Utente:Federico Giuseppe Viggiani/Sandbox

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La banda di Nicola Pagnotta e Brigantaggio A Pisticci

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Intorno al 1800 gli attacchi di brigantaggio nel territorio lucano e pisticcese si fecero sempre più frequenti. Una di queste bande era quella del Feudo di Policoro, composta di ben 100 uomini e capeggiata da Nicola Pagnotta. Nel Febbraio 1808 venne mandata una ambasceria allo scopo di informare i cittadini dell'arrivo della compagnia di briganti a Pisticci offrendo in dono al popolo un vessillo borbonico. Il comandante della Guardia Civica, Don Pietro Latronico rifiuta la proposta e si accinge a difendere il paese da Pagnotta. Al suo arrivo, molti cittadini si fecero ingannare dal brigante, che diceva di offrire loro molte risorse e protezione, e lo accolsero a braccia aperte contrastando la stessa difesa organizzata dalla Guardia Civica pisticcese. Molto presto si rivelarono le vere intenzioni dei briganti che cominciano a fare razzie in tutto il paese, donne e bambini non sono rispettati e molti saranno i cosiddetti traditori del paese, che aiutarono i briganti ad entrare nel paese ormai messo a ferro e fuoco dalla Compagnia di Pagnotta, che finite le razzie vanno via da Pisticci. I cittadini subirono poi l'attacco delle truppe francesi, considerati come traditori della Guardia Civica e delle truppe Borboniche, che chiesero tributi di ben 800 ducati ad ogni cittadino. Sulla fine del Brigante Pagnotta si racconta che fu tradito dalla sua amante e catturato dalla Guardia Civica per poi essere condannato a morte. La leggenda narra di una distribuzione del suo corpo nei paesi da lui stesso razziati e colpiti e al territorio pisticcese toccarono le sue gambe nella località sottostante la chiesa della Concezione, nell'attuale Contrada Pagnotta.

  • Luigi Larocca, Pisticci e i suoi canti, 1927, pp:71-75.