Utente:Alessiatam/Sandbox

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Le comunità e le loro organizzazioni

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Le teorie tradizionali sulla gestione delle emergenze e della difesa civile si basano su due presupposti fuorvianti riguardo le comunità. In primo luogo, esse considerano irrilevanti per le azioni di emergenza le altre forme di organizzazione sociale (organizzazioni volontarie e basate sulla comunità, gruppi sociali informali e famiglie). Anche azioni spontanee delle comunità o dei gruppi colpiti (per esempio, ricerca e soccorso) vengono viste come irrilevanti o distruttive, poiché non controllate dalle autorità. Il secondo luogo, considerano le "vittime" passive che sono sopraffatte dalla crisi o da comportamenti disfunzionali (panico, saccheggi, attività egoistiche) ed hanno quindi bisogno di ricevere indicazioni su cosa fare in tali casi. In casi estremi, il loro comportamento deve essere controllato attraverso l'imposizione della legge marziale. Diverse ricerche sociologiche comunque confutano questi "miti". [1][2] Un punto di vista alternativo, avvalorato da un considerevole volume di ricerche, enfatizza l'importanza delle comunità e delle organizzazioni locali nella gestione dei rischi di disastro, alla cui base, in una comunità che risponde ai problemi e ai bisogni locali, ci sono le conoscenze e le competenze locali. Tale logica è efficace dal punto di vista dei costi, migliora la probabilità di sostenibilità attraverso una vera e propria "proprietà" dei progetti, rafforza le capacità tecniche e organizzative della comunità e conferisce potere alle persone consentendo loro di affrontare queste e altre sfide. Dal momento dunque che le persone e le organizzazioni locali sono gli attori principali nella riduzione del rischio e nella risposta alle catastrofi[3], prendere consapevolezza del capitale sociale già esistente nella comunità può essere di grande aiuto nella riduzione del rischio a livello comunitario. [4][5]

L’esempio di una comunità colombiana

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Violente inondazioni hanno colpito la maggior parte delle 32 regioni della Colombia tra il 2010 e il 2012, provocando danni a circa 3,6 milioni di persone. Il 24 aprile 2012, il presidente Juan Manuel Santos ha promulgato una legge che mira a migliorare la risposta ai disastri naturali e la prevenzione sia a livello nazionale che locale[6]. L'Universidad Del Norte, con sede a Barranquilla, ha studiato come una comunità ha reagito ai disastri causati dalle inondazioni, nel tentativo di cercare di rendere le comunità colombiane più resistenti ad eventi simili nel futuro. Nel comune di Manatí, nel dipartimento di Atlántico, 5.733 donne sono state colpite dalle inondazioni ed hanno dovuto ricostruire la loro vita in una città ormai distrutta. Con il finanziamento del Climate & Development Knowledge Network, il team del progetto ha trascorso 18 mesi con queste donne per vedere come hanno affrontato le conseguenze delle inondazioni e per organizzare quelle reti di reciprocità e solidarietà che si sono sviluppate nella comunità. Tra i risultati sono evidenti strategie di resilienza, usate dalla comunità per rispondere alla catastrofe. I ricercatori hanno suggerito che strategie simili potrebbero essere usate per ispirare azioni di governo atte a ridurre o gestire il rischio di disastri. Infine, nella pianificazione di tali misure è importante considerare il fattore del genere, in quanto spesso uomini e donne hanno ruoli differenti e, in media, tra le vittime dei disastri ci sono più donne che uomini. [7]

L'approccio DRR richiede la ridefinizione del ruolo del governo nella riduzione dei disastri. È opinione comune che i governi nazionali debbano essere gli attori principali della DDR: hanno il dovere di garantire le risorse, la sicurezza dei cittadini e devono essere in grado di attuare una DRR su larga scala, di emanare mandati per dirigere o coordinare il lavoro di altri e creare i necessari quadri politici e legislativi. Si tratta di programmi e politiche che devono essere coerenti. Un'altra area di ricerca importante è quella che riguarda la relazione tra il governo centrale e gli altri attori. Nella maggior parte dei paesi, la gestione del rischio è decentralizzata, affidata quindi ai governi locali. Nelle aree urbane, lo strumento più utilizzato è il piano di sviluppo locale (piano comunale, globale o generale), seguito da piani di emergenza e di riduzione del rischio che i governi locali sono tenuti ad adottare per legge e che vengono aggiornati ogni 4-5 anni. Le città più grandi preferiscono piani autonomi, chiamati, a seconda del contesto, piani sostenibili, di mitigazione o verdi. Nelle zone rurali, prevale l'integrazione delle politiche di riduzione del rischio nei piani di sviluppo municipali (di contea o di distretto)[8]. In molti casi, soprattutto a sud del Sahara, questo processo si scontra con la mancanza di fondi o di meccanismi di trasferimento delle risorse dal bilancio centrale a quello locale, inoltre troppo spesso i piani non integrano le conoscenze locali, scientifiche e tecniche. Un altro elemento di svantaggio è che spesso l'attuazione delle politiche è affidata ai singoli abitanti senza che questi siano pienamente coinvolti nel processo decisionale. La rappresentatività delle comunità e la partecipazione di genere al processo decisionale rimangono dunque ancora degli obbiettivi dei piani di sviluppo locale anziché essere la via per costruirli[9].

Finanziamento per la riduzione del rischio in contrapposizione alla risposta all'emergenza

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Il principio di responsabilità è al centro di un autentico partenariato e partecipazione nella DRR. Si applica alle istituzioni statali da cui ci si aspetta che rispondano attraverso il processo democratico e alle organizzazioni del settore privato e non profit che non sono soggette al controllo democratico. La responsabilità è una questione emergente nel lavoro di riduzione delle catastrofi e dovrebbe essere orientata principalmente verso coloro che sono vulnerabili ai rischi e che ne sono colpiti. Molte organizzazioni che lavorano nell'aiuto internazionale e nello sviluppo si stanno impegnando in un approccio "basato sui diritti", il quale tende a comprendere i diritti umani (cioè quelli che sono generalmente accettati attraverso accordi internazionali) e altri ritenuti da accettare come tali. In contesti del genere, il linguaggio dei diritti può essere usato in modo vago, con il rischio di causare confusione. La sicurezza contro i disastri non è generalmente considerata un diritto, sebbene sia affrontata in alcuni codici internazionali, di solito indirettamente. L'idea di un "diritto alla sicurezza" è discussa soprattutto in alcuni ambiti.

Finanziamento per la riduzione del rischio in contrapposizione alla risposta all'emergenza

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I costi economici dei disastri sono in aumento, ma la maggior parte degli investimenti umanitari sono attualmente spesi per rispondere ai disastri, piuttosto che per gestirne i rischi futuri. Solo il 4% dei 10 miliardi di dollari stimati in assistenza umanitaria annuale è dedicato alla prevenzione (fonte), eppure ogni dollaro speso per la riduzione del rischio fa risparmiare tra i 5 e i 10 dollari in perdite economiche da disastri[10]. Un caso studio del Niger ha mostrato risultati positivi di costi e benefici per le spese di preparazione attraverso 3 diversi scenari (dal livello assoluto di perdite da disastri, alla riduzione potenziale delle perdite da disastri e al tasso di sconto), stimando che ogni dollaro speso porta a 3,25-5,31 dollari di beneficio[11]. I paesi stanno iniziando a sviluppare strategie nazionali di finanziamento del rischio di disastri, utilizzando la stratificazione del rischio. Il Lesotho ha stimato che, adottando un tale approccio, il governo potrebbe risparmiare in media 4 milioni di dollari all'anno, e fino a 42 milioni di dollari per uno shock estremo[12].

Esempi di catastrofi naturali

Il rischio di disastri non è neutrale rispetto al genere. Diversi studi hanno dimostrato che le donne e le ragazze sono colpite in modo sproporzionato dalle catastrofi naturali. Dopo lo tsunami del 2004 nell'Oceano Indiano, il 77% e il 72% dei morti nei distretti di North Aceh e Aceh Besar, in Indonesia, erano donne, così come in India il 62% delle persone morte erano donne.[13] Ciò è dovuto ai ruoli di genere socialmente costruiti che determinano quali norme e comportamenti sono accettabili per donne e uomini, ragazze e ragazzi. In particolare, le donne tendono ad assumersi la responsabilità dei compiti domestici e si dimostrano spesso riluttanti a lasciare i loro beni in caso di pericolo. Spesso, inoltre, non possiedono le quelle abilità utili alla sopravvivenza che possono risultare determinanti in questi casi, come saper nuotare o arrampicarsi. Un approccio sensibile al genere è in grado di identificare come i disastri colpiscano in modo diverso uomini, donne, ragazzi e ragazze e potrebbe plasmare una politica che affronti le vulnerabilità, le preoccupazioni e i bisogni specifici delle persone.[14]

  1. ^ § Quarantelli EL 1998, Major Criteria for Judging Disaster Planning and Managing and their Applicability in Developing Societies (University of Delaware: Disaster Research Center, Preliminary Paper 268).
  2. ^ § Quarantelli EL 1998, Major Criteria for Judging Disaster Planning and Managing and their Applicability in Developing Societies (University of Delaware: Disaster Research Center, Preliminary Paper 268).
  3. ^ § Maskrey A 1989, Disaster Mitigation: A Community-Based Approach (Oxford: Oxfam).
  4. ^ Social Capital and Community Resilience, in American Behavioral Scientist, vol. 59, n. 2, February 2015, pp. 254–269, DOI:10.1177/0002764214550299.
  5. ^ Social capital for disaster risk reduction and management with empirical evidences from Sundarbans of India., in International Journal of Disaster Risk Reduction, vol. 19, 27 agosto 2016, pp. 101–111, DOI:10.1016/j.ijdrr.2016.08.010.
  6. ^ Colombian army has growing role in flood defence, BBC News, 27 April 2012.
  7. ^ FEATURE: Learning lessons from Manatí's resilient women, Climate & Development Knowledge Network, October 13, 2013
  8. ^ Relevance and Quality of Climate Planning for Large and Medium-Sized Cities of the Tropics, Cham, Springer, 2017, pp. 199–226, DOI:10.1007/978-3-319-59096-7_10, ISBN 978-3-319-59096-7.
  9. ^ Mainstreaming Disaster Risk Reduction into Local Development Plans for Rural Tropical Africa: A Systematic Assessment, in Sustainability, vol. 12, n. 2196, 2020, DOI:10.3390/su12062196.
  10. ^ "A Needless Toll of Natural Disasters", Op-Ed, Boston Globe, 23 March 2006, by Eric Schwartz (UN Secretary General's Deputy Special Envoy for Tsunami Recovery
  11. ^ Dare to prepare: taking risk seriously Kellett, J. and Peters, K. (2013) Overseas Development Institute. Retrieved 10 December 2013
  12. ^ Maher,Barry Patrick; Campero Peredo,Alejandra.2019. Lesotho – Disaster Risk Financing Diagnostic (English). Washington, D.C. : World Bank Group. http://documents.worldbank.org/curated/en/555701578344878017/Lesotho-Disaster-Risk-Financing-Diagnostic
  13. ^ Dr Virginie Le Masson and Lara Langston, Overseas Development Institute, March 2014, How Should the new international disaster risk framework address gender equality? http://cdkn.org/wp-content/uploads/2014/03/CDKN_Gender_DRR_PolicyBrief_Final_WEB.pdf
  14. ^ Dr Virginie Le Masson and Lara Langston, Overseas Development Institute, March 2014, How Should the new international disaster risk framework address gender equality? http://cdkn.org/wp-content/uploads/2014/03/CDKN_Gender_DRR_PolicyBrief_Final_WEB.pdf