Utente:Civvì/Sandbox2-6

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Piazza Cadorna[modifica | modifica wikitesto]

Viene realizzata nel 1926 attraverso la demolizione di un complesso rurale detto "la masseria" di proprietà della parrocchia di Santa Caterina. Sul lato sud, lungo via Trotti, si affaccia un edificio medievale con paramento "a vista" a tutt'oggi parzialmente intonacato. Sull'angolo con via della Crosa, appena sotto una edicola ex voto, oggi priva della Madonnina recentemente scomparsa, è murata una palla di cannone che la tradizione riporta ad uno degli assedi subiti da Cassine nel corso delle guerre del XVIII secolo.

Ponte sul Rio Bicogno[modifica | modifica wikitesto]

E' un'antica struttura medievale con rifacimenti ottocenteschi. In capo al ponte, sorgeva la "porta Plan o Porta del Fango", torre difensiva che proteggeva il più importante accesso al paese, demolita nel 1860 per ampliare la carreggiata stradale ormai insufficiente alle esigenze del traffico. Sul lato sinistro, per chi sale al paese, l'arcata principale conserva i caratteri gotici che contraddistinguono l'epoca della sua costruzione. Delle antiche mura, percorrendo via del Torrione, rimane l'omonima struttura oggi trasformata in abitazione. Un ulteriore torrione a base quadrata sopravvive a stento al fondo di via Trotti.

Portello[modifica | modifica wikitesto]

Vestigia di un arco in mattoni comunemente riferito alla più complessa e articolata struttura del Portello, una delle cinque porte urbiche di cui era munita la cinta difensiva di Cassine, almeno dal XV secolo, che dava accesso al quartiere de Burmida.

Chiesa dei Cappuccini[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa con l'annesso Convento costeggia la strada superiore che collega Cassine con Ricaldone. Nel 1621 i Cappuccini iniziano la costruzione della prima fabbrica sul lato verso la valle del Bormida, dietro l'area dove sorgeva il Castello, distrutto dai francesi nel 1644. La cinta della clausura cominciò nel 1687 ed ebbe termine nel 1701. Il convento fu riedificato più solidamente verso la metà del 1700 riutilizzando materiali del distrutto castello. Nel 1792 fu rinnovata parte della chiesa e della cinta e costruita una cappelletta a lato della strada. In essa il padre Fedele da Cassine vi collocò il dipinto ad olio, ancora esistente, raffigurante la miracolosa immagine della Vergine della chiesa dei Cappuccini di Recanati. La cappella fu restaurata nel 1938. Nel 1826 la modifica del vecchio tracciato della strada che porta a Ricaldone comportò una parziale distruzione della chiesa con la demolizione della sacrestia e della cappella di San Rocco. Il fabbricato dopo alcuni passaggi di proprietà fu di nuovo abitato nel 1880 dalla Comunità di frati Cappuccini, che, aiutati dagli abitanti del luogo, riedificarono sull'antico un nuovo doppio dormitorio costituito da cellette con sotto ampie stanze per il refettorio e la cucina. Gli edifici del complesso sono in muratura di mattoni a vista e arenaria e comprendono anche la chiesa con facciata in cotto, ad unica navata con due altari sul lato destro. L'altare maggiore del 1758, come tradizione nelle costruzioni dell'Ordine, è un imponente costruzione lignea classicheggiante, con al centro la statua della Madonna degli Angeli. Nel retro si conserva parte del coro ligneo.

Attualmente il complesso è di proprietà privata e fa parte di un'azienda vinicola.

Chiesa di San Domenico[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa parrocchiale di San Domenico fa parte di un insieme di fabbricati cresciuti intorno al nucleo centrale sorto a partire dal 1703, per opera degli abitanti del luogo ed in particolare di Giovanni Antonio Faccio e Giuseppe Gianzonio (o Gianzone). La facciata è dotata di un piccolo portico, aggiunto in tempi successivi, dal quale si accede all'ingresso; l'interno a sala è costituito da un'unica navata a sviluppo rettangolare ritmata da una serie di tre lesene per lato che originano altrettante volte a crociera. Sul fondo, ad un livello leggermente più alto della navata, è il presbiterio con l'altare così documentato nel 1753: "...l'altare è costruito alla Romana, in mezzo del quale è un nicchio di stucco colorito che serve d'Icona, dentro al quale sta riposta una bellissima statua d'alabastro rappresentante Maria Vergine col Bambino Gesù in braccio pur d'alabastro". Oggi la statua è conservata sulla parete sinistra. A conclusione dell'edificio vi è l'abside a forma poligonale. Esternamente, sul lato destro, a metà circa della chiesa si trova il campanile in mattoni a vista.

Chiesa di San Lorenzo[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa parrocchiale di San Lorenzo si deve al progetto dell'architetto Giuseppe Caselli eseguito il 2 giugno 1777. La costruzione fu eseguita sulle fondamenta di una precedente chiesa che sul finire del '700 era in condizioni di estrema instabilità. Il nuovo edificio venne costruito fra il 1777 ed il 1789. La facciata è in cotto e l'interno a forma di croce latina con navata centrale e due navatelle laterali. Oltre ad un semplice altare maggiore, trasformato dopo il Concilio Vaticano II, compaiono quattro altari nelle cappelle laterali dedicati al Sacro Cuore, a San Giacomo, alla Madonna del Rosario ed ai Santi Bovo ed Antonio da Padova. Inoltre si devono annoverare importanti tele, di cui una di scuola locale del tardo rinascimento, proveniente da un altare della Chiesa di San Giacomo, già patrocinato dalla famiglia Pietrasanta e Mazzoleni, raffigurante la Vergine col Bambino tra i Santi Nicola e Gerolamo, con alcune affinità al pittore alessandrino Giorgio Soleri. Nel coro vi sono due tele settecentesche di autore ligure, dedicate alla Natività e all'Adorazione dei Magi, pervenute nel 1880. Anche le sculture in San Lorenzo sono di buona qualità: si conservano le statue di San Lorenzo, eseguita nel 1823 dello scultore Stefano Bisagno di Genova, e della Madonna del Carmine del savonese Murialdo, eseguita nel 1814. Infine interessante è la decorazione delle volte eseguite nel 1870 da Pietro Ivaldi detto il Muto, coadiuvato dal fratello Tomaso. Nativo di Toledo di Ponzone nel 1810, morì ad Acqui nel 1885. Formatosi all'Accademia Albertina di Torino, eseguì innumerevoli imprese decorative in Alto Monferrato, tra cui il Santuario della Madonnina e il Duomo di Acqui, San Michele di Strevi, le chiese parrocchiali di Visone, Molare, Ovada, il Santuario della Madonna delle Rocche, gli oratori di Predosa e di Ponzone, la cappella della Vergine del Rosario in Cantalupo di Alessandria.

Chiesa di Santa Maria dei Servi[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa fu costruita a partire dal 1578, quando la comunità di Cassine donò ai padri Serviti una piccola cappella dedicata alla Madonna delle Grazie. A dirigere la costruzione fu un confratello di Cassine, tal padre Giacomo. Nel 1780, dopo varie vicissitudini, avvenne la soppressione del convento e l'incameramento dei beni al Regno di Sardegna. Passata in proprietà al Comune fu adibita a chiesa cimiteriale nel 1806. Nel 1845 l'edificio fu ampiamente restaurato e si rifece completamente il coro. La chiesa è ad una navata con cappelle, una delle quali contiene un affresco della prima metà del Cinquecento, attribuito al pittore Luchino Ferari e raffigurante la Vergine col Bambino e Sant'Anna, forse resti della preesistente cappella delle Grazie. Gli stucchi della cappella sono dell'ultimo quarto del Seicento. Nel periodo natalizio vi si allestisce un artistico Presepe.

Chiesa di Santa Maria di Fontaniale[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa di Santa Maria di Fontaniale, così denominata perché collocata presso un'antica fonte, fu dipendenza dell'Abbazia di Santa Giustina di Sezzadio, e sorse sui terreni che il marchese aleramico Otberto, donò nel 1030 ai monaci Benedettini. In seguito alla decadenza benedettina, l'Abbazia di Santa Giustina, nel 1478 passò alle famiglie Petracoli di Cortona e ai Corte di Pavia. Nel 1592 divenne proprietà della Congregazione degli Oblati di Sant'Ambrogio di Milano, istituita nel 1578 da San Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano. Per interessamento del Cardinale Borromeo, Papa Gregorio XIII avendo già riconosciuto la nuova Congregazione, con un breve del gennaio 1582 incorporava e univa la Badia di Sezzadio agli Oblati di Sant'Ambrogio e questi, all'ingresso in Santa Giustina, dedicarono le loro cure anche alla chiesa di Santa Maria di Fontaniale. Lavori di ampliamento promossi dagli Oblati sono confermati dalla visita apostolica nel 1585 del Vescovo di Famagosta, quando ordinò che attesa la "grande devozione della cappella venisse eretta ingrandita come si è incominciato" e i documenti parlano di interventi sino a tutto il 1632 - 1633. Nel 1611 si rifece il campanile e nel 1631 si parla di nuovo "de dictae ecclesiae ampliazione", considerando che negli ultimi mesi il concorso dei fedeli fosse maggiormente accresciuto. In seguito a questo ulteriore ampliamento, si ordinò nel 1632 alla fabbriceria di fare un portico su due lati ed una via lastricata dalla fontana alla chiesa. L'attuale edificio posto presso un complesso di antichi cascinali si presenta con una facciata di tipo barocco, l'interno ad una navata e due cappelle laterali che formano un transetto. Nella cappella di sinistra si vede una pregevole tela seicentesca con l'Annunciazione. Nella niccchia sull'altare maggiore fu posta dal 1598, ad opera dell'Oblato Marco Aurelio Grattarola, la statua della Madonna in legno policromo, dichiarata dal popolo miracolosa già pochi anni dopo, perciò la chiesa assunse il titolo di Beata Vergine dei Miracoli.

Chiesa di Sant'Andrea[modifica | modifica wikitesto]

Adiacente alla nuova chiesa parrocchiale di Sant'Andrea, frazione di Cassine, edificata in forme neo-paleocristiane nel secolo scorso, è quell'antica che tra alcuni rifacimenti conserva varie strutture romaniche. La chiesa di Sant'Andrea è l'unico edificio sopravvissuto con parti romaniche nel novero delle donazioni che il Vescovo Dudone nel 1023 - 1033 ha fatto al monastero da lui fondato di San Pietro d'Acqui e confermata da San Guido Vescovo, nel 1040 - 1041, ribadendo al contempo il diritto del Vescovo di controllare l'elezione dell'abate ed assoggettando la regola alle limitazioni dell'autorità vescovile. Un'epigrafe documenta che nel 1663 la chiesa fu adornata da suppellettili con l'elemosina degli abitanti del luogo. Altre iscrizioni lapidee confermano la lunga dipendenza dall'Abbazia di San Pietro, come una concessione del 1677 fatta in favore di Bartolomeo Gagino e Aloisio Gamalero dall'abate Giovanni Battista Spinola. Interventi di restauro del 1758, furono fatti eseguire dall'alessandrino Tomaso Ghilini, Abate Commendatario di San Pietro d'Acqui. L'edificio è orientato con pianta basilicale di tre navate, mantiene le due absidi laterali a base semicircolare, mentre la centrale è interamente ricostruita a pianta esagonale con materiali di riutilizzo. Alla metà del lato nord è il campanile con base romanica che si erge sino al tetto della navata. Esternamente è in evidenza una monofora, parzialmente tagliata in basso da una porta successiva; in alto ha una chiusura ad arco in pietra con incisione a corda che ne percorre la curvatura, sovrastata da una ghiera di piccoli blocchetti in laterizio. La facciata è a salienti con ingresso centrale architravato sovrastato da una lunetta cieca, suddiviso in tre campiture da lesene in corrispondenza delle navate.

Casa Arcasio[modifica | modifica wikitesto]

Complesso architettonico di vaste proporzioni, presenta non pochi problemi per una corretta interpretazione della cronologia relativa. Si rileva all'interno un cortiletto con portico e loggia tardo rinascimentale e, murati nella parete ovest, elementi litei di un portale cinquecentesco. Nel corso del XIX secolo fu inserita nell'edificio una torre a base quadrata, con paramento in mattoni a vista, utilizzata come osservatorio meteorologico.

Casa Delfante[modifica | modifica wikitesto]

Oggi sede dell'arcipretura di Santa Caterina, l'edificio, donato nel 1785 alla parrocchia da don Gerolamo Pellizzari, presenta un impianto medievale successivamente sopraelevato e arricchito, sul fronte sud, da un loggiato con archi a tutto sesto.

Casa Mazzoleni[modifica | modifica wikitesto]

Edificio con facciata tardo medievale caratterizzata inferiormente da una struttura porticata con archi ribassati e antiche botteghe. Il lato nord è affiancato da un suggestivo vicolo con archetti antisismici e pavimentazione in ciottoli. Sulla facciata si notano alcuni resti di finestre medievali.

Casa Pero[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio presenta una facciata con elementi architettonici del periodo gotico con finestre ad ogiva, tamponate. All'estremità superiore della facciata stessa si vedono i resti di un fregio decorativo a dentelli, in mattoni.

Casa Pietrasanta[modifica | modifica wikitesto]

E' una costruzione di origine gotica, con una torre ampiamente rimaneggiata, visibile all'estremità nord del prospetto. Di particolare rilievo il portale principale sovrastato dallo stemma della famiglia datato 1548 che presenta una ricca decorazione con motivi tratti dal repertorio classico. Al piano terreno vi è una restaurata bifora con decorazioni pittoriche.

Casa Porri[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio di via Roma, sul lato sinistro, si affaccia un edificio in mattoni a vista, con resti di una torre mozzata tardo-medievale con pietre di arenaria alla base dello sperone d'angolo. La torre, oggi assorbita nell'edificio contiguo, conserva in alto due finestre ad arco a sesto acuto

Casa Siria[modifica | modifica wikitesto]

Edificio tardo-medievale caratterizzato da un intonaco graffito, verosimilmente cinquecentesco, con motivi a punta di diamanti e stemmi. Alla base permangono alcune formelle in cotto decorate da motivi vegetali.

Palazzo Buzzi-Pietrasanta[modifica | modifica wikitesto]

E' un evidente esempio di trasformazione tipologica da una più arcaica struttura di casa-torre medievale, ad un impianto rinascimentale di casa-corte, in relazione da un'economia di tipo rurale. All'interno dell'ampia corte vi è un loggiato cinquecentesco sorretto da colonne di pietra. Sulla facciata prospiciente via San Realino, recentemente restaurata, si legge un'epigrafe in cui compaiono i nomi di due membri di tale famiglia quali fondatori di questa parte dell'edificio: "ILLE PERFECTUS EST QUI LINGUAM SUAM REGIT IOANNES AC GIOES ANTONIUS PETRASANTA FRATRES GER HOC OPUS PRAECLARVA FUNDAMENTIS FIERI IUSERUNT ANNO MDLVII QUI SIBI IPSI NON SAPIT ALIJS SAPERE NON VIDETUR VIRUS CORONAT HOMINEM". Sull'angolo con via Parasolo vi è il corpo più antico ed emergente del complesso: una torre dalle proporzioni tozze e poderoze, costituita da tre piani fuori terra. La caratteristica gotica delle finestre è perfettamente leggibile negli archi a sesto acuto, anche se tamponati, che al secondo piano acquistano maggior fasto decorativo. La nobiltà del secondo piano assume ancora rilievo per la risega che lo sottolinea, formata da una cornice sagomata in arenaria e da dentelli in mattoni. L'ultimo piano assume maggior altezza rispetto a quelli sottostanti. Esso, privo di finestre, termina con una serie in doppia fila di dentelli posto sotto il cornicione a guscio.

Palazzo comunale[modifica | modifica wikitesto]

L'attuale complesso è il risultato di un intervento del 1835 dell'architetto alessandrino Luigi Valizzone, autore della facciata di Palazzo Rosso, sede del municipio di Alessandria, che ha operato un rifacimento in senso neoclassico di un preesistente edificio la cui presenza è documentabile sin dal sec. XV. A lato del palazzo una moderna passerella, sovrasta il vallone delle Rocche, collega il parcheggio situato in piazza della Resistenza (ex San Sebastiano) con piazza Vittorio Veneto su cui si affaccia l'edificio comunale ed il complesso conventuale di San Francesco. Sul fondo del citato vallone sopravvivono i resti dell'antica porta medievale delle Rocche (Porta Rocharum). Un suggestivo panorama sulla valle Bormida è visibile a partire dalla passerella sino al piazzale della "Ciocca" costeggiando il lato meridionale della chiesa di San Francesco. Al centro del piazzale esistono i resti di una torre civica medievale, già utilizzata nella parte inferiore quale luogo di riunione dei consiglieri comunali per le questioni pubbliche, mentre nella parte superiore era collocata una campana che avvertiva la popolazione dei pericoli e delle adunanze. Poiché la campana si incrinò, e non essendo sostituita, produceva un suono ciocco: per questo motivo campana e area circostante furono chiamate la "Ciocca".