Utente:Fortunaziano/Sandbox

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=Febadio di Agen=  

Febadio di Agen è una delle figure minori impegnate nella resistenza contro i filoariani nell'occidente latino, insieme a Potamio di Lisbona e Gregorio di Elvira. La sua opera è uno dei primi esempi di attività letteraria cristiana in Gallia e Spagna, attività iniziata in quel periodo per la necessità di intervenire nella controversia ariana e di approfondire la riflessione teologica.

Vita [modifica | modifica wikitesto]

Le informazioni su Febadio di Agen sono molto scarne, e non permettono di ricostruire con esattezza la sua data di nascita né la sua data di morte.

È originario dell'Aquitania (forse proprio di Agen), una regione che nel IV secolo era ben poco cristianizzata; è quindi probabile che non abbia avuto un'educazione cristiana.[1] Viene eletto vescovo di Agen: non è conosciuta la data certa ma sicuramente non è presente al concilio di Sardica del 343 (il suo nome non compare tra quelli dei sottoscrittori degli atti), ai sinodi di Arles, Milano e Beziers (356)[2]. Nel 358 è comunque già vescovo di Agen poiché nello stesso anno partecipa in Gallia a un concilio di vescovi che condanna la pubblicazione della "formula sirmiense",[3] fortemente filoariana, prodotto finale del concilio riunito a Sirmio verso la metà del 357.[4] Interviene, insieme con san Servazio di Tongres, al concilio di Rimini del 359, dove difende il credo niceno. Tuttavia in seguito, dopo una tenace resistenza, è costretto ad accettare e firmare anch'egli la "formula di Rimini", integrata e ampliata da alcune espressioni antiariane. [5]. Contro la formula di Rimini si schiera un sinodo di Parigi nell’estate del 360, al quale partecipa anche Febadio. Presiede il concilio di Valence del 359 e quello di Saragozza del 374, che trattano di disciplina ecclesiastica e non più di questioni teologiche, dogmatiche e trinitarie.[6] La data di morte è incerta ma è ancora in vita nel 392, quando san Girolamo gli dedica il capitolo 108 del De viris illustribus:[7]

  1. Phoebadius, Agenni Galliarum episcopus, edidit Contra Arianos librum. Dicuntur eius et alia esse opuscula, quae necdum legi. 2 Vivit usque hodie decrepita senectute.

«Febadio, vescovo di Agen in Gallia, pubblicò un libro Contro gli Ariani; si dice che esistano anche altri suoi scritti, ma sinora non sono riuscito a leggerli. Vive tuttora in estrema vecchiaia.»

Da questa testimonianza si deduce non solo che in quell’anno Febadio era ancora vivo, ma anche che aveva forse composto altre opere, purtroppo non pervenute. Era sicuramente morto nel 405, quando invece è attestato un nuovo vescovo di Agen, Dulcidio, probabilmente suo diretto successore dopo la morte. [6] I suoi scritti sono pubblicati da Jacques-Paul Migne nel XX volume della Patrologia Latina[8].

Contra arianos[modifica | modifica wikitesto]

Contra arianos è un’opera articolata in 28 capitoli. Febadio di Agen la scrive con l’intento di confutare la professione sirmiense del 357 e di dimostrare come, dietro le frasi e le parole apparentemente ortodosse in essa contenute, si nasconda in realtà l’eresia ariana.[9]

L’eresia ariana sostiene che il Padre sia dotato di ipostasi e natura propria, mentre il Figlio non partecipa alla sostanza e all’essenza del Padre. Inoltre, in quanto non generato, il Padre è senza principio, mentre il Figlio deriva dal Padre il suo principio: dunque è in una posizione di netta inferiorità che lo esclude dalla partecipazione alla divinità somma.[10] Il concilio di Nicea del 325 condanna l’arianesimo ma controversia ariana si protrae per tutto il IV secolo con l’avvicendarsi di diversi concili. [11]. Nel tentativo di trovare un accordo, Costanzo affida al cosiddetto trio illirico, costituito da Valente, Ursacio e Germinio, il compito di ricostituire un’unità di pensiero. [12]. Per loro iniziativa, verso la metà del 357, si riuniscono alcuni vescovi occidentali a Sirmio (il luogo è scelto per il fatto che vi risiedeva l’imperatore). Il concilio di Sirmio esclude la posizione nicena ed accentua l’inferiorità del Figlio nei confronti del Padre, tanto da renderlo dissimile da Dio-Padre. In conclusione il concilio di Sirmio assume la forma di un vero e proprio atto di tolleranza dell’arianesimo.[13]

L’opera di Febadio ripercorre passo per passo gli aspetti più importanti della formula del concilio di Sirmio, per poi confutarli e respingerli teologicamente. L’incipit (1,3) esprime chiaramente l’obiettivo che l’autore si pone:[14]

«Vere catholici non futuri si haeresim non repudiamus

Non saremo veramente cattolici se non ripudieremo l'eresia»

Avvalendosi di citazioni dalle scritture, Febadio replica punto per punto a quanto affermato a Sirmio, sostenendo il concetto di substantia in base al quale il Padre e il Figlio devono essere distinti ma non mescolati né separati: entrambi, con lo Spirito Santo costituiscono unum quanto alla substantia. Il trattato è ricco di citazioni dall’Antico e dal Nuovo Testamento,[9] dal momento che le scritture sono spesso la base per sostenere una tesi o confutare quella delgli avversari. Grande spazio è dato alle citazioni dal vangelo di Giovanni,[15] molto usato nella disputa ariana dal momento che contiene informazioni utili a determinare il rapporto Padre-Figlio.



La trasmissione dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

L’opera Contra Arianos è pervenuta in un unico manoscritto del IX secolo, oggi conservato nella biblioteca dell’università di Leida. L’editio princeps fu curata da Teodoro di Beza a Ginevra nel 1570. L’autore lamentava le cattive condizioni del manoscritto, sul quale intervenne con una serie di congetture elencate in appendice. La seconda edizione è contenuta nella raccolta Veterum aliquot Galliae Theologorum scripta, pubblicata da un curatore anonimo a Parigi nel 1586, e si basa sul testo della prima edizione aggiungendo nuove congetture e rifiutando alcune di quelle avanzate da Teodoro di Beza. L’editio princeps e la seconda edizione sono state ristampate più volte ed sono incluse anche nella Patrologia Latina del Migne. Fu pubblicata inoltre una terza edizione a Francoforte nel 1623. Solo nel 1985 è stata prodotta la prima vera edizione critica del testo a cura di R. Demeulenaere.[16]

Nel 1999 Jörg Ulrich ha curato un’edizione dell’opera in lingua tedesca.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ulrich, p. 51.
  2. ^ Sulpicio Severo, Chronica, 37. 39-41
  3. ^ Ilario di Poitiers, De synodis 2 (PL 10,481
  4. ^ Ulrich, pp. 42 ss.
  5. ^ Sulpicio Severo, Chronica, 2,43
  6. ^ a b Ulrich, p. 54.
  7. ^ Gerolamo., Gli uomini illustri : de viris illustribus, Nardini, 1988, ISBN 88-404-2012-6, OCLC 245957638. URL consultato il 2 gennaio 2023.
  8. ^ Migne, Jacques Paul., Patrologia Latina., publisher not identified, S.D, OCLC 173749943. URL consultato il 2 gennaio 2023.
  9. ^ a b Ulrich, p. 59.
  10. ^ Manlio Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, 1975, Roma, pp.46-47
  11. ^ Manlio Simonetti,Il vangelo e la storia,201o,Carocci,p. 207 ss.
  12. ^ Manlio Simonetti,Il vangelo e la storia,2010,Carocci,p. 211 ss.
  13. ^ Manlio Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, 1975, Roma, pp.233
  14. ^ Ulrich, p. 88.
  15. ^ Ulrich, p. 68.
  16. ^ Ulrich, pp. 83-84.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Manlio Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, Roma, 1975.

Jorg Ulrich, Phoebadius, Contra Arianos, Herder, 1999.

Manlio Simonetti, Il vangelo e la storia, Carocci, 2010.