Utente:Giulimarto06/Sandbox

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Chiesa Di Casinalbo[modifica | modifica wikitesto]

La Chiesa, a casinalbo,[1] in via Landucci, è stata costruita sulle terramare, infatti sono stati ritrovati resti di capanne, che nella seconda metà dell'ottocento vennero smantellate. I resti archeologici adesso si trovano nel Museo Archeologico[2] di Modena e il terreno venne venduto come concime.

Storia e Parrocchia[modifica | modifica wikitesto]

I proprietari della terra, per secoli, erano state famiglie aristocratiche con importanti incarichi nel Ducato Estense. Due famiglie si dividevano la maggior parte del territorio: i Morano, che facevano riferimento alla imponente villa di via Carducci, ed i Levizzani -Scapinelli che abitavano la villa di fianco alla chiesa; questi ultimi costruirono poi la villa ora sede del club "la Meridiana". Il primo parroco, Don Guaitoli, che aiutò Casinalbo a costruire la chiesa arrivò nel 1521. Dopo di che Don Mazzi decise di abbaterla e ricostruirla nel 1889, perchè era poco stabile. A questi lavori parteciparono anche i ragazzi, quelli più robusti, della Villa Bianchi situata di fianco alla chiesa. Tra questi ci fu Ermegildo Luppi che diventò uno degli scultori più famosi di Modena. Il campanile, per mancanza di fondi, venne ricostruito nel 1960. In epoca Romana, qualche secolo dopo, il centro era abitata, coltivata, frequentata, ma senza un vero centro urbano; però col passare del tempo, nacquero fattorie autosufficenti e con accesso al fornace per fabbricare mattoni. Con l'arrivo del Medioevo, il territorio iniziò a caratterizzarsi con manufatti e utensili ancora riconoscibili. Il nome "Casinalbo" deriva da "Casale Albini" cioè era riferito a una casa-fortezza di proprietà di un certo Albini. L'attività economica più importante, fino a metà Novecento, era l'agricoltura, che fino a un secolo prima era stata l'unica attività. I proprietari delle terre, sono state per molto tempo, famiglie aristocratiche con un importante incarico nel ducato estense. Due famiglie si dividevano la maggior parte del territorio: i Morano della importante villa in via Carducci e i Levizzani- Scapinelli che abitavano la villa di fianco alla chiesa; questi ultimi costruirono poi la villa ora sede del club "la Meridiana". Altri ritagli di terreno, non contigui, appartenevano ad enti religiosi: oltre all'esiguo beneficio parrocchiale, c'erano proprietà di monasteri, conventi, parrocchie di Modena e non solo.

I contadini erano sottoposti a contratti di diverso tipo, i più frequenti erano: l'affitto, la mezzadria, la boaria.

L'affittuario pagava un canone prestabilito, poi restava padrone dei raccolti, però se questi finivano male, ci rimetteva del suo e si rovinava. Il mezzadro forniva la metà del bestiame, parte degli atrezzi e delle sementi oltre la forza lavoro, il resto lo metteva il padrone della terra. Era dimezzato il profitto, ma anche il rischio in caso di mala annata. Il boaro non aveva niente, all'infuori delle proprie braccia. Riceveva un compenso bastante alla sola sopravvivenza, a discrezione del padrone del terreno, ed essendo sempre analfabeta, poteva essere imbrogliato dal datore di lavoro, facilmente ma non necessariamente.

C'era però chi stava peggio: i braccianti stagionali, che lavoravano continuativamente solo in occasione della mietitura, della vendemmia, o di altri lavori legati al raccolto o alla preparazione della terra; i braccianti giornalieri erano assunti per lavori occasionali: un parroco li chiama "taglialegna" perché uno dei loro impieghi ricorrenti consisteva nel sradicare alberi e farli a pezzi; infine c'erano i servitori, che vivevano e faticavano in una famiglia di contadini in cambio di un piatto di minestra e di un giaciglio nel fienile.

La popolazione oscillava suppergiù intorno alle cinquecento unità fino al XVIII secolo, il minimo fu toccato dopo la peste del Seicento, quando morì più della metà delle persone e venne raddoppiato il cimitero, che prima occupava metà del sagrato, poi si scavarono fosse nel terreno già coltivato ad orto, dove ora sorgono la canonica e l'oratorio.

All'inizio del Settecento le case erano 67, di cui sette ville. A fine Ottocento erano censite 133 case comprese 27 ville, per 1300 abitanti. Le case coloniche erano spesso fatte coi sassi di fiume e tetto di assi appoggiate su travi e travetti, e sopra le tegole. Non è da escludere che altre parti delle abitazioni fossero di legno. È documentato in una relazione tecnica che l'osteria del Seicento aveva un portico di legno, paramento murario di sasso con angoli di mattoni. I sassi sono ancora visibili nelle cantine, dove sono stati riutilizzati nella ricostruzione ottocentesca.

Innanzi tutto, l'immobilismo era stato determinato dall'economia: il territorio poteva nutrire quel numero di persone e non di più, inoltre l'elevata mortalità, soprattutto infantile, non consentiva la crescita demografica. A partire dalla fine del Seicento, ma specialmente nel secolo successivo, vennero fatti dei progressi nel campo dell'alimentazione, dell'igiene, della medicina e delle tecniche agricole.

Vennero recuperati a coltura tutti i terreni utili, risanando acquitrini, disboscando sterpaglie, bonificando, poi vennero selezionate le specie vegetali, utilizzando quelle più redditizie, ad esempio un tempo le spighe di grano avevano molti chicchi in meno rispetto quelle attuali. La patata  conosciuta dai tempi di Cristoforo Colombo, era ancora usata quasi solo come cibo per i maiali.

Venne ridotta l'incidenza delle malattie delle piante e degli animali allevati, o almeno si diede inizio a questo processo che dura tuttora. Rinforzando il fisico con una migliore alimentazione e conducendo una vita più salubre, vennero contenute le malattie epidemiche e la mortalità.

Tutto questo, a Casinalbo, fece aumentare la popolazione del 20% circa.

L'innovazione decisiva fu però l'eliminazione del maggese. Si trattava di una tecnica già praticata nel mondo antico: la terra era coltivata un anno si e un anno no, lasciandola a riposo per rigenerarsi: vi mandavano le pecore a pascolare, che intanto concimavano naturalmente. Il raccolto era evidentemente dimezzato rispetto le potenzialità[3].

  1. ^ in provincia di formigine.
  2. ^ in via Emilia, modena
  3. ^ [La nostra storia Parrocchia di Casinalbo].