propria famiglia, dopo un litigio con il padre a causa di Giovanni, suo spasimante. Rita ne è rimasta incinta, e Giovanni è nell'esercito, nelle ultime fasi della Seconda guerra mondiale.

Rita, per passare le lunghe giornate di solitudine, si reca spesso a casa del conte Massimo Scarbo, in cui l'amica Susanna lavora come domestica. Susanna è cinica e esperta di vita, e consiglia a Rita di abortire, piuttosto che trovarsi a crescere da sola un bambino. Il conte è anziano e acciaccato a causa di una ferita riportata durante la prima guerra mondiale, che spesso lo costringe a letto. Dopo aver perso due giovani mogli, l'unico motivo che lo tiene in vita è l'aspettare il ritorno del figlio Giacomo, con cui ha perso i contatti da qualche anno e che molti danno ormai per morto.

Per alcuni giorni Rita non si reca più da Susanna, e lei comincia a domandarsi quando l'avrebbe rivista. Le giunge notizia che un soldato americano è stato trovato ucciso in una caverna della campagna circostante; nei pressi del corpo è stato rinvenuto un ombrellino come quello che Susanna aveva prestato a Rita. Per risalire agli assassini, i carabinieri si mettono a perlustrare tutte le case alla ricerca della ragazza scomparsa. Infine, una notte Rita viene trovata da Susanna, ferita e sporca, nel portico di casa. Rita, dopo qualche giorno di silenzio, racconta a Susanna che cosa le era successo. Aveva deciso di andare alla caserma per chiedere informazioni riguardo Giovanni, ma per strada era stata chiamata dal soldato americano, la cui famiglia era originaria di quel paese, e lei aveva accettato un passaggio in jeep da lui. Insieme poi avevano passato la notte e il giorno dopo, quando però due altri soldati li avevano sorpresi: dopo un alterco e una lotta, il soldato fu ferito a morte, e Rita in seguito venne picchiata e violentata.

In quei giorni si era presentato Manlio Spada, un giovane medico dell'età pressappoco di Giacomo, che era stato cresciuto dal conte quasi come un figlio. Manlio si ricorda di Rita, che aveva baciato una volta pochi anni prima. Manlio è ora innamorato di una ragazza che vive al di là delle trincee, e sogna di farsi paracadutare là e raggiungerla. Mentre aspetta che ciò si avveri, si prende cura delle varie ferite di Rita, che da allora si era trasferita a vivere dal conte. Giunge quindi il giorno in cui Manlio deve partire.

La salute del conte va rapidamente peggiorando, e lui stesso capisce che gli rimane poco da vivere. Per paura che alla sua morte l'avido nipote Timoteo De Luna entri in possesso dei risparmi messi da parte per il figlio, il conte incarica Susanna di assicurarsi che i soldi siano nascosti e glieli affida. Un altro desiderio del conte è che Susanna continui ad abitare nella sua casa così che Giacomo, al suo ritorno, potesse trovarla tale e quale a quando l'aveva lasciata. Quando ormai il conte è a letto da giorni e non ha più nemmeno la volontà di parlare, Susanna e Rita prendono l'ingente somma di danaro e la nascondono in soffitta. Timoteo De Luna, nel frattempo, si comporta già da signore nella casa del conte, e viene presto ai ferri corti con Susanna. Timoteo, infatti, stava già allestendo la fossa in cimitero e aveva già comprato la bara.

Dopo diversi giorni il conte muore: Susanna viene accusata di furto e finisce in prigione, Rita si ritrova a casa di sua zia Leonia. Però Susanna era riuscita a consegnare a Rita la busta sigillata che conteneva il testamento del conte Scarbo. Rita sa che nel testamento il conte aveva lasciato la casa a Susanna: a momenti vuole bruciarlo, così che la vita possa scorrere senza ulteriori lotte con Timoteo De Luna. Però alla fine si risolve a consegnarlo al dottore del conte e così scagionare Susanna dalle accuse di furto e con il suo aiuto far nascere il proprio bambino.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]