Utente:Marcobrt01/Sandbox

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La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete
Titolo originaleToo Big to Know: Rethinking Knowledge Now That the Facts Aren't the Facts, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room is the room
AutoreDavid Weinberger
1ª ed. originale2011
1ª ed. italiana2012
Generesaggio
Sottogenerecultura digitale, filosofia, internet, società
Lingua originaleinglese

La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete (titolo originale inglese Too Big to Know: Rethinking Knowledge Now That the Facts Aren't the Facts, Experts Are Everywhere, and the Smartest Person in the Room is the room) è un saggio di David Weinberger, pubblicato nel 2012 dalla casa editrice Codice Edizioni.

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

Il web come nuovo medium della conoscenza[modifica | modifica wikitesto]

Se oggi vogliamo sapere qualcosa e se vogliamo rendere ampiamente accessibile quello che abbiamo imparato andiamo online. La carta sarà da noi utilizzata ancora a lungo, ma la situazione attuale tende chiaramente a favore del nuovo medium digitale e interconnesso. Il networking sta cambiando la nostra più antica e consolidata strategia del sapere: la conoscenza sta prendendo la forma della rete. Ciò significa che la conoscenza non è più quella di una volta, non per la scienza, non per l’istruzione e non per ciascuno di noi. Noi e l’intero mondo ormai convertiamo dati in informazioni a non finire e ora siamo sovraccarichi di informazioni. Sappiamo che ci sono troppe cose per noi da sapere e questo ha le sue conseguenze. Abbiamo pertanto bisogno di nuove strategie che non costringano l’oceano di informazioni creato a passare attraverso un colino da cucina; la strategia finora più riuscita usa una forma di filtro sociale che si basa su ciò che potrebbe essere più utile e interessante per noi (dal “Mi piace” di Facebook alle ricerche personalizzate dei diversi motori di ricerca). Inoltre l’abbondanza di informazioni che ci troviamo di fronte ad ogni nostro incontro con la rete ci dice che nessun filtro ci darà l’intero complesso di conoscenze di cui abbiamo bisogno. Non meno rilevante è che circolano, parimenti alle buone, molte informazioni scadenti. Possiamo vedere qualsiasi idea stupida fatta passare per seria e viceversa. Ogni nostra idea infatti può essere tanto condivisa quanto contraddetta, sì che, come il sovraccarico informativo è diventato una realtà del nostro ambiente, così lo è il disaccordo perpetuo. È pertanto chiaro come la rete possa crescere in modo tanto scalare, poiché non ha confini entro cui costringere la conoscenza. Ma non avere bordi significa non avere una forma, e non avere una forma significa che la conoscenza è priva di una base. Noi moderni crediamo che le solide basi della conoscenza non siano nelle analogie ma nei fatti. Negli ultimi duecento anni i fatti hanno percorso molta strada: sono diventati verità elementari sul mondo, vere, a prescindere da quello che possiamo pensare o che vogliamo credere. Oggi è più difficile fissare le nostre basi. I fatti hanno cambiato non solo il loro ruolo nelle discussioni ma anche la loro forma elementare. Nella storia dei fatti possiamo distinguere tre fasi dunque: l’età dei fatti classici che venivano scoperti con ricerche meticolose e usati per dimostrare teorie; l’età dei fatti raccolti in banche dati (anni cinquanta), rappresentata da scatole di schede perforate accanto a un computer mainframe; e l’età di internet, in cui si parla di fatti networked, collegati, messi in circolo, in rete. Se i fatti classici e i fatti raccolti in banche dati sono isolati, i fatti collegati sono considerati parte di una rete. I fatti condivisi indicano da dove provengono e, a volte, dove conducono; elemento chiave è chiedere alla risorsa un link per recuperare più informazioni sul contesto di quel fatto. E, così facendo, «assistiamo a una versione della seconda legge di Newton: sulla rete ogni fatto ha una reazione uguale ed opposta»[1], sì che i fatti possono essere sbagliati ma, quando si contraddicono davvero, inevitabilmente almeno uno deve essere vero. All’interno della rete avremo ancora tutto, tranne la conoscenza vista come un “corpo”, ovvero avremo tutto meno quello che consideravamo essere la conoscenza. Internet non ha, infatti, gli elementi richiesti per creare un corpo della conoscenza. In esso nessun redattore e curatore decide che cosa è ammesso e che cosa no; non c’è nessun muro concordato per farci sapere che la conoscenza comincia qui, mentre al di fuori non v’è certezza. Internet è proprio ciò che si ha in una situazione in cui tutti sono redattori e tutto è collegato.

Comunità di esperti[modifica | modifica wikitesto]

Riunire persone intelligenti è una tecnica antica ed efficace per sviluppare idee. Anche la rete fa incontrare e comunicare tra loro persone intelligenti, ma secondo configurazioni nuove e talora strane. C’è, infatti, una sorta di entropia sociale, uno sperpero di energie, quando si cerca di ottenere risultati efficienti da un gruppo grande. Questo perché il primo dato di fatto a proposito di internet è che si tratta di una folla immensa e, se il sapere è sempre stato sociale e la comunicazione costa tanto sì che si tende ad affidare il microfono a chi è capace di esibire massimo talento, internet rimuove questi limiti. Esso permette, infatti, a gruppi di persone che non si conoscono di risolvere qualcosa a livello collettivo o di costituire una risorsa cognitiva su un argomento troppo grande per i singoli esperti. Tale fenomeno è chiamato crowdsourcing. Grazie ad esso è possibile far emergere talenti, e questo non solo perché sono connesse molte persone, ma anche perché queste sono diverse l’una dall’altra per modo di pensare e per quello che sanno. Questa proprietà della rete fa sì che essa non si limiti a trovare competenze ma le generi quindi. Essa permette di formare network di esperti praticamente di ogni dimensione e, tale multidirezionalità, fa in modo che «le reti di esperti possano essere più intelligenti della somma dei loro partecipanti»[2]. Ci sono però tante di quelle divergenze radicali che dobbiamo giungere prima o poi a scartarne le peggiori. Sembra infatti che la diversità ci piaccia solo fin quando non ne vediamo il volto. Si dice che la diversità batta le teste d’uovo. Ma che tipo di diversità? Di certo non giova diversificare solo su base etnica o razziale anche se è così che molte imprese intendono la diversità. Nel mondo reale le discussioni si biforcano quando delle persone si allontanano da un gruppo per parlare tra di loro. E la rete internet si presta come perfetta per le biforcazioni. Ha uno spazio infinito dove la conversazione divergente può continuare lontano dall’attenzione di tutti tranne di chi ha deciso di sentirla. In questo senso le biforcazioni permettono a un gruppo di trovare il suo livello di diversità. I gruppi si dividono, infatti, in modo così netto da contenere solo persone che concordano tra loro e sono detti eco chambers, “camere dell’eco”. Le persone tendono, perciò, a rinchiudersi nelle camere dell’eco proprio perché si sentono costantemente esposte ad altri punti di vista. La differenza ci porta ad avere posizioni paradossali e ciò ci rende indubbiamente preoccupati che senza una posizione privilegiata ci si possa perdere in un vortice di idee contraddittorie.

Un sapere “oltre la carta”[modifica | modifica wikitesto]

Per poter conoscere il mondo abbiamo bisogno di catene di ragionamento lunghe, perché il mondo è un’entità complessa. Argomentare in forma lunga è considerata, pertanto, una forma di ragionamento umano nella sua massima espressione. Secondo Nick Carr, la natura fisica dei libri, infatti, consente e incoraggia il ragionamento in forma lunga. Se però il libro è un medium che presenta vantaggi straordinari, ha anche caratteristiche che hanno limitato la conoscenza: il sapere è vincolato ai limiti della carta. Qual è allora la forma di questa nuova conoscenza? Secondo Weinberger ci stiamo ponendo la domanda sbagliata: le reti della conoscenza su internet non hanno una forma perché internet non ha confini e, inoltre, non rimane immobile abbastanza a lungo. La forma è importante: quando la conoscenza era una piramide e poggiava su fondamenta salde, condivise e filtrate aveva un’autorità facile da rintracciare. L’obiettività poggia su una descrizione metafisica del nostro rapporto con il mondo: gli eventi reali sono vissuti dalle menti individuali che si sforzano di creare una rappresentazione interiore accurata, che viene poi espressa nelle parole presentate agli altri. Ma, una volta persa la fede nell’obiettività, ecco che il networking della conoscenza sta dunque operando alcuni cambiamenti fondamentali sulla natura del sapere e sul ruolo che vi ricoprono le opere in forma lunga. Queste ultime non sono più la grande conquista del sapere umano perché non sono mai state, in effetti, così abbastanza lunghe. Sven Birkerts ha ragione, dunque, nell’osservare la natura temporale dei libri di carta: vengono pubblicati quando sono finiti e sono finiti quando vengono pubblicati. Il networking della conoscenza si configura, pertanto, come una ragnatela informe, aggrovigliata e incontrollabile piuttosto che un’argomentazione ragionata.

Gli effetti del networking sulla scienza[modifica | modifica wikitesto]

Troppo spesso la scienza viene strumentalizzata dalla nostra cultura. La scienza vera, però, non funziona così. Il metodo scientifico ci permette di testare le ipotesi isolando le cause di determinati effetti attraverso esperimenti meticolosamente controllati e ripetibili[3]. L’Età della Rete sta producendo una ridefinizione della conoscenza scientifica, la quale sta assumendo le proprietà del suo nuovo medium in cui vive. È pertanto vasta, meno gerarchica, più ininterrottamente pubblica, meno filtrata a livello centrale, più aperta alle differenze e collegata da link. Possiamo conoscere come funzionano le varie realtà senza capirle; sono talmente complesse che solo i cervelli artificiali sono in grado di gestirne la grande quantità di dati e di interazioni. La scienza ha bisogno, dunque, non solo di computer ma anche di una rete che li colleghi e renda il lavoro più accessibile. Mediante il collegamento si è favorita, inoltre, la possibilità alla classe meno professionista di emergere, ottenendo più informazioni, più strumenti, tutto più accessibilmente, e permettendo così di investigare insieme su interi sistemi della natura da ogni parte del mondo. In questo senso internet ha accelerato il ritmo della scienza e accresciuto il suo raggio d’azione.

Per una nuova infrastruttura della conoscenza[modifica | modifica wikitesto]

Ciò che emerge da quanto citato è che viviamo in una crisi della conoscenza. Ed è tale che non c’è intesa nemmeno su che cosa sia la conoscenza, figurarsi su una possibile soluzione del problema. Weinberger pone dunque la questione conclusiva: senza girarci troppo intorno, il networking della conoscenza ci sta rendendo più intelligenti oppure più stupidi? La domanda è difficile, tuttavia alcuni elementi essenziali dell’esperienza in rete sembrano accordarsi col nostro modo di intendere la conoscenza. Tra questi vi sono: -abbondanza: molte più risorse di quanto avessimo potuto immaginare con la televisione e le biblioteche fisiche; -link: la possibilità di transitare con pochi clic da una fonte a un’altra tramite collegamenti ipertestuali; -senza permessi: tutti leggono postano e costruiscono quello che vogliono; -pubblica: quello che vediamo noi possono vederlo anche gli altri; -irrisolta: più tempo si passa più si ha la prova che l’accordo univoco nelle varie questioni non si avrà. «Cosa si potrebbe fare allora perché questa rete di sovrabbondanza intessuta di collegamenti diventi un ambiente migliore per la conoscenza?»[4] In primo luogo dare accesso libero a riviste e archivi, dopodiché la soluzione al problema del sovraccarico di informazioni è di creare altre informazioni, in particolare quelle note come metadati. Fornire metadati permette di poter trovare più facilmente i documenti all’interno di una cartella che abbiamo etichettato. E infine, accanto ad essi, dinanzi ad un sistema aperto e sovrabbondante nel quale vi è bisogno di filtrare l’informazione, alcuni sostenitori del web semantico hanno proposto i Linked Data, ovvero dati accessibili in una forma standardizzata. La loro ascesa racchiude la trasformazione della conoscenza esaminata in questo libro. Una rete siffatta è, dunque, più ricca di conoscenze utilizzabili e utili per tutti. Pertanto, secondo Weinberger, è fondamentale, se si vuole che internet faccia avanzare la conoscenza, insegnare ai bambini per primi a usare la rete, per poter amare e apprezzare le differenze.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ David Weinberger, La stanza intelligente. La conoscenza come proprietà della rete, Torino, Codice Edizioni, 2012, p. 55.
  2. ^ Ivi, p. 86.
  3. ^ Ivi, p. 161.
  4. ^ Ivi, p. 236.