Utente:Gretafaroni/Sandbox/grottadiSanPaterniano

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La grotta di San Paterniano è un sito religioso ipogeo e si trova a Fano nelle Marche, più precisamente in un terreno di proprietà privata tra Caminate e S. Angelo in Ferriano, a destra del fiume Metauro.  La sua denominazione deriva dal ritrovamento da parte di tre uomini, nel XVIII secolo, di un'iscrizione con inciso il nome del santo che la avrebbe abitata, con alcuni suoi compagni, per sfuggire alle persecuzioni cristiane. [1]

Tradizione e leggenda[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tradizione un'angelo parlò a San Paterniano invitandolo a ritirarsi con i suoi compagni in Egitto, luogo non lontano da Fano a destra del fiume Metauro che oggi corrisponde a Monte S. Angelo[2], per sfuggire alle persecuzioni cristiane di Domiziano e Massimiano (295-305). Il nome "Egitto" fa pensare a due possibili spiegazioni. La prima che questo nome facesse riferimento all'asprezza e all'inaccessibilità del posto, mentre la seconda assume un valore allegorico-mistico, indicando un luogo sia nel quale mettersi in salvo dai pericoli delle persecuzioni e della tirannide sia dove poter pregare in solitudine[2] . Non è possibile sapere se questa località avesse assunto il nome "Egitto" al tempo di San Paterniano o in seguito a ricordarne la sua figura. Inoltre non conosciamo la sua datazione, né se fu una catacomba o un'antica cisterna, ma si pensa che fu un magazzino trasformato in seguito in cimitero cristiano[2]. Ciò è confermato dalla non presenza di fosse, infatti le ossa ritrovate risultano risalire ad un'epoca posteriore. In seguito al passaggio di San Paterniano e molti altri santi martiri della chiesa cattolica in questo luogo, la grotta divenne oggetto di culto e venerazione oltre a meta di pellegrinaggi.

Struttura della grotta[modifica | modifica wikitesto]

La grotta di San Paterniano presenta la forma di un Tau (T) composto da un corridoio centrale e da due bracci. Il primo misura 18 mt. e la sua pavimentazione è composta da pietre legate a cemento idraulico, i bracci misurano invece 14 mt. Il rifugio ha un'altezza di 3 mt. , una larghezza di 2,5 mt. e lo spessore dei muri laterali misura 70 cm. Inoltre non presenta porte sia per il timore di una qualche sorpresa sia per proteggersi dalle molestie degli animali[1]. I muri e la volta sono formati da pietre di fiume che non seguono un ordine ben preciso e sono rivestiti da un'incrostatura composta da malta e ghiaia. In mezzo alla volta sono presenti due lucernai utilizzati dai cristiani per scendere nel rifugio tramite delle scalette mobili. A fianco di questi troviamo due spiragli che,a differenza dei lucernai che rimanevano chiusi per maggior sicurezza e protezione , garantivano il passaggio di aria e luce. La struttura della grotta è stabile ancora oggi dopo sedici secoli dalla sua costruzione.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Finite le persecuzioni Paterniano divenne la guida spirituale dei cristiani fanesi. Riguardo la data di tale consacrazione le fonti sono discordi, infatti variano tra il 300,306 e il 313[2]. Il codice Nonantolano afferma che la folla si radunò davanti la sua grotta  affinché esortasse il santo a diventare loro vescovo. Nonostante il codice riporti informazioni riguardo un vescovo a lui precedente, a noi ignoto, è possibile considerarlo il primo vescovo di Fano in senso giuridico. Dopo aver ottenuto questa carica visse per 42 anni in un luogo oggi collocabile tra Senigallia e Pesaro, vicinissimo a Fano, denominato Vicus Thanarum, cioè Vico delle Tane. Qui morì all'età di novantasei anni circa nel 350 e vi fu sepolto. Quando San Paterniano abbandonò la grotta la lasciò ai suoi compagni Maurenzio, Martiniano, Vincenzo, Pellegrino (secondo altre fonti Avito[1]) e Urbano, monaci fanesi[2]. Branchini sostiene che i suoi compagni non fossero rimasti nella grotta poiché questa era diventata troppo conosciuta e quindi pericolosa per i cristiani che la frequentavano. Infatti sappiamo che tutti i suoi compagni furono uccisi e alcune fonti dimostrano che i loro corpi furono trasportati a Fossombrone, dove ancora oggi sono custoditi. Ciò  è testimoniato anche dalla presenza di una scritta nel monastero di San Maurenzio[2]. Dopo la morte di San Paterniano la grotta fu dimenticata e il luogo di culto del santo diventò il monastero di San Martino,che sorge nel Vicus Thanarum, in quanto custodiva il suo corpo.

Ritrovamento e rinvenimenti[modifica | modifica wikitesto]

Nel XVIII secolo tre uomini riscoprirono per caso la grotta, ritrovando anche diverse immagini sacre come ad esempio un crocefisso, un dipinto su tavola e un quadro di San Paterniano. L'uomo che per primo entrò nel rifugio lo acquistò. Questi tre rinvenimenti rimasero all'interno della grotta fino al 1149[1].

Il crocefisso[modifica | modifica wikitesto]

Il crocefisso è ora situato nella collegiata di San Costanzo ed è formato da legno di rovere ormai corroso dal tempo e dall'umidità della grotta. Seconda la tradizione questo crocefisso coincide con quello che lo stesso San Paterniano pregava[1]. Il suo capo è coronato da spine e nelle mani stringe una ciocca di lunghi capelli biondi, che si pensa che siano stati aggiunti in seguito da un qualche fedele in segno di umiltà e penitenza[1]. Questo oggetto negli anni ha acquisito molto valore poiché fu appunto pregato da molti santi e martiri fondamentali della chiesa cattolica.

Effigie di Maria Vergine[modifica | modifica wikitesto]

L'effigie di Maria Vergine, anch'essa situata oggi nella collegiata di San Costanzo, presenta uno stile bizantino, è composta da legno di rovere ed è dipinta da una mano poco esperta[1]. Corrosa ormai dal tempo e dall'umidità, risulta essere stata rifatta a olio da una mano moderna. Nel 1700 vi vennero aggiunte due tavolette ai lati in modo tale da renderla più grande. La primitiva immagine al tempo di San Paterniano consisteva nella sola effigie[1]. La Madonna viene rappresentata seduta con Gesù bambino sulle ginocchia.

Quadro di San Paterniano[modifica | modifica wikitesto]

Il quadro rappresentante San Paterniano con abiti pontificali e il libro delle regole in mano, risulta appartenente ad un'epoca posteriore al santo.  Attorno gli fanno eletta corona i monaci che tengono, anch'essi in mano, la palma del martirio intenti ad ascoltare gli ultimi consigli.  In alto invece troviamo un angelo parlante che indica ai monaci il libro delle regole tenuto da San Paterniano.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h Aurelio Branchini, La prima catacomba delle Marche, Roma, Libreria editrice religiosa Francesco Ferrari, 1920.
  2. ^ a b c d e f Romina Vitali, La grotta di San Paterniano tra storia e leggenda, Pesaro, Magma i lapilli, 1998.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Aurelio Branchini, La prima catacomba delle Marche, Roma, Libreria editrice religiosa Francesco Ferraro, 1920.

Romina Vitali, La grotta di San Paterniano tra storia e leggenda, Pesaro, Magma i lapilli, 1998.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Fano: la Grotta di S. Paterniano, su lavalledelmetauro.it.