Utente:Aslesio/Sandbox

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Ex voto Etruschi di Veio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1889 verranno promossi a Veio, una delle città etrusche più importanti, degli scavi che riporteranno alla luce ex-voto in terracotta, molti dei quali realizzati con la tecnica a stampo. Colei che promosse questi scavi fu Teresa Cristina di Borbone, figlia del re delle Due Sicilie Francesco I di Borbone. Nel 1894 poi la raccolta giunse al Museo Civico di Modena grazie alla relazione che Carlo Boni, fondatore e primo direttore del Museo Civico, intrattenne con intellettuali e studiosi dell'epoca. Ci riferiamo all'astronomo modenese Pietro Tacchini e a Luigi Pigorini, esperto di paletnologia italiana di fine secolo e fondatore del Regio Museo Preistorico ed etnografico, entrambi si occuparono dell'acquisizione di questi ex-voto che avrebbero incrementato la collezione del Museo Civico di Modena.

Storia dei luoghi sacri a Veio[modifica | modifica wikitesto]

Veio si trova a circa 15 km da Roma, corrispondente oggi all'ampia porzione del Lazio a nord di Roma e che occupa un pianoro sulla riva destra del Tevere. È stata uno dei principali centri dell'Etruria meridionale che ha visto la più alta concentrazione della popolazione, a partire dall'inizio del IX secolo a.C., durante l'Età del ferro. Ciò si evince dalla presenza di nuclei di capanne con annessi sepolcreti molto estesi fedeli, per tutto il secolo, all'uso del rito incineratorio. Oltre all'aumento delle aree sepolcrali si ha testimonianza di tumuli sparsi nella campagna con una disposizione a corona presso il centro urbano. Questi avevano l'obiettivo di dominare e custodire specialmente il territorio meridionale nei pressi del Tevere, che segna il confine tra Veio e Roma. Quest'ultima conquisterà Veio nel 396 a.C. e le terrecotte rinvenute da ora in poi saranno la dimostrazione della nuova identità locale e dell'adesione dei nuovi modelli diffusi da Roma. La comunità di Veio dimostra di investire risorse per erigere luoghi sacri dagli inizi dell'età arcaica. Questi erano disposti presso l'abitato e nell'immediato suburbio. Ne è un esempio il santuario di Portonaccio, pensato per essere eretto su una terrazza naturale al di sotto del pianoro urbano. Queste aree sacre attirarono la curiosità di altri popoli, provenienti da altri centri dell'Etruria e del Lazio. Sappiamo infatti, attraverso iscrizioni presenti in offerte ceramiche, che personaggi di rango elevato o regale di Veio frequentavano quei luoghi. Alcune di queste ceramiche erano vasi in bucchero usati per esigenze di culto, realizzati dalla scuola di coroplasti che furono al servizio del santuario nel corso di tutto il VI e di parte del V sec. a.C. Mentre nella zona orientale del santuario, dedicato al culto di Minerva fin dagli inizi del VI sec. a.C., sono stati rinvenuti oggetti di ornamento, bronzetti, ceramiche etrusco-corinzie, vasi con ornamenti in bucchero, ceramiche di importazione e terrecotte votive. Verso il 530 a.C. invece, sorge il santuario di Campetti Nord, presente sulla pendice nord-occidentale del pianoro di Veio. Questo fu dedicato a una divinità ctonia riconosciuta come Demetra-Vei, la cui statua si trovava in una grotta artificiale ed esternamente furono rinvenuti ex-voto. Ma una consistente stipe votiva di questi 8ex-voto) si trovava nell'area della Comunità, in una fase successiva alla romanizzazione. Raccolta oggi esposta al Museo Civico di Modena.

L'arrivo degli ex-voto a Modena[modifica | modifica wikitesto]

La raccolta di terrecotte votive, prima presenti a Veio, varcheranno le porte del museo di Modena nel 1894. Carlo Boni, fondatore e primo direttore del Museo Civico, acquistò la raccolta a seguito della stipula di un patto fra Luigi Pigorini, uno dei padri della paletnologia e Pietro Tacchini, astronomo e meteorologo modenese. Quest'ultimo intraprese un viaggio dall'Atlantico al Pacifico che gli permise di raccogliere oggetti sia da donare al museo, sia da tenere per sé. Nel 1894 Tacchini acconsentì di cedere alcuni degli oggetti raccolti nel Pacifico qualora Pigorini gli avesse ceduto una parte della raccolta di terrecotte votive provenienti da Veio. Pigorini scrisse una lettera al Sindaco di Modena datata 24 febbraio 1894, elencando le 116 terrecotte destinate al museo. Carlo Boni morirà il 18 agosto del 1894 e la direzione del museo venne affidata ad Arsenio Crespellani, figura importante nell'archeologia modenese. Secondo la guida del museo datata 1897 il primo armadio era occupato dalla raccolta di Veio. In verità si penserà a un nuovo allestimento a partire dagli anni '60 e '70 ma di grande cambiamento si parlerà agli inizi degli anni '90, dove si recupera la dimensione museografica ottocentesca. Si decide di mostrare, chiusi nelle vetrine, oggetti che riflettessero i contesti locali in un percorso che delineasse la storia della città e del territorio, dal Paleolitico al Medioevo. Le raccolte che non rientravano nel contesto locale venivano conservate nei depositi e, in alcuni casi, venivano organizzate delle esposizioni temporanee. Quest'ultimo punto riguarderà la raccolta di Veio esposta nel 1991 con la mostra "Etruschi. Fra tutti i popoli il più religioso", e poi nel 2000 con la mostra "Viaggio nell'Italia antica. Gli Etruschi e gli altri".

La raccolta completa[modifica | modifica wikitesto]

La collezione di terrecotte votive esposta nel Museo Civico di Modena proveniva da un vasto deposito posto alle pendici di Comunità a Veio, in direzione della cittadella di Piazza d'Armi. Ciò riferibile alla fase medio-repubblicana di una possibile area sacra che doveva ergersi sulla collina di Comunità, il puntp più alto del pianoro di Veio. Questi votivi perciò trovano la seguente datazione, IV-III sec. a.C., mentre la chiusura del deposito si data nel corso della prima metà del II sec. a.C. Il fatto che l'arco cronologico sia così esteso è una dimostrazione del fatto che quel luogo di culto veniva assiduamente frequentato. Il museo possiede 118 terrecotte, escludendo i due frammenti di terrecotte architettoniche, 57 sono le teste isolate, 29 maschili, 20 femminili e 8 quelli di fanciulli. Inoltre, per ottenere la prosperità del bestiame domenistico venivano offerti statuette di bovini, suini, equini, ovi e caprini, di cui il museo ne possiede 13. Mentre, i 24 ex-voto anatomici sono caratterizzati da volti o parti di esso, come maschere o coppie di orecchie, organi della riproduzione, come mammelle, uteri, falli e arti come piedi, gambe e braccia; utili a evidenziare la sanatio e il carattere salutifero della divinità o delle divinità. Altri reperti interessanti del deposito sono i torsi con la raffigurazione di organi interni come viscere, polmoni e fegato, isolati o su placche in numero di quattro. Un esempio di questi torsi con viscere esposte è il torso con numero di inventario 78, rinvenuto nel 1889 durante lo scavo Lanciani. Si presenta con dimensioni inferiori al vero e con tronco finito alla sommità del collo e alla base di cosce e braccia. Al centro dei pettorali ben sviluppati si presenta una cavità di forma ovale con viscere identificate come cuore, esofago, stomaco, vescica e reni. E di spalle le natiche vengono rappresentate con una semplice linea al centro.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Laura Maria Michetti, Carla Tulini e Cristiana Zanasi, DeVoti Etruschi. La riscoperta della raccolta di Veio del Museo Civico di Modena, All’Insegna del Giglio, 2022, ISBN 9788892851672.