Discussione:Iconodiagnostica

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Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 17:06, 8 ott 2019 (CEST)[rispondi]

Non credo che comunicati stampa sui siti delle stesse università di alcuni docenti possano essere considerate fonti valide. Mi sembra decisamente ingiusto rilievo lo spazio dedicato ad opinioni di alcuni studiosi i cui lavori nel settore hanno ricevuto in tutto una o due citazioni. La fonte di Mirko Dražen Grmek, Danielle Gourevitch è invece molto chiara e precisa esplicitamente le differenze fra gli approcci di Anneliese Pontius (quello che l'arte può dirci sulle malattie delle civiltà non storicamente documentate e che devono verificarsi le stesse caratteristiche in un gran numero di [oggetti della ricerca] e ripetersi sulla lunga durata) e l'altro approccio Noi riteniamo invece che si possa dilatare questa definizione etc. e comunque non trovo scritto da nessuna parte che l'iconodiagnostica applica la diagnostica medica. Quindi mi riproporrei di:

- riscrivere l'incipit basandomi sul libro di Grmek e Gourevitch, o altre fonti autorevoli, se le trovo;

- eliminare i vari comunicati stampa che personalmente non ritengo autorevoli

- sfoltire le parti dedicate a Franco e Zamboni.

Scrivo prima qui per evitare polemiche. Un conto è tenere la voce, fatto che ovviamente accetto, e che potrebbe anche trovarmi favorevole, se la voce è oggettiva e neutrale. Un altro conto invece è gabellare per scientifico ciò che scientifico non è perchè non ripetibile e non verificabile (e in questo senso, in effetti, l'approccio della Pontius ha molti aspetti scientifici, mentre Franco dice esplicitamente e onestamente che quando fa iconodiagnostica non sta facendo scienza). Quindi... ;) chi ha qualcosa in contrario, lo dica subito, oppure taccia per sempre (con quest'ultima frase sto scherzando, ovviamente, io sono già sposato! ;) --Pop Op 01:53, 20 dic 2020 (CET)[rispondi]

Ciao Pop, invece tu mi sembra che su questa voce sbagli prospettiva. Continui a trattarla come una "materia" scientifica di diagnostica medica, secondo criteri di "verificabilità" . La materia è invece una "disciplina" di ricerca e studio (che è cosa diversa da materia "applicata") consapevolmente soggetta a possibili errori e intrinsecamente "non verificabile". In più la sinergia e l'interazione con la storia dell'arte obbligano a includerla e trattarla anche come argomento di tale materia. Non a caso avevo anche proposto l'inversione dell'interazione degli argomenti (non medicina applicata all'arte, ma arte studiata dalla medicina). Ti consiglio se vuoi riscrivere incipit e parti importanti della voce, di leggere e tenere in conto anche il libro della Tartarini (ed Franco Angeli), che essendo estratto dalla sua tesi di dottorato, è liberamente consultabile qui, e affronta la disciplina anche e soprattutto dall'ottica delle scienze umanistiche, come mi sembra giusto nell'affrontare ambivalentemente tutta la disciplina. In più presenta una corposa bibliografia sia di ambito medico che umanistico su cui approfondire. Miglioriamo la voce anziche autoridurla peggiorativamente (in previsione di una sua riproposizione in pdc?). Dal punto di vista umanistico la materia tratta di come l'arte abbia trattato e descritto la "malattia" e la deformità, non solo quella visivamente sintomatica ma anche i problemi psichici, l'alcolismo e altri disturbi della personalità e del comportamento, rendendoci consci come sia l'artista che la società contemporanea agli artisti trattava e "vedeva" il concetto più generale di "malattia". Mi sembra che il tuo approccio forzatamente visto dall' esclusiva ottica "scientifica" non sia forse il più indicato ed esaustivo nell'affrontare l'argomento, eludendo l'approccio umanistico e consapevolmente "virtuale" e quindi riducendola erroneamente a "pseudoscienza" una "fisiognomica iconografica", cosa che appunto non è. Non è una scienza, ma una pura disciplina speculativa di cui non si devono omettere anche gli aspetti di "dotto divertissement". Ciao --Aleacido (4@fc) 05:16, 20 dic 2020 (CET)[rispondi]
Ma guarda che sono d'accordo con quasi tutto quello che dici ;) Ma non sono io a parlare di diagnostica medica, è l'incipit della voce. Che tra l'altro è palesemente errato, perchè casomai la diagnostica medica si potrà applicare agli esseri ritratti dalle opere d'arte, e non alle opere d'arte stesse ;) Ovviamente scienza non coincide con disciplina, ma la parola stessa implica una ricerca che segue canoni e regole ben precise. Ora io credo che metà della voce si riferisca a cose dove non solo la scienza è poca, ma pure la disciplina manca, e lo spessore delle fonti stesse lo dimostra. Perchè io, da studioso di qualunque disciplina, non tollererei mai che qualcuno scriva che avrei "risolto l'enigma medico del Rembrandt" perchè risolvere certi enigmi è già difficile quando hai centinaia di persone in carne e ossa davanti a te, figuriamoci davanti ad una tela. Come detto in pdc, ma tu puoi dimostrarmi che esiste davvero una persona ritratta in quella tela? L'artista non potrebbe avere preso in qua e in là da diversi modelli? E allora di che stiamo cianciando? Infatti gli articoli di questi tizi sono citati in due o tre altri articoli (se va bene) e basta. Dal punto di vista scientifico o accademico è l'irrilevanza più assoluta. Se poi c'è una rilevanza mediatica, io non la vedo, ma gli si può dedicare un certo spazio. Precisando che, a quanto pare, questi autori non seguono affatto la disciplina indicata dagli altri testi affidabili.
Ripeto che io una grande rilevanza non la vedo negli argomenti di questa voce, ma un conto è tenere una voce corretta, un altro è una serie di imprecisioni, di ingiusto rilievo, quando non di vera e propria promozione (che, riguardo a certi soggetti è documentabile, con palese conflitto di interessi non dichiarato) --Pop Op 17:23, 20 dic 2020 (CET)[rispondi]