«[...] Daisaku Ikeda propone un concetto, che definisce universalità interiore, in base al quale l'approccio metodologico ai grandi problemi, ai principi e alle prospettive universali, non deve essere "esteriore e trascendente ma immanente e interiore". Non da fuori ma da dentro.
[...] Ikeda contrappone l'idea dell'universalità interiore allo spirito di astrazione, un'espressione coniata dal filosofo francese Gabriel Marcel, quel "meccanismo fondamentalmente distruttivo che spinge gli esseri umani a concepire e a rappresentare le cose senza tener conto della realtà concreta". Perché distruttivo? Perché induce deliberatamente a negare il particolare racchiudendolo in categorie. "Si può fare la guerra solo se prima si nega il carattere umano dell'avversario e lo si riduce a un concetto astratto, come il fascista, il comunista, il sionista, il fondamentalista islamico...". Un'operazione che sottolinea ciò che separa e non ciò che unisce, e annulla due elementi apparentemente contrapposti: la peculiarità del singolo essere umano e la sua universalità.
Secondo Marcel anche l'idea di essere umano deve essere considerata il frutto di un'astrazione. Niente invece è più concreto di un individuo in carne ed ossa che scopre chi è davvero. Scavare nel profondo di noi stessi, riconoscere chi siamo, ci avvicina all'altro, all'altra, ci fa alzare gli occhi e guardare chi ci sta accanto. Osservando gli altri con curiosità e attenzione possiamo riconoscere le caratteristiche uniche di ciascun individuo e interagire in modo efficace e creativo, rendendo fecondo il nostro stare fisicamente nello stesso posto e nello stesso momento. Sviluppando quest'attitudine rimaniamo ancorati alla realtà concreta, "mentre qualunque discussione sull'essere umano o sull'umanità che non tiene conto delle differenze genera concetti astratti che acquistano vita propria e sono avulsi dalla realtà. [...]»