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Santa Maria di Collemaggio

Carla Bartolomucci ascrive la primitiva chiesa visitata da Pietro da Morrone ad una fase anteriore al 1287; tuttavia, gli scavi archeologici, condotti dall’Università degli Studi dell’Aquila, non hanno restituito tracce rilevanti, riconducibili a tali preesistenze. Secondo Fabio Redi, il primitivo edificio dovette uniformarsi alle caratteristiche delle originarie fondazioni Celestiniane a vocazione eremitica, come l'Eremo di Santo Spirito a Maiella, Santa Maria del Morrone e l'Eremo di Sant'Onofrio al Morrone.[1]

Prima fase costruttiva (1287-1315)

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Dopo i saggi di scavo, eseguiti durante i lavori per il Giubileo dell’anno 2000, Pezzuti giunse alla conclusione che la prima basilica celestiniana fosse a cinque absidi[1]. Secondo Fabio Redi, invece, l’originaria Collemaggio dovette avere un’estensione pressappoco simile a quella attuale ma con l’asse mediano longitudinale spostato di circa sei metri e con la facciata arretrata di quattordici, a dimostrazione di una basilica con proporzioni meno allungate, sull’asse longitudinale, ma comunque grandiosa. La progettazione di un edificio monumentale - che richiama nella tecnica muraria l’abbazia di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana – spinge a riconoscere, in Carlo d’Angiò l’evergete finanziatore e nei monaci cistercensi - forse francesi - le maestranze attive nel cantiere[1].

Il terminus ‘‘ante quem’’ per la costruzione della Porta Santa è fornito da un lascito testamentario del 1397;con questo, un certo Simone di Cola di Cocullo avrebbe destinato parte dei suoi averi alla realizzazione dell’affresco inserito nella lunetta del portale. In tempi recenti, tuttavia, la tradizionale interpretazione dell'atto notarile è stata messa in discussione; non è possibile escludere che l'opera commissionata da Simone di Cola fosse in realtà un gruppo scultoreo destinato alla basilica, eventualità che metterebbe in crisi la cronologia del portale.[2]

Il crocifisso ligneo

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Nella Basilica si conservava - fino al sisma del 2009 - un crocifisso ligneo quattrocentesco, proveniente dalla chiesa di San Biagio e attualmente ospitato nella Basilica di San Giuseppe Artigiano. L’unica testimonianza del manufatto, precedente al sisma, è fornita da una campagna fotografica, condotta nel 2005 dalla cattedra di Storia dell’Arte Medievale dell’Università “G. D’Annunzio”. Nel crocifisso, le forme del corpo sono appena abbozzate e l’espressione di dolore è appena accennata. L’elemento di maggiore qualità, tuttavia, è rappresentato dal brano del perizoma che ricade sulle cosce, sottolineandone i volumi.[3] Il Previtali attribuì il manufatto al Maestro di Visso, attivo in Umbria; solo in tempi recenti gli studiosi si sono pronunciati, eliminando dal catalogo dello scultore umbro il Crocifisso di Collemaggio, che sembrerebbe ben lontano dalla sua produzione[3].

A L'autore della copertura in pietra concia, posizionata sulla torre preesistente, è Pietro Giovanni Rivera[4]

  1. ^ a b c Fabio Redi, Santa Maria di Collemaggio. Archeologia di un monumento in Celestino V e la sua Basilica, Silvana, 2006,pp.115-123
  2. ^ Valeria Gambi, Alice Petrongolo Santa Maria di Collemaggio in L’Aquila in Prima e dopo il sisma. Vicende conservative dell'arte medievale in Abruzzo, Teramo, Edizioni d’Errico, 2011, pp.65-66
  3. ^ a b ,Valeria Gambi, Santa Maria di Collemaggio, in Prima e dopo il sisma.Vicende conservative dell’arte medievale in Abruzzo, a cura di Claudia D'Alberto,D'errico,2011, pp.63-64
  4. ^ Alice Petrongolo, Santa Maria di Collemaggio, in Prima e dopo il sisma,Teramo, Edizioni d’Errico, 2011

Bibliografia generale

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