Utente:Antonella Caricati/sandbox

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Ode II[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.; ode alcaica)

Nell’ode a C. Crispo Sallustio, non c’è nulla che risenta della sua personalità complessa, interessante e, nonostante le apparenze, vigorosa. Sallustio possedeva delle miniere di rame nel paese dei Céutroni ed è questo particolare, questa curiosità che in fondo dà il tono all'ode. Il danaro non riceve lustro se non dall’uso sapiente che uno ne fa, specialmente in pro’ degli altri. Bisogna domare il desiderio di ricchezza che non rappresenta il segreto della felicità vera. Più felice è colui che è in grado di disprezzarla.

Ode III[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv; ode alcaica)

Quest’ode è destinata a Quinto Dellio, il desultor bellorum civilium, come lo chiamò Messalla, perché passato da Dolabella a Cassio, da Cassio ad Antonio, da Antonio ad Ottaviano. La parte più viva è la terza strofa, un angolo di giardino, quasi romantico, se non ci fosse quel pino marittimo che lo colora di solenne romanticità.

Ode VI[modifica | modifica wikitesto]

(23 vv.; ode saffica)

Nel carme elaborato, che richiama alla mente l’undicesimo di Catullo, dello stesso metro, si manifesta il desiderio nostalgico di pace , pur senza turbare la linea classicamente composta.L'ode destinata a Settimio ci da'il segno che l'amicizia con Orazio è antica,forse dal tempo di Filippi;ci fa dedurre un incontro in cui Settimio ha parlato di viaggi e luoghi nuovi e fortuna; ma le parole sono cadute in un momento di profonda preoccupazione, che nel poeta si manifestava sempre più spesso,sostanziata dall'ansia, quasi dalla paura della vecchiaia e della morte.

Ode VII[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.; ode alcaica)

E' un'ode all'amicizia dove Orazio scrive del ritorno di Pompeo Varo a Roma, quando dopo Filippi era stato ripreso dal desiderio della contesa civile. Il suo ricomparire nei Quiriti per l'amnistia che nel 29 a.C. il principe concesse ai suoi avversari politici è per Orazio un evento grande,quasi sacro: è la contrapposizione tra passato e presente a dare vivacità alla composizione.

Ode VIII[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.;ode saffica)

L'ode è il ritratto di una donna ammiratissima e corteggiatissima della società romana al tempo del poeta; ma il ritratto non rende giustizia alla bella figura della donna di cui egli parla, infatti il brano era la parodia incredula dei giuramenti nell'amore.

Ode X[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.; ode saffica)

E'stata detta l'ode dei luoghi comune, e un poco rimane così siccome l'autore non riesce a portare i concetti nella composizione lirica. Orazio decide di dedicare l'opera a Licinio Murena,fratello di Terenzia, moglie di Mecenate, ambizioso console nel 23 a.C. fondatore di Augusta Pretoria, l'odierna Aosta.

Ode XIII[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.; ode alcaica)

L'autore prende come spunto per il suo carme la caduta di un albero nella sua villa Sabina. La prima parte dunque ha come segno che la contraddistingue l'iperbole ironica e incredula. Colui che primo pianto' l'albero malaugurato poteva essere il miglior buon uomo del villaggio. Al malaugurio di quell'albero che stava per uccidere Orazio non ci credeva neppure il soggetto dell'infortunio : ma l'idea serviva soprattutto al poeta per creare una sequenza letteraria insolita, presa dalla credenza popolare che le persone del malaugurio sono colpevoli chi sa di quali ignote crudeltà.

Ode XIV[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.; ode alcaica)

E'una delle odi più lodate del Canzoniere di Orazio dove non compare ironia per Postumo(l'amico a cui ha dedicato il carme), persona comune in pace con se stesso e con gli uomini, con gli dei e con le cose; non c'è il disegno di un paesano ricco,ingenuo,ignaro cui qualcuno possa fare l'esortazione:essendo breve la vita, non perdere i beni che possiedi, non farli cadere nella mani degli eredi. Il carme non è scritto per consigliare o confortare ma per contemplare il fatto terribile della morte.

Ode XV[modifica | modifica wikitesto]

(20 vv.; ode alcaica)

L'ode quindicesima non attira troppi elogi e non conduce a svolgimento compiuto il suo tema:quasi come argomento che rimanga in sospeso o per difetto di impostazioni. Per alcuni interpreti l'ode si ritrova senza destinatario, ed è parsa come un preludio delle Odi romane del terzo libro,infatti che il componimento sia romano ce lo dice la deplorazione che a Roma un vastissimo spazio utile all'agricoltura sia stato utilizzato per costruire edifici e ville private, sempre più simili alle case dei re, infatti si mette in mostra il lusso per passione di piacere e grandezza.

Ode XVI[modifica | modifica wikitesto]

(40 vv.; ode saffica)

E' una delle Odi di contenuto morale e filosofico di Orazio. La pace non si acquista nè con le ricchezze nè con l'ambizione. Si procaccia limitando e modellando i propri desideri non curandosi del domani e inquadrando la propria sorte disgraziata di tutti. Il carme si distingue per l'accento di sincerità e la nobiltà delle immmagini.

Ode XVII[modifica | modifica wikitesto]

(32 vv.; ode alcaica)

Alcuni hanno voluto leggere in questo componimento il rituale di costume del cliente col suo patrono, del protetto col suo protettore nel quale puo’ avvenire un mutamento quando c’è alla base un affetto ricambiato, un rapporto che consente di parlare l’uno al cuore dell’altro senza reticenze. Mecenate è ansioso e rattristato della sua condizione di salute, è angosciato dal pensiero di lasciare d’un tratto i suoi cari e quello che gli è caro: Orazio vuole scongiurare questo timore e gli dice che essendo lui la grande sua gloria e il sostegno della sua fortuna egli non puo’ rimanere sulla terra vivo solo a metà, per cui si dovrà avverare il giuramento che insieme andranno verso l’ultima meta; perciò come egli ora è vivo così vivente sarà anche Mecenate.

Ode XX[modifica | modifica wikitesto]

(24 vv.; ode alcaica)

Quest’ode puo’ essere definita il congedo dell’opera siccome essa sola ha i segni concettuali che legano ai canti composti,essa si sostanzia col riassunto che fa l’autore della sua opera d’artista. Qui c’è la fiducia del poeta di sentirsi maturo, di essere ormai esperto a un proseguimento:in tal senso la finzione del poeta-cigno apre l’orizzonte dalla cadenza alla perennità.Il poeta predice la proprio immortalità, sotto la figura della sua trasformazione in cigno, l’uccello sacro di Apollo, che volerà su tutte le regioni della terra, facendosi risonare il suo canto.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]