Utente:Baricarma/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

La nascita della città di Altamura si perde nella leggenda. Un antico racconto la farebbe risalire ad Antello, un eroe di Troia, il quale con Enea fuggì dopo la distruzione della città. Mentre Enea aveva proseguito le sue peregrinazioni fino

al Lazio, Antello si sarebbe fermato qui, dando origine alla città di Altilia (Alter Ilium - altra Troia), un'altra leggenda, al contrario, diceva fondata da Althea, già regina dei Mirmidoni e qui pervenuta dopo essere fuggita dai suoi sudditi. L'abitato fu distrutto dai Saraceni e la città rinacque per volere di Federico II (come conferma l'epigrafe sotto lo stemma biancorosso della città FEDERICUS ME REPARAVIT), con obiettivi militari ed economici, ben difesa da un castello e da una nuova cinta muraria. L'imperatore fece questo, secondo un antico racconto, forse in riconoscenza per il soccorso che avevano ricevuto i suoi soldati ammalati mentre lui si recava per la crociata in Terra Santa o forse, secondo altri, salubre.

Per volere dello stesso imperatore, tra il 1232 e il 1247, fu eretta l'imponente cattedrale e, grazie a una grande apertura mentale, Federico II chiamò, per abitare la città, gente anche dai paesi vicini, compresi greci ed ebrei delle zone del suo regno, concedendo franchigie e privilegi speciali ovvero la facoltà di coltivare la terra e ricostruire le case senza pagare le tasse, dividendo di fatto la citta in quattro quadranti: greco, saraceno a est e latino e ebraico a ovest. La comunità latina si dispose lungo vicoli chiusi a budello; un'altra parte della popolazione, di rito greco, eresse anch'essa una chiesa (S. Nicolò dei Greci) intorno alla quale si sviluppò un tessuto edilizio con una tipologia urbana a cortile con arco di ingresso e giardino. Come era accaduto per i Latini e per i Greci, anche la comunità ebraica aveva trovato un proprio spazio all’interno del borgo, oggi rintracciabile a pochi passi dalla chiesa di Santa Lucia. Nel quarto ebreo, ancora oggi, trova luogo un claustro (tipiche piazzette o larghi che si aprono sulle vie principali del centro storico altamurano) denominato Giudecca, uno dei più pittoreschi, che prende il nome proprio dalla comunità ebrea che lo abitava (assieme ai claustri circostanti). Il claustro Giudecca, in particolare, si sviluppa con la forma di lampada a tre bracci (tipico simbolo della religione ebraica), con un ingresso principale che si dirama poi in tre vicoli disposti come una lampada. All'ingresso del claustro sorgeva anche una sinagoga, oggi distrutta: vi rimane soltanto una figura scolpita di un uomo all'angolo dell'ingresso, e ormai facente parte di un'abitazione d'epoca successiva.

centro storico di altamura

La prima attestazione  di ebrei sul territorio di Altamura [1]si trova però in carte angioine, che tramandano la conversione di parecchi di loro al cattolicesimo nel 1294[2] Da allora, e fino al 1511, la storia della presenza ebraica ad Altamura. sarà prevalentemente  storia di neofiti. Nel 1384 la vita dei neofiti si svolgeva all’insegna della mimetizzazione nei confronti della società cristiana, e della fedeltà più o meno occulta alla religione e ai costumi dei padri. Essi erano perciò riconoscibili come gruppo e usavano sposarsi tra loro.[3]

Nel 1469, in piena età aragonese, i neofiti erano venti fuochi, assai facoltosi, al punto che si volle fare cadere su loro il peso delle imposte, ma essi presentarono  ricorso,  provocando  un intervento  di Ferrante  I in loro favore.[4]

La discesa di Carlo VIII di Francia nel regno di Napoli (1495) e le guerre che ne seguirono si ripercossero negativamente anche sui convertiti, che la città però protesse, anche se non in maniera del tutto disinteressata. Le autorità chiesero quindi a Pietro de Rohan, maresciallo di Francia, la restituzione dei beni che erano stati loro depredati nel corso dei tumulti scoppiati alla venuta dei francesi e la tutela dei cristiani novelli, dichiarando che i neofiti sono cittadini utili alla città di Altamura (15 aprile 1495)[5]. In una richiesta di capitoli e grazie presentata a Giovanna IV, al ritorno degli Aragonesi, le autorità fecero sapere che i convertiti per riconoscenza della protezione ricevuta  avevano rimesso mediante  atto  pubblico ogni debito e chiesero quindi che tale remissione fosse fatta rispettare. La regina rispose dapprima evasivamente (8 settembre 1498), e poi ordinò (27 settembre  1500) che le somme dovute ai cristiani novelli fossero puntualmente restituite, insieme ai beni di cui erano stati indebitamente privati. I tempi, comunque, erano tristi e la stessa università si trovò in difficoltà per un debito di 300 ducati, più 100 d’interessi, contratto con il banchiere Abramo Levi di Barletta: tutto ciò che il gruppo riuscì ad ottenere fu una dilazione nel pagamento e la cancellazione degli interessi

Il passaggio del regno di Napoli sotto la sovranità degli spagnoli (1503) segnò per le comunità ebraiche l’inizio della fine. Nel 1510, infatti, neofiti ed ebrei, con l’eccezione di duecento famiglie facoltose, furono espulsi dal Regno: le famiglie di neofiti che lasciarono Altamura. furono sedici e di loro le autorità chiesero e ottennero l’eliminazione dai ruoli fiscali.[6] Nel 1512, però, sei di esse osarono ritornare e, al fine di legalizzare il ritorno, alcuni dei membri chiesero di essere riconosciuti come cristiani dalla nascita, protestando di non discendere da ceppo ebraico né da convertiti. Il capitano della città fu incaricato dal Consiglio Collaterale di controllare la verità di quanto asserito negli esposti. Sul piano fiscale, le autorità ottennero che le imposte dei neofiti che erano rimpatriati fossero raccolte separatamente da quelle degli altri cittadini. Essi, infatti, furono considerati vagabondi senza fissa dimora e privi di beni tassabili, avendoli venduti quando erano andati in esilio

Come al tempo degli Aragonesi, anche durante il Viceregno spagnolo convenivano ad Altamura da altre località ebrei prestatori e mercanti. Due di loro, Simon Finsa de Sarna di Bitonto e Davit Salmoni di Rutigliano stipularono con l’università una convenzione con la quale si vietava ad altri ebrei di prestare denaro nella città.

Della presenza ebraica ad Altamura. rimane memoria nel «Claustro Giudecca». Addossato alle mura, vicino alla chiesa di Santa Lucia, il piccolo quartiere riproduce le caratteristiche dei «claustri» locali: una piazzetta dalla quale si dipartono vari bracci e a cui si accede  da un ingresso a strettoia.

Nel 1510 fu imposta la conversione forzata a tutti gli ebrei del Regno di Napoli: questo determinerà la fine per la comunità ebraica altamurana.

  1. ^ Altamura, su www7.tau.ac.il.
  2. ^ Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, Bari 1990. Nuova edizione riveduta e ampliata Messaggi, Cassano Murge, 2009..
  3. ^ Colafemmina, C. – Dibenedetto, G. (a cura di), Gli Ebrei in Terra di Bari durante il Viceregno spagnolo. Saggio di ricerche archivistiche, Bari 2003..
  4. ^ Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, 1915, riedizione a cura di Filena Patroni Griffi, Napoli 1990..
  5. ^ Ib., p. 588, doc. 377..
  6. ^ Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 241-242, doc. 261; pp. 284-285, doc. 310..