Coordinate: 44°57′43.89″N 11°45′48.74″E

Utente:Ferdigoodyear/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Villa Morosini
Prospetto anteriore della villa
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàPolesella
IndirizzoVia Alessandro Selmi, 676, 45038 (RO)
Coordinate44°57′43.89″N 11°45′48.74″E
Informazioni generali
Condizioniin uso
Costruzioneseconda metà del XVI secolo
Usoabitativo
Realizzazione
ArchitettoVincenzo Scamozzi
CommittentePietro Morosini

Villa Morosini, denominata anche Ca' Morosini, è una villa veneta situata nelle campagne ad est di Polesella, in provincia di Rovigo, prospiciente l'argine sinistro del Po[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La realizzazione della villa fu voluta da Pietro Morosini, che acquistò la casa demaniale e i fondi adiacenti nel 1555 dalla famiglia ferrarese dei Graziadei[1]. Gli studiosi ritengono che l'architetto Vincenzo Scamozzi (1552-1616) abbia progettato la struttura originale nella seconda metà del XVI secolo, per adattare la fabbrica preesistente alle esigenze di rappresentanza della famiglia Morosini[2]. La villa serviva sia come centro di conduzione del fondo agricolo sia come luogo di rappresentanza della famiglia. Successivamente, Francesco Morosini (Venezia 1619-1694), denominato anche il Peloponnesiaco e futuro Doge di Venezia, si rivelerà una figura molto importante per la storia di questo edificio, apportando modifiche significative all'assetto della villa che rimarrà sostanzialmente invariato fino ai giorni nostri[2]. Con la sua committenza si intraprendono interventi come la sopraelevazione del salone e la realizzazione del timpano semicircolare superiore, insieme a trasformazioni interne e decorazioni parietali, attribuite all'architetto Antonio Gaspari[1] che all'epoca era il principale architetto coinvolto nelle realizzazioni della famiglia Morosini[2]. Che la villa fosse molto cara al futuro doge lo dimostra la trasformazione della torretta destra sul retro della villa in un Oratorio dedicato a San Mauro nel 1676[1], per commemorare una delle più importanti vittorie contro i Turchi nell'assedio di Santa Maura nel 1684. Verso fine Ottocento, dopo la morte di Loredana (Elisabetta) Morosini Gatterburg, rimasta nubile, l'intera patrimonio passò ai Gatterburg. Con notevole impegno, però il comune di Venezia riuscì ad acquistare alcuni cimeli appartenuti a Francesco Morosini, ora conservati al Museo Correr[2].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La villa sorge al centro di una corte padronale rettangolare, frutto della trasformazione di una casa rurale del Quattrocento che venne gradualmente trasformata e ingrandita[2]. L'ubicazione del nucleo originario è stata individuata in corrispondenza della zona perimetrale dell'"ala est" intorno alla quale si è sviluppata la villa. Questa ipotesi è supportata dalla relazione tra le murature dei due nuclei, che non risultano ammorsate e mostrano singolari interruzioni[2]. Un elemento fondamentale che consente di identificare chiaramente la parte originaria della muratura sta nel fatto che essa è a due teste, mentre il resto della muratura è a tre teste[1]. L'edificio si sviluppa su tre livelli: il pian terreno, il piano nobile e il mezzanino. La sezione centrale, inoltre, presenta un piano attico[2]. Lo stabile presenta un corpo centrale collegato a due ali laterali, leggermente arretrate e più basse[2].

Facciata[modifica | modifica wikitesto]

Vista laterale della villa

Villa Morosini presenta una materiale differenza tra il fronte principale e quello posteriore. Sul prospetto principale si trovava l'approdo per le imbarcazioni che navigavano lungo il Po, mentre il retro ricorda l'aspetto di una costruzione rustica[1]. L'accesso al corso d'acqua era definito da una monumentale scalinata d'ingresso. Lo scalone esterno, con una balaustra in pietra, conduce direttamente al piano nobile, dove si apre una trifora ad archi scanditi da lesene ioniche che sorreggono una trabeazione e un timpano incorniciato da modanature e dentelli[2]. Il portale centrale è ampio, mentre i due portali laterali si presentano più stretti e sono chiusi alla base da due balaustre in pietra[2]. I tre portali sono dotati di piedritti, capitelli d'imposta e chiavi di volta in pietra lavorata. I settori laterali della villa non sono particolarmente articolati e, ai lati della fascia centrale, vi sono tre aperture contornate da una cornice trabeata. La scansione delle aperture è simmetrica, con corrispondenza tra il piano nobile e il sottotetto[1]. La villa ha una copertura complessa, con un tetto centrale più elevato rispetto ai due laterali. Il cornicione dell'edificio, sull'imposta anteriore e laterale, è a fasce, a differenza della facciata posteriore che presenta una dentellatura[1]. I prospetti posteriori riflettono la disposizione anteriore, ma sono privi di ordini architettonici; l'unico elemento di qualificazione formale è il cornicione del tetto e le due canne fumarie con una sommità ispirata allo stile veneziano. Attualmente, il sito conserva due delle quattro torri originarie che fungono da cerniera alle basse mura di cinta che corrono sui tre lati del perimetro. Sul lato prospiciente il fiume Po, in origine vi erano altre due torri utilizzate come attracco fluviale per le imbarcazioni, ora sostituite dall'attuale argine[1].

Vista laterale della villa

Attualmente, la villa presenta un corpo centrale collegato a due ali laterali arretrate e leggermente più basse[1]. Tuttavia, questa trasformazione e il raddoppio del nucleo originale avvenne solamente in una data imprecisata del XVI secolo. Gli esperti ritengono infatti che, inizialmente, l'intero edificio tripartito presentava la scalinata d'ingresso, ma non le lesene in facciata e soprattutto il dislivello tra il corpo centrale rispetto a quelli laterali[3]. Quest'ipotesi è confermata da tracce rinvenute nel granaio, che mostrano l'antica falda del tetto. Inoltre, nel salone centrale è visibile un'apertura successivamente tamponata, che collegava vari settori del granaio, e la presenza di quattro torrette in cima con stesso livello di falda per il tetto, con l'unico rialzato costituito dal timpano[2], come documentati dall'iscrizione leggibile in un punto di giunzione tra la struttura vecchia e quella nuova[1]. Il sopralzo, visibile ancora oggi in corrispondenza del timpano, venne aggiunto nel 1802 per creare nuovi ambienti al livello del granaio. In precedenza, infatti, la parola "riattato" era stata interpretata come "rialzato"[1]. Questo suggerisce che la villa assunse l'attuale configurazione alla fine del XVII secolo, mentre i lavori successivi ordinati nel 1803 da Elisabetta Morosini Gatterburg risultavano in realtà opera di "riatto" e quindi opere di straordinaria manutenzione. Alcune fonti documentali supportano questa ipotesi. Una mappa del 1641 della Biblioteca Vaticana mostra la sopraelevazione della parte centrale[1]. Inoltre, un disegno del 1740 dell'Archivio di Stato di Ferrara conferma la soprelevazione del timpano, confutando le attribuzioni di tale intervento edilizio ai lavori realizzati nel 1803[2].

Torrette laterali[modifica | modifica wikitesto]

La presenza di Francesco Morosini nella villa è attestata dalla dedica della cappella, eretta nel 1690 in una delle torri angolari[2]. Intorno al 1676, la torre laterale fu trasformata in Oratorio dedicato a San Mauro (Verso il 1676 la torretta laterale venne fu trasformata in un Oratorio dedicato a San Mauro)[3]. Questa dedica ricorda una delle più importanti vittorie dei Morosini contro i Turchi (Isola di Leuca). La ricostruzione della villa, con la sopraelevazione del corpo centrale e la trasformazione della torretta in oratorio, è documentata nel catastico del 1775, dove la torre è contrassegnata con una croce. In una corrispondenza del 1706 tra i fratelli Lorenzo e Pietro Morosini, si accenna a una proposta di spostare l'oratorio nella torretta antistante, più vicina al fiume e più comoda da raggiungere per gli abitanti del borgo di San Maura in Golena[2]. Tuttavia, la demolizione delle due torri antistanti la villa, lungo il muro di cinta, fu prevista nel progetto di rialzo degli argini del Po del 1879[1]. Questa proposta, e gli interventi per proteggere il centro di Polesella dalle alluvioni stravolsero completamente il rapporto tra la villa e il fiume. Come accadde infatti per Villa Badoera e per la Villa Nani Mocenigo di Canda, la vicinanza di un fiume portò a un cambiamento scenografico dovuto alla crescita degli argini[2]. Gli argini furono rialzati più volte nel tempo, specialmente dopo l'alluvione del Polesine del 1951, e oggi raggiungono un'altezza di quasi 12 metri[1].

Interni[modifica | modifica wikitesto]

All'interno, la villa presenta una disposizione planimetrica pentapartitica, con un ampio salone centrale e due piccoli vani adiacenti su ciascun lato, secondo una disposizione simmetrica rispetto all'ambiente centrale. Questi vani sono separati da un disimpegno che collega il salone alle sale più esterne e al vano scala occidentale (ala est)[1]. Al piano nobile si accede tramite la scala monumentale, che conduce direttamente all'ampio salone centrale[3]. La sala è decorata con un festone sommatale con giochi di putti all'interno di un loggiato affrescato e chiuso superiormente da travature lignee. Due arcate laterali permettono l'accesso a due ambienti da cui passa nelle stanze, in parte decorati da stucchi seicenteschi e arricchiti da due camini monumentali con cappe ornate da decorazioni a stucco. A destra si trova una scala circolare in cotto, risalente al tardo Quattrocento, che costituiva l'unico collegamento verticale interno tra i tre livelli[3]. La sala degli Stucchi, di forma rettangolare, è coperta da una volta a botte supportata da un sistema di listelli in legno retta da centine fissate alla muratura perimetrale[2]. Le pareti e rilievi sono decorati da stucchi in rilievo che riproducono motivi architettonici, ornamentali e figurativi. Interessanti sono anche i battenti delle porte del salone del piano terra e gli stucchi seicenteschi delle sovrapporte[3].

Trasformazioni interne[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ala ovest e nel corpo centrale sono stati individuati considerevoli lavori di ampliamento volumetrico. Oltre all'inserimento delle lesene ioniche nella facciata e alla sopraelevazione del tetto, la dimensione del salone centrale è stata aumentata, portandolo ad un'altezza di 7,8 metri[3]. Con la committenza di Francesco Morosini, la villa ha assunto la sua conformazione definitiva, con la soprelevazione dell'ala ovest e la realizzazione del timpano semicircolare superiore per mascherare il sopralzo[1]. Durante il periodo in cui la villa fu abitata dal futuro doge, vennero effettuate le trasformazioni interne e le decorazioni. Questi interventi sono attribuiti ad Antonio Gaspari, architetto, scultore e decoratore, che ha lavorato per i Morosini anche in altre proprietà a Venezia[1].

Restauro[modifica | modifica wikitesto]

La villa è stata sottoposta a radicali e oculati restauri conservativi tra il 2004 e il 2005. Durante questi interventi, è stato rifatto il pavimento del salone centrale ed è stata ripristinata una sala nell'ala ovest, decorata con stucchi settecenteschi[3].

l'origine cinquecentesca della villa è confermata dal fregio con putti e festoni che ornano il salone del piano nobile.

mentre un disegni del 1789 riguardante l'innalzamento degli argini del Po ci mostra la villa con una larga scalinata che costituiva il maggior elemento scenografico di collegamento con il fiume.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Luciano Zerbinati, Gianluca Gulli, Il restauro di Villa Morosini, cenni storici e breve relazione eseguiti negli anni 2004 e 2005, Comune di Polesella, Provincia di Rovigo, 2006.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p Camillo Semenzato, Le ville del Polesine, Prima edizione, Neri Pozza Editore, 1975.
  3. ^ a b c d e f g Francesco Antonio Bocchi, Il Polesine di Rovigo, Atesa Editrice, 1974.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luciano Zerbinati, Gianluca Gulli, Il restauro di Villa Morosini, cenni storici e breve relazione sui lavori eseguiti negli anni 2004 e 2005, Comune di Polesella, Provincia di Rovigo, 2006
  • Francesco Antonio Bocchi, Il Polesine di Rovigo, Atesa Editrice, 1974
  • Antonio Canova, Ville del Polesine (II edizione), Edizioni Istituto Padano di arti grafiche Rovigo, 1970
  • Camillo Semenzato, Le ville del Polesine (I edizione), Neri Pozza Editore, 1975

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Villa Morosini, su villamorosini.it

Villa Morosini, Gatterburg, Mantovani, Zerbinati, su irvv.net