Tafur

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Con il termine Tafur, ai tempi della Prima Crociata, Turchi e Crociati indicarono bande di straccioni, probabilmente superstiti della crociata dei poveri riorganizzatisi in gruppi armati, temuti da nemici e amici per la loro ferocia e barbarie.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La crociata dei poveri si concluse in un disastro per le schiere dei pellegrini, tuttavia i sopravvissuti si riunirono in gruppi di miserabili sbandati che continuarono a combattere gli infedeli a modo loro. Il termine Tafur con cui vennero chiamati significava forse "marmaglia" o "vagabondi", in quanto erano schiere di sbandati che seguivano gli eserciti crociati nelle loro battaglie. A questi Tafur vennero attribuite le più abiette azioni: saccheggi, stupri, massacri indiscriminati, violenze di ogni tipo e persino il cibarsi di cadaveri, sia di infedeli che di crociati[2]. Le loro azioni feroci e furiose assieme al loro aspetto trasandato e selvaggio incussero il più vivo terrore nelle popolazioni delle terre che attraversarono. Secondo i resoconti medievali avevano un loro re, Re Tafur, un cavaliere normanno che avrebbe abbandonato le proprie ricchezze per vivere in povertà[3] e le cui gesta sono narrate nella Chanson d'Antioche ed in altre epiche medievali.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine è di etimo incerto, forse una parola fiamminga dal significato di "vagabondo" o "straccione", con la quale decise di definirli il loro duce (Re Tafur sarebbe quindi Re "Straccione") in ossequio agli insegnamenti del pauperismo o dell'ascetismo medievali. Secondo Guiberto di Nogent sarebbe invece una parola turca o araba ("barbara"), col medesimo significato.

Dal punto di vista dei Crociati[modifica | modifica wikitesto]

In realtà i cavalieri crociati (quelli della "crociata dei nobili") non vedevano di buon occhio queste schiere selvagge. Infatti provavano un certo ribrezzo per il loro aspetto ed i loro modi, nonché imbarazzo per il fatto che non obbedissero ai loro ordini. Tuttavia li tolleravano in quanto la loro triste fama era sufficiente a terrorizzare i nemici, tanto da garantire un vantaggio tattico e persino strategico alla causa crociata nelle battaglie e negli assedi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giosuè Musca. Il Vangelo e la Torah. Bari, Edizioni Dedalo, 1998. ISBN 88-220-6213-2
  2. ^ ibidem
  3. ^ Guiberto di Nogent, Gesta Dei per Francos

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Norman Cohn, I fanatici dell'Apocalisse, Torino, Einaudi, 2000, ISBN 88-245-0579-1.
  • Davide Esposito, "La Chanson de Jérusalem: l'epopea dei Crociati cannibali. La storia dei «fanatici dell'Apocalisse»", Carocci, 2023.
  • Amin Maalouf, Le crociate viste dagli arabi, Società editrice internazionale, Torino 1989, ISBN 88-05-05050-4 (ed. orig.: Amin Maalouf, Les croisades vues par les arabes, Paris 1983. ISBN 978-2-290-11916-7)

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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