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William Butler Yeats[modifica | modifica wikitesto]

Stile[modifica | modifica wikitesto]

W. B. Yeats è considerato uno dei poeti irlandesi più importanti del XX secolo, nonché uno dei massimi esponenti del simbolismo inglese grazie all’incontro con Arthur William Simons e attraverso la frequentazione dei circoli rosacrociani e la lettura dei simbolisti francesi.[1][2] In un suo saggio intitolato "The Symbolism of Poetry", pubblicato per la prima volta sulla rivista The Dome ad aprile del 1900 e stampato in Ideas of Good and Evil nel 1903, Yeats fornì una definizione di “simbolismo” e le sue riflessioni sul ruolo della natura nella poesia. Nella sua poetica, infatti, ricorrono elementi celtici e del folklore irlandese ed elementi teosofici della tradizione greca misti ad elementi simbolisti, tra i quali si annoverano immagini evocative della natura (come gli uccelli, la pietra, la rosa e l'albero) e allusioni mitologiche, paranormali e letterarie molto antiche (ad esempio, La magia, 1901).[3] La scelta di parole poetiche legate tra loro doveva essere funzionale alla costruzione di concetti astratti più significativi ed echeggianti. I simboli di cui si serviva erano solitamente esperienze fisiche che rimandavano all’esperienza stessa e che, al tempo stesso, suggerivano qualcosa di spirituale ed eterno.[4]

Per quanto concerne la metrica e lo stile, a differenza dei poeti modernisti, i quali sperimentavano il verso libero, Yeats utilizzava forme poetiche tradizionali ispirate alla poesia di John Keats, William Wordsworth e William Blake, soprattutto in età giovanile.[5] Non mancarono certamente anche altre influenze nel corso della sua sperimentazione poetica: da un lato, il preraffaellismo a cui aderì suo padre nella pittura e, dall’altro, l’estetismo di Oscar Wilde, elaborandole in modo estremamente originale mediante l’utilizzo di atmosfere tenui e di forme e colori suggestivi per cogliere significati più profondi della realtà.[6] Tuttavia, è possibile riconoscere un’influenza modernista nell’uso di una metrica meno “canonizzata” seppure rigorosa (“il verso non doveva seguire il metronomo, ma la musica” –  Ezra Pound in A Retrospect, 1918), di un tono vigoroso e di un linguaggio più diretto, realistico e colloquiale caratterizzato da improvvise dissonanze. Le ultime opere sono, invece, caratterizzate da uno stile più personale, specialmente quelle degli ultimi venti anni di vita in cui menzionò i suoi figli,[7] come anche le riflessioni riguardanti la sua esperienza della senescenza.[8] Nella poesia La diserzione degli animali da circo ("The Circus Animals' Desertion", 1939), descrisse l’ispirazione alla base delle sue ultime opere:

                                                                                  Traduzione:

"Now that my ladder's gone                                      «Ora che non ho più la mia scala,

I must lie down where all the ladders start              Devo star giù dove partono tutte le scale,

In the foul rag and bone shop of the heart."[9]      Nella sudicia bottega da robivecchi del cuore.

                                                                                /Nel mio cuore ormai privo di ogni ispirazione.»

Mentre la sua poesia giovanile era fortemente segnata dai miti e dal folklore irlandesi, la poesia “matura” verteva su eventi contemporanei e sul mito. Questo passaggio è molto marcato nello stile, di cui si suole individuare tre periodi. Nel primo periodo, le poesie presentavano un tono preraffaelita, intenzionalmente ricercato e, talvolta, secondo una critica non molto curante dello stile originale di Yeats, forzato. Questo stile è presente nei poemi epici, come “The Isle of Statues” (1885) e Il vagabondaggio di Oisin (“The Wanderings of Oisin”, 1889),[10] ed anche nelle sue prime liriche d’amore e su soggetti mistici ed esoterici, come quelle raccolte in The Rose (1893). Nella seconda fase, Yeats abbandonò lo stile preraffaelita per abbracciare uno stile ironico e più polemico verso temi politici e sociali, tipico del poeta e scrittore Walter Savage Landor.[11] Questi temi includono il conflitto, la lotta per la libertà e la guerra, presenti nelle poesie September 1913 (1913), An Irish Airman Foresees his Death (1919) e Meditations in Time of Civil War (1928), segnate da una serie di importanti eventi svolti in Irlanda tra il 1913 e il 1923 - periodo che alcuni storici moderni definiscono il "periodo rivoluzionario".

Secondo alcuni critici letterari, la seconda fase poetica è caratterizzata da una metrica meno rigida e deliberatamente modernista, mentre secondo altri, da una mancanza totale o parziale della componente immaginativa. L’influenza modernista risulta, comunque, evidente nei temi (uomo, tempo e storia) presenti tanto nella poesia (The Cold Heaven, 1914, e Long-Legend Fly, 1937) quanto nelle opere teatrali in versi e in prosa. Sulla stessa scia, Yeats scrisse Nei Sette Boschi (1903), L’Elmo Verde e Altre Poesie (1910) e Responsabilità (1916), queste ultime due raccolte di poesie sono considerate tra le sue più importanti.[12] Nel terzo periodo, le immagini evocative di Yeats sono spesso mistiche e influenzate dallo spiritualismo. Per certi versi, questo periodo sembra essere caratterizzato da un ritorno alle prime poesie. Nella sua poesia autobiografica Dialogo dell'anima e di se stesso (“A Dialogue of Self and Soul”, 1865-1939) è, infatti, presente la contraddizione tra l’esperienza mondana della “spada di Venezia, la terra ritrovata” (Verso Bisanzio, orig. “Sailing to Bysantium”, 1927) e lo spiritualismo derivante dall’esperienza del divino in Il vagabondaggio di Oisin.[13] Alcuni critici ritengono che Yeats abbracciò il cambiamento insito nella poesia modernista del XX secolo abbandonando i canoni poetici del XIX secolo proprio come fece Pablo Picasso nella pittura. Altri si interrogano su quanto abbiano in comune Yeats della fase matura e i modernisti, ad esempio Ezra Pound e T. S. Eliot.[14]

I modernisti consideravano una delle più note poesie di Yeats, La seconda venuta ("The Second Coming", 1920), una marcia funebre verso il declino della civiltà europea e, al contempo, espressione delle sue teorie mistico-apocalittiche formatesi nel 1890. Non a caso, con l’avanzare degli anni Yeats affinava l’uso dell’imagery, che era sempre più presente e importante nella sua poesia. Difatti, The Tower (1928), The Winding Stair (1933) e New Poems (1938) contengono alcune delle immagini più persuasive della poesia del XX secolo.[15]

Yeats mostrava anche una certa inclinazione verso il misticismo, influenzato dall’induismo, dalla teosofia e dall’occulto, alla base delle sue ultime poesie.[16] La teoria metafisica presente nelle ultime opere di Yeats deve essere letta in relazione a tutto un sistema di principi esoterici enunciati da Yeats in Una Visione (“A Vision”, 1925).[17] A causa di questi suoi interessi, alcuni critici hanno reputato queste opere prive di una certa credibilità intellettuale.

  1. ^ B. B. Dash, “Symbolism in W. B. Yeats Poetry: A Critical Study”, in International Journal Of English and Studies (IJOES), vol. 4, n. 3, Marzo 2022, ISSN 2581-8333 (WC · ACNP).
  2. ^ C. E. Mathews, The Book of the Rhymers' Club, Londra, 1892, 1894.
  3. ^ R. Nordquist, Symbolism of Poetry by W. B. Yeats (archiviato dall'originale).
  4. ^ Gale Research International., in Twentieth Century Literary Criticism, n. 116, Gale Cengage Learning, 2002, p. 303.
  5. ^ F. Richard, Yeats: An Annual of Critical and Textual Studies, University of Michigan Press, 1995, 1997, p. 82.
  6. ^ J. C. Emmons, Hopkins and Yeats: Pre-Raphaelite Influence and Poetic Experience, in The Hopkins Quarterly, vol. 8, n. 2, International Hopkins Association, estate 1981, pp. 75-83.
  7. ^ B. Vereen, Yeats and the logic of formalism, University of Missouri Press, 2006, p. 132.
  8. ^ M. Seiden, William Butler Yeats, Michigan State University Press, 1962.
  9. ^ M. O'Neill, Routledge Literary Sourcebook on the Poems of W. B. Yeats, Routledge, 2003, ISSN ISBN 978-0-415-23475-7 (WC · ACNP).
  10. ^ M. Howes, Yeats's nations: gender, class, and Irishness, Cambridge University Press, 1998, pp. 28–31.
  11. ^ H. Bloom, Yeats, Oxford University Press, 1972, p. 168, ISSN ISBN 978-0-19-501603-1 (WC · ACNP).
  12. ^ J. Logenbach, Stone Cottage: Pound, Yeats, and Modernism, Oxford University Press, 1988, pp. 13–14.
  13. ^ K. Raine, Yeats the Initiate, New York, Barnes & Noble, 1990, pp. 327–329, ISSN ISBN 978-0-389-20951-5 (WC · ACNP).
  14. ^ D. Holdeman, The Cambridge Introduction to W. B. Yeats, Cambridge University Press, 2006, p. 80, ISSN ISBN 978-0-521-54737-6 (WC · ACNP).
  15. ^ W. Spanos, Sacramental Imagery in the Middle and Late Poetry of W. B. Yeats, in Texas Studies in Literature and Language, vol. 4, n. 2, 1962, pp. 214–228.
  16. ^ D. C. G. Lorenz, Transforming the Center, Eroding the Margins, University of Rochester Press, 2004, p. 282, ISSN ISBN 978-1-58046-175-7 (WC · ACNP).
  17. ^ G. E. Powell, Yeats's Second Vision: Berkeley, Coleridge, and the Correspondence with Sturge Moore, in The Modern Language Review, vol. 76, n. 2, aprile 1981, p. 273.